Riccardo Ghiani, primo flauto dell’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, con una solida esperienza anche nel campo della musica cameristica, impegnato a Novara in queste settimane nei masterclass del Festival Fiati, ha tenuto ieri sera 8 aprile all’Auditorium del Conservatorio della città piemontese un recital, accompagnato al pianoforte da Gigliola Grassi, pianista accompagnatrice presso il medesimo Conservatorio. Un impaginato, quello proposto, di tutto rispetto, con nomi di autori quali, Fauré, Beethoven, Reinecke. Martin, oltre al poco conosciuto Périlhou. Classico della musica per flauto, la Fantasia op.79 di G. Fauré (1898), è una breve composizione, divisa in due movimenti, un Andantino in Mi minore, ove una lunga melodia, screziata da
cromatismi, carissimi a Fauré, ha messo in evidenza l’ottima qualità del fraseggio brillante e pulito di Ghiani, sostenuto da sicuro controllo del fiato e da accuratezza nell’intonazione. Il successivo Allegro in DO maggiore è invece improntato ad un accentuato virtuosismo, che Ghiani ha mostrato di avere pienamente tra le sue risorse, eseguendo con un suono puro e cristallino rapidissime scale ascendenti e discendenti, salti vertiginosi, con ottima agilità di fraseggio e intonazione sempre precisa in tutti i registri, compreso un acuto e un sovracuto di potente energia. Di Beethoven è stata proposta la trascrizione per flauto e pianoforte, opera di L. Drouet, della prima sonata per violino e pianoforte, la n.1 in RE maggiore op.12 (1788). Tipico esempio di sonata ‘concertante’, cioè organizzata sull’equilibrio tra i due strumenti, è stata interpretata con energia, di un vitalismo quasi rude, che ha visto il flauto di Ghiani realizzare con esemplare chiarezza e fluidità di suono ardui passaggi, come il brusco balzo di ottava che apre l’esposizione del tema primo dell’Allegro con brio, mantenendo sempre un’eccellente linea espressiva: in particolare ci è piaciuto nel secondo tempo, con il variegato percorso del flauto tra timbriche e dinamiche sempre cesellate con precisione e purezza di suono. Ottimo l’apporto del pianoforte di Grassi, attento alle sfumature e ai dettagli coloristici della partitura. La Ballade 288, pubblicata postuma nel 1911, del compositore e pianista tedesco K. Reinecke (1824-1910) l’autore di ‘Undine’, riporta invece al gusto musicale di un Romanticismo tardo ottocentesco, coi suoi giochi continui di luce e di ombra, le sue inquietudini gravide di mistero. I due interpreti hanno espresso al meglio questo mondo sonoro, con costante ondeggiare tra momenti di sonorità cupa, affidata in particolare al pianoforte e di appassionato lirismo, in cui è il flauto a dominare con il suo suono terso e luminoso, morbido ed energico, sempre preciso anche nei momenti di più mossa tensione, con trilli e arpeggi nel registro acuto. Tutt’altro carattere presenta la Ballade del pianista, organista e compositore francese Albert Perilhou (1846-1936) datata 1903. Al cupo attacco del pianoforte si contrappone una melodia pacata e serena del flauto, d’intensa espressività nell’interpretazione di Ghiani; una linea melodica che viene accelerando progressivamente sino a farsi agitata e nervosa, impegnando il solista in vari passaggi di agilità e di dinamiche. Anche questo pezzo è stato suonato ottimamente dal duo Ghiani Grassi che ha concluso con una terza Ballade, pubblicata nel 1939 dal compositore svizzero-olandese Frank Martin (1890-1974): è un breve pezzo rapsodico, che si caratterizza per una incessante varietà di tempi, ritmi, timbriche, scelte stilistiche, in cui influenze della dodecafonia viennese convivono con l’improvviso emergere di riferimenti vagamente jazzistici.
Ghiani suona molto bene questo bel pezzo, con un’ottima energia di emissione in tutti i registri, nelle sezioni agogicamente più mosse, e un suggestivo timbro, rarefatto e vagamente venato di mistero nelle sezioni più lente. Valida l’esecuzione di Grassi, a creare una tessitura timbrica assai efficace per le linee melodiche del flauto. Il pubblico, numeroso ha espresso il suo gradimento con prolungati applausi,che hanno ottenuto un fuori programma: una breve pezzo per flauto e pianoforte di M. Ravel, che sotto il profilo ritmico poteva richiamare il Bolero. La bravura dei due Maestri, l’accuratezza nell’esecuzione, l’intensità espressiva, hanno conquistato gli ascoltatori, ottenendo un pieno successo.