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A VERCELLI IL VIOLONCELLO DI GIORGIO LUCCHINI INAUGURA IL 2025 DEL VIOTTIFESTIVAL

‘Giocava in casa’, ieri sera, Sabato 18/01, al Teatro Civico di Vercelli, il ventiquattrenne violoncellista Giorgio Lucchini: vercellese, con importanti esperienze formative e concertistiche in Italia e all’estero, è ormai annoverato tra i più talentuosi violoncellisti italiani della sua generazione. Nel programma del concerto di ieri sera, nell’ambito del ViottiFestival, chiudeva la serata con un pezzo certo conosciuto, ma di non frequentissima esecuzione, il Concerto per violoncello e orchestra di fiati, contrabbasso, chitarra e batterie op.129, composto nel 1989 dall’indimenticabile pianista e compositore austriaco Friedrich Gulda, con l’accompagnamento dell’Ensemble di fiati dell’Orchestra camerata Ducale, diretta da Guido Rimonda. Si tratta di un pezzo in cinque movimenti, che dunque guarda al modello delle Harmoniemusik o Serenate del tardo ‘700, caratterizzato da una estrema varietà di ritmi, generi e stili musicali, temi, ma il tutto all’insegna di una gioia di far musica, gradevolissima per l’ascoltatore. Per il solista l’impegno esecutivo è davvero notevole e per questo il Concerto di Gulda si offre a Lucchini come l’occasione per mostrare tutto il suo talento di virtuoso e di interprete, fin dall’Ouverture, con il suo primo tema di un rock aggressivo, che il solista vercellese suona con grande abilità virtuosistica, sorretta da potente energia, sui registri gravi dello strumento, passando per la Cadenza (terzo tempo), fatta di incessanti contrasti ritmici, di tempo, dinamici, che il violoncello di Lucchini

padroneggia con estrema maturità, sfoggiando doppie corde ardite, armonici iperacuti che sfiorano il sibilo, glissando vertiginosi, per culminare nell’agogica indiavolata e fragorosa di gran parte del Finale, gioioso congedo in stile bandistico, che è un vero, trascinante inno al piacere di vivere. Ma, accanto all’acceso virtuosismo, di gran valore è stata anche l’interpretazione che il giovane Maestro vercellese ha dato delle parti più marcatamente espressive del concerto guldiano: su tutte spiccano l’Idylle del secondo tempo, dove Lucchini dà voce pura e limpida alla grazia mozartiana del brano e il Minuetto incantevole del quarto tempo: dalle quattro corde dello strumento solistico si levano morbide e un po’ sognanti volute di suono, speziato di profumi orientaleggianti, che sospendono la musica in un clima di fascinoso mistero. Bravissimo Lucchini, davvero, per il suo suono pieno, energico, profondo nel grave, morbido e avvolgente nelle zone centrali, con una cavata sempre attenta alle sfumature, dinamiche e del colore del suono Un ‘bravissimo’ va anche indirizzato all’Ensemble fiati della Camerata Ducale e al suo impareggiabile Maestro, Guido Rimonda, che ha sempre dialogato col solista con precisione e con cura finissima di ogni dettaglio. Alla conclusione della splendida esibizione di Lucchini il pubblico si è abbandonato a travolgenti e prolungati applausi, che hanno strappato al solista due fuori programma: un canto popolare di Recife, opera del Maestro di Lucchini, il brasiliano Meneses, purtroppo scomparso prematuramente poco tempo fa, e un acrobatico pizzicato che non abbiamo identificato. Il concerto di Gulda era stato, per così dire, anticipato, in rapporto al genere musicale, da due pezzi: la Serenata per fiati n.11 in Mi bemolle maggiore KV 375 di Mozart, in cinque movimenti e l’Ottetto per fiati in Mi bemolle maggiore op.103, di L. v. Beethoven, anch’esso appartenente al genere delle Serenate tardo- settecentesche per strumenti a fiato, benché suddiviso in soli quattro movimenti. Entrambi i brani sono stati eseguiti dall’Ensemble di fiati della Camerata Ducale, senza la presenza del Direttore L’eleganza e la trasparenza che sono la cifra caratteristica dello stile interpretativo della Camerata Ducale sanno anche concedere l’adeguato rilievo ai momenti più ricchi di pathos ed intensità espressiva di cui abbonda la Serenata n.11 mozartiana, già nell’Allegro d’esordio, ma in particolare nell’Adagio in terza posizione, la cui melodia principale, intrisa nel suo lirico fluire di una tensione espressiva limpida, ma profonda, è stata interpretata al meglio nella sua bellezza dall’Ensemble, eccellente nel lavoro di cesello che questa scrittura musicale richiede. Un impaginato costruito con molta intelligenza ha consentito un confronto tra la composizione di Mozart e quella di Beethoven e molto opportunamente l’interpretazione dell’Ensemble della Ducale ha fatto affiorare dall’Ottetto del secondo una maggior robustezza dei temi, una più ricca sonorità, insomma un gusto più orchestrale che cameristico, che prevale sul cesello mozartiano. Ottimo dunque questo giovanile (1792) Ottetto del gigante di Bonn nell’interpretazione dei fiati della Ducale, coi tempi giusti per il tema propulsivo del Minuetto, ormai uno Scherzo, e con la impetuosa vitalità del finale Rondò-Sonata, che, se è una caratteristica ‘di genere’ della Serenata dell’epoca, in Beethoven acquista però accenti inediti. Perfetta l’intesa, in entrambi i pezzi, tra gli otto componenti dell’organico Una serata di musica deliziosa, donata dal ViottiFestival coi suoi fiati in gran spolvero, al suo sempre numeroso e fedele pubblico, all’insegna del piacere di fare e di ascoltare musica, che a un concerto della Camerata Ducale non mancherà mai.

19 gennaio 2025 Bruno Busca

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