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Sergei Babayan e Emmanuel Tjeknavorian con la Sinfonica di Milano per Ravel e Haydn


Dopo lo straordinario concerto cameristico di ieri, ho ascoltato Sergei Babayan (n. 1961) ed Emmanuel Tjeknavorian (n. 1995) nella replica del concerto sinfonico. Tjeknavorian, alla direzione dell’Orchestra Sinfonica di Milano, ha proposto un programma dedicato in gran parte a Maurice Ravel (1875–1937) e a una sinfonia di Joseph Haydn (1732–1809), la Sinfonia n. 45 in fa diesis minore, nota come “degli addii” (1772).

La prima parte, interamente raveliana, comprendeva il celebre Concerto per pianoforte e orchestra in Sol maggiore (1931), il meno eseguito ma intensissimo Concerto in Re maggiore per la mano sinistra (1930), e, come intermezzo, il raffinato Menuet sur le nom d’Haydn (1909) per pianoforte solo. Il solista Sergei Babayan ha dominato la tastiera in tutti i brani, dimostrando, oltre alla perfezione tecnica, una discorsività eccelsa nel dosare timbri leggeri, note legatissime e contrasti dinamici di finezza straordinaria. Il bellissimo Concerto in Sol maggiore, influenzato dal jazz e dalla musica americana, è articolato in tre movimenti: Allegramente, Adagio assai e Presto. Il secondo, di una trasparenza quasi eterea, ha trovato un’eccellente coesione tra le rarefatte note del pianoforte e l’accompagnamento orchestrale, ben diretto come l’intero concerto da Tjeknavorian. Di grande spessore anche l’interpretazione del più corposo e virtuosistico Concerto per la mano sinistra, composto da Ravel per il pianista Paul Wittgenstein, che perse il braccio destro durante la Prima Guerra

Mondiale. Qui Babayan ha saputo valorizzare l’intero spettro melodico e armonico con una sola mano, rivelando doti interpretative di prim’ordine. Anche l’orchestra e la direzione si sono distinte per precisione e intensità. Ottima anche l’esecuzione del breve ma elegante Menuet sur le nom d’Haydn, e originalissimo il bis concesso da Babayan: pochissime, meditativissime note di Arvo Pärt (n.1935) per Für Alina, eseguite con intensa introspezione. Dopo l’intervallo, la Sinfonia n. 45 “degli addii” di Haydn ha mostrato tutto il suo spirito innovativo, culminando nell’ironia del finale, in cui i musicisti lasciano il palco uno alla volta. Il primo movimento (Allegro assai) è risultato particolarmente efficace grazie alla direzione vivace e attenta di Tjeknavorian. A chiudere il pomeriggio domenicale, il celeberrimo Boléro (1928) di Ravel, in un’interpretazione in crescendo non solo di volume ma anche di qualità espressiva. A parte qualche piccola sbavatura negli ottoni – comprensibile in un brano così esposto – la resa timbrica e dinamica è stata eccellente e molto apprezzata dal pubblico che gremiva l’Auditorium. Un concerto complessivamente splendido.

6 aprile 2025 Cesare Guzzardella

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