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Eva Gevorgyan conquista il pubblico di Sala Verdi

La Fondazione La Società dei Concerti ha portato in Sala Verdi la talentuosa pianista moscovita Eva Gevorgyan. Nata nel 2004, non ancora ventunenne, dimostra una sorprendente sicurezza espressiva, con un fraseggio musicale di grande maturità. Il programma, interamente dedicato al Romanticismo, prevedeva brani di Chopin, Schumann e Liszt. L’apertura con i Preludi Op. 28 del compositore polacco ha subito messo in luce le qualità virtuosistiche dell’interprete, unite a una notevole coerenza stilistica. I ventiquattro preludi, alcuni brevissimi, altri più articolati, acquisiscono un fascino particolare se eseguiti nella loro interezza, come un’unica suite ricca di contrasti: momenti di lirismo sospeso si alternano a impetuose cascate di note.

Nonostante mani relativamente piccole (ma di ferro!), la Gevorgyan ha saputo trovare un equilibrio esemplare nella scelta dei tempi e nei rapporti dinamici tra i vari preludi. La precisione nel dettaglio e la chiarezza espositiva – con passaggi spesso collegati senza soluzione di continuità – hanno rivelato una sensibilità timbrica fuori dal comune. Pur distante dalle interpretazioni storiche dei più grandi chopiniani, la giovane pianista ha saputo imprimere una forte personalità alla sua esecuzione. Dopo l’intervallo, l’Op. 9 “Carnaval” di Schumann si è rivelata altrettanto, se non ancor più, interessante. Il suo modo di incalzare la scrittura schumanniana – quasi aggredendo le ventidue miniature che compongono l’opera – ha dato vita a un universo sonoro di straordinaria varietà coloristica. Se il virtuosismo tecnico prorompente talvolta rischia di sovrastare l’elemento poetico, questo non è mai venuto meno.

A concludere il programma, due celebri pagine di Franz Liszt: “La Campanella” e il Tema con variazioni, entrambi dagli Studi trascendentali su Paganini. Qui la Gevorgyan ha brillato per chiarezza di dettaglio e ricchezza timbrica. Le note acute de La Campanella – rapide, cristalline, perlate – hanno trovato un’interpretazione di grande brillantezza, decisamente memorabile. Il pubblico, entusiasta, ha applaudito con intensità, ottenendo ben quattro bis, tutti di grande rilievo: tre Chopin e un Čajkovskij. Gli Studi Op. 10 n. 12 e Op. 10 n. 5, il Valzer Op. 64 n. 2, eseguito con colori sfumati e un tocco vellutato, e infine del russo il celebre “Pas de deux” dallo Schiaccianoci nella trascrizione di Pletnev, che ha concluso in bellezza una serata certamente da ricordare. (Foto di Cesare Guzzardella)

6 marzo 2025 Cesare Guzzardella

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