DICEMBRE
ARTICOLI CORRIEREBIT-SCIENZA 2005
ITER: la via verso la fusione termonucleare controllata di Simone Coelli e Marco G. Giammarchi
“ITER”
- acronimo di “International Thermonuclear Experimental Reactor” - è una
parola latina che significa percorso e sottolinea l’obiettivo di un grande
progetto scientifico su scala mondiale, la dimostrazione di fattibilità della
fusione termonucleare controllata. Con ITER si vuole realizzare di un impianto
prototipo in grado di generare e sostenere stabilmente reazioni di fusione di un
plasma di Deuterio e Trizio confinato magneticamente in un reattore di tipo
Tokamak. Vediamo con calma di cosa si tratta. Iniziamo
col distinguere il processo di fusione nucleare dal quello che consente il
funzionamento delle odierne centrali “a fissione”. Mentre nella fissione
nuclei pesanti (Uranio, Plutonio…) vengono suddivisi in nuclei più piccoli,
nella fusione nuclei leggeri (Trizio, Deuterio…) vengono fatti unire per
formare un nucleo più grande; in entrambe i casi si guadagna energia. I moderni
impianti a fissione hanno un elevato livello di sicurezza ma lo svantaggio
principale di questa tecnologia è la generazione dei frammenti di fissione e
degli elementi transuranici. Questi sono nuclei instabili (radioattivi), la
dispersione dei quali determina il fattore principale di rischio in un incidente
al reattore o al combustibile estratto a fine vita, le famose “scorie
nucleari”, che purtroppo hanno tempi di dimezzamento estremamente lunghi. Nel
processo della “fusione” si libera energia dall’unione di nuclei leggeri
che fondono in un nucleo più pesante e stabile. Occorre operare in particolari
condizioni perchè avvenga questo tipo di reazione; infatti i nuclei per
fondersi devono essere fatti avvicinare contrastando la forte repulsione
elettrica che subiscono essendo entrambi dotati di carica positiva. Riferendoci
in particolare alla tecnologia di ITER ci limiteremo solo alla fusione
termonucleare a confinamento magnetico, nella quale le elevate energie cinetiche
delle particelle portate nella condizione di plasma termonucleare (gas
completamente ionizzato a temperature di molti milioni di gradi) rendono
possibile lo scontro dei nuclei e la loro fusione.
In un reattore di questo tipo (Tokamak) si
sfrutta il fatto che le particelle sono dotate di carica elettrica per ottenere
il confinamento del plasma mediante complessi campi magnetici in una camera
toroidale, all’interno della quale si crea una sorta di ciambella di plasma. I
reagenti, cioè i nuclei introdotti nel reattore per sostenere le reazioni di
fusione, sono gli isotopi dell’idrogeno, Deuterio e Trizio. Questi isotopi
hanno sempre una carica positiva unitaria nel nucleo costituita da un protone,
ma hanno rispettivamente anche uno o due neutroni nei loro nuclei. La reazione -
indicata come D+T - è quella che riveste il maggiore interesse, perchè
minimizza le repulsione tra i nuclei e rende massima la probabilità che si
inneschino le reazioni di fusione; la temperatura di accensione per questo
plasma è di circa 50 milioni di gradi, piu’ alta di quella del centro del
Sole. I prodotti della reazione D+T sono un nucleo di elio e un neutrone
energetico.A prima vista questo sembrerebbe un processo più pulito e sicuro
della fissione data l’assenza di combustibile esausto altamente radioattivo e
la mancanza del pericolo di criticità incontrollata (un malfunzionamento
accidentale del sistema provocherebbe l’esaurimento immediato del processo).
Tuttavia la manipolazione di un isotopo radioattivo come il Trizio e la
produzione di molti altri radioisotopi per attivazione dei materiali da parte
dell’intenso flusso di neutroni, rendono comunque un reattore a fusione degno
delle stesse attenzioni necessarie nelle altre tecnologie nucleari.
Lo scopo di ITER
Il principio di funzionamento delle stelle,
come il nostro Sole, si basa sulle reazioni di fusione, che sono quindi
diffusissime nell’Universo. La ricerca orientata alla riproduzione di questo
processo sulla Terra può essere in qualche modo riassunta per mezzo del
“diagramma di Lawson” che illustra graficamente il criterio legato alle
condizioni minime necessarie affinchè un plasma termonucleare raggiunga una
condizione di funzionamento dove si abbia una produzione netta di energia. Per
guadagnare energia è necessario raggiungere una certa zona dei parametri nel
diagramma di Lawson (fig. 1). Senza scendere nei dettagli questo significa che
il plasma deve essere confinato per tempi abbastanza lunghi in condizioni di
densità e temperatura sufficienti a sostenere il processo di fusione in modo
continuo e produttivo. La storia di questa ricerca è quindi quella di una lunga
“arrampicata” nel diagramma di Lawson, fino alla regione interessante dei
parametri, quella in alto a destra nella figura 1. ITER giungerà più in alto
nel grafico rispetto a tutti i precedenti reattori sperimentali (come JET o TFTR),
fino ad un punto in cui si potrà
dimostrare se effettivamente il sogno di sfruttare tale fonte di energia sarà
realizzabile.
Nascita del progetto ITER
La ricerca sulla fusione – fenomeno
fisico scoperto nel 1936, prima della fissione -
ha una lunga tradizione in tutto il mondo, dalla Russia al Giappone
all’Europa e agli Stati Uniti. Approcci diversi sono stati seguiti dai diversi
paesi e alcuni - come la fusione inerziale
- vengono ancora perseguiti (anche per scopi militari). Tuttavia è
emersa chiaramente alla fine dell’ultimo secolo la consapevolezza che nessuna
nazione o contesto continentale avrebbe avuto le risorse per affrontare il
prossimo decisivo passo: la costruzione di un reattore termonucleare
dimostrativo a guadagno superiore a uno. Nasce il progetto ITER per un reattore
mondiale sulla fusione. La discussione su dove costruire il mega-reattore è
stata lunga e difficile e alla fine ha visto due schieramenti dividersi sulla
possibilità di costruirlo in Europa (idea sostenuta da Russia, Unione Europea e
Cina) o in Giappone (come preferito da Corea del Sud, Stati Uniti e Giappone).
Alla fine, anche come soluzione di compromesso, si è deciso per il sito
europeo, ma con l’accordo che il reattore avrà uno staff dirigenziale
giapponese. Il 28 giugno 2005 è stata quindi ratificata la decisione di
costruire ITER nel sito di Cadarache in Francia, vicino ad Aix-en-Provence.
L’impresa verrà realizzata con le competenze di scienziati e tecnici di tutto
il mondo e con il sostegno economico di Unione Europea, Cina, Giappone, Russia,
Sud Corea, Stati Uniti e Svizzera. Questa stretta cooperazione a livello
mondiale è indispensabile per affrontare l’enorme impegno economico e
tecnologico richiesto da un’impresa così ambiziosa. Tecnicamente ITER
rappresenta il maggiore passo sperimentale tra ricerca e scala industriale nel
programma scientifico di sfruttamento dell’energia nucleare da fusione a scopo
pacifico. L’energia dei prodotti di reazione potrebbe essere convertita in
energia elettrica, anche se la generazione di potenza elettrica non è
l’obiettivo di ITER che consiste invece nella dimostrazione della fattibilità
scientifica. Solo dopo aver raggiunto questo traguardo sarà possibile pensare
alla costruzione di centrali di potenza e si dovrà allora investigare se sarà
possibile rendere la fusione anche economicamente competitiva rispetto alle
altre fonti energetiche. Questo dipenderà inevitabilmente dalle strategie
energetiche che i paesi intenderanno
attuare. Naturalmente, come per qualunque altra fonte energetica, nel computo
della competitività si dovranno tenere in conto tutti i costi inerenti al
trattamento in sicurezza dei materiali radioattivi, inquinanti o comunque
socialmente pericolosi coinvolti nel ciclo di produzione.Nel contesto energetico
mondiale il crescente aumento della domanda dovrà essere fronteggiato nel
prossimo futuro sfruttando oltre alle risorse fossili (petrolio, gas, carbone,
in inesorabile diminuzione), una crescente percentuale di energie rinnovabili
(idrica, eolica, solare, biomasse) e, nonostante l’attuale rallentamento dei
relativi programmi, la fissione nucleare. In questo scenario la fusione nucleare
rappresenterà forse una possibile alternativa e merita oggi di essere studiata,
anche in vista dell’indotto tecnologico e delle relative ricadute
scientifiche, ma senza crearsi eccessive illusioni.
Come funziona il reattore ITER?
ITER sarà la più grande macchina di
questo tipo mai costruita, in grado di produrre 500 Megawatt di potenza in
condizioni di autosostentamento della reazione. I suoi parametri di progetto
sono tali da permettere di ottimizzare il processo durante le fasi di
sperimentazione grazie a flessibilità di potenza di fusione, densità e fattori
di forma del plasma, comando delle correnti, dei sistemi di alimentazione del
combustibile e sistemi per la sostituzione dei componenti interni del
reattore.Il design di ITER è basato sull’idea di poter collaudare le
tecnologie oggi conosciute per il riscaldamento del plasma, includendo tutte le
possibili tecniche diagnostiche del plasma e lasciando spazio ad eventuali
innovazioni che potranno nascere nel prossimo futuro, durante la sua
realizzazione e utilizzo. Come sistemi principali di riscaldamento del plasma si
sfruttano onde elettromagnetiche e fasci di particelle accelerate che portano la
temperatura nel cuore del plasma oltre i 100 milioni di gradi innescando le
reazioni di fusione termonucleare. Per confinare il plasma, mantenendolo
separato dalle pareti interne della camera anulare del Tokamak (che altrimenti
finirebbero distrutte), si utilizzano complessi campi magnetici creati da bobine
superconduttrici, immerse in criostati ad elio liquido a temperature di pochi
gradi Kelvin, ossia vicinissime allo zero assoluto. L’intensità del campo e
il volume della macchina lo rendono
anche uno dei più grandi magneti del mondo, composto da un sistema magnetico
toroidale (18 bobine alte 12 metri e larghe 8), sei bobine poloidali circolari
(diametri da 6 a 25 m) esterne alla camera toroidale (destinate al controllo di
posizione e forma del plasma), e da un solenoide centrale (del diametro di 3 m e
alto 14 metri) per il riscaldamento del plasma. La durata prevista per le
scariche di plasma è di 400 secondi, ritenuta sufficiente per una dimostrazione
tecnico-scientifica convincente, mentre la corrente circolante nel plasma
raggiunge i 15 milioni di Ampère. La potenza di riscaldamento iniettata è 50
MW mentre le reazioni di fusione dovranno produrre 500 MW, con un incremento di
un fattore Q = 10, rapporto tra quella estratta e quella immessa nel sistema.
Un’amplificazione interessante di energia, per la prima volta ottenibile dopo
le positive esperienze con precedenti reattori, in particolare il JET, che
pero’ poteva al massimo raggiungere solo il pareggio energetico.La potenza
generata viene raccolta nelle pareti interne del Tokamak da apposite strutture
in grado di trasferirla poi al fluido termovettore (acqua) che convoglia il
calore a sistemi di raffreddamento esterni e che in futuro potranno essere dei
turbogeneratori (in grado di convertire la potenza termica in elettrica e infine
immetterla nella rete di distribuzione). Dopo il completamento del reattore
(previsto per il 2016), il periodo di funzionamento previsto è di circa 20 anni
con una miscela di Deuterio e Trizio (D+T) come combustibile. Anche se la
fusione risulta più pulita della fissione, le parti affacciate al plasma
soggette al flusso di neutroni prodotti nelle reazioni di fusione si attivano
durante gli esperimenti. Grande attenzione va posta quindi nella gestione dei
prodotti e delle parti radioattive,
limitandone volumi e tossicità mediante una corretta gestione del ciclo di
smaltimento.
Conclusione
ITER rappresenta un passo in avanti
decisivo per la fusione termonucleare controllata a scopi pacifici. La
concentrazione di uno sforzo economico e scientifico su scala mondiale permetterà
per la prima volta di guadagnare energia da un prototipo di reattore a fusione.
La costruzione di ITER in Francia è anche una grande occasione per l’Europa e
per l’Italia, sia dal punto di vista strettamente scientifico che da quello
tecnologico e dell’indotto. Realtà come l’ente francese CEA (Commissariat
à l’Energie Atomique) o l’italiana Ansaldo Superconduttori avranno modo di
impiegare e perfezionare la tecnologia necessaria con ricadute positive ad ampio
raggio.Con in mente il bagliore inquietante dei test nucleari delle bombe a
fusione – bomba H – nei quali ci si rende conto delle immense riserve di
energia celate nei nuclei, vorremmo concludere questo articolo con una nota di
ottimismo sulle possibili ricadute pacifiche della ricerca e dell’ingegneria
della fusione nucleare.
20 dicembre 2005 Simone
Coelli e Marco G. Giammarchi
Bibliografia
1) Il sito internet di riferimento, ricco di informazioni e collegamenti è www.iter.org
NOVEMBRE
VACCINI ANTITUMORALI ALLA
GIORNATA AIRC
Le cellule di un tumore maligno esprimono antigeni di membrana che possono
essere riconosciuti da linfociti T citotossici, riconoscimento che sta alla base
di una reazione immunitaria contro il tumore stesso. Tali
antigeni sono di natura proteica: possono essere proteine normali
iperespresse, o mutate, oppure espresse de novo, in quanto proteine
embrionali. Da questa scoperta la ricerca oncologica sta sviluppando programmi
mirati alla costituzione di “vaccini antitumorali”, che non hanno un ruolo
preventivo, come i vaccini usati nella profilassi delle malattie infettive, bensì
una funzione terapeutica: si tratta di “cocktail” di antigeni (peptidi,
proteine, plasmidi a DNA) che vengono iniettati nel sottocute di pazienti in
sette-otto somministrazioni. Queste molecole giungono ai vasi linfatici,
arrivano ai linfonodi e qui attivano i linfociti T, che così possono
riconoscere il tumore con maggiore efficacia e attaccarlo. I vaccini vengono
sempre abbinati alla terapia chirurgica, in particolare di tumori quali i
melanomi, il carcinoma prostatico, i tumori del colon-retto. Un monitoraggio
immunologico sul sangue del paziente informa il medico sulla risposta del malato
alla terapia vaccinale, risposta che non sempre è positiva. Infatti, non solo
può essere scarsa l’attivazione dei linfociti, ma può anche succedere che i
tumori passino al contrattacco: alcune cellule di melanoma, per esempio, possono
produrre microvescicole pro-apoptosiche dirette ai linfociti T, nei quali
inducono l’apoptosi, cioè il suicidio cellulare. E’ una vera e propria
“guerra dei mondi”: le cellule sane della linea di difesa contro le cellule
malate. Il tema dei vaccini antitumorali è stato affrontato da Licia Rivoltini
dell’Istituto dei Tumori di Milano e responsabile del gruppo di ricerca,
durante l’incontro della Giornata AIRC, davanti a un folto pubblico, tra cui
molti studenti delle scuole superiori. Pier Paolo Di Fiore ha invece parlato di
terapie anticancro personalizzate, su base genetica. Dal confronto di microchip
di DNA si possono creare gruppi di tumori sulla base di somiglianze tra geni
“accesi”, cioè attivi, e geni “spenti”. Questi microchip sono vere e
proprie “fotografie molecolari”, che possono anche fornire informazioni
sulla tendenza delle cellule a dare metastasi oppure no. Si ricercano quindi gli
enzimi alterati nelle cellule tumorali, in quanto gli enzimi sono facilmente
attaccabili da farmaci; la proteomica aiuta dunque molto la medicina oncologica.
Per esempio, una proteina prodotta nella leucemia mieloide cronica, l’enzima
tiroxina chinasi bcr-abl, favorisce la proliferazione delle cellule
ematopoietiche e ne frena l’apoptosi, provocando la malattia: un farmaco in
commercio dal 2002, l’Imatinib, inibitore di tale proteina, ha fatto
registrare un buon numero di guarigioni. Alessandro Bergonzoni(nella foto) è
infine intervenuto sollevando questioni importanti: malattia e morte fanno parte
della nostra vita, perché la gente ne parla e se ne interessa solo quando
riguarda qualche parente o amico? Perché si ha paura? Non dovrebbero forse
esserci corsi di tanatologia nelle scuole e nelle università? Perché un medico
non viene preparato a comunicare con i pazienti? Nelle scuole le scienze si
insegnano ma non c’è spiritualità, non si parla più di anima, quando
l’anima è più importante del corpo. E’ assurdo appellarsi sempre ai
giovani, dicendo che loro sono il nostro futuro: solo i giovani che
s’interessano ai problemi, che ragionano con la loro testa, che non sono
abulici e indifferenti possono essere il futuro, gli altri no, meglio un
novantenne che pensa piuttosto di un ventenne che non usa il cervello (e
parecchi studenti presenti nelle ultime file, invece di ascoltare,
chiacchieravano del più e del meno).
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
GIORNATA AIRC
Sabato 26 novembre sarà celebrata in ventidue città italiane la “Giornata per la ricerca” promossa dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, che proprio nel 2005 compie quarant’anni. La mattina si terranno conferenze e tavole rotonde aperte al pubblico su temi riguardanti lo status quo della ricerca oncologica: nuove terapie in uso, studio di vaccini antitumorali, nuovi farmaci, prevenzione. “La Ricerca che cura. Presente e futuro” è il tema fondamentale, e molto spazio si darà quindi anche a questioni più generali, come il rapporto tra la cultura scientifica e i giovani. A Milano gli incontri de “Il Sabato della scienza” si terranno all’Università Statale di via Festa del Perdono, a partire dalle 10.30. Presiederà Pier Paolo Di Fiore dell’Ifom e interverranno Licia Rivoltini (Istituto dei Tumori), Massimo Gianni (Cattedra FIRC di Oncologia Medica) e Alessandro Bergonzoni. Sabato e domenica saranno inoltre svolte numerose iniziative finalizzate alla raccolta di fondi per la ricerca: sono coinvolti organi di stampa e canali televisivi, che trasmetteranno servizi speciali e interviste a medici e ricercatori. Informazioni su http://www.airc.it/ A.B.
OTTOBRE
NUOVI
LABORATORI AL MUSEO DELLA SCIENZA
di Anna Busca
Il Museo della Scienza
e della Tecnologia di Milano, fondato nel 1953 e dedicato a Leonardo da Vinci,
si avvia a diventare uno dei musei nel suo genere più interessanti d’Europa
(in Italia, sicuramente, lo è già). Il trasporto del sottomarino Toti
(visitabile tra poco anche all’interno) per le vie di Milano fino al museo è
stato un evento memorabile che ha riempito le pagine dei quotidiani, la scorsa
estate. Il Museo è una vera fucina di iniziative: conferenze, mostre (I
microscopi della Fisica, un viaggio virtuale dall’infinitamente piccolo
all’infinitamente grande, chiude il 6 novembre), visite guidate, proposte per
i bambini, didattica, laboratori interattivi. Tra questi, sono stati presentati
alla stampa e agli sponsor, il 26 ottobre, quelli di robotica, di genetica e
biotecnologie, di telecomunicazioni. Le
attività dei tre laboratori sono inserite nel progetto EST (Educare alla
Scienza e alla Tecnologia),
dedicato agli scolari delle elementari e delle medie e finanziato da Fondazione
Cariplo. L’area Robotica è stata realizzata con la partnership
tecnico-scientifica di Mitsubishi Electric e con la collaborazione di
ImagingLab e National Instruments. Il robot antropomorfo Leo assembla ruote
dentate e pezzi meccanici, costruendo una macchina leonardesca:
passato e futuro si fondono emozionando il visitatore, che sarà poi
messo in grado di progettare, costruire, programmare e collaudare a sua volta un
piccolo robot. In una vetrina i Fotovori, insetti-robot simili ad
automi-scarafaggi, si muovono se colpiti dalla luce. Spezzoni di film – per
esempio il famoso Tempi moderni di Chaplin – introducono alla storia
della robotica. Il laboratorio di Genetica e Biotecnologie, che si è avvalso
della sponsorizzazione della Fondazione Italiana Accenture, comprende una parte
dedicata alla didattica hands-on, dove i partecipanti realizzano
esperimenti su materiale biologico (per esempio estrazione del proprio DNA o di
DNA da campioni vegetali, studio delle fermentazioni), e
una zona dedicata alla bioinformatica, per approfondire alcuni argomenti
grazie a software specifici. Microscopi sofisticati consentono osservazioni
mirate a cellule e tessuti. Anche il settore sulle telecomunicazioni – partner
tecnico-scientifici Siemens, Prysmian Cables & Systems, Sharp - è molto
interattivo: è possibile studiare e “vedere” il funzionamento del
telegrafo, del telefono, della radio, della televisione, dei computer, in uno
scenario suggestivo di immagini, filmati, cimeli provenienti da preziose
collezioni. Fisica, matematica, informatica sono discipline coinvolte in modo
piacevole e divertente: curiosità e attenzione sono continuamente stimolate. Il
Presidente della Fondazione Cariplo, avv. Guzzetti, ha espresso la sua
soddisfazione per la realizzazione delle attività finanziate, auspicando che le
giovani generazioni si avvicinino con entusiasmo alle scienze. Lo stesso
auspicio è stato formulato dalla dott.essa Mengoni di Assolombarda proprio il
giorno prima, alla presentazione del progetto triennale “Lauree
scientifiche”, mirato ad incrementare le iscrizioni degli studenti a Chimica,
Fisica, Matematica e Scienza dei Materiali. Le imprese hanno bisogno di menti
creative, di menti “scientifiche”. L’unione di intenti tra scuola,
università, musei scientifici e industria non può che dare buoni frutti.
Per approfondire: http://www.museoscienza.it/.
FESTIVAL
DELLA SCIENZA 2005
Dopo
Venezia e Bergamo tocca ora a Genova ospitare una vera e propria “kermesse”
scientifica: dal 27 ottobre all’8 novembre le iniziative e gli appuntamenti
sono molteplici e sicuramente da non perdere. Tra le conferenze al Palazzo
Ducale è da segnalare “Dallo tsunami di Sumatra a quelli del Mediterraneo”
con Laura Graziani e Alessandra Maramai quali relatrici (7/11 h 11), collegata
all’exhibit “Tsunami: alla scoperta dei maremoti”; tra le mostre, “La
scienza zoologica nelle tavole di Rudolf Leuckart” al Museo di Storia
Naturale, i percorsi interattivi “Le Stanze dei Numeri” al Palazzo Reale e
“Le Ruote Quadrate” al Casino Municipale. All’Acquario viene proiettato il
film in 3D “I mostri degli abissi”. Sono inoltre fruibili sezioni didattiche
su diversi temi di attualità: al Complesso S.Ignazio, in via Santa Chiara, per
esempio, il CUS-Mi-Bio dell’Università degli Studi di Milano presenta il
percorso didattico virtuale di formazione a distanza “Dagli organismi ai
geni”. Per informazioni su orari e biglietteria http://www.festivalscienza.it/.
(A.B.)
UN
NUOVO VIRUS? di Anna Busca
In questi giorni uno spettro si aggira per l’Europa: la paura di una pandemia provocata dal virus dell’influenza aviaria che dall’Asia, forse tramite gli uccelli migratori, si è spostato verso occidente, colpendo già in Turchia e in Romania. Pandemie influenzali da virus dell’influenza A si verificano a intervalli irregolari di alcuni anni: di solito cominciano appunto in Asia, giungono in Europa attraverso la Russia e poi si diffondono fino al continente americano. Perfino Ippocrate, nel V secolo a.C., descrisse una pandemia di questo tipo, che stava interessando la Grecia. Mentre i virus che provocano le periodiche epidemie di influenza A hanno la caratteristica fondamentale di modificare solo lievemente le loro proteine strutturali specifiche, grazie a mutazioni genetiche, durante la fase di replicazione endocellulare - e in questo modo impediscono ad un sistema immunitario poco efficiente di riconoscere il virus stesso, che può pertanto infettare il medesimo organismo più volte – i virus responsabili delle pandemie agiscono in modo diverso. Tali virus, a differenza dei precedenti, sostituiscono addirittura uno o più geni con altri, in genere infettando animali, in particolare uccelli, spesso anatre, che costituirebbero un “serbatoio” naturale di geni nuovi, geni HA (si ritiene che la zona privilegiata dove questo può accadere sia la Cina). Questi garantirebbero un vero e proprio rinnovamento delle proteine del capside, l’involucro virale: la memoria immunitaria di un’intera popolazione non avrebbe dunque nessuna “informazione” riguardante l’agente infettivo. Inoltre, le nuove proteine superficiali del virus sarebbero anche più adatte a garantire un buon adsorbimento alle cellule, in cui il virus può penetrare più facilmente, per endocitosi. L’infezione è quindi più rapida e più efficiente. Le cellule che per prime vengono infettate sono quelle dell’apparato respiratorio, dato che il virus viene in genere inalato. Le pandemie che partono dall’Asia orientale diffondendosi verso ovest sono caratterizzate purtroppo da elevati tassi di mortalità. Si ricordano pandemie nel 1890, nel 1900, nel 1918, nel 1957, nel 1968. La più famosa, la “spagnola”, imperversò dal 1918 al 1919 e paralizzò le forze armate alla fine del primo conflitto mondiale; il triste bilancio fu dai 20 ai 40 milioni di morti. Tra questi anche il famoso pittore espressionista austriaco Egon Schiele, appena ventottenne, e sua moglie, al sesto mese di gravidanza. Nel 1957 l’”asiatica” consentì di scoprire che il ceppo virale responsabile della pandemia era un H2N2 che aveva sostituito improvvisamente il ceppo H1N1 circolante l’anno precedente. Nel 1968 la “Hong Kong” fu dovuta a un sottotipo H3N2 che aveva rimpiazzato l’H2N2. Esami sieroarcheologici dimostrarono successivamente che anche le pandemie precedenti erano dovuti a ceppi “nuovi”.
LO
STUDIO DEI TERREMOTI di Anna Busca
I
recentissimi disastrosi eventi sismici che hanno colpito il nostro pianeta sono
paradossalmente il segno che la Terra è “viva” geologicamente: la teoria
della tettonica delle placche, formulata circa quarant’anni fa, spiega i
terremoti come fenomeni di rilascio dell’energia accumulata dalle rocce della
crosta sottoposte a forze, per esempio di compressione o distensione, lungo
grandi fratture (faglie). La litosfera – costituita dalla crosta terrestre e
dalla porzione superiore, rigida, del mantello – è infatti suddivisa in una
ventina di parti, dette placche, che si comportano come tessere di un puzzle in
continuo movimento: i margini delle
placche possono essere divergenti, convergenti o conservativi, a seconda che lo
scorrimento avvenga in direzione opposta, oppure in collisione, o
laterale. La crosta si accresce in corrispondenza delle dorsali
oceaniche, sede di effusioni laviche e coincidenti con i margini divergenti; si
distrugge, sprofondando fino a fondersi, nelle fosse oceaniche, dove avviene la
subduzione di una parte di crosta sotto un’altra. Il “motore” di tale
dinamismo è probabilmente nel mantello: correnti convettive di materiale fuso
risalgono, rompono e spingono la crosta, scendono, creando “celle” che
trasportano le placche come se fossero su un tapis roulant.
Contemporaneamente si ergono catene montuose, nascono e muoiono vulcani, si
generano, appunto, sismi. Il terremoto che ha sconvolto il Pakistan l’8
ottobre scorso, con epicentro nella zona del Kashmir, ha avuto una magnitudo di
7,6 gradi nella scala Richter: si può paragonare al terremoto di Messina del
1908, che provocò 83000 morti ed ebbe una magnitudo di 7,5. La magnitudo si
ricava dai sismogrammi, dall’ampiezza delle oscillazioni registrate; è
correlata all’energia liberata dall’ipocentro: un aumento di un’unità di
magnitudo comporta, in linea di massima, un aumento di tale energia di circa 30
volte. Il valore massimo di magnitudo finora registrato è 8,9 (terremoto di
Valparaiso, Cile, del 1960, 4000 morti). Se leggiamo l’elenco dei sismi più
importanti degli ultimi anni, vediamo che si sono verificati in Indonesia (Sumatra,
2004 e 2005), in Iran (Bam, 2003), in India (Guiart, 2001), in Cina (Taiwan,
1999).. In Iran si erano verificati sismi disastrosi nel 1968, nel 1972, nel
1990; in Cina nel 1966, nel 1975, nel 1976, nel 1987, quindi a pochi anni di
distanza dai sismi iraniani, il che in termini geologici rappresenta un periodo
molto breve. Se si osserva un planisfero e si traccia in modo grossolano una
linea che unisce questi Paesi asiatici si ricava il “percorso” di margini di
placche: una zona di subduzione, la fossa di Giava, a sud dell’Indonesia, e il
margine continentale, di collisione, tra la placca eurasiatica e la placca
indoaustraliana. E’ evidente che il moto di avvicinamento di queste ultime
placche prosegue ed è causa di immani pressioni nei confronti delle rocce
crostali ai margini. Purtroppo si può prevedere che tra i Paesi che potrebbero
essere prossimamente colpiti da un sisma ci siano Cina, Turchia, Armenia, forse
anche Grecia e Italia: è particolarmente a rischio la Turchia, colpita già nel
1975, nel 1976, nel 1999, quasi in coincidenza con i terremoti cinesi.
Dato che una previsione a breve termine dei terremoti è tuttora
impossibile, sarebbe senz’altro opportuno considerare con maggior attenzione
il rischio sismico del territorio, intensificando le esercitazioni della
popolazione e i controlli di stabilità e di rispetto delle norme antisismiche
degli edifici, soprattutto ospedali e scuole.
LA
STORIA DEI CARBURANTI SINTETICI: UN INTRECCIO DI SCIENZA, TECNOLOGIA, ECOLOGIA,
POLITICA ED ECONOMIA di
Guido Busca
Il carbone, combustibile solido altamente impuro, è stato utilizzato su larga scala sin dal XVIII secolo, per la produzione di energia industriale, per il riscaldamento domestico e per la propulsione di mezzi di trasporto come i treni. Sin dalla fine del 1700 si imparò a produrre combustibili gassosi dal carbone. Questi vennero usati a partire dai primi decenni del 1800 per l’illuminazione pubblica e per le cucine domestiche (“gas di città”). Si tratta del “gas d’acqua” o “gas di sintesi” (una miscela di idrogeno con monossido di carbonio prodotta per reazione del carbone con acqua, la “gassificazione” del carbone) e del “gas di cokeria” derivato dal carbone per riscaldamento. Oggi questi gas sono stati sostituiti dal gas naturale (il metano). Per la propulsione di automezzi e aerei, però, sono stati utilizzati, sin dalla loro apparsa, carburanti liquidi, normalmente derivati dal petrolio. Nel 1925, Franz Fischer e Hans Tropsch, rispettivamente direttore e responsabile di ricerca al Kaiser-Wilhelm-Institut für Kohlenforshung di Mülheim, realizzarono la prima sintesi di idrocarburi liquidi a partire dal “gas di sintesi”, cioè la “liquefazione indiretta” del carbone. Questa produzione di “carburanti sintetici” poteva consentire ad un paese ricco di carbone come la Germania (che dal 1933 fu governata da un certo Adolf Hitler) di produrre benzina pur essendo priva di petrolio. La Germania nazista molto puntò su questa tecnologia, sviluppata industrialmente a partire dal 1936, per rendersi indipendente dal punto di vista energetico. Nel 1944 esistevano nove impianti Fischer-Tropsch (FT) in Germania, con una produzione di 700.000 tonnellate/anno di carburanti sintetici.Col crollo della Germania, la fine della seconda guerra mondiale e l’avvento dell’era del petrolio, la necessità di produrre carburanti liquidi sintetici scomparve ovunque, eccetto che in Sud Africa. Questo paese, anch’esso ricco di carbone e privo di petrolio, fu isolato politicamente ed economicamente a causa della sua politica dell’ “apartheid”, la separazione razziale tra i bianchi colonizzatori e i negri colonizzati. A partire dal 1955 si realizza là, a Sasolsbourg, la produzione industriale di carburanti sintetici con un processo FT via via modernizzato.Un brusco risveglio si ebbe, da noi, negli anni ’70 con le due drammatiche “crisi petrolifere” (1974 e 1979), quando cioè i paesi produttori di petrolio cominciarono a far valere il loro “potere” sui paesi consumatori, alzando di molto il prezzo del greggio. USA e Europa rischiarono di trovarsi in ginocchio. Immediatamente le “sette sorelle” (le multinazionali produttrici di petrolio) e le industrie chimiche collegate si lanciarono in affannose ricerche per risvegliare la tecnologia FT o sviluppare tecnologie alternative per produrre carburanti sintetici. I Sudafricani, ormai proprietari esclusivi del know-how FT, divennero interlocutori privilegiati…..Nel 1976 il chimico di origine cinese Clarence D. Chang della Mobil (una delle sette sorelle) scoprì un catalizzatore (la zeolite ZSM5) che consente la produzione di benzine da metanolo. La Mobil sviluppò quindi un nuovo processo di liquefazione indiretta del carbone, detto MTG (Methanol-to-gasoline, da metanolo a benzina), che prevede un passaggio in più (carbone-gas di sintesi-metanolo-benzine), ma pareva molto più efficiente del processo FT. Era una grande scoperta. Nei primi anni ’80, però, la necessità di carburanti sintetici svanì nuovamente perché il prezzo del petrolio era sceso quasi ai livelli del 1970. Produttori e consumatori avevano raggiunto un buon accordo.Nel frattempo iniziava l’era del gas naturale (il metano), ora abbondante ed economico. Il gas di sintesi (CO + H2) si può produrre anche a partire dal metano con il cosiddetto “steam reforming”. I processi FT e MTG quindi oltre a realizzare la “liquefazione indiretta del carbone” consentono anche la “liquefazione del gas naturale”, con produzione di carburanti liquidi da metano.Nei primi anni ‘80 la Mobil, desiderosa di veder realizzato il suo nuovo processo MTG, si accordò con il governo della Nuova Zelanda (dove il metano abbonda ma il petrolio no). Si costruì a Motunui un grande impianto MTG per la produzione di benzine da metano, che fu inaugurato con grande enfasi intorno al 1990. Fu però chiuso nel 1997, perché antieconomico, a causa di problemi tecnologici imprevisti. Alla Mobil avevano sbagliato qualche conto…..All’inizio del terzo millennio la ricerca di combustibili puri, in particolare esenti da zolfo, e non derivati dal petrolio (i cui prezzi stanno salendo molto) spinge di nuovo verso i carburanti sintetici, prodotti attraverso il “gas di sintesi”. Esso, infatti, può essere totalmente purificato dallo zolfo e puo’ essere prodotto da diverse materie prime (carbone, metano, anche biomasse). I prodotti della “vecchia” tecnologia FT, migliorata e modernizzata, sono quindi assolutamente esenti da zolfo, e sono di ottima qualità tecnica e ambientale, soprattutto i Diesel sintetici che si possono ottenere sia da carbone che da metano. Un grande impianto è stato realizzato dalla Shell in Malesia mentre impianti pilota sono attivi un po’ dappertutto, incluso in Italia.Franz Fischer, che collaborò allo sviluppo industriale del processo FT, restò direttore a Mülheim fino alla pensione, nel 1943. Hans Tropsch, invece, emigrò prima a Praga e poi a Chicago dove morì nel 1935. La loro tecnologia FT, che è stata al servizio del nazismo e dell’apartheid, avrà probabilmente un ruolo centrale nei primi decenni del terzo millennio per lo “sviluppo sostenibile” della nostra civiltà. Si tratta infatti di una tecnologia disponibile che verrà con ogni probabilità nuovamente applicata su larga scala non appena i prezzi del petrolio crescano oltre un certo limite. In attesa del momento in cui sapremo rinunciare ai combustibili fossili.
Guido Busca Dipartimento di Ingegneria Chimica e di Processo Guido.Busca@unige.it Università di Genova
Dipartimento di Ingegneria Chimica e di Processo Università di Genova
SETTEMBRE 2005
BERGAMO
SCIENZA 2005
Anche
quest’anno la splendida città lombarda ospita scienziati, filosofi, storici
della scienza, epistemologi, ma anche politici e imprenditori, che discuteranno
di questioni appassionanti, seguiti certamente da un folto, interessatissimo
pubblico. L’inaugurazione di Bergamo Scienza si svolgerà venerdì 23
settembre, alle18.30, nell’ex chiesa di S.Agostino, insieme ad Edoardo
Boncinelli, don Verzè, Alberto Castoldi.; la prima conferenza, tenuta da Burt
Rutan, avrà come tema “Le grandi scoperte della scienza”. Da sabato 24 fino
a venerdì 14 ottobre sarà un susseguirsi di incontri, tavole rotonde e attività
riguardanti temi scientifici attuali. Si passerà dalle cellule staminali
all’universo e agli altri universi, dal cervello alle ultime
tecnologie, dagli OGM alle nuove terapie. Interverranno, tra gli altri, Giulio
Giorello, John Barrow, Margherita Hack, Claudio Bordignon, Emanuele Severino,
Rita Levi Montalcini, Oliver Sacks. Lunedì 26 settembre si parlerà di “La
scienza al femminile”: peccato che l’incontro sia riservato alle scuole,
perché sarebbe interessante comprendere le ragioni per cui, in convegni
dedicati alla scienza, la presenza femminile sia sempre così scarsa (solo tre
le relatrici!), quando il numero di ricercatrici e docenti nelle facoltà
scientifiche italiane ed estere è abbastanza alto e meriterebbe di essere
maggiormente rappresentato (e ascoltato). Per
informazioni sul calendario delle conferenze e delle iniziative. http://www.bergamoscienza.it/.
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
CHIMICO,
NATURALE, BIOTECNOLOGICO, SINTETICO di
Guido Busca
La chimica, come disciplina scientifica ma anche come attività industriale, si è ampiamente esercitata nella produzione di sostanze nuove, non presenti in natura: alcune di queste si sono rivelate dannose, al contrario di molte altre che sono state fonte di grande miglioramento per la condizione umana, come per esempio molti farmaci di sintesi. Ci si è anche esercitati nel produrre sostanze “naturali” per via sintetica. Tra i primi a ottenere la sintesi di sostanze organiche fu il francese Pierre Eugène Marcelin Barthelot (nella foto) che, tra l’altro, produsse per primo intorno al 1850, a partire da carbone, aria e acqua, l’alcol etilico e verificò che il prodotto della sua sintesi era del tutto identico al prodotto della fermentazione alcolica del glucosio, che avviene “naturalmente” grazie all’azione dei microrganismi della famiglia dei Saccaromiceti (o meglio dei loro enzimi) nel corso della vinificazione. Oggi l’alcol etilico è uno dei primari prodotti della Chimica industriale (una “commodity”) e deriva dall’etilene a sua volta prodotto da frazioni di petrolio tramite il processo di Steam Cracking, uno dei processi dei grandi petrolchimici. Si parla invece di “bio-etanolo” quando si considera la sua produzione industriale “biotecnologica”, cioè per fermentazione alcolica da residui vegetali e agricoli (“biomasse”). Tra le varie applicazioni dell’etanolo c’è un suo uso come carburante per automobili (usato come tale praticamente solo in Brasile) o come additivo delle benzine (lo si usa parecchio in USA).
L’uso del “bioetanolo”, non derivando esso da materie prime fossili, rientra nel ciclo naturale del carbonio e quindi non contribuisce all’aumento di CO2 nell’atmosfera (ritenuto causa del cosiddetto “effetto serra”). La produzione “biotecnologica” dell’etanolo è però piuttosto inquinante e comunque molto più costosa di quella “petrolchimica”. D’altra parte, ricercatori del NREL americano hanno recentemente dimostrato che, con tecnologie biotecnologiche innovative, il prezzo del bioetanolo potrebbe diventare simile a quello dell’etanolo petrolchimico. Si tratta però di usare sistemi enzimatici geneticamente modificati. Un problema resta comunque l’ esiguità delle materie di scarto dell’agricoltura, per cui produzione e uso di “bio-etanolo” saranno comunque certamente limitate nel prossimo futuro. D’altra parte c’è chi pensa di realizzare produzioni agricole ad hoc per la produzione di “biocombustibili”, come lo stesso bioetanolo e il cosiddetto biodiesel. Studi di “analisi del ciclo di vita” (LCA, life cycle analysis) dimostrerebbero però che il bilancio energetico per la produzione dei biocombustibili è terribilmente inefficiente, e forse addirittura negativo. In pratica per produrre il “bioetanolo” si consumerebbe più energia (o poco meno) di quella che il biocombustibile stesso può produrre, il che rende impensabile una sua produzione su larga scala. Naturalmente, etanolo sintetico (da etilene o da carbone) e bioetanolo sono assolutamente identici, come verificò lo stesso Barthelot. La assoluta identità dello stesso composto quando la sua struttura è identica, indipendentemente dall’origine o dal modo della sintesi (naturale o “artificiale”) è un ovvio postulato della chimica ed è anche alla base della prova finale dell’identità di un composto naturale. Si considera infatti del tutto dimostrata la struttura di un composto “naturale” (spesso ignorata a lungo anche dopo l’identificazione del composto e del suo ruolo biochimico) solo quando è stato preparato l’analogo sintetico e si è dimostrata l’assoluta identità dei due. Per esempio, la struttura del colesterolo, steroide che ricopre diversi importanti ruoli biochimici nel corpo umano, fu considerata definitivamente dimostrata quando, nel 1959, Robert B. Woodward ne realizzò la sintesi totale, meritandosi il premio Nobel per la chimica nel 1965. Comunque, il fatto che una sostanza sia prodotta dalla natura o dall’uomo, per via biotecnologica o per via chimica, non è di per sé un indice della sua “bontà” o meno. La natura infatti produce molte sostanze tossiche per l’uomo. E’ il caso degli alcaloidi presenti nella Cicuta, che furono la causa della morte per avvelenamento di Socrate, o di quelli presenti nella Segale cornuta (segale contaminata da un particolare fungo) che causarono nel medioevo la malattia detta “ergotismo convulsivo”: i malati, in preda a allucinazioni, deliri e spasmi, erano ritenuti indemoniati e, se di sesso femminile, venivano identificate come streghe e bruciate vive. La natura produce anche diversi insetticidi ed erbicidi, il cui effetto principale non è diverso da quello dei pesticidi sintetici. Il vero difetto di alcuni pesticidi sintetici, la persistenza nell’ambiente, è invero presente anche in molte sostanze del tutto naturali. Molte acque dolci sono naturalmente inquinate da arsenico, un potente veleno molto “naturale”, e questo è un serio problema in diverse nazioni come il Bangladesh e alcuni stati degli stessi USA. L’uomo nel produrre composti chimici sintetici ha “copiato” la natura. L’Aspirina, per esempio, è acido acetilsalicilico, composto organico di sintesi. Se ne producono 50000 tonnellate all’anno. Questo composto, preparato per la prima volta da Kolbe nel 1859 e brevettato come farmaco dalla BASF nel 1899, è parente stretto di sostanze presenti nelle cortecce dei salici. Già Ippocrate nel 400 a.C. consigliava l’uso di infusi di cortecce di salice come antidolorifici, e diversi uccelli se ne cibano quando affetti da malattie. Insomma naturale non equivale sempre ad amichevole per l’uomo. E sintetico non significa sempre tossico ed inquinante. E Chimica è la scienza delle molecole, tanto naturali che sintetiche.
Guido Busca Guido.Busca@unige.it
Dipartimento di Ingegneria Chimica
Università di Genova
IL
FUTURO DELLA SCIENZA
La prima
conferenza mondiale sul futuro della ricerca scientifica si svolgerà a Venezia,
nell’isola di San Giorgio Maggiore, nei giorni 21, 22 e 23 settembre: un
convegno dal titolo accattivante, che vedrà riuniti a discutere di un tema così
vasto numerosi scienziati, filosofi, economisti, politici, sociologi e
giornalisti di diversi Paesi. Tra gli italiani molti nomi illustri: da Umberto
Veronesi, la cui fondazione è tra quelle organizzatrici, a Edoardo Boncinelli
(presente nello stesso periodo anche a Bergamoscienza), da Giulio Giorello
(anche lui onnipresente) a Umberto Galimberti,
da Emanuele Severino a Mario Monti, da Pier Paolo Di Fiore a Carlo Rubbia.
Fra gli stranieri, interverranno Kathleen Kennedy, una delle pochissime donne
(solo tre le relatrici in elenco!) a prendere la parola, Peter Atkins,
scienziati giapponesi, cinesi, indiani.Mercoledì 21 è dedicato a “Science
and values”: il rapporto tra scienza e religione, la bioetica, la libertà
della scienza sono i temi trattati nelle conferenze del giorno. Sarà
interessante ascoltare, per esempio,Dalil Boubakeur che parlerà della scienza
nella tradizione islamica, o Lewis Wolpert che si chiede se la scienza è
pericolosa. Giovedì 22 tocca a
“The impact of Science on human life”: si discuterà di future fonti
di energia, della genetica biomedica, di agrobiotecnologie, della lotta contro
il cancro, del futuro di internet. Infine venerdì 23 “Science and power”:
ne parleranno esperti di economia, politici, filosofi. Per consultare il
programma completo e definitivo del convegno, si può consultare http://www.veniceconference2005.org/.
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
AGOSTO 2005
NUOVE
TECNOLOGIE CONTRO IL CARO-PETROLIO di Guido Busca
Il
recente rilevante aumento del costo del petrolio è stato messo in relazione con
la teoria di Hubbert, che preconizza per questi anni il raggiungimento del picco
della produzione e un conseguente netto e persistente aumento dei suoi
costi. Si ritiene però che esso sia in parte dovuto a fattori
circostanziali, quali l’effetto Iraq e soprattutto l’incetta della Cina,
impegnata in un colossale e rapidissimo sviluppo industriale ma in difficoltà
congiunturale in questo momento. Altre nazioni stanno ampliando la propria
capacità di produrre energia senza pensare affatto all’ “oro
nero”. Gli USA, che producono attualmente il 52 % della loro energia bruciando
carbone, il 21 % col nucleare, il 12 % bruciando gas e solo per il 3 % bruciando
petrolio, hanno decisamente puntato sul gas naturale: aumenteranno entro il 2015
del 54 % il loro consumo e stanno costruendo un gran numero di nuove centrali,
con la tecnologia innovativa del Ciclo Combinato (che utilizza due turbine, una
a gas e una vapore), di gran lunga più efficienti di quelle attuali. Anche ENEL
ormai consuma soprattutto gas naturale e sta riconvertendo alcune centrali alla
tecnologia a Ciclo Combinato. Le riserve mondiali di gas naturale sembrano
ancora molto grandi (si parla di 800 trilioni di metri cubi) e hanno una
distribuzione geografica meno centrata sul Medio Oriente, quindi con minor
esposizione a fattori politici. Insieme, grandi risorse si
devolvono al miglioramento delle tecnologie basate sull’utilizzo del carbone.
Si ritiene, per esempio, che il carbone presente nei suoli USA possa consentire
un abbondante uso per oltre 250 anni. La tecnologia della Gassificazione
Integrata al Ciclo Combinato (IGCC), già realizzata nella modernissima centrale
della Raffineria Saras a Sarroch, in Sardegna, consente un aumento di efficienza
fino al 70 % (contro il 35 % delle odierne centrali a carbone) e insieme la
limitazione a livelli davvero infinitesimali delle emissioni. L’abbattimento
degli NOx degli SOx e delle emissioni di polveri e mercurio è oggi possibile in
maniera pressoché completa.L’Europa orientale e l’Asia puntano anche molto
sul nucleare. Tra Cina, India, Giappone, Sud Corea e Formosa sono in costruzione
17 reattori nucleari e 70 sono in progetto. La Russia ne sta costruendo 6.
Secondo la World Nuclear Association, sono attualmente operative 441 centrali
nucleari in 31 nazioni, che producono 363 bilioni di Watts. 30 reattori nucleari
sono in costruzione mentre altre 104 reattori sono in progetto in 24 nazioni. In
controtendenza solo l’ Europa occidentale, dopo lo shock di Chernobyl: solo la
Finlandia sta costruendo una nuova centrale nucleare. Una analisi fredda dei
dati dimostrerebbe che dal punto di vista della sicurezza le centrali nucleari
moderne sono anche più sicure di quelle “termiche”. A parte il disastro
dell’Aprile 1986 nella centrale di Chernobyl, a carico di un reattore della
poco sicura tecnologia sovietica RBMK, e comunque mal gestito, le tecnologie
cosiddette di generazione II, con sistemi di sicurezza attivi, si sono
dimostrate altamente affidabili. I generatori cosiddetti della generazione III
(ce ne sono 2 già operativi e 4 in costruzione), dotati di sistemi di sicurezza
passivi, e quelli (ancora in fase di sviluppo) detti della generazione III+ (o
“evolutivi”) e IV (“rivoluzionari”), con raffreddamento a acqua
supercritica, o a elio, operano a temperature più alte e si ritiene siano più
economici e ancor più sicuri dei precedenti. Pur non contribuendo all’
”effetto serra” il nucleare presenta problematiche ambientali associate alla
gestione delle scorie radioattive. I depositi temporanei e quelli
“geologici” offrono una soluzione tecnica accettabile, ma restano remore di
tipo politico. Un significativo aumento dell’efficienza energetica potrebbe
essere ottenuto qualora la ricerca e lo sviluppo consentano un passo avanti
nell’affidabilità delle Celle a Combustibile (Fuel Cells). L’utilizzo
dell’idrogeno come vettore energetico, anche se prodotto a partire da
combustibili fossili, potrà anche consentire una notevole ulteriore diminuzione
dell’impatto ambientale, soprattutto se si risolverà davvero (nella pratica)
il problema dello stoccaggio dell’anidride carbonica, tecnicamente possibile
ma molto oneroso. D’altra parte i reattori nucleari innovativi ad alta
temperatura con raffreddamento a Elio potranno consentire la diretta scissione
dell’acqua, con produzione di idrogeno senza formazione di CO2. Il
problema del caro-petrolio influenza soprattutto il settore dell’autotrazione,
ma anche qui tecnologie nuove e meno nuove possono contribuire. Le auto a gas
sono una realtà mentre anche quelle elettriche costituiscono una tecnologia già
disponibile pur con il difetto della limitata autonomia. Sono inoltre in fase
avanzata di sviluppo le automobili ad idrogeno e Fuel Cell, anche se ancora
sussistono diversi problemi. D’altra parte la produzione di combustibili
liquidi “sintetici” (benzine e gasoli) è possibile a partire sia da carbone
sia da metano. La tecnologia “Fischer-Tropsch”, già applicata in Germania
negli anni ‘30 e ‘40 e in Sud Africa dal 1955, consente di produrre
combustibili liquidi da metano più acqua (GTL, gas to liquids) o da carbone più
acqua (liquefazione indiretta) ed è stata recentemente rivisitata e migliorata.
Impianti sperimentali sono attivi un po’ ovunque, come nella centrale ENI di
Sannazzaro de’ Burgondi. L’utilizzo più ampio del gas naturale, del carbone
e del nucleare, nonché la produzione di benzine sintetiche e l’uso
dell’idrogeno possono consentire di assorbire in parte il caro-petrolio, e di
disporre di quelle diverse decine d’anni necessarie per sviluppare su grande
scala tecnologie alternative basate sull’utilizzo diretto o indiretto
dell’energia solare.
Guido Busca Guido.Busca@unige.it Dipartimento di Ingegneria Chimica e di Processo - Università di Genova
LUGLIO 2005
Una
nuova rivoluzione copernicana: la scoperta dei pianeti extrasolari
Siamo
ormai abituati alle continue scoperte astronomiche, antiche e recenti, e spesso
finiamo col trattarle con una punta
di indifferenza: relegate in qualche breve
trafiletto di quotidiano, non attirano più di tanto la nostra attenzione. Forse
nessuna notizia di carattere astronomico o spaziale ha mai più suscitato lo
stesso interesse generato nell’opinione pubblica dallo sbarco di un uomo sulla
Luna, un evento di ormai 36 anni fa.Tutto questo nonostante le mirabolanti
scoperte sull’origine dell’universo e la sua struttura, le esplorazioni con
sonde automatiche dei pianeti giganti, la Stazione Spaziale Internazionale e
tante altre ancora. Queste scoperte e conquiste, per quanto importanti, sono
essenzialmente conosciute ed apprezzate soprattutto nell’ambito degli
specialisti, astronomi, astrofisici, ingegneri aerospaziali, astronauti e
cosmologi, o di un ristretto pubblico “educato”,
quale ad esempio quello rappresentato dagli astrofili. Forse solo
le tristi notizie
delle tragedie umane degli Shuttle e la tanto attesa
scoperta di molecole di acqua su Marte
hanno recentemente risvegliato maggiore interesse in una opinione pubblica che a
volte ha obiettive difficoltà a capire l’importanza di
gran parte della
ricerca scientifica, e tende naturalmente a soffermarsi sugli
aspetti più facilmente comprensibili ed
emotivamente coinvolgenti come l’astronomia e l’esplorazione dello spazio.
Eppure una serie di scoperte mirabolanti e
molto attese sta avendo luogo in un
settore piuttosto nuovo e per certi versi sorprendente. Un settore che ci riporta
a quanto scritto da svariati scrittori di
fantascienza del secolo scorso. In una sola frase, stiamo scoprendo pianeti
attorno ad altre stelle: gli
esopianeti.
In fondo, non ci dovrebbe essere nulla di strano. Se il Sole è una stella
come tante, pare logico ritenere che anche le altre stelle abbiano il loro bravo
corteo di pianeti. Tuttavia fino a qualche anno fa non
era stato possibile avere evidenza della loro esistenza. Queste scoperte
costituiscono una impresa astronomica impressionante,
permettendoci per la prima volta lo studio di sistemi stellari diversi
dal nostro. La quantità di nuovi
dati sulle proprietà e
sull’evoluzione di tali sistemi e’ enorme
e fornisce informazioni su come possa essersi formato anche il nostro Sistema
Solare.Peraltro la rivelazione di pianeti che orbitano attorno ad altre
stelle e’ una sfida formidabile dal punto di vista
strumentale, dato che i pianeti non brillano di luce propria e si trovano in
prossimità di stelle che al confronto sono milioni di volte più luminose. Per
fare un confronto, è
un po’ come se ci trovassimo a Milano e dovessimo osservare con un
sistema di lenti, specchi e cannocchiali una nocciolina che si trova a Pechino,
molto vicino ad una potente lampada alogena diretta verso di noi. Gli scienziati
hanno quindi elaborato sofisticate tecniche di osservazione che, pur
indirettamente, permettono di superare le difficoltà connesse con una
osservazione tanto ardua.
In questa impresa le tecniche impiegate sono tre:
Lo studio delle
oscillazioni della posizione della stella vicina (tecnica Doppler). La
posizione di una stella viene debolmente influenzata dalla massa di un
grosso pianeta che le orbita intorno, e subisce un’oscillazione periodica.
Tale oscillazione è
rilevabile mediante lo studio dell’effetto Doppler sulle
sue sulle righe spettrali.
Questo e’ il metodo attualmente piu’ sensibile per rivelare
esopianeti.
Lo studio della
luminosità totale della stella nel tempo (tecnica
fotometrica). Quando il pianeta
transita davanti alla stella ne
occulta periodicamente una
piccola parte
della luce. Naturalmente questo richiede che l’orbita del pianeta si
interponga tra la stella e la nostra linea di vista (un po’ come avviene
in una eclisse).
Infine e’ possibile l’osservazione telescopica diretta. Questa tecnica e’ davvero al limite delle capacità tecnologiche attuali a causa della vicinanza tra stella e pianeta e della forte differenza di luminosità: al momento un solo esopianeta è stato osservato in questo modo.
In dieci anni di ricerca sono stati scoperti circa 152
esopianeti con la tecnica Doppler (osservati attorno a 131 stelle), 5 con la
tecnica fotometrica e solo uno osservato direttamente. La diversità delle tecniche impiegate e il numero ormai elevato di scoperte
non permette piu’ di dubitare in alcun modo dell’esistenza di esopianeti:
così come e’ avvenuto nel caso del
nostro sistema solare, sistemi planetari si sono formati attorno ad altre
stelle.
Ma quali sono le caratteristiche dei pianeti scoperti?
Per scoprirlo ci riferiamo ad un recente lavoro specialistico di rassegna
(1), che è anche la nostra maggiore fonte di ispirazione per questo lavoro.
Innanzitutto occorre premettere che non e’ ancora
possibile rispondere in modo completo a domande sulle proprietà degli
esopianeti per via del fatto che attualmente sono stati osservati solo quelli
piu’ grandi e piu’ vicini alla stella madre. Questo effetto viene
chiamato “effetto di selezione”, e deriva dalle caratteristiche delle
tecniche utilizzate. Quindi le proprietà degli esopianeti non sono ancora del
tutto chiare; in pratica abbiamo buone informazioni solo sui più grandi, più
facili da scoprire e da caratterizzare. Tuttavia i dati a disposizione, ancorchè
incompleti, evidenziano alcune importanti proprietà:
Masse
Le masse
scoperte per i pianeti extrasolari sono molto grandi: si parla di pianeti di
tipo simile a Giove e anche molto piu’ grandi. Come abbiamo detto questo e’
il risultato dell’effetto di selezione. Tuttavia gli astrofisici, studiando la
distribuzione in massa dei pianeti osservati (i piu’ piccoli hanno una massa
15 volte quella della Terra), sono in grado di concludere che una grande quantità
(la maggioranza?) dei pianeti stessi dovrebbe avere masse più piccole. In
particolare si prevede che circa il 12% delle stelle abbiano pianeti simili alla
Terra e distanti meno di 20 Unità Astronomiche (UA, pari alla distanza
Sole-Terra, ovvero circa 149 milioni di chilometri) dalla stella
madre.
Distanza
dalla stella madre
Tutti gli
esopianeti scoperti hanno distanze dalla stella madre comprese tra 0.03 e 5.5
Unità Astronomiche. Anche in questo caso vi e’ un effetto di selezione.
Specialmente con la tecnica Doppler, che è quella che ha dato i maggiori
risultati finora, è più facile scoprire pianeti vicini alla stella madre
piuttosto che pianeti lontani da essa.
Eccentricità
dell’orbita
In generale
sono stati scoperti pianeti con orbite abbastanza eccentriche. Un’orbita e’
detta eccentrica quando e’ sensibilmente allungata in una direzione, mentre è
poco eccentrica quando tende ad avere una forma circolare. L’abbondanza di
orbite eccentriche sembrerebbe indicare che grossi pianeti gassosi con orbite
quasi circolari (quello che avviene nel sistema solare per Giove e Saturno) non
sono poi così comuni come si pensava. Lo studio delle caratteristiche degli esopianeti comprende
naturalmente anche molte altre proprietà fisiche e chimiche. Si sta iniziando a
conoscere la composizione delle atmosfere di alcuni di essi: sodio e idrogeno
sono già stati identificati in esoatmosfere. Inoltre stiamo anche cominciando a
capire la relazione tra la presenza di esopianeti e la composizione chimica (metallicità)
della stella madre; queste osservazioni sono una vera manna per i planetologi
che possono finalmente disporre di altri sistemi “solari” per i loro studi.
Noi non ci addentreremo ulteriormente nella descrizione di queste complesse
ricerche. Rimandiamo invece i lettori interessati alla bibliografia in referenza
1 e al sito web indicato in referenza 2, che viene continuamente aggiornato.
Conclusioni
Oggi non si può più dubitare dell’esistenza dei
pianeti extrasolari; tuttavia la ricerca su di essi e’ ancora fortemente
influenzata da effetti di selezione: i pianeti che possiamo osservare sono
necessariamente molto grandi e molto vicini alla stella madre. Peraltro i
progressi in corso sono notevolissimi: si ritiene infatti che, per quanto
riguarda le stelle a noi piu’ vicine (entro un raggio di 100 anni luce,
corrispondenti a circa 6 miliardi di UA) siano ormai stati scoperti tutti i
pianeti giganti che distano meno di 2 Unità Astronomiche dalla stella madre.
La prossima frontiera della ricerca dei pianeti
extrasolari prevede missioni spaziali (Kepler, COROT, Space Interferometry
Mission e poi Darwin e Terrestrial Planet Finder) dedicate alla ricerca di
esopianeti di piccola massa e lo studio dettagliato delle loro proprietà’
chimiche, fisiche e geologiche. Tra gli scopi principali un vero e proprio
“Sacro Graal” della ricerca esoplanetaria: la scoperta di pianeti rocciosi
di massa simile alla Terra che orbitino alla distanza di circa una Unità
Astronomica dalla stella madre.
Stiamo da tempo scoprendo che la nostra posizione
nell’universo non e’ privilegiata sotto diversi punti di vista. Abbiamo
imparato in passato che la Terra non e’ in una posizione speciale, non e’ al
centro dell’universo. Poi abbiamo visto che neppure il Sole è al centro, ed
e’ solo una stella fra tante. Anche la nostra galassia e’ una fra tante,
immersa in un cosmo in continua espansione. L’inizio del nuovo millennio ci
sta offrendo altre nuove scoperte: pianeti sconosciuti, che orbitano attorno a
stelle aliene, ci dicono che Urano, Giove,
Saturno, Marte e la stessa Terra hanno dei fratelli cosmici, e che essi sono
numerosi, probabilmente numerosissimi. Una nuova rivoluzione copernicana.
Luglio 2005
Marco G. Giammarchi, Primo Ricercatore all'Ist. Naz. di Fisica Nucleare Marco.Giammarchi@mi.infn.it e Marco A. C. Potenza, Ricercatore all'Università agli Studi di Milano
Bibliografia
1) G. Marcy et
al., Observed
Properties of
Exoplanets: Masses, Orbits, and Metallicities. Astro-ph/0505003,
29 Aprile 2005.
UNA SETTIMANA PER L’ASTRONOMIA
A Saint
Barthélemy, in Val d’Aosta, presso l’Osservatorio, si svolgerà dal 24 al
30 luglio la 2^ edizione della scuola estiva
per l’insegnamento dell’astronomia, organizzata dall’UAI, Unione
Astrofili Italiani.. Durante la settimana si svolgeranno conferenze tenute da
esperti e osservazioni guidate del cielo notturno. Ai partecipanti - docenti di
scienze e di fisica, laureati o universitari interessati alla didattica,
insegnanti di tutti gli ordini di scuola -
verrà distribuito materiale didattico e saranno proposte
varie iniziative nel corso
della settimana. Per chi volesse quindi trascorrere un’interessante
“vacanza-studio” il termine ultimo per l’adesione sarà mercoledì 20
luglio (iscrizioni presso la segreteria dell’Osservatorio, 0165-770050, fax
0165-770051, dal lunedì al venerdì fino alle h15, info@oavda.it,
http://www.oavda.it/). Quota d’iscrizione
205.00 euro (+ 37 euro per chi non è socio UAI). (A.B.)
IL FESTIVAL “PIU’ ALTO DEL MONDO”
In Val d’Aosta la montagna diventa protagonista anche di un importante festival cinematografico, che si terrà a Cervinia dal 20 al 24 luglio. Nell’ambito dell’ottava edizione del Cervino International Film Festival saranno infatti proiettati circa sessanta film, suddivisi in diverse sezioni, con lo scopo di divulgare e valorizzare la cinematografia di ambiente e di esplorazione. Sarà l’occasione per dibattiti e incontri su problematiche attuali legate soprattutto ai cambiamenti climatici, al dissesto idrogeologico, alla deforestazione. Il 23 luglio parteciperanno WWF e Legambiente, in un incontro in cui sarà presentato un libro “ecologista” dal titolo significativo: “Le mucche non mangiano cemento”(L.Mercalli, C.Sasso).
Per informazioni www.promocinema.org/cervinofilmfestival.
(A.B)
IL XXXVIII CONGRESSO DELL’UNIONE
ASTROFILI ITALIANI
Si terrà
a La Spezia dal 15 al 18 settembre, organizzato dall’Istituto Spezzino
Ricerche Astronomiche, l’atteso congresso UAI, con un programma davvero ricco
e interessante, che prevede la partecipazione di John Barrow, docente a
Cambridge, (Why is our universe accelerating?) e di altri nomi noti in
campo astronomico. Sarà anche un’occasione per ricordare l’autore di “Dalla
Terra alla Luna” (1865), Jules Verne, di cui ricorre il primo centenario
della morte. Il programma si può consultare al sito http://congresso.uai.it/
. (A.B)
VIAGGIO NELL’INVISIBILE
Si aprirà il 6 settembre, presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, la mostra interattiva “I microscopi della Fisica” –dai quark all’Universo: gli strumenti per osservare l’invisibile. In quattro aree tematiche – Micro e Macro, Dentro l’atomo, L’Universo, Non solo Fisica… - il visitatore percorre un itinerario che lo porta dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo e viceversa, attraverso filmati tridimensionali, dal Big bang alle particelle subatomiche, dall’atomo al cosmo, in un’esplorazione affascinante. Le applicazioni straordinarie degli studi di fisica nucleare in medicina, nei campi dell’elettronica, della conservazione dei beni culturali, sono oggetto dell’ultima sezione. Durante l’apertura della mostra (fino al 6 novembre) è previsto al museo un ciclo di conferenze su temi collegati all’esposizione e ispirati all’anno internazionale della Fisica, dedicato ad Einstein. Per informazioni http://www.museoscienza.org/. (A.B.)
MAGGIO 2005
UN
LIBRO PER LA SALUTE
E’
stato presentato al Circolo della Stampa di Milano, il 26 maggio, Il Manuale
Merck per la Salute, a cura di Raffaello Cortina editore &
Springer-Verlag, per la prima volta
in edizione italiana, con la prefazione di Umberto Veronesi. Si tratta della
preziosa versione per famiglie del famoso manuale omonimo per medici, già
tradotto in dodici lingue: un testo americano la cui pubblicazione è iniziata
più di un secolo fa e che è diventato una sorta di “Bibbia” della
medicina. E’ arrivato alla diciassettesima edizione, aggiornato e curato dai
migliori specialisti statunitensi. Sfogliarne le pagine significa trarre
informazioni precise su farmaci, patologie, sulla prevenzione di numerose
malattie; significa avere uno strumento di consultazione facile e veloce, che
non vuole né deve sostituire il medico, ma che può portare il lettore a non
sottovalutare sintomi o comportamenti a rischio per la propria salute. La
terminologia medica è sempre chiarita in modo da essere comprensibile a tutti;
sintomi di una malattia, diagnosi, terapia e profilassi sono approfonditi e
spiegati in modo adeguato; anatomia e fisiologia dei diversi apparati
accompagnano ogni trattazione. Dalla genetica alla pediatria, dalla
gastroenterologia alle disfunzioni sessuali, i problemi affrontati riguardano
ogni aspetto del nostro benessere psico-fisico, dall’infanzia alla vecchiaia.
Il volume, di 2000 pagine e dal costo di 64 euro, riporta indirizzi e siti web
di associazioni e centri cui rivolgersi per assistenza e informazioni. Come dice
Veronesi, questo testo è utile come l’armadietto dei medicinali.
Anna Busca ce.guzz@tiscali.it
UNA FESTA DI COMPLEANNO…STELLARE!
Il Planetario di Milano festeggia i suoi primi 75 anni: fu infatti donato alla città dall’editore Ulrico Hoepli nel 1929 (anno in cui Edwin Hubble pubblicò la sua famosa legge sulla velocità di allontanamento delle galassie) ed inaugurato solennemente nel 1930 (anno della scoperta di Plutone). E’ tuttora il maggior Planetario italiano; la cupola che ospita la macchina ha un diametro di quasi venti metri, e gli spettatori possono arrivare a 300. Il Planetarium party si svolgerà sabato 21 maggio, giornata in cui si potrà entrare liberamente ad assistere a conferenze no-stop. Nei Giardini circostanti sarà possibile visitare uno stand dedicato ai pianeti e osservare il Sole, guidati da esperti, con telescopi a filtri speciali. Per i bambini, caccia al tesoro e giochi su temi astronomici nel pomeriggio. Il mese di maggio è ricco anche di altre iniziative: chi vuole restare aggiornato su Marte, può assistere martedì 10 alle 21 alla conferenza di Luigi Bignami dal titolo accattivante “Ultimissime da Marte”, sulla ricerca di tracce di vita sul pianeta rosso. Il 12 e il 14 altri due incontri su Marte. Alla storia dell’astronomia è invece dedicato un ciclo di conferenze dal 17 al 26 maggio: si parte da “Astronomia invisibile”, che tratta le tecniche d’indagine dell’universo dai raggi gamma alle onde radio, per arrivare all’universo in espansione (è previsto anche un concerto per viola e arpa, “Costellazioni sonore”, la sera del 20) e all’energia stellare. Mercoledì 25, dalle Cosmicomiche di Italo Calvino, “Viaggio sulla Luna”, accompagnato da arpa e voce solista. Per informazioni: www.comune.milano.it/planetario
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
MARZO 2005
XV
Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica
Nell’ambito del progetto “La Primavera della Scienza”, promosso dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, in collaborazione con il MIUR, con la Città della Scienza di Napoli, con il Museo di Storia della Scienza di Firenze e con altre istituzioni a carattere scientifico, si svolgono dal 14 al 20 marzo numerose manifestazioni intese a favorire la diffusione del valore della cultura scientifica. Acqua, energia, salute, il pianeta Terra, le grandi scoperte della Fisica nel XX secolo: sono questi i temi fondamentali degli incontri. Il Museo della Scienza “Leonardo da Vinci” di Milano organizza mostre (“Giulio Natta e le materie plastiche”), laboratori interattivi, conferenze. Anche diverse scuole partecipano al progetto. Per il programma degli eventi: http://www.plinio.net/ oppure http://www.museoscienza.org/.
(A.B.)
VEDERE LA SCIENZA
E’
iniziata lunedì 7 marzo, allo Spazio Oberdan di via Vittorio Veneto 2, a
Milano, la rassegna “Vedere la Scienza”, che si concluderà domenica
13, in occasione della XV Settimana della Cultura scientifica e
tecnologica. La medesima iniziativa viene riproposta dal 14 al 18 marzo a
Firenze e dal 26 al 30 aprile a Torino; in altre sedi, quali Bergamo, Pavia,
Bologna e Bari si svolgerà in date successive. Si tratta di una rassegna
cinematografica, ad ingresso libero, ispirata a tre temi connessi al 2005:
nell’anno in corso – Anno Internazionale della Fisica - cade infatti il
sessantesimo anniversario della bomba H su Hiroshima e Nagasaki, che segnò la
resa del Giappone e la fine del II conflitto mondiale; il cinquantenario della
morte di Einstein nonché il centenario della pubblicazione dei primi suoi
articoli sulla teoria della relatività; infine si ricorda anche il romanziere
francese Jules Verne, morto nel 1905. Per le scuole sono previsti incontri
specifici alla mattina, riguardanti anche argomenti di biologia. Il tema “La
bomba” prevede la proiezione di alcuni documentari interessanti come
“L’arma definitiva, il dilemma della bomba H” (USA, 2000) e “Chicago, 2
dicembre 1942” (Italia, 1962), martedì h16, e di film cult quali “Il
dottor Stranamore” di Kubrick (regno
Unito, 1964), sempre martedì alle h18. Mercoledì alle h18 sono previsti “The
day after” di Meyer (USA, 1983) e “Hiroshima mon amour” di Resnais (Francia-Giappone,
1959). Giovedì alle h18 “Ipotesi sulla scomparsa di un fisico atomico” di
Castellani (Italia, 1972) e alla sera alle 21.15, “Sulla cometa” e “Gli
astronomi”. Venerdì pomeriggio “L’universo elegante” (USA, 2004),
“Spin” (USA,2003) e “Le cattedrali della scienza: CERN 1954-2004”. In
omaggio a Verne, sabato si potranno rivedere “Viaggio al centro della Terra”
(USA, 1959), alle 16, “Dalla Terra alla Luna” (USA, 1958), alle 18, e
infine, alle 21.15, un film del 1916 accompagnato da musiche al pianoforte,
“Ventimila leghe sotto i mari”, tutti lavori ispirati ai celebri romanzi che
precorrevano di quasi un secolo scoperte, invenzioni ed esplorazioni. Domenica,
come la giornata iniziale, sarà dedicata ad Einstein, mentre alla sera si potrà
assistere a “The day after tomorrow - L’alba del giorno dopo” film
statunitense dello scorso anno, che descrive con discreti effetti speciali
–l’unico pregio del film- scene apocalittiche su un pianeta improvvisamente
devastato da trombe d’aria, inondazioni ed immani espansioni glaciali. Luca
Mercalli interverrà in un dibattito col pubblico, spiegando la situazione
attuale del clima globale: un’occasione per parlare di inquinamento, effetto
serra, buco dell’ozono, termini del protocollo di Kyoto…
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
FEBBRAIO 2005
I
TESORI DELLA STATALE
Si
chiude oggi, 13 febbraio, la mostra che l’Università Statale di Milano aveva
inaugurato nello scorso novembre alla Rotonda di via Besana, in occasione delle
celebrazioni degli ottant’anni dalla sua fondazione.
Un’esposizione molto interessante, soprattutto per appassionati di
scienza e di libri antichi: nella sezione Natura, ecco per esempio la
“Pomona artificiale”, opera del ceroplasta Francesco Garnier Valletti che
nell’Ottocento lavorò come modellatore di fiori e frutti anche alla corte
degli zar; meravigliosi frutti, varietà di mele, di pere, d’uva, quasi
indistinguibili dai frutti veri, sono mostrati in grandi vetrine all’inizio
del percorso. L’Università ha la collezione più ampia delle opere del
Garnier (ben 792 modelli acquistati nel 1869 dalla Regia Scuola di Agricoltura
di Milano, poi divenuta Facoltà di Agraria). E poi tavole parietali
dell’inizio del Novecento con disegni di insetti, scatole entomologiche,
modelli di cartapesta del baco da seta. Nella sezione Carne sono
stupefacenti per il loro realismo i modelli miologici di Luigi Leroy,
dell’inizio dell’Ottocento: la statua dell’uomo, del cane, del bovino, la
testa di cavallo sono perfette riproduzioni anatomiche ma anche vere e proprie
opere d’arte. Le ceroplastiche della Clinica Dermatologica – impressionanti
teste e mani coperte di piaghe e lesioni tipiche delle diverse malattie, dalla
lebbra all’acne rosacea – appartengono alla sezione Psiche,insieme a
numerosi libri di ostetricia, strumenti e
modelli anatomici appartenenti alla Clinica Mangiagalli Tra
i testi esposti, infine, spiccano trattati di chirurgia e anatomia del ‘500 e
del ‘600: straordinari Della simmetria dei corpi umani, di Albrecht
Durer, pubblicato nel 1594 a diversi anni dalla morte del grande incisore e
pittore tedesco, e Le opere chirurgiche del Fabrizi, allievo di Falloppio.
Al Fondo “Emilio Alfieri” appartiene anche il volume del 1543 considerato
opera fondamentale per gli studi anatomici: il De corporis humani fabrica del
belga Andrea Vesalio, con splendide incisioni. E’ in vendita il catalogo,
della Skira Editori.
Anna Busca anna.bus@tiscali.it
DARWIN
DAY
Al Museo
di Storia Naturale di Milano si terrà una serie di incontri sul tema
“L’evoluzione umana” il 15 e il 16 febbraio, in occasione del secondo Darwin
Day, celebrato in numerosi altri Paesi oltre all’Italia. Tra le
conferenze previste, particolarmente interessante quella tenuta dal noto
evoluzionista Richard Dawkins, docente a Oxford, dal titolo “Si può prevedere
l’evoluzione?” (15 febbraio, h 15.00); da segnalare anche “Darwin e
l’evoluzione dell’uomo”, di Pietro Omodeo, dell’Università di Siena (16
febbraio, h 14.30), “Il genoma mitocondriale umano: una prospettiva al
femminile dell’evoluzione umana”, del genetista Antonio Torroni,
dell’Università di Pavia (h 15.30) e “Il benevolo disordine della vita”
di Marcello Buiatti, dell’Università di Firenze (h 16). Moderatore di una
tavola rotonda sul tema, prevista per le ore 21 del 15, Giulio Giorello, cui è
dato anche il compito di trarre le conclusioni del dibattito nella serata
successiva. Se il Darwin Day 2005 avrà il successo di pubblico
dello scorso anno, diventerà senz’altro un appuntamento fisso annuale per
parlare dell’affascinante argomento delle teorie evoluzioniste, in attesa di
celebrare il bicentenario della nascita di Charles Darwin tra quattro anni
(l’autore de “L’origine delle specie” nacque infatti il 12
febbraio 1809). Per prepararsi a questo Darwin Day ci si può intanto
dedicare alla lettura del suo meno famoso testo “L’origine dell’uomo”,
definito da Freud “un colpo biologico” alla presunzione umana, oppure
visitare la sala del Museo dedicata alla storia naturale dell’uomo. Info
0288463337. E’ possibile seguire e intervenire al convegno in tempo reale dal
sito http://www.anms.it/.
Anna
Busca anna.bus@tiscali.it
ULTIME NOTIZIE DA TITANO
Il 21
gennaio una conferenza stampa tenuta al quartier generale dell’ESA a Parigi ha
presentato i primi risultati scientifici tratti dai dati inviati da Huygens alla
sonda Cassinis. Titano ha una meteorologia e una geologia molto simili a
quelle della Terra: vi sono sistemi fluviali, letti lacustri, con isole e
secche. Scorrono liquidi, dunque: ma si tratta di metano, non di acqua. Il
metano si presenta allo stato liquido a temperature inferiori a –170°C. Piove
anche metano, perché le nubi che si creano per evaporazione dal suolo sono
costituite da questo idrocarburo. Nell’atmosfera si trova argon-40, forse
prodotto dal decadimento del potassio-40 nel nucleo roccioso e portato
gradualmente in superficie: è l’unico gas nobile presente. Intensi temporali
con scariche elettriche, veri e propri fulmini, interessano spesso la troposfera
di Titano. La pioggia di metano erode continuamente la superficie del satellite
di Saturno e forse ha cancellato le tracce di bombardamenti meteoritici. I
ciottoli arrotondati fotografati sul letto di un fiume sono formati da ghiaccio
d’acqua, anche se sembrano rocce. Il vulcanesimo un tempo attivo non ha
generato lava, ma ghiaccio d’acqua e ammoniaca: si tratta quindi di un “criovulcanismo”,
il cui motore è tuttavia, per il momento, ignoto. Gli scienziati lavoreranno
certamente per molti anni su quelle che hanno già definito “entusiasmanti
scoperte”. Per saperne di più: http://www.uai.it/
Anna Busca
GENNAIO 2005
AL MUSEO
SI PARLA DI BOTANICA
Interessante
il programma di incontri e conferenze, al Museo di Storia Naturale di Milano,
organizzati dal Gruppo Botanico Milanese per il 2005. L’ingresso alle serate
– tutte di lunedì - è libero e l’orario di inizio è fissato per le 21.
Quattro incontri costituiscono un “Corso di botanica” per principianti: il
17 e 31 gennaio, il 7 e 21 febbraio. Si partirà da “come si studiano le
piante” fino ai “rapporti delle piante con l’uomo”. Alcune serate invece
sono dedicate a viaggi naturalistici di alcuni soci: Majorca in primavera (28
febbraio), il Costa Rica (21 marzo), l’Amazzonia peruviana (18 aprile). L’11
aprile si parlerà del Bosco delle Querce vicino a Seveso, a quasi trent’anni
dal disastro dell’ICMESA; il 16 maggio l’incontro sarà dedicato alla
metamorfosi di insetti e anfibi, animali che vivono a stretto contatto, spesso
in simbiosi, col mondo vegetale; il 23 maggio chi è interessato alle piante
medicinali potrà avere utili informazioni in merito. Anche i funghi sono
oggetto di studio: un breve corso di micologia si terrà il 30 maggio e il 13
giugno. Sono previste escursioni botaniche domenicali il 13 marzo, il 10 aprile,
il 15 maggio e il 5 giugno. Per informazioni www.augustea.it/asso/gbm
Anna
Busca anna.bus@tiscali.it
MISSIONE
SU TITANO, UN SUCCESSO EUROPEO
Come
previsto, il 14 gennaio il lander Huygens è giunto sul suolo del
misterioso Titano e ha cominciato ad inviare segnali a Terra. La superficie, di
colore arancione, appare solcata da “fiumi”, con massi sparsi, forse di
ghiaccio di azoto o metano, e ha una consistenza morbida, simile a quella della
neve fresca.L’atmosfera è costituita per oltre il 95% di azoto, la
temperatura al suolo è di -180 °C, soffiano venti a 400 km/h. Gli scienziati-
in particolare gli europei dell’ESA, che insieme alla NASA e all’ASI ha
finanziato la missione -stanno esaminando entusiasti le immagini, le
registrazioni sonore, tutti i dati che arrivano da una distanza di oltre un
miliardo di chilometri. Ma anche un altro satellite di Saturno, Giapeto, è
oggetto di grande interesse: la sonda Cassini l’ha “sfiorato” in un flyby
a Capodanno e ha rivelato l’esistenza di un’immensa catena montuosa, alta 20
km, a livello dell’equatore, che circonda tutto il satellite, come una sorta
di “sutura” tra i due emisferi. Ora quindi, al mistero della zona scura di
Giapeto contrapposta a quella chiara, se ne aggiunge un altro: come ha potuto
formarsi questa catena di montagne? Forse la risposta potrà essere data quando
la stessa sonda Cassini avrà un nuovo flyby con Giapeto, ma ad una distanza
cento volte inferiore, nel 2007, e invierà ai ricercatori immagini più
dettagliate. Per seguire le
scoperte su Titano ci si può collegare al sito dell’Unione Astrofili
Italiani, http://www.uai.it/.
Da segnalare, per gli appassionati, la conferenza al Planetario di Milano
dal titolo “Sotto le nuvole di Titano” (25 gennaio, ore 21).
Anna
Busca
COMETE
E’
ancora visibile, nella costellazione del Toro, a destra di Orione, la cometa
Machholz; verso le 21.30 è alta
circa 50° nel cielo a sud. Nebbia ed inquinamento luminoso permettendo, la si
può ancora osservare ad occhio nudo. Nel frattempo è partita da Cape Canaveral,
in Florida, la sonda Deep Impact,
che giungerà – se tutto procederà nel verso giusto – il 4 luglio di
quest’anno, anniversario dell’Indipendenza U.S.A., in prossimità della
cometa Tempel-1, scoperta nel 1867. Un
proiettile di rame dal peso di 372 kg sarà quindi lanciato alla velocità di
37000 km orari: l’Impactor dovrebbe scavare nel nucleo cometario un
cratere di decine o centinaia di metri di diametro, rivelando la composizione
del ghiaccio, delle polveri e dei gas presenti. Ma
la sonda ha già dato qualche preoccupazione perché è entrata quasi subito in safe
mode (modalità di sicurezza), forse per una taratura eccessivamente
“prudente” di alcuni sensori della temperatura del sistema di propulsione.
Intanto prosegue il suo viaggio la sonda dell’ESA Rosetta verso la cometa
Churyumov-Gerasimenko, che raggiungerà nel 2014 entrandovi in orbita e
rilasciando un piccolo robot che atterrerà sul suo nucleo. Lo scopo è sempre
lo stesso: avere più dati possibili su questi straordinari “fossili” del
sistema solare, che potrebbero rivelarci il segreto della vita sul nostro
pianeta. Al Planetario di Milano è prevista per giovedì 3 febbraio (ore 21)
una conferenza di Luca Astori sul tema “Comete: una coda di luce”, da non
mancare per chi vuole saperne di più.
Anna Busca
ARTICOLI CORRIEREBIT- MUSICA 2005
DICEMBRE
Barenboim alla Scala per il Concerto di Natale
Esattamente un mese prima della scomparsa a New York, nel settembre 2003, dell’intellettuale palestinese Edward Said, Daniel Barenboim (nella foto) portò la West – Eastern Divan Orchestra, formata da giovani musicisti israeliani e palestinesi, di cui furono entrambi fondatori nel 1999, al Festival di Mentone con un programma molto denso di aspettative composto dalla Sinfonia “Incompiuta” di Franz Schubert e dall’”Eroica” di Ludwig van Beethoven. In una conferenza stampa nel municipio della città di frontiera francese, che da sempre è stata simbolo dell’incontro delle culture del Mediterraneo ma anche terra d’asilo di molti rifugiati dai regimi comunisti dell’Europa Orientale (tra cui Mstislav Rostropovich che qui fu accolto con molto calore ed immediata disponibilità), il grande direttore d’orchestra russo-argentino sorprese subito tutti i giornalisti presenti con una dichiarazione sincera e diretta che spiazzò ed emozionò allo stesso tempo l’attento auditorio: “Quello che più conta nella vita di un uomo non sono il suo potere, la sua ricchezza, il denaro bensì la sua autonomia e libertà intellettuale che hanno sia un prezzo che un valore molto più elevato”. Questa libertà di pensiero è sempre stata una costante della figura di artista di Daniel Barenboim, forse ereditata anche da uno dei suoi primissimi maestri, un uomo che ha segnato la vita culturale del Novecento e di cui oggi ancora la memoria non è sempre viva e presente come dovrebbe esserlo ovvero Igor Markevitch (deceduto nel 1983 vicino ad Antibes). Questa libertà ed essere al di fuori di tutti gli schemi si traduce anche in un forte carisma, quasi magnetico, ed in una capacità di comunicare immediata e diretta . A tutto questo pensavamo quando dopo più di trent’anni di assenza abbiamo visto salire Daniel Barenboim,venerdì 23 dicembre 2005 , sul podio del Teatro alla Scala per dirigere la Nona Sinfonia di Beethoven con i complessi corali ed orchestrali del teatro milanese. In soli tre giorni di prove il grande Maestro è riuscito a cambiare radicalmente l’intera fisionomia di un’orchestra. Mai avevamo ascoltato una così perfetta pulizia di suono negli archi, lo stagliarsi netto e preciso nell’aria dei fiati, un controllo assoluto e perfetto delle dinamiche, la capacità di passare dal silenzio assoluto ad un tutti orchestrale pieno, forte, denso ed allo stesso tempo privo di qualsiasi eccesso . Tutto questo ce lo ricordavamo nelle memorabili e rimpiante esecuzioni dei drammi musicali di Richard Wagner al Festival di Bayreuth degli anni 80 e 90. Perfetta la fusione e l’unione con il Coro diretto da Bruno Casoni, che ha superato sé stesso e le proprie già elevatissime capacità, e con lo straordinario cast vocale composto dal soprano Camilla Nylund, dal mezzosoprano Michaela Schuster, dal tenore Burkhard Friz e dal baritono Thomas Quasthoff che con grande giubilo ed energia ha dato inizio alla celebrazione vocale finale fremendo con ansia e vivace vibrazione sin dall’inizio della Sinfonia prima di arrivare al momento della sua memorabile prestazione . Pensiamo veramente che questa sia stata una data storica e di reale svolta per l’Orchestra ed il Coro della Scala e per lo storico teatro milanese che ritroverà il grande direttore nel 2007 in apertura di stagione con un “Tristan und Isolde” di Richard Wagner, regista Patrice Chéreau, che già possiamo attendere con trepidazione . Nel frattempo avremo anche la preziosa possibilità di ascoltare la West – Eastern Divan Orchestra nell’autunno 2006 , lo stesso Maestro in un recital al pianoforte, il Requiem di Verdi in omaggio a Toscanini nonché un concerto da definire con la Filarmonica.Trionfale l’accoglienza ed il successo di pubblico che al termine del concerto è esploso in una prolungata ed intensa ovazione a tutti gli artisti che a loro volta si complimentavano a vicenda.
24-12-05 Giacomo Di Vittorio
LA SYLPHIDE ALLA SCALA
Quando Filippo Taglioni, coreografo,
ideò questo balletto su suggerimento del tenore Adolphe Nourrit, che
all’Opéra aveva visto danzare sua figlia Maria, leggera come una
farfalla, Parigi stava
vivendo un periodo particolare. Era il 1831 – il balletto, su musica di
Jean Madeleine Schneitzhoeffer, andò poi in scena l’anno successivo –
e la Francia aveva appena lasciato alle spalle una “seconda
rivoluzione”, contro Carlo X, reo di aver emesso il 25 luglio 1830 le
Quattro ordinanze con le quali aboliva la libertà di stampa e limitava il
diritto di voto. L’insurrezione
popolare che ne seguì portò alla caduta del re. Su richiesta dei
deputati liberali divenne
sovrano il duca d’Orléans Luigi Filippo, che annullò i provvedimenti
riconfermando la Costituzione. Tutta l’Europa si accende dunque di nuovo
entusiasmo: Belgio, Assia e Sassonia, Polonia, Italia si preparano a
lottare per l’indipendenza (Giuseppe Mazzini, in esilio a Marsiglia,
fonda la Giovine Italia proprio nel 1831). E’ in questo clima di
rinnovata libertà che lo spirito romantico palpita con più vigore: e La
Sylphide può dunque, in perfetta sintonia, personificare l’amore
purissimo, l’ideale poetico, il sentimento più alto, che va oltre la
morte. Per Maria Taglioni, cui il padre aveva insegnato una tecnica
particolare per danzare sulle punte librandosi quasi in aria, fu ideato
persino un nuovo costume, un tutù bianchissimo e vaporoso, che rendeva la
sua esile figura ancora più aggraziata e leggera, tanto delicata da
sembrare incorporea. Il
balletto si ispira ad un romanzo di Charles Nodier, “Trilby ou le
Lutin d’Argail”: un giovane scozzese, James, promesso sposo alla
graziosa Effie, suscita l’amore di una silfide - spirito dei boschi
nella mitologia germanica – che riesce a separarlo dalla fanciulla; ma
il crudele inganno di una strega fa sì che sia proprio il giovane,
innamoratosi a sua volta dell’eterea creatura, a provocarne
involontariamente la morte.
La coreografia originale francese è stata ripresa nel 1972 da Pierre
Lacotte, che aveva ritrovato documenti dell’epoca, dello stesso
Taglioni. Il balletto è stato quindi riportato alle scene dopo più di
cent’anni dall’ultima replica con Emma Livry, nel 1858.Alla Scala si
è riproposta con successo La Silphyde di Lacotte:
l’incanto si è rinnovato e al pubblico è sembrato di veder davvero
volare le bianche silfidi tra gli alberi della foresta. Ottimo, come
sempre, il corpo di ballo; splendida la protagonista Gilda Gelati (nelle
foto di Marco Brescia), che sarà ancora presente nelle prossime
rappresentazioni. Atletico e convincente Antonino Sutera, anche quando il
ruolo di James lo impegna a danzare contemporaneamente con entrambe le partner,
in un curioso ma sempre armonioso intreccio di corpi. Negli spettacoli del
28 e del 29 sarà Maximiliano Guerra a interpretare la parte del
protagonista maschile del balletto. Fino al 31 dicembre.
23
dicembre 2005 (A.B.) ce.guzz@tiscali.it
Concerto di Natale alla Scala con
Barenboim
Per il Concerto di Natale, l’Orchestra della Scala sarà questa sera diretta da Daniel Barenboim (nella foto). In programma la Nona Sinfonia di L.van Beethoven. La prova generale della mattina alla presenza di un numeroso pubblico, ci è subito apparsa ottima, specie l’incisivo e dirompente movimento finale che risulta essere rilevante anche dal punto di vista scenografico per la presenza dell’imponente Coro e delle quattro voci soliste. Tra queste spicca il baritono tedesco Thomas Quasthoff che ha per primo intonato le note della famosa Ode “an die Freude”, inno alla fratellanza dei popoli. Nei prossimi giorni un articolo sulla serata che verrà trasmessa su Rai Uno lunedì 26 dicembre alle 12.20 e su Rai Radio Tre in stereofonia.
23-12-05 C.G.
La Wiener Philharmoniker diretta
da Zubin Mehta al Teatro alla Scala per
il XV° anniversario del "Comitato Negri-Weizmann"
Serata importante quella del
19 dicembre al Teatro alla Scala: il Comitato Negri-Weizmann
in occasione del XV°anniversario di attività nel campo della
ricerca bio-medica ha organizzato un Concerto Sinfonico
tenuto dai gloriosi Wiener Philharmoniker con la direzione
del Maestro Zubin Mehta (nella foto).
Un “augurio per la pace e il
suggello di una splendida amicizia tra Italia e Israele” sono state le
parole pronunciate da Rita Levi Montalcini,
Nobel per la Medicina, prima del concerto e dopo le parole di Silvio
Garattini, Direttore scientifico dell'Istituto Mario Negri, di Ilan
Chet, Presidente dell’Istituto Weizmann e di Robert Parienti,
Delegato per l’Europa del Weizmann. Presenti in teatro numerose
personalità come Umberto
Veronesi, Fedele Confalonieri, Giuseppe Guzzetti, Luigi de Bernardin,
Roberto Jarach, Diana Bracco, Lella Curiel, Roberto Mazzotta, Cesare
Romiti, Sergio Dompé, Bruno Ermolli, Giorgio Fossa ecc. L’attività del
Comitato Negri-Weizmann, iniziata 15 anni fa dall’allora
Segretario Generale dell’Istituto Mario Negri, Prof. Alfredo Leonardi
e da Robert Parienti, nasce da un’idea semplice ma
originale: organizzare eventi straordinari, che unissero la passione per
la musica alla sensibilità per la salute umana, per raccogliere fondi da
destinare alla ricerca scientifica condotta in collaborazione tra
l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Istituto Weizmann di Israele. Un
programma interamente mozartiano per ricordare il rapporto tra Musica e
Ricerca nel miglioramento
della salute. L’elegante programma di sala prevedeva quindi
l’esecuzione di tre composizioni di Mozart: una giovanile Sinfonia n°1
K16 scritta da Wolfgang Amadeus all’età di otto anni ma già molto
indicativa per qualità musicale, un galante ed elegante Concerto per
flauto ed arpa in do magg. K299 eseguito da due bravissimi solisti
quali Charlotte Balzereit all’arpa e Dieter Flury al
flauto ed infine una delle opere sinfoniche maggiori di Mozart come la Sinfonia
n°41 in do magg. K551 “Jupiter”. In quest’ultima composizione
la Wiener ha mostrato tutte le sue qualità musicali con un Molto
Allegro finale a livelli
altissimi. Al termine, dopo un augurio
di buone feste dal Maestro Mehta,un meraviglioso bis: l’Ouverture dalle
Nozze di Figaro. Ottima la direzione di Mehta. Grande successo di
pubblico e lunghissimi applausi.
20-12-05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Una grande Martha Argerich
in Conservatorio per le “Serate Musicali”
E’ tornata, ancora una volta in una
Sala Verdi straboccante di appassionati, la grande Martha Argerich.
L’Orchestra di Padova e del Veneto, con
Alexadre Rabinovitch–Barakovsky
alla direzione, ha eseguito un programma particolarmente intenso
che prevedeva l’esecuzione di due tra i più importanti cavalli di
battaglia dei più grandi pianisti: il Concerto in la min. op.54
per pianoforte e orchestra di R. Schumann e il Concerto n°1 in do
magg. per piano e orchestra op.15 di L.van Beethoven. Il primo
è stato preceduto da una energica e
fluida direzione della breve neoclassica
Sinfonia n°1 in re magg. op.25 “Classica”
di S. Prokofiev e il secondo da una composizione dello stesso
Rabinovitch, Maithuna. Abbiamo ascoltato uno splendido Schumann
con la Argerich che è riuscita ha cogliere pienamente ogni aspetto
del grande concerto romantico coadiuvata anche da una ottima direzione
d’orchestra e da sonorità orchestrali in perfetta sintonia con i colori
del pianoforte. Anche il primo concerto beethoveniano ha avuto
un’avvincente interpretazione, specie nel Rondò finale dove
la pianista argentina ha saputo mostrarci tutto il suo virtuosistico
e intenso modo di esprimersi col pianoforte. Si rimane invece perplessi
per la ripetitiva, con qualche spunto interessante sul versante della
ricerca timbrica, e interminabile
composizione di Rabinovitch. Al termine un breve bis della Argerich con un
intenso Schumann, la prima delle Scene fanciullesche op.15 .
Grandissimo successo di pubblico.
18-12-05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Daniel Harding e la Mahler Chamber Orchestra alla Scala
Il 12 dicembre scorso al Teatro
alla Scala, Daniel Harding (nella foto) è salito sul podio per dirigere la sua
straordinaria Mahler Chamber Orchestra, di cui è direttore principale dal
2003, un’emanazione della Gustav Mahler Jugend Orchester, idea geniale
di cui non si potrà mai ringraziarlo abbastanza quella di Claudio Abbado
di creare nel 1986, prima della caduta del muro di Berlino, un’orchestra
che unisse giovani musicisti dell’Europa Centrale, provenienti dalle più
prestigiose formazioni ma anche giovani talenti che poi hanno avuto qui la
possibilità di formarsi e di proseguire
poi trionfalmente la loro carriera,e di mescolarli con tutte le più varie
nazionalità (17 in tutto su 49 membri effettivi) . A nostro avviso questa
è in assoluto una delle migliori orchestre europee attuali per estrema
disciplina, grandissima musicalità, unione e vera simbiosi
tra i suoi componenti, perfetta unione d’intenti con
il suo direttore principale ma anche quelli ospiti che tornano con
regolarità , garanzia di un legame duraturo e profondo . In questa serata
il giovane e brillante direttore britannico ha diretto nella prima parte
la Quarta Sinfonia di Beethoven in cui sia per la gestualità che per il
risultato ottenuto con l’orchestra non si poteva che pensare alla
determinante lezione di Claudio Abbado mentre nella seconda ci ha offerto
una sua personalissima lettura della Seconda Sinfonia di
Robert Schumann in cui al necessario vigore e robustezza di suono ha unito una sottile malinconia a
volte quasi ironica in particolare nell’Adagio espressivo come sinora non avevamo ascoltato da
nessun altro direttore che affronti con regolarità questa straordinaria ed estremamente complessa
partitura . Quasi un lusso che si poteva permettere grazie allo straordinario e sempre perfettamente
funzionante strumento di cui disponeva ossia la sua fedelissima orchestra . Una prova che ha
ulteriormente confermato le elevate capacità del giovane direttore britannico anche nel repertorio
sinfonico ed in particolare in quello più tradizionale in cui si è costretti a mettere più a nudo
le proprie vere doti ma anche la capacità di una personale lettura ed
interpretazione di una partitura.
Giacomo Di Vittorio
La chitarra di Emanuele Segre e l’Orchestra di Craiova in Conservatorio
L’Orchestra rumena di Craiova
diretta da Massimo Palumbo ha eseguito musiche di J.Williams, J.Rodrigo e
L.van Beethoven. Alla chitarra solista, nella prima parte del concerto, il
bravissimo Emanuele Segre. Una
trascrizione per chitarra e quintetto d’archi di M.Palumbo sulle
note musiche di Williams dal capolavoro
di Spielberg “Schlinder’s List” ha dato inizio alla serata. Bella la
trascrizione nell’accompagnamento degli archi dei due brani proposti.
Bravo Segre, ma la splendida, triste melodia del violino solista che
abbiamo in mente è decisamente più intensa e commuovente nelle sue
lunghe note. Il famosissimo Concerto de Aranjuez (1937) di
Rodrigo con la chitarra solista di Segre è stato avvincente. La tensione
emotiva dell’Adagio centrale è stata ben delineata
dall’eccellente chitarrista che ha mostrato, nella sua evidente
approfondita conoscenza del concerto, di penetrare con intensità
l’apparente facile musica di Rodrigo. Il
movimento centrale gioca molto sulle pause e i cupi timbri
orchestrali che devono inserirsi tra le note del solista. Perfetta la
sintonia del direttore Palumbo con Segre e brava tutta l’Orchestra.
Valida, nella seconda parte della serata, l’interpretazione della
Settima Sinfonia di L.van Beethoven. Successo di pubblico in una Sala
Verdi quasi al completo.
15-12-05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un importante Idomeneo per Daniel
Harding alla Scala
Ottima
prestazione quella di D.Harding nell’Idomeneo mozartiano. Il
giovane e precoce trentenne direttore inglese ha saputo penetrare con
intensità emotiva e spessore intellettuale la non facile partitura di un
Mozart ancora giovane – l’opera venne rappresentata a Monaco per la
prima volta il 29 gennaio del 1781- ma decisamente maturo.
Il musicista salisburghese aveva rivisitato l’opera seria
italiana con importanti innovazioni musicali per quanto concerne l’uso
dei recitativi e delle arie. In questa vicenda drammatica, ma a lieto
fine, costruita su libretto di Giambattista Varesco, recitativi ed arie si
succedono senza soluzione di continuità e soprattutto i primi
raggiungono livelli espressivi particolarmente intensi. Harding è
riuscito anche nell’intento di stabilire un perfetto equilibrio sonoro
tra la parte strumentale e
quella, non facile, vocale. Ottima la giovane compagnia di canto.
Sopra di tutti, per qualità melodrammatiche,
spicca Emma Bell, Elettra, formidabile nel recitativo e
nell’aria finale Oh smania,oh furie!; splendida e intensa anche
la voce di Camilla Tilling, Ilia, bravissima Monica Bacelli, Idamante,
bella e intensa la voce di Steve Davislim, Idomeneo, anche se con
timbro eccessivamente aggraziato per il ruolo interpretato. Bravissimi
Francesco Meli, Arbace e Robin Leggate, Sacerdote di Nettuno.
Come sempre avvincente il
Coro di Bruno Casoni. Si rimane invece perplessi non tanto per la regia
di Luc Bondy quanto per le scene
scarne di Erich Wonder e soprattutto per la scelta di costumi stile
anni’30, di Rudy Sabounghi, che nulla hanno a che vedere con l’opera e
che addirittura non hanno sempre consentito una facile identificazione dei
personaggi (vedi Idomeneo, con un aspetto eccessivamente giovanile). Scene
e costumi non hanno comunque disturbato,
ma se fossero stati
adeguati avrebbero sicuramente contribuito alla completa riuscita di un
lavoro che rimane musicalmente
di eccellente fattura, rapportato anche alla giovane età media degli
interpreti. Accoglienza buona
ma non entusiastica da parte della platea. Repliche il 13-16-18-20-22
dicembre.
12-12-05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Il violinista Henning Kraggerud e l’Orchestra
Sinfonica G.Verdi all’Auditorium
Il francese Stéphane Denève ha ben diretto la
“Verdi” in un programma che prevedeva nella prima parte musiche di
Felix Mendelssohn e nella seconda di Arthur Honegger. Dopo una buona
interpretazione dell’Ouverture op.21 dal Sogno di una notte di
mezza estate, opera giovanile ma con un linguaggio già molto
personale di Mendelssohn , è salito sul palco dell’Auditorium il trentaduenne
violinista norvegese H.Kraggerud (nella foto)
per l’esecuzione del Concerto per violino e orchestra
in mi min. op.64 cavallo di battaglia di tutti i virtuosi
violinisti. Splendido il tocco del violinista norvegese, avvincente per
grazia e morbidezza melodica in tutte le parti solistiche e nella cadenza
dell’Allegro appassionato. Accompagnamento orchestrale, per
qualità timbrica complessiva, non
sempre in sintonia con il modo dolce e aggraziato del violino solista.
Nella seconda parte del concerto ottima la prova del direttore Denève in
due brani del francese
Honegger, Le chant de Nigamon del 1917-18 e la Sinfonia n°3
“Liturgique” del 1945-46. Musica ricca di contrasti, suggestiva
- meritevole di una maggior attenzione nelle scelte concertistiche- nella quale un ruolo determinante hanno le qualità
individuali dei singoli orchestrali e la
limpidezza degli impasti sonori. Qui l’Orchestra Verdi con i
bravi solisti e il direttore francese hanno dato il meglio in termini
espressivi. Successo di pubblico. Repliche venerdì 9 e domenica 11.
8-12-05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
La storia della tromba al Dal Verme con Gabriele Cassone e i “Pomeriggi Musicali”
Interessante serata quella proposta dal
trombettista Gabriele Cassone e dall’orchestra de “I Pomeriggi
Musicali”. Cassone, trombettista di spessore internazionale che ha
collaborato con sommi maestri quali Berio e Boulez, ha proposto al
numeroso pubblico presente in sala -
in qualità anche di direttore d’orchestra – un’avvincente
storia della tromba presentando brani musicali di Handel, Vivaldi, Haydn,
Verdi, Ponchielli e Arban. L'eccellente virtuoso ha alternato i sei
differenti momenti musicali con una lucida ed essenziale “lezione”
sull’evoluzione tecnica di questo spesso trascurato strumento musicale:
dalla tromba naturale usata nel primo barocco, a quella a chiavi
di fine Settecento, a quella a pistoni di metà Ottocento.
Cassone ha utilizzato ben cinque diverse
trombe per
eseguire i brani in programma ed è stato coadiuvato anche dai bravissimi trombettisti
Sergio Casesi e Luciano Marconcini paricolarmente brillanti nel Concerto
per 2 trombe, archi e cembalo di Vivaldi. Interpretazioni impeccabili
e altamente virtuose quelle del Concerto in Fa magg. Op.123 per
tromba e archi di Amilcare Ponchielli e
del brano Introduzione, tema e variazioni sul “Carnevale di Venezia” di
Jean Baptiste Arban (musicista francese noto anche come didatta della tromba). Bello l'Adagio
per tromba ed archi di G.Verdi, brano ritrovato recentemente e
caratterizzato da una splendida melodia, tipica Aria
verdiana.
Al termine uno splendido bis con una Fanfara per tre trombe del Novecento.
Grande successo di pubblico. Replica sabato 3 dicembre ore 17.00
2 –12- 05 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
NOVEMBRE
Comunicato del Ministro francese per la Cultura e la Comunicazione Renaud Donnedieu de Vabres
Madame la Présidente,
Monsieur le Premier Ministre,
Mesdames et Messieurs les Ministres,
Monsieur le Commissaire,
Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs,
Mesdames et Messieurs,
Cher Alain Touraine,
Chers Amis,
Tout d’abord, je tiens, Madame la Présidente, Monsieur le Premier Ministre,
Monsieur le Ministre, à vous remercier pour votre accueil chaleureux et à vous
dire l’émotion qui est la mienne de m’adresser à vous, au sein de ce
Parlement, qui est à la fois l’expression de la nation hongroise, le symbole
de la démocratie et l’un des joyaux du patrimoine européen. Notre patrimoine,
c’est d’abord notre mémoire. Et en cet instant, avant que cette conférence
dessine l’horizon de l’Europe en 2020, c’est-à-dire demain, je veux vous
dire un mot d’hier et vous parler d’aujourd’hui.
Hier, c’est d’abord le souvenir vivant de 1956 et de 1989. Et tous les
Européens savent qu’ils doivent la conquête de leur liberté au souffle qui
a pris naissance ici, pour déchirer le rideau de fer qui a longtemps divisé
notre continent.
Nous savons, nous, ministres de la culture européens, ce que l’action que
nous avons enclenchée, à Berlin d’abord, cher Volker Hassemer, et qui
s’est poursuivi à Paris, les 2 et 3 mai derniers, et maintenant à Budapest,
avant Grenade au printemps prochain, doit au levain que votre peuple, Monsieur
le Premier Ministre, Madame la Présidente du Parlement, a répandu ici, avec
une force inexorable et sereine, qui est celle du plus long fleuve de l’Europe.
Puisse cette force nous inspirer aujourd’hui ! Car, avant que ces trois jours
de session nous permettent de préciser notre vision de l’Euro pe de demain,
je suis venu avant tout, vous parler d’aujourd’hui.
Construire l’Europe de la culture est un défi majeur. Oui, le mot de Milan
Kundera, selon lequel « l’aspiration européenne correspond à une ambition
culturelle » est plus actuel que jamais. Telle est la conviction profonde que
je veux partager avec vous : si nous voulons que le projet politique européen
rencontre l’adhésion de nos concitoyens, il nous faut franchir un pas
supplémentaire,
un pas décisif, pour la construction de l’Europe de la culture.
per
il discorso completo
Discorso tenuto il 17 novembre a Budapest
Un grande Andrá
Il 52enne pianista ungherese ha
eseguito ben quattro delle trentadue sonate di L.v. Beethoven in una
serata in cui il pubblico ha riempito tutti i
posti disponibili della Sala Verdi del Conservatorio milanese.
Importante è l’occasione d’ascolto dell’intero ciclo sonatistico,
giunto alla quinta tappa, in una rassegna che, per la qualità dell’interprete e per
la grande partecipazione di pubblico, è da considerarsi un evento e un
motivo di grande soddisfazione per
le “Serate Musicali” e per gli appassionati milanesi. Schiff
ha iniziato la serata con le tre sonate dell’op.31 e tra queste
anche la n°17 più
nota come “Tempesta” su un pianoforte Bösendorfer dal timbro
molto caldo e voluminoso nei toni medio-bassi, ed ha concluso il concerto
con l’op.53 in do magg. “Waldstein” su di uno Steinway.
L’interpretazione è da annoverarsi tra quelle più innovative nel
panorama pianistico attuale. Soprattutto nelle sonate dell’op.31, Schiff
esegue Beethoven in modo molto rigoroso dal punto di vista tecnico e
analitico, mostrando una morbidezza di tocco e una raffinatezza espressiva
molto personale e lontana dalla tradizione interpretativa a cui siamo
abituati, mi riferisco a pianisti del passato quali Artur Schnabel o Edwin
Fischer e nel presente a Brendel e Pollini. La qualità interpretativa è
fuori discussione anche se il modo di concepire la musica beethoveniana,
con caratteristiche più dolci, morbidi e aggraziate, rispetto all’idea
che abbiamo dell’immenso tedesco, ci fa
riflettere e ci pone nell’eterno dilemma di sapere quale sia il “vero
Beethoven”. Più in linea con la tradizione interpretativa è
stata l'imponente sonata “Waldstein”, nella quale Andrá
29
novembre 2005 - Cesare
Guzzardella
ce.guzz@tiscali.it
Michele Campanella e l’Orchestra
“I Pomeriggi Musicali” al Dal Verme
Scelta coraggiosa e intelligente
quella del pianista-direttore Michele Campanella (nella foto) di
eseguire due compositori francesi come Camille Saint-Saëns e Francis
Poulenc: coraggiosa perché l’interessante e fantasioso Concerto n°5
“L’Egiziano” del primo viene rarissimamente eseguito e non gode
della popolarità che meriterebbe, intelligente per l’accostamento dei
due autori nati a Parigi e delle composizioni scelte che mostrano un
legame stilistico tipicamente francese e che rivelano una relazione tra il
tardo romanticismo de “L’Egiziano”(1896), il neoclassicismo del
precedente e geniale Il carnevale degli animali(1886)
e il raffinato ed elegante Concerto in re min. per due
pianoforti e orchestra (1932) di F. Poulenc. Peccato che Saint-Saëns
sia ancora soprattutto noto per il didattico ma stilisticamente evoluto Carnevale
con il celeberrimo tema per violoncello del Cigno, e che non venga
eseguito in tutta la sua immensa e geniale varietà compositiva!
Eccellenti le interpretazioni date da Campanella che oltre a misurare in
ogni valenza i tasti del pianoforte, coadiuvato nel secondo e terzo brano
da una bravissima Monica Leone, è riuscito anche nella difficile impresa
di dirigere contemporaneamente -e molto bene-
l’orchestra dei Pomeriggi, cosa che è di pochissimi
pianisti. Davvero deliziosa, incisiva e fluida l’interpretazione del
concerto di Poulenc sia per la bravura dei
due pianisti che per l’eccellenza dell’orchestra. Unico neo, la
mancanza di un bel bis pianistico, l’ideale Scaramouche di Milhaud, ma
questa forse è una pretesa eccessiva . Replica: sabato 26 novembre alle
17.00 al Dal Verme.
25 novembre Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Esa-Pekka Salonen dirige la Philharmonia Orchestra per “L’Amico Charly”
Splendida serata quella che ha visto
sul palco del Teatro alla Scala il direttore finlandese Esa-Pekka Salonen
(nella foto) e
la londinese Philharmonia Orchestra in un concerto a favore
dell’associazione benefica L’amico Charly onlus. Esa-Pekka
Salonen, direttore considerato tra i migliore sulla scena mondiale nel repertorio del
‘900 storico e contemporaneo – lui stesso è un ottimo compositore-,
ha splendidamente diretto la Philharmonia Orchestra in un programma che
prevedeva le esecuzioni di Una
notte sul Monte Calvo (1860-67) di Modest P. Musorgskij, Il
mandarino meraviglioso op.19
(1918) di Béla Bartòk e L’uccello di fuoco (versione
integrale del 1910) di Igor Stravinskij. Un programma intenso dove il
virtuosismo e la coloristica orchestrale sono alla massima espressione.
L’orchestra londinese ha mostrato un suono particolarmente definito con
degli incredibili pianissimo e con sonorità luminose
d’ineguagliabile nitore in tutte le sezioni orchestrali. Splendide e ai
massimi livelli, le interpretazioni di due capolavori assoluti come il Mandarino
nella suite dal balletto op.19 e L’uccello di fuoco nella sua
versione integrale. Il pubblico entusiasta ha avuto l’opportunità di
ascoltare i due avvincenti bis: di Ravel, il Giardino magico e di
Stravinskij, Galop. Prima del concerto, Mariagrazia Zanaboni,
Presidente dell’ Amico Charly, ha ringraziato il pubblico ed ha illustrato il progetto
"L’officina
dei giovani "che prevede, grazie anche ai fondi raccolti in questi ultimi
anni, la realizzazione di un grosso centro dotato di aree attrezzate e
spazi all’aperto su una vasta area di oltre 12000 mq. L'inizio dei lavori
è previsto per il gennaio 2006. In questa grande struttura i giovani con problemi
psicologici potranno esprimersi e confrontarsi grazie anche all’aiuto di
operatori, artigiani e professionisti. Per informazioni
si può consultare il sito www.amicocharly.it
21-11-2005
Cesare Guzzardella
ce.guzz@tiscali.it
Sa Chen in Conservatorio per le
Serate Musicali
La ventiseienne pianista cinese
Sa Chen (nella foto) ha
suonato nella Sala Grande del Conservatorio milanese in una serata poco
fortunata per l’esiguo pubblico
venuta ad ascoltarla.
Peccato perché pur non potendola annoverare tra le/i grandi interpreti presenti nella scena mondiale, sicuramente è da
considerare un’ottima pianista avendo anche all’attivo vittorie o
piazzamenti importanti in concorsi internazionali quali il concorso Chopin
di Varsavia o il Van Cliburn. Nella prima parte della serata ha
eseguito con dolcezza e pacatezza la splendida Sonata n°15 in la magg.
D 664 di F. Schubert , quindi tre brani raramente
in programma di Samuel Barber, importante compositore statunitense
del ‘900, e precisamente da Excursions op.20 i numeri 1-3-4. Interessanti e ottimamente eseguiti i pezzi che
partendo dal folclore americano, in stile quasi jazz, ma con una mediazione colta europea, riescono ad essere
avvincenti e divertenti. La Rapsodia
Spagnola di Franz Liszt non ci è sembrata particolarmente
interessante nell’interpretazione virtuosistica della Chen che pur
dimostrando qualità tecniche sorprendenti nell’affrontare e superare
difficoltà trascendentali, con un uso però eccessivo del pedale, non ha
colto in modo avvincente la poetica dell’ungherese. Nella seconda parte
della serata, una lodevole interpretazione della Sonata n°3 in si min.
op.58 di F. Chopin
17-11-2005 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Ramin Bahrami e le Partite di Bach
all’Auditorium di Milano
Il pianista iraniano, nato a Teheran nel 1976, Ramin Bahrami (nella foto) è l’interprete di Bach in due serate straordinarie all’Auditorium di Milano. Nella prima serata ha eseguito le Partite 1-5-2-4. Bahrami ha acquistato notorietà internazionale proprio grazie al suo musicista prediletto, Bach, e ha recentemente inciso per la Decca tutte le 7 Partite e nel 2004 le Variazioni Goldberg. Diplomatosi al Conservatorio milanese con Piero Rattalino, uno dei massimi conoscitori di musica pianistica, e perfezionatosi in seguito con grandi interpreti bachiani quali Weissenberg, Schiff e Rosalyn Tureck, Bahrami ha dimostrato di essere un eccellente conoscitore di Bach interpretando le celebri Partite con sonorità particolarmente dolci e luminose nei movimenti più lenti e riflessivi e con ritmiche definite e molto controllate nei momenti più vivaci. Il suo modo di suonare è la sua visione pianistica e diversa e lontana da quei colori musicali che sono stati l’espressione del suo primo grande pianista di riferimento, Glenn Gould. Grande successo per un pubblico esiguo. Il suo talento avrebbe meritato un “tutto esaurito”.
15 novembre 2005 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Claus Peter Flor dirige l’Orchestra Sinfonica
G.Verdi all’Auditorium
Programma
sinfonico importante quello che ha visto sul podio della Sinfonica di
Milano G.Verdi il suo Direttore Principale Ospite: Claus Peter Flor(nella
foto). Nella
prima parte del concerto Johannes
Brahms, con la Terza Sinfonia op.90 (1983) e poi
Richard Strauss con il Poema sinfonico op.23 Macbeth (1892)
e la Danza dei sette veli da Salome op. 54 ( 1905). Una
direzione energica e coloristicamente esemplare quella di Flor.
L’orchestra Verdi ci è sembrata in perfetta sintonia con le esigenze
del direttore tedesco (è nato a Lipsia) di voler accelerare i tempi - 36
minuti per il capolavoro architettonico brahmsiano sono davvero pochi
(Flor ha anche ridotto al minimo i tempi di passaggio tra i quattro
movimenti creando quasi un continuum
sonoro)– e il risultato è stato avvincente sotto tutti i profili:
splendidi legati, chiarezza in ogni dettaglio timbrico e impasti sonori
ben calibrati e soprattutto un’eleganza direttoriale non comune. Dopo il
poco eseguito e tumultuoso Macbeth nel quale si evidenzia tutta la
maestria orchestrale di Strauss, il concerto è terminato con un
capolavoro di sensuale bellezza quale la Danza dei sette veli dall’opera
Salome. Brano intriso di simbologia, è stato anche questo diretto in modo
dettagliato e quasi “magico” dal bravissimo direttore. Grande
successo di pubblico.
13-11-2005 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Concerto Straordinario per la Cultura alla Scala e contro i tagli del Governo
Arild Remmereit ha diretto con grande
entusiasmo l'Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala in un
concerto aperto al pubblico che ancora una volta pone
l’attenzione sull’importanza di una politica di governo che metta al
primo posto la Cultura. Il concerto è stato preceduto da un inaspettato e applaudito intervento di Dario Fo che ha sottolineato
come la Cultura in tutte le sue manifestazioni, come anche nell’Arte e
nella Musica, debba avere una posizione privilegiata nelle scelte
politiche ed economiche di un
paese civile e che i tagli ai fondi pubblici nei settori
culturali non possono che danneggiare gravemente tutta la società. In una sala
gremita, alla
presenza del Sovrintendente Stéphane Lissner e
dei lavoratori della Scala, il M° Remmereit (nella foto) ha brillantemente diretto l’orchestra
scaligera prima nella Settima Sinfonia di L.v.Beethoven
-travolgente ed entusiasmante il finale - e poi lo splendido Coro in
brani di Verdi, dal Macbeth e dal Nabucco, e di Puccini ,
dalla Madama Butterfly (il coro a bocca chiusa), per
poi terminare in un intenso Va Pensiero ripetuto anche come bis.
Pubblico entusiasta, fiori provenienti dalle gallerie al direttore e agli orchestrali,
applausi ai lavoratori della
scala. Una festa per la Cultura! Al termine del concerto la manifestazione
è continuata in piazza Scala
Milano, 12 novembre
2005 Cesare Guzzardella
ce.guzz@tiscali.it
Un grande Brendel
per la Società del Quartetto
L’ 8 novembre sono andati tutti esauriti i posti
della grande Sala Verdi del Conservatorio. Al pianoforte Alfred Brendel, ospite ricorrente al “Quartetto”,
in un programma
da lui minuziosamente preparato che prevedeva opere di Mozart, Schumann,
Schubert e Beethoven. Ascoltare uno dei massimi interpreti viventi di
Beethoven e Schubert è sempre un grande piacere e questo il pubblico lo
ha esplicitato al termine del
concerto, con un tripudio di lunghi e fragorosi applausi. Convincente la
prima parte della serata con l’esecuzioni prima delle Nove variazioni
su un minuetto di J.P. Duport K573 di W.A.Mozart, brano raramente
eseguito ed apparentemente banale ma molto interessante nelle ultime
variazioni, e poi con i romantici otto momenti in cui si articola la Kreisleriana
op. 16 di R. Schumann. Splendida la seconda parte della serata con tre
(1-2-4) dei sei brani che compongono i Moments musicaux op.94
di Franz Schubert e soprattutto con una scultorea interpretazione
della Sonata n°15 op.28 “Pastorale” di L.W. Beethoven. Qui il
celebre pianista austriaco ha raggiunto vette eccelse con sonorità
luminosissime e intensamente espressive. Unica pecca della serata la tosse
insistente, nel mezzo della "Pastorale", di alcuni poco controllati spettatori. Al termine due
sorprendenti bis: il rondò finale di una sonata di Haydn (Hob. XVI:48
-1789) e una meravigliosa trascrizione
pianistica di J.S.Bach.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Francesco Maria Colombo dirige l’Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi
Un
programma variegato che ha avuto il momento più alto nell’esecuzione
della Settima Sinfonia di Jean Sibelius, quello proposto dal giovane
direttore Carlo Maria Colombo e dall’Orchestra Sinfonica G.Verdi.
Sibelius, musicista finlandese purtroppo poco eseguito in Italia, è
importante per tutto il suo vasto repertorio musicale e soprattutto per le
sue sette sinfonie. C.M. Colombo(nella foto)
ha sostenuto l’esecuzione dell’ultima sinfonia ( 1924), quella in
Do Maggiore op.105 in un solo lungo movimento, in modo
impeccabile. Il suo modo di dirigere
particolarmente profondo ed equilibrato con sonorità
trasparenti e morbide – nitidi gli ottoni e in perfetto
equilibrio con gli archi-, ci ha convinto sotto tutti i profili.
Avvincenti anche il primo brano in programma, di Claude Debussy, Prélude
à l’après-midi d’un faune (1894), con una resa timbrica
particolarmente nitida e calda e il turbolento ed efficace capolavoro di
Ravel, Une barque sur l’océan (1907). Buona l’esecuzione del
Concerto per pianoforte e orchestra K488 (1786) di W.A.Mozart con Derek
Han,
pianista
brillante e dal tocco raffinato.
6-11-2005 Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
INTERVISTA A DANIEL HARDING
Abbiamo incontrato Daniel Harding (nella foto) alla cinquantaseiesima edizione del Festival di Mentone fondato nel 1950 dagli esuli franco-ungheresi André Borocz e Thomas Erdos (deceduto a Parigi il 25 febbraio dello scorso anno all’età di novanta anni) storico consigliere artistico del Festival di Avignone e del parigino Théatre de la Ville ma soprattutto scopritore, amico e sostenitore (sconosciuto al grande pubblico in questa veste) di grandi talenti quali Maurice Béjart e Pina Bausch, nel campo della danza, e Giorgio Strehler e Peter Brook in quello del teatro . Arriviamo sul sagrato della Basilica di Saint-Michel ,da dove si ha una vista aerea sul mare impareggiabile sino alla frontiera italiana, definito da Jean Cocteau “il luogo più spaesato, insolito e sospeso sul vuoto che io conosca” e dal grande scrittore Romain Gary “il mio luogo preferito sulla terra” (e non a caso a poca distanza da qui Nanni Moretti ha ambientato l’indimenticabile ultima scena del suo, a mio avviso,miglior film ovvero “La stanza del figlio”) ,mentre Daniel Harding, con la consueta eleganza e semplicità di sempre ,vestito con una polo nera, con grande soavità e fermezza allo stesso tempo dà l’attacco della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler alla testa della sua Mahler Chamber Orchestra (composta da 49 elementi stabili provenienti da 17 paesi diversi, tra cui quattro italiani) perfettamente schierata e rispondente con grande sintonia ,vivacità e perfetta coordinazione ad ogni suo gesto, commento o richiesta . Si tratta delle prove del concerto che la sera aprirà il Festival, il vento è forte , il mare agitato ed il suono delle onde si confonde e fa da eco a tutto il flusso della straordinaria partitura mahleriana così bene conosciuta sia dal direttore che dagli esecutori. Terminate le prove il giovane direttore prodigio britannico di 30 anni risponde con molta gentilezza e grande sincerità alle nostre domande in un clima ideale di gioia e distensione. Le repliche di “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart al Festival di Aix-en-Provence con la Mahler Chamber Orchestra e la regia di Patrice Chéreau sono appena terminate .
Cosa ci può dire di questa ultima esperienza mozartiana ?
Si è trattato per me di un evento straordinario in quanto si è creata subito una perfetta fusione e complicità di intenti con il regista e l’orchestra che si è ugualmente da subito perfettamente sintonizzata con le nostre esigenze . Tuttavia devo ancora una volta per questo ringraziare il mio Maestro Simon Rattle perché è vedendo lui dirigere quest' opera a Berlino che ho capito per la prima volta tutta la dimensione tragica e l’estrema tensione che bisogna conferire a questo capolavoro mozartiano .
Come è noto Simon Rattle e Claudio Abbado sono stati i suoi scopritori, amici e sostenitori sin dall’inizio . Attualmente quali sono gli altri direttori che, sul piano internazionale, costituiscono per lei un punto di riferimento e da cui può apprendere lezioni per il suo mestiere ? Sicuramente Nikolaus Harnoncourt e John Eliott Gardiner, ma soprattutto Harnoncourt per il quale ho una grandissima ammirazione e che considero un grande direttore d’orchestra e formidabile pedagogo .
Quali sono gli
autori nel campo operistico che ha in programma o pensa di affrontare nel futuro?
Per ora vorrei soprattutto concentrarmi su Mozart : ho già diretto
“Don Giovanni”, “Il Ratto dal Serraglio”,
“Così fan tutte”, “Idomeneo”, ma in versione di concerto a
Salisburgo, ed ora mi aspetta la sfida di dirigerlo
in teatro appunto con l’Orchestra della Scala e la regia di Luc Bondy
per l’apertura della stagione nel prossimo mese di dicembre, compito di
cui sono estremamente onorato .
Che rapporto ha con il regista svizzero Luc Bondy ? Straordinario. Abbiamo più volte lavorato insieme e soprattutto sono molto contento del risultato della nostra collaborazione ne “Il giro di vite” di Benjamin Britten più volte ripreso, l’ultima al Théatre des Champs Elysées di Parigi nel giugno scorso .
Può farci alcune anticipazioni sul progetto della messa in scena di “Idomeneo” alla Scala? No in questo momento non posso ma c’è già un’idea ben precisa e ci saranno,vedrete, delle sorprese .
Con quali altri registi d’opera ha avuto un rapporto positivo e di arricchimento reciproco? Ovviamente con Peter Brook innazi tutto (il cui “Don Giovanni”di Mozart è stato portato anche al Piccolo Teatro di Milano nel 1998 grazie a Stéphane Lissner) e poi con sua figlia Irina con cui al Festival di Aix-en-Provence abbiamo realizzato un bel “Onegin” di Tchaikovsky nel 2002 .
Dal 2003 è direttore principale della Mahler Chamber Orchestra. Quali sono i suoi principali progetti con questa orchestra ed in generale per quanto riguarda il repertorio sinfonico ? Innanzi tutto vogliamo proseguire con Mahler e completare il ciclo delle Sinfonie :mancano ancora la Prima, la Quinta, la Sesta, la Settima e l’Ottava ma anche guardare sempre più a Brahms, Beethoven e Schumann (di questi ultimi due compositori il 12 dicembre alla Scala eseguiremo rispettivamente la Sinfonia n°4 e la Sinfonian° 2). Molto importante per me è stato l’affrontare la Sinfonia n°10 di Gustav Mahler nella revisione e completamento di Deryck Cooke nel 2004 al Musikverein di Vienna, una versione in realtà molto poco eseguita . Dal 2007 sarò anche direttore musicale della Orchestra Sinfonica della Radio Svedese.Ma non voglio troppo anticipare i miei progetti e a questo proposito vorrei fare una riflessione : io ho avuto la fortuna di avere tutto e subito, non a tutti capita .Cinquata o sessanta anni fa nessuno se ne sarebbe subito occupato : Wilhelm Furtwängler ha cominciato a dirigere a 19 anni e nessuno se ne era quasi accorto . Il problema oggi è che subiamo troppo la pressione mediatica ,siamo schiavi delle leggi del business e dello stars system e spesso non si lascia ai giovani direttori il tempo di maturare lentamente . Nel mio caso per ora è andato tutto bene, fortunatamente, ma altri vengono letteralmente sommersi e divorati dal sistema o ancora più spesso non hanno nemmeno la possibilità di emergere .
Ritornando alla sua carriera quali sono stati i solisti nel repertorio sinfonico con i quali ha trovato subito una buona sintonia ? Innanzi tutto il giovane pianista italiano Gianluca Cascioli e poi il violinista francese Renaud Capucon .
Nel 2002
è stato insignito dal Governo Francese della prestigiosa
onorificenza di “Chevalier de
l’Ordre des Arts et des Lettres" .
Sì e ne sono ovviamente molto fiero ma forse anche questo è
arrivato un po’ troppo presto…
Giacomo Di Vittorio
Prêtre torna
alla Scala con “Pelléas e Mélisande”
Era il 1977 quando il grande direttore francese
Georges Prêtre diresse
ancora una volta alla Scala il
Pelléas di Claude Debussy. Dopo ventotto anni è tornato sul podio
dell’orchestra scaligera nel
nuovo allestimento realizzato dall’Opéra-Comique nel 1998 per la regia
di Pierre Médecin. Questo dramma
lirico in cinque atti, unica opera teatrale portata a termine da Debussy
è stato composto su testo di Maurice Maeterlinck e rappresenta il
manifesto del simbolismo musicale del '900. Suggestiva la dettagliata direzione
di Prêtre che nella seconda rappresentazione del 4
novembre è stato particolarmente apprezzato dal numeroso pubblico
presente in teatro. Ottimo, ma non eclatante, il gruppo vocale
in una scenografia essenziale ma con evidente contrasto tra il
brutto luogo scenico di Golaud , - pessima quella poltrona nel
quale è stato anche troppo seduto- e
quel elegante e più raffinato “spazio” centrale nel quale abbiamo
assaporato emotivamente le tensioni amorose di
Pelléas e Mélisande (fotografie di Marco Brescia). Particolarmente
avvincente la voce di Pelléas, Jean-François Lapointe, e
valide quelle di Golaud, François
le Roux, di Mélisande, Mireille Delunsch, di Arkel , Alain Vernhes, di Geneviève, Brigitte
Balleys e bravissima, nel ruolo del piccolo Yniold, Beatrice
Palumbo. Ottima la recitazione di
tutti i protagonisti. Repliche il
6,9,10,12,13,15,17 novembre.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Importante comunicato sindacale
alla Prima del Pelléas et Mélisande alla Scala
I tagli previsti nella finanziaria al fondo unico dello spettacolo hanno riproposto in maniera brutale un tema antico : è giusto che lo Stato sostenga e finanzi la produzione culturale e se sì come deve essere questo intervento ? Noi pensiamo che sia non solo giusto ma indispensabile (come avviene in tutti i paesi più evoluti del mondo), per almeno tre ragioni : - la cultura è un parametro fondamentale sul quale si misura lo sviluppo di una società - essa rappresenta un elemento di coesione sociale oltre che di opportunità di lavoro - ha sicuramente un impatto economico positivo su un ampio spettro di attività. L’intervento sulla cultura è quindi un volano decisivo per lo sviluppo e la qualità della vita. Perciò le iniziative che stiamo facendo contro i tagli previsti dal Governo in finanziaria, non sono per la difesa corporativa della sopravvivenza di un settore . Vogliamo riaffermare invece una verità che troppo spesso viene sottovalutata : finanziare la produzione culturale è da considerare sempre un investimento sul futuro di un Paese . Perciò il ruolo dello Stato è centrale come intervento diretto e per favorire l’afflusso aggiuntivo di risorse private. E’ invece sbagliato pensare come da tempo si sta facendo, con decreti vari, di affrontare e risolvere i problemi che esistono , e sono gravi, destrutturando il settore, precarizzando ancora di più il lavoro, tagliando le risorse . In questa battaglia noi pensiamo che un ruolo importante possano svolgerlo le grandi istituzioni culturali e sicuramente il Teatro alla Scala tra queste. La Fondazione si appresta a rinnovare i propri vertici . Ci auguriamo che le decisioni diano un segno inequivocabile di apertura, di pluralismo culturale, di impegno per il ruolo e il futuro del Teatro. Nelle prossime settimane i lavoratori dello spettacolo e le organizzazioni sindacali organizzeranno altre iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica : il nostro obbiettivo è che questi provvedimenti vengano ritirati .
i lavoratori del Teatro alla Scala le organizzazioni sindacali SLC CGIL – FISTel CISL – UILCOM UIL – FIALS –CISAL Milano, 28 ottobre 2005 (comunicato letto in pubblico il 2 novembre 2005 al Teatro alla Scala prima dell’inizio della prima rappresentazione di “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy)
OTTOBRE
Musica e magia all’Auditorium di
L.go Mahler
Divertente pomeriggio quello del 29
ottobre all’Auditorium di Milano con un pubblico prevalentemente di
bambini di età compresa tra i tre e i dieci anni; questi
hanno apprezzato l’ottima musica diretta dal bravo Matthieu
Mantanus e soprattutto le illusioni del noto televisivo Mago Casanova
(nella foto).
Per il ciclo “Crescendo in musica”, rassegna giunta al
secondo appuntamento, l’Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi
ha eseguito brani di Mozart, Ravel, Bartok, Cajkovskij, Nyman e
Satie. Durante l’esecuzioni , Casanova
si è sbizzarrito in alcuni numeri di magia moltiplicando candele e carte
da gioco, facendo levitare tavolini, sezionando una graziosa ballerina e,
mentre si ascoltava la bella
musica pianistica di Michael Nyman dal film Lezioni di piano,
facendo levitare e ruotare un bianco pianoforte a coda mentre egli stesso
intonava le belle note. Una sala gremita, con qualche centinaio di bimbi
accompagnati dai genitori o dai nonni, ha salutato il mago e l’orchestra
con un lungo applauso. Prossimo appuntamento per sabato 12 novembre con
Cenerentola e il direttore Giuseppe Grazioli.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Andrea Bacchetti suona le Variazioni
Goldberg per le Serate Musicali
Splendido concerto quello tenuto il 28 ottobre da Andrea Bacchetti(nella foto) al teatro Dal Verme per le Serate Musicali (oramai è ospite irrinunciabile) . In una sala con numeroso pubblico ma con ancora dei posti liberi, il giovane pianista Bacchetti ha voluto donarci una monumentale composizione scritta da J.S.Bach per clavicembalo a due tastiere ma da anni entrata nel migliore repertorio pianistico, l’Aria con trenta variazioni, poi divenute Variazioni Goldberg BWV 988 (1742). Oltre novantacinque minuti di musica per una composizione tornata in auge dopo la famosa esecuzione di metà anni ’50 del grande Glenn Gould. Bacchetti, che recentemente ha registrato un disco con le composizioni pianistiche di Luciano Berio (Berio ha sempre considerato Bacchetti un eccellente pianista), ha interpretato in modo avvincente questo monumento musicale-architettonico, con momenti di grande chiarezza ed eleganza sonora in alternanza ad altri di maggior risalto ritmico- timbrico. Bravissimo nelle variazioni più lente e meditative come la meravigliosa variazione n°25 nella quale ha mostrato una capacità di coinvolgimento emotivo-espressivo degna dei massimi interpreti bachiani. Caloroso successo di pubblico. Informazioni su Bacchetti nel suo sito http://www.andreabacchetti.net/
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
La Settima di Mahler diretta da Kazushi Ono alla Scala
Successo di pubblico per Kazushi Ono (nella foto) e la Filarmonica della Scala. La monumentale Settima Sinfonia in mi minore di Gustav Mahler è stata da questi ottimamente interpretata. Oltre settantacinque minuti di musica per i cinque movimenti che il compositore austriaco scrisse tra il 1904 e il 1906. La sinfonia alterna differenti momenti espressivi ed emotivi: dalle atmosfere più cupe e scure iniziali, alle situazioni sonore particolarmente luminose, piene di energia e ricche di virtuosismo orchestrale nel quale un ruolo preminente è dato dagli strumenti a fiato, con i corni in prima fila. Particolarmente interessanti le due Nachtmusik e lo stravolgente Rondò Finale. Tutta la poetica di Mahler ritorna in questo lavoro che guarda sia al passato, soprattutto con riferimento alla Terza Sinfonia, che al futuro della musica. Molti sono gli elementi compositivi che verranno successivamente ripresi dagli esponenti della Seconda Scuola di Vienna. Ultima replica il 27 ottobre.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Alla Scala
“L’histoire de Manon” di MacMillan
La rappresentazione del 21 ottobre, l’ottava del
balletto “L’histoire de
Manon” sulle musiche di Jules Massenet
e le coreografie
di Kenneth MacMillan, ha visto sul palco scaligero l’ineguagliabile
Silvie Guillem, Manon, accompagnata dal bravissimo Massimo Murru, Des
Grieux.(nella foto di Tamoni). Quello che
ci rimane impresso maggiormente
della grande ballerina parigina è la sua capacità d’interpretazione
di tutti gli aspetti, anche i più ambigui, del personaggio Manon:
la Guillem non solo si muove in modo
eccelso ma è la sua maniera di stare sul palcoscenico, con tutte le
implicazioni mimiche e di comunicazione gestuale ed il suo essere
riferimento costante della drammatica
vicenda - Manon, in fuga nella Louisiana morirà tra le braccia di
De Grieux - che la
rendono grande. La coppia Guillem- Murru, Manon-De Grieux, è
riuscita a rendere con
efficacia tutta la sensualità che traspare
nel loro modo di rapportarsi. Le
splendide coreografie che lo scozzese
MacMillan ha ideato nei primi anni’ 70
sono alla Scala per
la quarta volta dal 1994 . Interessante rilevare come la maggiore
“classicità” dei primi due atti siano in contrasto con la maggiore
“modernità” del breve, se pur in
tre scene, ultimo atto. Le musiche di Massenet, arrangiate e riorchestrate
da Leighton Lucas, per volere dello stesso MacMillan, provengono da
numerose opere come
Cenerentola, Le Cid, Thais, Griselidis, Don Quichotte, Arianne ecc. ma non
da Manon.
Perfetta sintonia con le scene e i
costumi di Nicholas Georgiadis e ottima
la direzione musicale di Ermanno Florio.
Avvincente tutto il Corpo di Ballo scaligero e, tra i protagonisti
di questa ottava rappresentazione, ricordiamo
Andrea Volpintesta, Lescaut, Gianni Ghisleni, Monsieur
G.M., Deborah Gismondi, l’amante
di Lescaut e Simona Chiesa, Madame.
Ultime repliche il 22 ottobre con Marta Romagna e Roberto Bolle e
il 24 con ancora la Guillem e Murru. Grandissimo successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Presentazione di un libro di Lucilla Castellari
Lunedì 17 ottobre, presso la Facoltà di lettere e filosofia all'Università degli Studi di Milano, la prof. Virginia Cisotti ed il prof. Quirino Principe presenteranno il libro di Lucilla Castellari "Dal carnevale veneziano al romanticismo musicale tedesco,da La donna serpente di Carlo Gozzi a Le fate di Richard Wagner" (Campanotto editore)
Dichiarazione del Sovrintendente Stéphane Lissner
in merito agli annunciati tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo
Se i tagli al Fus annunciati dal Governo dovessero essere confermati, ciascuno di noi, che abbia responsabilità nelle istituzioni culturali, avrà l’obbligo di pensare al futuro della cultura in Italia evitando la tentazione di chiudersi entro i confini della propria realtà. sempre lo sviluppo della società è legato agli artisti, che interrogano il mondo ponendo domande su quel che noi siamo. E se queste domande sono scomode, capaci di sollevare dubbi e perfino creare divisioni, a maggior ragione sono necessarie: stimolano la riflessione e ci aiutano a superare le difficoltà. Ci consentono di evolverci. Il dialogo con gli artisti è un cemento sociale indispensabile. E’ un dovere civico difenderlo ed è responsabilità della politica garantirlo. La situazione economica in Europa è difficile, tutti i paesi sono coinvolti in politiche di risparmio. Nessuno si nasconde dietro un dito. Ma in Italia il patrimonio artistico è così strettamente legato alle risorse economiche da consigliare e anzi pretendere scelte controcorrente: la cultura e le arti dovrebbero essere portate sull’altare. L’Europa intera non può essere solo l’Europa dell’economia: per continuare a testa alta il suo cammino nella storia, deve darsi progetti culturali e sostenerli fino in fondo. L’Italia, per l’immensa ricchezza del suo patrimonio artistico, è chiamata a dare l’esempio. Speriamo perciò che il Governo possa trovare una soluzione che non comprometta gli sforzi di tutti gli “attori” della cultura in Italia. Dal loro annichilimento non deriverebbe alcun vantaggio per nessuno, e anni di lavoro sarebbero messi in discussione.
Milano, il 10 Ottobre 2005
Christopher Hogwood dirige la Verdi
all’Auditorium di Milano
Serata dedicata ad Haydn per l’Orchestra Sinfonica
di Milano G.Verdi. L’inglese C. Hogwood ha scelto un programma
particolarmente classico per il concerto del 13 ottobre. Dopo un breve Menuet
antique di Maurice Ravel e di un ancor più breve (circa quattro
minuti) Menuet sur le nom d’Haydn di Ravel nella trascrizione
orchestrale di Robin Holloway,
abbiamo ascoltato le più conosciute ed ampie Variazioni su un tema di
Haydn op.56a di J. Brahms. Hogwood ha interpretato la partitura
orchestrale in modo sobrio e analitico evidenziando forse troppo i diversi
registri orchestrali con i fiati abbondantemente in primo piano. Nella
seconda parte della breve serata, abbiamo ascoltato una prima esecuzione
italiana delle Five Haydn Miniatures del giovane inglese, già
citato, R.Holloway (1943). Il grazioso brano cameristico in cinque parti
composto nel 1999 ed eseguito
in modo impeccabile da un piccolo gruppo di otto orchestrali, è in stile
neoclassico e non presenta particolari innovazioni linguistiche. Nel
finale, finalmente Haydn con la Sinfonia n°92 in Sol maggiore “Oxford”.
Avvincente l’interpretazione di Hogwood soprattutto nello splendido
Finale-Presto. Si replica domenica 16 ottobre.
Cesare Guzzardella
ce.guzz@tiscali.it
Christian Zacharias inaugura la
Stagione 2005-2006 del “Quartetto”
L’11 ottobre al
Conservatorio G.Verdi di Milano importante appuntamento inaugurale per la
nuova Stagione della Società del Quartetto. Nella veste di pianista e di
direttore Christian Zacharias (nella foto)
ha interpretato un programma interamente dedicato a Beethoven dirigendo
l’ Orchestre de Chambre de Lausanne. Nella prima parte
della serata abbiamo ascoltato brani tratti dal balletto Le creature di
Prometeo op. 43 e quindi il Concerto n°1 in do magg.
per pianoforte e orchestra op.15. Dopo l’intervallo, la Sinfonia
n°4 in si bem. magg. op 60. Suoni morbidi e trasparenti per
l’Ouverture e i quattro brani scelti dell’op. 43. Zacharias e la sua
orchestra hanno voluto proporre l’ascolto di una composizione di rara
esecuzione ma di interessante qualità. Vale la pena ricordare l’Adagio-
Andante quasi allegretto con quella splendida cadenza del violoncello
– bravissimo il violoncello solista!- ed il Finale allegretto:
il tema di quest’ultimo movimento verrà ripreso in seguito dal
Maestro tedesco quale finale variato nella ben più nota Sinfonia Eroica.
La parte più avvincente della serata è stata l'esecuzione del Concerto per
pianoforte e orchestra op.15. Zacharias
ha diretto l’orchestra e contemporaneamente eseguito la parte pianistica
con un impeto che ha pochi precedenti. Incredibili sinergie sia nell’impegno minuzioso direttoriale che
nell’ottima interpretazione
pianistica del celebre concerto di Beethoven. Questi ha avuto il suo
vertice nel Rondò – Allegro scherzando. Esecuzione
classica ma con quel quid di energia in più che il grande
pianista tedesco ha saputo impiegare rendendo l'esecuzione più profonda.
Pubblico entusiasta e, alla fine della prima parte, regalo di un indimenticabile bis pianistico: la Sonata K 55 di Domenico
Scarlatti, autore tanto amato da Zacharias. Ottime le sonorità
orchestrali per la Sinfonia n° 4 di Beethoven e al termine della serata
un altro prezioso bis con le dolci musiche schubertiane da Rosamunde. Successo
di pubblico per una serata da ricordare.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Al Teatro alla Scala un capolavoro
poco eseguito: Čerevički( Gli stivaletti) di
Čajkovskij
Il 7 ottobre è andata in scena
l’ottava rappresentazione dell’opera Čerevički
-
Gli stivaletti- di Čajkovskij . L’allestimento del Teatro
Lirico di Cagliari per la regia di Yuri Alexandrov e la direzione
orchestrale del giovane Arild Remmereit è risultato
avvincente. Quello
che sostanzialmente emerge da quest’opera giovanile
del grande compositore russo, è la grande capacità di fare teatro
avendo come materia prima la musica, una musica - e che musica! -
che unisce il folclore più genuinamente russo alla migliore
tradizione occidentale. Čajkovskij
rimane il
massimo anello di congiunzione tra poetica occidentale ed orientale e questa fantasiosa opera
ne è uno degli esempi maggiori. Nel tessuto musicale si legge chiaramente la vocazione sinfonica del musicista
con tutte le sue qualità di grande orchestratore, anche se l’elemento
melodico che caratterizza ed esprime i singoli interpreti,con le stupende
arie cantate dai protagonisti, rimane dominante. La prima rappresentazione
dell’opera con il nome Vakula il fabbro, da un racconto di
Nikolaj Gogol’( La notte di Natale) e su libretto di Jakov Polonskij
avvenne nel 1876. Giudicata dallo stesso Čajkovskij
opera troppo
“sinfonica” e poco “lirica”, venne in seguito da lui rimaneggiata
e modificata anche nel testo. Nel 1887 al Bol’soj di Mosca, avvenne la
prima rappresentazione nella nuova versione e
con il titolo di Čerevički. L’opera venne allora
maggiormente apprezzata sia dalla critica che dal pubblico. Attualmente è
poco eseguita, e assolutamente non si capisce il perché dato il suo
altissimo livello musicale e
teatrale. L’allestimento al quale abbiamo assistito ci ha regalato
profonde emozioni in tutti i quattro gli atti. Valido il cast vocale, con
un occhio di riguardo per Irina Lungu (nella foto), avvincente interprete nella
non facile parte di Oksana, per il poderoso e timbricamente
efficace Vladimir Ognovenko, Čub e per Irina Makarova,
Solocha la strega. Bravi Vsevolod
Grivnov, Vakula il fabbro e tutti gli altri. Molto ben
fatte le scenografie con tutti i particolari effetti “aerei” e
splendidi i costumi di Vjaceslav Okunev. Ben integrate le coreografie di
Galy Abaydulov e ottimo il Corpo di ballo del teatro. Come sempre impeccabile la parte corale curata da Bruno
Casoni e bravissimo il direttore Arild Remmereit nel mettere in risalto
ogni dettaglio timbrico. Ultima rappresentazione l’11 ottobre.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Nuova Stagione per il "Quartetto"
La
stagione 2005-06 del Quartetto si inaugura l'11 ottobre con un concerto
interamente beethoveniano dell’ Orchestra da camera di Losanna. Il
direttore stabile Christian Zacharias
(nella foto) torna
al Quartetto questa volta nel doppio ruolo di direttore e pianista.
Stagione all'insegna della qualità con i massimi interpreti della scena
internazionale.Tra i grandi pianisti presenti ricordiamo Zacharias,
Brendel, Hewitt, Schiff, Fleisher, Uchida e Biss, oltre
alle numerose formazioni cameristiche e orchestrali. Per maggiori
informazioni si può visitare il sito www.quartettomilano.it
SETTEMBRE
Riccardo Chailly inaugura la nuova
Stagione dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi
Il 29
settembre, con la monumentale Sesta Sinfonia di G. Mahler, Riccardo
Chailly è tornato a dirigere la “sua” orchestra all’Auditorium di
Milano. Una sala gremita ha accolto con un lungo applauso il direttore
Onorario della Verdi che attualmente è impegnato soprattutto in Germania
dopo la sua importante nuova nomina a direttore dell’Orchestra del
Gewandhaus e dell’Opera di Lipsia. La “Tragica” di Mahler,
composizione del 1905-1906, tra le più lunghe e complesse che siano state
scritte, è stata eseguita,
ed è la prima volta in Italia, nella versione che prevede l’andante
moderato come secondo movimento. Energica, dettagliata ed eloquente
l’interpretazione del direttore milanese che ha alle spalle una
lunghissima e completa esperienza nella direzione del grande compositore
austriaco. L’andante, in netto contrasto con gli altri movimenti,
è stato reso in modo mirabile. Chailly
ha esaltato in maniera profonda le qualità della composizione ma
anche quelle di tutti gli eccellenti professori d’orchestra.
Grandissimo il successo di pubblico. Repliche il 30 settembre alla
19.30 e domenica 2 ottobre alle 16.00.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Uno splendido Barbiere di Siviglia per i giovani
dell’Accademia del Teatro alla Scala
Per la Stagione d’Opera
e Balletto 2004-2005 del
Teatro alla Scala, l’ottava rappresentazione del 28 settembre
dell’opera rossiniana "Il
Barbiere di Siviglia" su libretto di Cesare Stermini,
con la direzione di Enrique Mazzola (nella foto) e per la regia, le scene ed i
costumi di Jean-Pierre Ponnelle, è stata decisamente convincente. Stiamo
parlando di una giovane compagnia di canto proveniente da tutte le parti
del mondo che si è
perfezionata presso l’ Accademia del Teatro alla Scala e che ha mostrato
una qualità interpretativa complessiva notevole sotto tutti i profili: da
Yasu Nakajima, il Conte di Almaviva, a Simon Bailey, Don Bartolo,
a Natalia Gavrilan, Rosina, a Christian Senn, Figaro,
a Deyan Vatchkov, Don Basilio, a Hanying Tso, Berta, a
Davide Pelissero, Fiorello e a tutti gli altri. Le collaudate
regia, scena e costumi di Ponnelle che dal 1969 hanno avuto alla Scala già
otto annate di rappresentazioni, si sono perfettamente integrate con le
caratteristiche e le qualità sia vocali che recitative dei giovani
protagonisti. Ma quello che va sottolineato è l’eccellente unità
interpretativa di tutti gli interpreti che anche nei difficili momenti
vocali rossiniani sia solistici che di gruppo, sono sempre stati
all’altezza della situazione. Si auspica, ma ne siamo certi, una grande
affermazione a livello internazionale per la maggior parte di loro.
Ottima l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala ed
eccellenti Vincent Scalera al fortepiano e Simone Groppo al violoncello
nei bellissimi recitativi. Direzione garbata e raffinata di Mazzola.
Successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
"Cenerentola e le principesse
Disney" per la rassegna Musica & Cinema all’Auditorium di
Milano
Il
concerto del 21 settembre, il quarto
per la rassegna
“Musica & Cinema”, ha avuto come tema la musica da film dei
cartoni di Disney. L’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi
ha eseguito brani di compositori americani del Novecento legati al
mondo di Disney. Oliver
Wallace, Paul Smith, Frank
Churchill, Jerry Goldsmith ed
il più giovane Alan Menken, nato nel 1949, sono stati ottimamente diretti
da Giuseppe Grazioli (nella foto),
direttore che ha avuto modo di ben valorizzare delle musiche che siamo
soliti associare alle immagini cinematografiche e che invece mostrano
piena autonomia in sede concertistica. Belli i brani proposti, che
spaziavano dalla fine anni trenta con Biancaneve e i sette nani(1937)
di Frank Churchill (1901-1942) a
Cinderella(1950) di Oliver Fallace(1887-1963) e Paul J. Smith
(1906-1985), alle più recenti composizioni di Jerry Goldsmith
(1929-2004), con la suite da Mulan ed il più giovane, nato nel
1949, Alan Menken del quale sono state eseguite ben cinque suite dalla Sirenetta,
La bella e la bestia, Pocahontas, Alladin e il Gobbo
di Notre Dame, tutte degli anni ’90. Inserito a metà serata
il meraviglioso e splendidamente eseguito walzer di Cajkovskij dalla Suite
op.66 "La bella addormentata", utilizzata nel film
omonimo del 1959. Tutti bravi i compositori ed eccellenti orchestratori
sia Jerry Goldsmith, autore di una sterminata produzione
cinematografica e purtroppo recentemente scomparso, che
Menken. Questi
dimostra di essere un raffinato musicista che scrive composizioni
che
spaziano dalla melodie e i ritmi della migliore musica “leggera” sino
alla più profonda tradizione
sinfonica “colta” con una grande attenzione per la timbrica
strumentale ed orchestrale. Successo di pubblico e presenza in sala di numerosi
bambini.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Luis Bacalov con l’Orchestra Verdi
all’Auditorium di L.go Malher
Lunedì
12 settembre per il secondo appuntamento della rassegna “Musica &
Cinema” il pianista e compositore argentino Luis Bacalov ha tenuto un
avvincente concerto con l’Orchestra Sinfonica G.Verdi di Milano. Il
programma, unitamente all’esecuzione di brani di Bacalov,
prevedeva composizioni degli italiani Ennio Morricone, Riz Ortolani, Nino
Rota e degli argentini Carlos
Gardel e Angel Gregorio Villoldo. Noto in Italia per la collaborazione con
numerosi registi come Lattuada, Damiani, Scola, Pasolini ecc., Bacalov ha
dimostrato di essere un musicista completo e colto. Dopo un bel Concerto
grosso per violino, soprano ed archi del 1971 in stile italiano alla Corelli , – a proposito di questa composizione ho ancora in
mente l’interessante esperienza dei primi anni ’70 fatta dal gruppo
pop New Trolls che ha
rielaborato questo concerto in chiave rock
ottenendo un grande successo discografico-
molto interessante e convincente è stata la
Baires 1 Suite per pianoforte, bandoneòn
ed archi scritta alla fine degli anni ’90. Nella Suite si
riscontra l’influenza del tango argentino molto amato dal compositore
stesso. Bacalov ha dimostrato al pubblico
di essere anche un eccellente pianista, soprattutto nella raffinata
esecuzione dei due brani degli argentini Gardel e Villoldo. Buone
l’esecuzioni degli altri brani e ottime le interpretazioni del soprano
Isabella Giorcelli, della violinista Eriko Tsuchihashi e di Juanio
Mosalini al bandoneòn. Al termine, come bis, il noto e toccante tema dal
film “Il
Postino” e uno splendido Piazzolla. Successo di pubblico in una
sala stranamente non gremita.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un omaggio a John Williams
dell’Orchestra Verdi per “Musica & Cinema”
L’Orchestra Verdi diretta da
Giuseppe Grazioli (nella foto),
ha eseguito composizioni di John Williams, musicista nato a New York nel
1932 e famoso autore di importanti colonne sonore. L’ 8
settembre per la rassegna “Musica & Cinema”, abbiamo ascoltato,
nella prima parte della serata, le
effervescenti Raiders’
March da Indiana Jones Trilogy (1981-89) e
la Superman March dal
film Superman (1978) e quindi le emozionanti
melodie dei Tre pezzi per violino e orchestra
(1993) da Schindler’s List. Queste ultime, tra le composizioni più
belle e interessanti di Williams, sono state interpretate con intensa musicalità dal bravissimo Luca Santaniello,
primo violino dell’Orchestra Verdi e in questa occasione impegnato
nell' avvincente ruolo
solistico. La seconda parte
della serata è stata aperta da Adventures on Earth da E.T. (1982)
per terminare quindi dalla Star Wars Symphonic Suite
(1977) dal film omonimo. Musica di grande effetto quella di
Williams, ottimo musicista ed
eccellente orchestratore legato alla tradizione neoromantica soprattutto
inglese, Elgar prima di tutti. Ottima la direzione di Giuseppe
Grazioli.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Musica
& Cinema per l’ Orchestra
Verdi all’Auditorium di L.go Mahler
Era
ora che si iniziasse a programmare una rassegna legata alle
colonne sonore. La musica nel cinema è quanto mai importante ed
abbiamo esempi illustri di compositori che si sono dedicati al
cinema, primo fra tutto S. Prokofiev. Ma anche i viventi non scherzano per
la qualità musicale. In Italia tutti conoscono Ennio Morricone ma insieme
a lui e soprattutto negli Stati Uniti, una serie di grandissimi musicisti
hanno reso indimenticabili splendidi film. Merito dell’Auditorium di
Milano la scelta della prima
rassegna musicale dal titolo Musica & Cinema. La manifestazione
prevede l’esecuzione di brani legati ad importanti
film. Nel corso delle sei serate in programma, con inizio da giovedì
8 settembre, l’Orchestra Verdi diretta da musicisti come Giuseppe
Grazioli, Luis Bacalov, Antonio Ballista ecc.
eseguirà composizioni di John Williams (nella foto), il
più autorevole musicista statunitense per il cinema, di Luis Bacalov, noto soprattutto
per le splendide musiche del Postino
di Neruda, di Bernhard Herrmann ed altri. Sponsor principale
della manifestazione è la Swarovski
Italia. I primi quattro dei complessivamente sei appuntamenti avranno
luogo in settembre, mentre gli ultimi due si terranno nel gennaio 2006.
Omaggio a John Williams è il
titolo del primo appuntamento, giovedì 8 settembre 2005 alle ore 21.00,
che offre un omaggio a uno dei più famosi compositori per il cinema
americano, padre delle musiche immortali di Star Wars, E.T., Indiana
Jones o, più recentemente, di Harry
Potter e di La guerra dei mondi. Vincitore di cinque Academy
Awards, 17 Grammys, tre Golden Globes, due Emmys e cinque BAFTA Awards
della British Academy of Film and Television Arts, record
di vendite discografiche, Williams è il compositore che si distingue
maggiormente per l'uso spettacolare dell'orchestra sinfonica nelle sue
colonne sonore. L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, diretta
da Giuseppe Grazioli, propone nel corso del concerto alcune delle
pagine più note dell’autore, come il celeberrimo Raiders’
March da Indiana Jones o la
storica Symphonic Suite da Star Wars, ma anche brani tratti da Schindler’s List, con il violino solista di Luca Santaniello,
violino di spalla dell’Orchestra Verdi.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
CINQUANTASEIESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI MENTONE
Nell’agosto scorso si è svolta la cinquantaseiesima edizione del Festival di Mentone sotto la direzione artistica del violinista francese Augustin Dumay e con il sostegno ed il supporto indispensabile ed imprescindibile di Radio France (che poi, tra l’altro, ritrasmette tutti i concerti in programma) . In apertura Daniel Harding (nella foto) alla testa della sua Mahler Chamber Orchestra in una delle partiture più amate e da tempo collaudate dalla giovane formazione sinfonica e dal direttore britannico ovvero la Quarta Sinfonia di Gustav Mahler. Tuttavia grazie all’unica ed insostituibile atmosfera del parvis della Basilica di Saint-Michel, che , come amava ripetere il compianto André Borocz (fondatore insieme a Thomas Erdos del Festival nel 1950), Sviatoslav Richter definiva “una delle sette meraviglie del mondo”, scusandosi subito dopo dicendo che la frase non era sua, ci permettiamo di dire che questa esecuzione rimarrà sicuramente memorabile e non facilmente replicabile in una normale sala da concerto . La coordinazione e l’intesa tra direttore ed esecutori era come sempre perfetta,tutte le sezioni erano senza alcuna eccezione in splendida forma, ma l’aria festiva e le condizioni atmosferiche hanno contribuito a determinare un particolare impeto e vigore nel primo movimento sorto soavemente dal nulla per poi smaterializzarsi progressivamente nei tempi successivi sino al finale paradisiaco dal “Knaben Wundehorn” “Wir geniessen die himmlischen Freuden”, solista la soprano scozzese Lisa Milne il cui timbro vocale caldo ed avvolgente era in questo caso veramente ideale, e lasciare,dopo i tempi scelti molto lenti e ieratici, ed una lunghissima pausa di silenzio,espressione della profonda emozione del pubblico, la voce al suono delle onde del mare che giungevano quella sera sino al sagrato della Basilica in un concerto che prevedeva unicamente l’esecuzione della partitura mahleriana, altro fatto molto raro ma estremamente indicativo ed appropriato . Il 4 agosto il grande pianista francese Jean-Philippe Collard si è esibito in un recital che preve deva dopo la prima parte dedicata a Chopin, in un florilegio di Ballate , Notturni e Scherzi, la Sonata in si monore di Liszt affrontata con la consueta bravura , vigore ed estrema perizia tecnica . A seguire una delle altre serate gioiello del Festival ovvero la nostra straordinaria soprano Sonia Prina ,che accompagnata dal preparatissimo e dinamicissimo Ensemble Matheus diretto da Jean-Christophe Spinosi ,con cui si è stabilita un’intesa perfetta, ha superato se stessa e le sue straordinarie capacità in un programma infuocato e di non facile esecuzione diviso tra Haendel (“Rinaldo” e “Giulio Cesare”) e Vivaldi . Il 9 agosto il Jerusalem Chamber Music Festival, fondato da Elena Bashkirova, ha fatto tappa qui a Mentone con una formazione a fiati (ed il piano della stessa Bashkirova) in un programma che andava da Mozart a Beethoven, sino a Schumann .Una menzione speciale va al corno di Marie-Luise Neunecker ed al fagotto del solista dei Berliner Philharmoniker Daniele Damiano . Le scintille proseguivano con la superba ed ineguagliabile Felicity Lott che ha voluto festeggiare gli oltre trent’anni di sodalizio con il pianista e storico accompagnatore Graham Johnson in un programma che solo la sua eleganza, intelligenza e finissimo humor potevano comporre , dal titolo già più che indicativo e programmatico ovvero “Fallen women and virtuos wiwes” . In un ordine totalmente al di fuori degli schemi si cominciava con il “Nanna’s Lied” di Kurt Weill-Bertold Brecht, per poi vagare tra Haydn , Mozart , Schumann, Brahms , Wolf, Richard Strauss, William Walton, Benjamin Britten, ritornare a Kurt Weill, comprendere un omaggio ai compositori francesi Roussel, Fauré, Duparc e l’immancabile “Dame de Monte-Carlo” di Francis Poulenc per arrivare ai memorabilmente interpretati Oscar Strauss (“Warum soll eine Frau kein Verhaeltnis haben?) e Reynaldo Hahn (“C’est très vilain d’etre infidèle), Murray Grand ed uno straordìnario ed inimitabile compositore oggi troppo poco eseguito ovvero l’inglese Noel Coward (nato nel 1899 nella periferia londinese e deceduto nel 1973, dove vi risiedeva dal 1958, a Montreux, definito da alcuni il Sacha Guitry inglese, grande amico di Vivian Leigh, Peter Ustinov e Graham Greene) di cui la nostra interprete ha scelto tre songs di cui ricorderemo in particolare lo scintillante “A bar on the Piccola Marina” . Una vera e propria lezione su come si può comporre un recital di canto che si è conclusa con altre due sorprese inaspettate ovvero “Gehen wir ins chambre separé” da “Der Opernball” di Richard Heuberger ed il purtroppo rarissimo da ascoltare “J’ai deux amants” da “L’Amour masqué” di André Messager, che solo la grandissima cantante britannica quanto a gestualità, recitazione e dizione sa interpretare in questo modo ed il cui testo straordinario di Sacha Guitry (appunto) dovrebbe essere forse imparato a memoria in modo da evitare l’inutile lettura e scrittura di manuali sulla seduzione e l’erotismo . Il 13 e 16 agosto si sono invece festeggiati gli ottanta anni del grandissimo pianista italiano Aldo Ciccolini (il cui compleanno cadeva esattamente il 15 agosto) che suonò per la prima volta al Festival di Mentone il 12 agosto 1958 accompagnando la memorabile Janine Micheau in Mozart e Debussy . Si è quindi voluto riprendere un tutto Mozart in due serate con la dinamicissima e preparatissima Orchestre de Chambre de Wallonie diretta dal giovane direttore italo-inglese Robin Tacciati , in parte con lo stesso Ciccolini al pianoforte e poi lasciando il posto ai suoi allievi Jean-Yves Thibaudet e Antonio Rosado, ricordati in pubblico con grande affetto, che si sono esibiti invece in pagine di Maurice Ravel . Il Festival si chiudeva poi con la violinista giapponese Midori ed il pianista Charles Abramovic in pagine che andavano da Mozart e Beethoven a Ravel e Tchaikovsky . Nella adiacente bellissima “Chapelle des Pénitents Blancs” si svolgeva invece un festival parallelo, ad ingresso libero e dedicato ai giovani virtuosi, in cui si sono esibiti , tra gli altri, Plamena Mangova, Alissa Margulis, la violista Lise Berthaud ma soprattutto il prodigio costituito dalla giovanissima pianista russa Polina Leschenko (di 24 anni), prima in un recital e poi con la violoncellista Natalie Clein, la cui tecnica può fare vibrare i polsi a qualsiasi star internazionale del piano, il cui suono ottenuto dallo strumento quasi si smaterializza in una trasmutazione aerea e che sicuramente col tempo vedremo sempre più sulle scene internazionali della ribalta.
Giacomo Di Vittorio
GIUGNO - LUGLIO
Voci di eccellente qualità per la
Cenerentola di Rossini alla
Scala
E’ da quasi
due secoli – la prima rappresentazione è dell’agosto del 1817-
che il Teatro alla Scala mette in scena questo
divertente e moralmente serio
“melodramma giocoso” in due atti, capolavoro di Gioachino
Rossini su libretto di Jacopo Ferretti dalla fiaba di Perrault . Da oltre trent’anni con
la regia, le scene e i costumi di Jean-Pierre Ponnelle. Nella
rappresentazione del 6 luglio di “La Cenerentola” abbiamo ascoltato un
cast vocale eccellente.
Insuperabile Juan Diego Flórez,
Don Ramiro: ha una voce elegante e raffinata, in perfetta sintonia
con il serio ruolo principesco da lui sostenuto. Splendido il duetto Un
soave non so che, condiviso
con una intensamente rossiniana Sonia
Ganassi, Angelina (Cenerentola). La Ganassi (foto di Marco Brescia)
ha il merito di aver interpretato la non facile parte con grande
equilibrio vocale e con un timbro dolce e trasparente anche nei
momenti più virtuosistici: mirabile in
Una volta c'era un re
e in Nacqui all'affanno e al pianto. Avvincenti le corpose e penetranti voci di Simone Alaimo, Don Magnifico, Alessandro
Corbelli, Dandini, e Michele Pertusi, Alidoro; scenicamente
perfette e personaggi marcatamente da opera buffa, le sorelle Carla
di Censo, Clorinda e Larissa Schmidt, Tisbe.
L’orchestra del Teatro alla Scala è stata ottimamente diretta da
Bruno Campanella e le parti corali
splendidamente curate da Bruno Casoni. Grandissimo successo di
pubblico. Repliche fino al 21 luglio.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Roberto Bolle e Marta Romagna nella Carmen di Amadeo
Amodio
Amedeo Amodio ha rivisitato la Carmen, creata per l’Aterballetto nel 1995, in chiave più moderna, con un
prestigioso interprete quale Roberto Bolle, Don José, sulla scena
con chiodo ed anfibi, ed un’eccellente,
sensuale e mediterranea Marta Romagna, Carmen(foto di Marco
Brescia).
La settima ed
ultima rappresentazione del 30 giugno ha avuto uno straordinario successo
di pubblico per le splendide
musiche di Bizet ben adattate da Giuseppe Calì – autore anche di
personali momenti musicali sapientemente inseriti in partitura -
e per l’ottimo corpo di ballo della Scala che ha visto in scena
oltre ai già citati protagonisti anche Raffaella Benaglia, Micaela,
Fabio Saglibene, Escamillo,
Flavia Vallone e Gianni Ghisleni. Una Carmen che inizia dalla fine,
la morte di lei, e che termina con una originalissima e simbolica scena
dove si vede Escamillo
che si veste da toreador davanti ad uno specchio. L’inatteso
finale è stato avvincente anche per la pregnante personale interpretazione
musicale di Calì e per
l’adattamento scenico e i costumi, migliori nel versante tradizionale,
di Luisa Spinatelli. Belle le luci di Cavallaro e bravissima la
giovanissima Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala con
l’ottimo direttore David Garforth.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Caetani dirige la “Verdi”
nell’ultima sinfonia di Shostakovich
Particolare la scelta del programma
del 29 giugno dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi e del direttore
Oleg Caetani(nella foto): nella prima parte della serata abbiamo
ascoltato l’ ouverture dal Guglielmo
Tell di Rossini e Starke Scheite dal Gotterdammerung di
Wagner e nella seconda parte la lirica Sinfonia n°15 in La magg. op.
141 di Shostakovich.
Nella prima parte, quindi, due
brani che il compositore russo cita nella sua ultima sinfonia del 1971.
Dopo una colorita ouverture di Rossini ben interpretata dalla “Verdi”
e dopo aver apprezzato l’intensa
e profonda voce del soprano
Larisa Shevchenko nella grande scena di Brunnhilde del wagneriano
“Crepuscolo degli Dei”, abbiamo ascoltato una lirica e meno impegnata
sinfonia dell’ultimo Shostakovich. Il compositore russo, al termine
della sua intensa attività, ha voluto lasciarci con una composizione dal
carattere molto cameristico, nella quale oltre l’impiego di molti strumenti solisti, vengono utilizzate
numerose citazioni melodiche, dal Rossini del Guglielmo Tell al Wagner
della Walkiria e del Crepuscolo, ma si nota anche una simbolica presenza
di Musorgskij, Hindemith, e parzialmente dei dodecafonici. I momenti di pacato divertimento
musicale si alternano ad altri in cui emerge la
profonda drammaturgia di
Shostakovich . Bravissimi tutti gli orchestrali - molto intensa la
voce del primo violoncello ma anche quelle di molti altri solisti- ,
ottima la direzione di Caetani che oramai ci ha abituato ad
un’interpretazione musicale, soprattutto della scuola
russa, di assai rilevante spessore.
Grande successo di pubblico. Si replica il 30 giugno.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Splendido concerto della “Verdi”
all’Auditorium con una giovanissima: Veronika Eberle
È veramente brava questa diciassettenne violinista
tedesca che, alle prese con un violino ricco di suono – un Gagliano del
1790 – ha eseguito il Concerto n°5 per violino e orchestra in
La magg. K. 219 di W.A. Mozart . Ebbene, la Eberle,(nella foto con
Kreizberg)
giovane ma decisamente matura virtuosa,
alle prese con questo non facile lavoro mozartiano, ha mostrato un
grande equilibrio, un fraseggio delicato e intenso e un’intonazione
perfetta sotto ogni profilo. Eccellenti le sonorità e ottima
l’integrazione con la Verdi diretta
da un altro grande talento quale il russo, naturalizzato americano, Yacov
Kreizberg. Ancora maggiori qualità sono emerse nello splendido bis di A.
Ysaye. Nella seconda parte della serata del 23 giugno, abbiamo ascoltato
la Sinfonia n°11 op. 103 in Sol min. di Dmitrij Sostakovic.
L’orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi si può considerare oramai una
grande interprete di Sostakovic, avendo eseguito la maggior parte delle
sue sinfonie. Kreizberg – direttore poco noto in Italia ma molto
conosciuto all’estero - ha definito in modo esemplare e in ogni minimo
dettaglio questa tumultuosa
composizione del 1957. Per circa un’ora, senza soluzione di continuità,
abbiamo ascoltato i quattro movimenti vivendo musicalmente tutta la
drammaticità della Rivoluzione del 1905. Ogni sezione orchestrale, dagli
archi agli ottoni, ha suonato in modo intenso e senza mai un
cedimento, con qualità
timbriche molto elevate. L’intreccio dei differenti piani sonori è
apparso particolarmente definito con uno spessore dinamico, dal pianissimo al
fortissimo, molto calibrato. Grandissimo successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Tre grandi coreografi del Ventesimo secolo:
Balanchine, Kilian e Béjart
Un “Novecento” importante per la coreografia del
Ventesimo secolo quello visto
agli Arcimboldi per la Stagione scaligera 2004-2005, con tre grandi nomi:
Balanchine, Kilian e Béjart. Diceva Balanchine che “la danza è
un’interpretazione ulteriore della musica costruita su ciò che si ascolta
e si sente ”. Ebbene, ascoltando la splendida musica di Cajkovskij,
il Tema con variazioni dalla Suite n°3 per orchestra,
effettivamente abbiamo sentito qualcosa di più mentre vedevamo la
classica e aggraziata coreografia di Balanchine ottimamente interpretata
dal corpo di ballo della Scala. Il senso di leggerezza, la simmetria
gestuale e un'atmosfera luminosa ed essenziale hanno caratterizzato le 12
variazioni. Suono intenso e vellutato per il primo violino nell’accompagnare
i principali interpreti, Sophie Sarrote e Massimo Garon. Quello che
hanno rappresentato Igor Stravinskij e i Balletti Russi per la danza
moderna è noto. La suggestiva coreografia (1978) del ceco
Jirì Kilian è stata perfettamente
costruita sulla Symphony
of Psalms di Stravinskij
( foto di Marco Brescia). Grande
interprete di musicisti ancora più vicini ai nostri tempi - come
Schonberg, Webern e Ives, Cage,
Reich e Luciano Berio ( ricordiamo
le coreografie sui Folk Songs
e la splendida vocalità di Cathy Berberian) - Kilian ha realizzato un
balletto che ruota attorno ad otto coppie di ballerini. Questi
riescono, in modo avvincente, a relazionarsi ed integrarsi
in quell' atmosfera austera e asciutta che è la caratteristica
dominante della corale sinfonia stravinskiana. Bravi Lorella Ferraro,
Massimo Dalla Mora, Lara Montanaro, Antonino Sutera e tutti gli altri. La
serata è terminata con il “classico” Le sacre du printemps
di Stravinskij e le notissime coreografie di Maurice Béjart del 1959 . Queste sensuali, suggestive, luminose e
soprattutto intensamente plastiche,
armonie motorie dei ballerini
sono state rese in modo esemplare da Béjart. Ottimi Gilda Gelati e Mick
Zeni impegnati nella rappresentazione del 21 giugno, ma anche l’intero
corpo di ballo di Frédéric Olivieri. Avvincente la direzione orchestrale
di Vello Pahn. Successo di pubblico e ultima replica il 24 giugno.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Il
Teatro alla Scala torna alla lirica con la Bohème
La Bohème di G. Puccini, con la
regia e le scene di Franco Zeffirelli, è tornata alla Scala sotto la
direzione di Rafael Fruhbeck de Burgos (nella foto).
La rappresentazione del 15
giugno è stata preceduta da un minuto di commosso silenzio in ricordo del
grande M.tro Carlo Maria Giulini scomparso martedì 13 a 91 anni. Abbiamo
rivisto lo splendido allestimento di
Zeffirelli, grande regista e
scenografo che dal gennaio
del 1963 ad oggi ha curato per ben 19 volte, per il Teatro alla Scala, questo capolavoro
pucciniano. Ottimo il giovane cast vocale
che ha visto in palcoscenico Roberto
Aronica(nella foto) nella
parte di Rodolfo, Svetla
Vassileva(nella foto) in quella di Mimì, Fabio Capitanucci in Marcello,
Daniela Bruera in Musetta, Massimo Cavalletti in Schaunard e
Carlo Cigni in Colline. Tutte interessanti le voci ascoltate, ma in
particolare quelle della
Vassileva che, nel quarto
quadro, ha messo in mostra le sue ottime qualità recitative oltre
all’intensa vocalità, e del Capitanucci che ha dimostrato una forza
vocale nitida ed omogenea
in tutti i registri utilizzati. La direzione di R. Fruhbeck de Burgos,
direttore molto apprezzato e noto al pubblico milanese per le sue
interpretazioni sinfoniche, è stata a volte troppo esuberante nella parte
strumentale. I nitidi e intensi colori orchestrali, al limite
dell’eccessivo “sinfonismo”, hanno
in qualche occasione coperto le parti vocali che sono così
risultate in platea un po’ sbiadite. Sicuramente, nelle prossime
repliche, con qualche aggiustamento in termine dinamico, si arriverà a
risultati complessivi migliori. Repliche
il 17, 20, 22, 28, 30 giugno e il 2, 5, 7, 9, 13 e 19 luglio.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Oleg Caetani dirige l’Otello agli Arcimboldi
L’Otello è tornato a Milano per la
stagione d’Opera del Teatro alla Scala nell’edizione del 7 dicembre 2001,
con la regia di Graham Vick, le scene di Ezio Frigerio, i costumi di
Franca Squarciapino e le luci di Matthew Richardson. Sul podio, in
sostituzione di Muti,
troviamo Oleg Caetani, direttore molto apprezzato dal pubblico milanese
dell’Auditorium e dell’Orchestra Verdi nelle interpretazioni
del ‘900 russo e soprattutto nelle sinfonie di Sostakovic. Ottima
la direzione di Otello del 31
maggio, opera che, dal punto di vista compositivo, presenta
caratteristiche più “sinfoniche” rispetto agli antecedenti
melodrammi verdiani. Suoni marcatamente definiti in tutti i settori
orchestrali con colori più
scuri e tenebrosi che rendono questo
“dramma lirico” musicalmente avvincente. La validità della
regia, delle bronzee scene e degli splendidi costumi, non è stata
accompagnata da una grande “recitazione” dei protagonisti.
Domingo, Otello nella stagione 2001-2002, era ben altro in espressività e
movenze sceniche. Il cast vocale ha trovato due splendide voci in Daniela
Dessì(nella foto), Desdemona, con momenti di grande spessore lirico
soprattutto nel quarto atto, e in Francesco Meli, bellissima giovane voce
di Cassio. Leo Nucci, il migliore “attore” in scena, pur avendo
quel bel timbro vocale al quale siamo affezionati, non è stato lo Jago
del 2001; Otello, nella più che valida interpretazione di
Clifton Forbis, alterna momenti vocali qualitativamente avvincenti ad
altri di minor spessore. Brave le altre voci e ottimo il coro di Casoni. Un ultimo elemento critico non mette in causa i
protagonisti, ma si riferisce al notevole squilibrio sonoro tra il piano
“orchestrale”, complessivamente di maggiore intensità acustica, e
quello “vocale”, con voci di bassa intensità musicale. Le voci invece
di giungere sempre limpide in platea restano talvolta come confinate sul
palcoscenico. Siamo sicuri della buona acustica degli Arcimboldi per quanto
riguarda il melodramma? Ancora tre repliche: il 3, il 6 e l’8 giugno.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
MAGGIO
Un avvincente Beethoven per Gustav
Kuhn e la Filarmonica del Conservatorio
Venerdì 27 maggio è terminata la
Stagione 2004-2005
dell’Orchestra Filarmonica del Conservatorio milanese con un concerto
sinfonico diretto da G. Kuhn.
Nella prima parte della serata abbiamo ascoltato in prima assoluta Chanto
per orchestra (2004), del venticinquenne Matteo Franceschini e quindi
un lavoro di Bruno Maderna del 1971, la
Juilliard Serenade. In Chanto è interessante il
rapporto lirico delle voci soliste all’interno della massa orchestrale
caratterizzata da una marcata dimensione ritmico-coloristica che accentua
lo stato complessivo di
tensione emotiva. La Jilliard Serenade
presenta invece elementi musicali particolarmente strutturati che
richiedono un’attenta e scrupolosa esecuzione, in alternanza a
situazioni sonore di tipo aleatorio. Kuhn ha voluto caratterizzare questo
elemento “aleatorio”, utilizzando anche il pubblico presente in sala
nella scansione della parola
“ri-pe-t-i-zio-ne”, con
accenti e andamenti differenti. Ma è con l’interpretazione della Settima
sinfonia op.92 di L.van Beethoven,
che la giovane Orchestra Filarmonica del Conservatorio ha
dimostrato di possedere ottime qualità interpretative. La direzione di
Kuhn è stata avvincente e addirittura esemplare nel gioioso
movimento finale. I progressi fatti dall’orchestra in questi ultimi
anni, dovuti soprattutto al rilevante lavoro
del direttore principale Kuhn, la rendono oramai una realtà
musicale che dovrebbe uscire dai “confini interpretativi” del
Conservatorio. Successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Freddy Kempf: un grande talento
per le “Serate Musicali”
Ventottenne, londinese, Freddy Kempf
è sicuramente un vero talento pianistico. Il terzo premio al Concorso
Ciaikowski di Mosca, nel 1998, portò a decise
proteste di pubblico e di critica per l’ingenerosità
dell’attribuzione.
Ascoltando Kempf in Sala Verdi, il 23 maggio, nell’impegnativo programma
da lui scelto, ci si rende immediatamente conto del valore di questo
artista, che unisce alla
raffinata tecnica la più importante unicità della qualità
interpretativa. Nella prima parte del concerto ha eseguito la Sonata
op. 110 in la bem. magg.
di L.van Beethoven e quindi la Ballata n°1 in sol min. op.23
di F. Chopin. Riflessiva, delicata e analitica la Sonata, profondamente
espressiva e dinamicamente perfetta la Ballata, ma, quello che conta di più,
diversa dalle interpretazioni
dei grandi pianisti oramai entrati nella
storia. Nell’impegnativa seconda
parte del concerto, abbiamo ascoltato Liszt nell’Après une lecture
de Dante, e nell’ Isoldes Liebestod dal “Tristano e Isotta”
di Wagner, poi Busoni-Wagner in
Trauermarsch da “Gotterdammerrung” e
Liszt-Verdi nella più nota Parafrasi sul Rigoletto.
Nell’eseguire questi brani, Kempf
ha superato se stesso riducendo il
virtuosismo trascendentale di Liszt e di Busoni a puro semplice materiale
da interpretare con espressività,
ponendo l’attenzione soprattutto sulla qualità del
suono-colore: percussivo, leggero e cristallino. Nelle difficili
trasposizioni pianistiche dei brani di Wagner ci siamo trovati spesso di
fronte ad un vera orchestra. Al termine del programma, dopo lunghi
applausi accolti con un sorriso davvero spontaneo,
Kempf, in apparenza per nulla stanco,
ha proposto due meravigliosi bis: l’Allegro finale dall’
“Appassionata” di Beethoven e
uno studio di Chopin. E’ incredibile come in Italia questo
eccellente pianista non abbia ancora la grande popolarità che merita.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un esemplare Semyon Bychkov per
l’Elektra agli Arcimboldi
L’Elektra di Richard Strauss
è tornata a Milano per la Stagione d’ Opera 2004-2005 del Teatro alla
Scala con la direzione di Semyon Bychkov e l’allestimento
Ronconi-Aulenti-Buzzi del 1994. L’opera
in un unico atto di Strauss
con i testi di Hofmannsthal è stata rappresentata per la prima volta nel
1909 e la si può considerare
come una delle massime realizzazioni dell’espressionismo musicale
tedesco. In essa Strauss porta ai livelli più alti il cromatismo
orchestrale e in più momenti si riscontra anche la tendenza “atonale”
che sarà tipica della
Seconda Scuola viennese. Esemplare la direzione di Bychkov nel dare
significato ai taglienti colori di questo “poema sinfonico con voci”.
Le sconvolgenti sonorità orchestrali - e qui un plauso va sicuramente a
tutti gli eccellenti professori d’orchestra - hanno delineato in modo
marcato i protagonisti soprattutto femminili di quest’opera. Tra le voci, ha primeggiato
Deborah Polaski(nella foto) nella parte di Elettra,
con timbro di eccelsa qualità nei toni più alti mentre nei registri
medi, a volte, si è riscontrata una carenza di volume sonoro che ha
impedito un buon equilibrio con la massa orchestrale. Più che valido il
cast delle voci: Mette Ejsing in Clitennestra, Anne Schwanewilms in
Crisotemide, Robert Brubaker in Egisto e Alfred Walker in Oreste.
Buona, ma non particolarmente avvincente la regia, mentre è accettabile
l’essenzialità scenografica dell’Aulenti ( a parte la
pessima cornice dei quarti di bue nel fondo di una
scena) Bene i costumi ma non sono accettabili quei finti seni. Successo di pubblico Repliche fino al 30
maggio
20 maggio, Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Presentata la Stagione 2005-2006 della Società
del Quartetto
Presso la Società del Giardino, il 17 maggio è
stata presentata la nuova Stagione del “Quartetto”. Il nuovo
Presidente Francesco Cesarini, da pochi mesi succeduto a Guido Rossi, il
Vice-presidente Antonio Magnocavallo, il nuovo direttore artistico Harvey
Sachs , il Presidente del
Conservatorio Francesco Micheli e il filosofo Carlo Sini, sono intervenuti
per presentare i concerti e gli artisti in programma e per riflettere sul
tema che sarà il soggetto
della nuova stagione musicale: Il tempo. Tra i grandi pianisti presenti
dall’ottobre 2005 ricordiamo Zacharias, Brendel, Hewitt, Schiff,
Fleisher, Uchida e Biss, oltre alle
numerose formazioni cameristiche e orchestrali. Per maggiori informazioni
si può visitare il sito www.quartettomilano.it
la redazione ce.guzz@tiscali.it
La pianista canadese Angela Hewitt per le Serate Musicali
La pianista canadese Angela Hewitt ha suonato nella Sala Verdi del Conservatorio milanese per le
Serate Musicali. La Hewitt viene oggi considerata una delle migliori
pianiste del repertorio Barocco. Di Bach ha recentemente terminato
l’integrale pianistica. Il 16 maggio ha ottimamente interpretato
J.S.Bach eseguendo nella prima parte
del concerto la Fantasia
Cromatica e Fuga in re min.
BWV 903 e quindi l’Ouverture in Stile Francese in si min. BWV 831.
La sbalorditiva padronanza tecnica è stata accompagnata da una
grande capacità di riflessione interpretativa con sonorità trasparenti e
linee melodico-armoniche ben delineate. Nella seconda parte della serata
abbiamo ascoltato la Sonatina (1905) di Ravel
e quindi la Sonata
in si minore di Liszt. Successo di pubblico. Ricordiamo che la Hewitt
trascorre una gran parte dei mesi estivi in Umbria e qui ha fondato il Trasimeno
Music Festival. Questa manifestazione
avrà luogo per la prima volta tra il 2 e l’8 luglio al Castello
dei Cavalieri di Malta di Magione e sul
palco vedremo oltre che la
nota pianista anche numerosi ottimi
musicisti. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.greencenter.it
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un grande Yuri Temirkanov alla Scala per il “Progetto Itaca”
Grande serata quella del 15 maggio con l’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov. Il Concerto Straordinario, riservato all’Associazione di volontari “Progetto Itaca”( in collaborazione per l’organizzazione della serata, con le “Serate Musicali"), servirà a finanziare l’attività della prima Clubhouse italiana, il Club Itaca, che verrà inaugurata alla fine dell’anno a Milano. Scopo dell’attività di volontariato è principalmente quella di individuare e gestire situazioni ad alto rischio di psicosi mentale. Per approfondimenti potete visitare il sito www.progettoitaca.org . Un programma interamente dedicato alla musica di Cajkovskij, è stato mirabilmente interpretato dall’Orchestra di San Pietroburgo e dal suo direttore stabile Temirkanov. Nella prima parte della serata abbiamo ascoltato l’atto secondo dallo Schiaccianoci op.71. Colori pastosi e raffinati quelli dell’orchestra nell’eseguire i momenti musicali più celebri di queste notissime musiche: dalla Danza Araba a quella Cinese, dalla Danza delle Fate al Valzer dei fiori. Splendida e misurata la direzione del grande direttore che nel 1988 successe al glorioso Mravinskij in quella che è considerata ancora oggi tra le più prestigiose orchestre al mondo. Straordinaria, dopo l’intervallo, l’esecuzione della Quarta Sinfonia in fa minore op.36. Perfetto l’equilibrio dinamico ed espressivo tra i diversi settori orchestrali e i numerosi solisti. Il grande direttore, già ascoltato recentemente nella Dama di Picche, ha superato se stesso nello scultoreo bis di Prokofiev dal Romeo e Giulietta. Grande successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Inaugurata la mostra Miti Greci e
Dramma Antico alla Scala
Il 12 maggio è stata inaugurata presso il Museo del Teatro alla Scala, alla presenza del Ministero greco degli Affari Esteri, di Renato Garavaglia, direttore del Museo e di Spyros Mercouris, ideatore e organizzatore dell’evento, l’interessante mostra “Miti Greci e Dramma Antico alla Scala”. L’idea di questo elegante allestimento è stata di Spyros Mercouris, fratello della grande Melina, e la mostra nasce sotto gli auspici del Consiglio d’Europa e del Ministero greco della Cultura. Lo scopo dell’iniziativa è quello di testimoniare la ricca relazione avuta nei secoli tra la lontana Tragedia Greca e il mondo della musica operistica del passato e del presente. Una ricca testimonianze di immagine fotografiche ma soprattutto una numerosa quantità di maschere e di costumi impiegati nelle rappresentazioni liriche del Teatro alla Scala e dei più importanti teatri greci rendono questa mostra particolarmente rilevante e consigliabile a tutti coloro che hanno interesse in ambito lirico, teatrale e non solo. Molto ben fatta la pubblicazione uscita in occasione della mostra e curata da Spyros Mercouris.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Musica contemporanea con i
“Sentieri selvaggi”
Il 9 maggio, al Teatro Dal Verme per
la rassegna musicale denominata Parole,
il gruppo di musica contemporanea “Sentieri Selvaggi” diretto da Carlo
Boccadoro, ha eseguito
quattro brani di autori contemporanei: Dai calanchi di Sabbiuno di
Fabio Vacchi, Different trains di Steve Reich, Wichita Vortex
Sutra di Philip Glass e Cinque lettere di Aldo Moro (Prima
assoluta) di Filippo Del Corno.
Il gruppo di musicisti “Sentieri
Selvaggi” (nella foto) è stato fondato
nel 1997 da Filippo del Corno, Carlo Boccadoro e Angelo Miotto con lo
scopo di diffondere e
anche creare musica contemporanea. Nel concerto milanese del Dal Verme
sono stati accostati due autori italiani, e tra questi il noto compositore bolognese Fabio Vacchi, a due statunitensi, il
primo dei quali, Reich, nato nel 1935,
si può considerare il fondatore di quella corrente definita
“minimalista” che avrà anche in Glass un autore fecondo. Dopo la
breve ma intensa versione cameristica del brano di
Vacchi, abbiamo ascoltato Different
trains (1988) di Reich. Interessante l’interpretazione del
quartetto d’archi sulla base registrata di voce ed archi. La voce
penetrante di Moni Ovadia ha quindi scandito il brano di Philip Glass
nella lettura dei testi di
Allen Ginsberg e quindi al
termine del concerto, di Filippo Del Corno,
in prima esecuzione assoluta, abbiamo ascoltato
Cinque lettere di Aldo Moro, tratte dalla sua opera Non
guardate al domani. Ottima
e decisamente valida l’interpretazione del baritono Roberto Abbondanza nella lettura delle
cinque tra le più importanti lettere che Aldo Moro scrisse ai familiari
ed agli amici di partito durante i lunghi giorni di
prigionia. Interessante sottolineare come la realizzazione di
questa composizione sia legata ad un’attenta riflessione sulle parole
scritte da Aldo Moro, e in questo Filippo Del Corno è stato sicuramente
convincente. Per maggiori
informazioni sul concerto e sulle composizioni si può consultare il sito www.sentieriselvaggi.org
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Una giornata da ricordare per l’Orchestra Sinfonica di Milano G.Verdi
Una giornata da ricordare, quella di venerdì 6
maggio, per il M°tro Chailly e per l’Orchestra Sinfonica di Milano G.
Verdi.In mattinata, allo Spazio Auditorium, davanti ad un affollatissimo
pubblico di giornalisti, abbonati e amanti della musica, Riccardo Chailly ha presentato la Stagione 2005-2006 ed ha annunciato
che lascerà l’incarico di Direttore Musicale della “Verdi” per i
sopraggiunti impegni
derivanti dalla direzione della Gewandhaus di Lipsia. Rimarrà comunque
Direttore Onorario, l’incarico che aveva il grande Berio. Il Maestro
inaugurerà comunque a fine settembre la nuova
ricca Stagione musicale con la Sesta Sinfonia di Mahler e tornerà
almeno una volta ad aprile 2006 per dirigere
la “Verdi” con musiche di Schumann e di Beethoven. Alla sera
abbiamo assistito all’ultimo concerto sinfonico della Stagione
(domenica, seconda e ultima replica) che ha visto, nella prima parte della
serata, la monumentale Sinfonia n°1 in Do min. op.68 di
Johannes Brahms, lavoro maturo del grande compositore che trova
ispirazione dalla grandiosa Nona Sinfonia di L.v.Beethoven. Dopo l’intervallo, abbiamo ascoltato la breve ma incisiva Ouverture
da “Le Creature di Prometeo” di Beethoven e il ridondante e
spettacolare Poema
dell’estasi op.54 di Skrjabin. Splendida direzione quella di Chailly
e bravissimi gli orchestrali in tutte le sezioni, sia nella nota Sinfonia
brahmsiana che nel poco eseguito, ma molto affascinante, Poema di
Skrjabin. Peccato che Chailly, dopo sei anni di assidua direzione
musicale, che ha portato alla formazione di un’eccellente orchestra,
debba ora lasciare l’incarico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
APRILE
Musica Sacra per Romano Gandolfi e
l’Orchestra e il Coro G. Verdi
All’Auditorium di L. Mahler il 28 e il 29 aprile (ultima replica domenica, primo
maggio)
si è tenuto un concerto Sinfonico-corale con musiche di Luciano
Chailly, Schonberg, Szymanowski e Mozart. Alla
direzione dell’Orchestra Sinfonica e del Coro Sinfonico di Milano
Giuseppe Verdi, Romano Gandolfi.
Di Luciano Chailly (1920-2002), padre di Riccardo, direttore principale e
musicale dell’Orchestra Verdi, abbiamo ascoltato il Te Deum, per coro
misto a quattro voci e orchestra, opera intensamente religiosa del
2001. In questo recente lavoro, ottimamente diretto da Gandolfi, è
interessante notare l’influsso verdiano e l’utilizzo della scala
enigmatica ( do, re bem., mi, fa dies., sol dies. , la dies.
si, do e con il fa
naturale discendente) utilizzata per la prima volta
da Adolfo Crescentini alla fine dell’800 e quindi da G.Verdi
nell’Ave Maria. Dopo il brevissimo ma straordinario, per efficacia
timbrico-corale, Interludio per coro e orchestra dal
Moses und Aron di
Arnold Schonberg, abbiamo ascoltato una
composizione poco nota e raramente eseguita in Italia del polacco
Karol Szymanowski (1882-1937), lo Stabat Mater op.53, per soli coro e
orchestra . Lo Stabat Mater, opera
molto conosciuta in Polonia e considerato uno dei massimi capolavori del
musicista, è costruito su testi attribuiti a Jacopone da Todi.
Composizione formalmente impeccabile, particolarmente espressiva, con
impasti timbrici orchestrali e corali avvincenti, dimostra
influenze della tradizione tedesca. Nella seconda parte della
serata abbiamo ascoltato il Requiem
k.626 di W.A.Mozart. Impeccabile, come sempre, la direzione corale
di Gandolfi e ottima quella orchestrale; bravissime le
voci soliste tra
le quali ricordiamo il soprano Liesl Odenweller, il tenore Roberto
Iuliano e il basso Petri Lindroos. Grande successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Colori a tinte forti per Antonio Marquez
Antonio Marquez è al Teatro Nuovo di Milano dal 26 aprile fino a metà maggio in sue coreografie nel “El Sombrero de tres picos” (Il cappello a tre punte) di Manuel de Falla e nella ancor più nota composizione di Ravel “Bolero”. La Compagnia di Danza è il nome del corpo di ballo fondato da Marquez nel 1995. La “Prima” del 26 aprile ha avuto un grandissimo successo di pubblico. Nella prima parte della serata le coloratissime e taglienti musiche di De Falla, con le quali si inaugurò la riapertura del Teatro Real di Madrid nel 1997, sono state interpretate da Marquez e dalla sua compagnia in modo avvincente sotto ogni profilo. Le coloratissime coreografie del celebre ballerino di Siviglia sono state perfettamente costruite nelle strutture ritmiche e armoniche del balletto scritto da De Falla nel 1919, tanto da formare un tutt’uno artistico che ha pochi precedenti. Interessanti sia i costumi di Roger Salas che le parti mimiche derivanti in modo sostanziale dalla commedia dell’arte francese e italiana. La penetrante carica sensuale del flamenco spagnolo ha caratterizzato in modo indelebile i personaggi del balletto tra i quali oltre che Antonio Marquez anche la splendida ballerina protagonista, senza dimenticare tutti gli altri eccellenti ballerini.. Nella seconda parte della serata il Bolero di Ravel è stato ottimamente interpretato da Marquez e dalla compagnia in una coreografia più moderna e creativa, anche se con livelli di sinergia musico-coreografica forse minori. Splendido il finale di questo balletto. Eccellenti i momenti extra di flamenco con le più folcloristiche chitarre e voci.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Per ricordare il sessantesimo anniversario della
liberazione dalla dittatura nazi-fascista, il Conservatorio di Milano ha
organizzato un lungo pomeriggio musicale nel quale l’ Orchestra Filarmonica del Conservatorio
diretta da Gustav Kuhn ha eseguito composizioni di Ghedini e
Beethoven. Prima del concerto il Presidente dell’importante Istituzione
musicale, Francesco Micheli(nella foto con Ovadia),
e il Direttore Leonardo Taschera, hanno salutato il pubblico presente in
sala, sottolineando
l’importanza della commemorazione e
quindi Moni Ovadia ha letto alcuni scritti di Padre Davide Maria Turoldo
sulla Resistenza. E’ intervenuto poi il Presidente della Provincia di
Milano, Filippo Penati e
quindi Tino Casali, Presidente provinciale dell’Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia che ha premiato
alcuni studenti del Liceo
Carducci per il percorso di studi effettuati sulla
Resistenza. Il
concerto ha visto nella prima
parte l’esecuzione del Concerto funebre per Duccio Galimberti (
medaglia d’oro alla Resistenza, ucciso dai fascisti nel 1944) composto
da G.F. Ghedini nel 1948. Ottima la direzione di Kuhn in questa intensa ed
emotiva composizione del M.tro piemontese e brave le quattro voci soliste
(tra queste ricordiamo almeno il tenore Marco Voleri). Il programma è
proseguito con un’ottima esecuzione della Sinfonia n°3 in mib. Magg.
op.55 “Eroica” di L.v. Beethoven. La Filarmonica del
Conservatorio, che ricordiamo essere composta soprattutto da giovanissimi
musicisti, alcuni addirittura neodiplomati, ha dimostrato, sotto la guida
del M.tro austriaco Kuhn di fare progressi davvero sorprendenti.
Interpretazione avvincente sotto ogni profilo. Grande successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
La Royal Chamber Orchestra al
Teatro Dal Verme
E’ arrivata in Italia la Royal
Chamber Orchestra di Tokyo diretta da Shunsaku Tsutsumi. In
occasione dell’Anno dell’Amicizia tra Unione Europea e
Giappone, al Teatro Dal Verme per le “Serate Musicali” abbiamo
ascoltato il 22 aprile un concerto che prevedeva l’esecuzione di musiche
di Mozart, Saint-Saens e
Beethoven. Dopo l’Ouverture dal Don Giovanni di Mozart, ben
diretta da Tsutsumi, l’ottimo
violinista napoletano Fabrizio von Arx (nella foto) ha in modo
convincente, interpretato due classici per violino e orchestra di Camille Saint-Saens: Havanaise
op.83 e Introduzione e Rondò capriccioso op.28. Il
suono morbido e delicato del violino, con un fraseggio che ricorda molto
la scuola vocale e strumentale napoletana, è stato ben accompagnato dalla
giovanile orchestra. Abbiamo notato in questa formazione
fondata da Tsutsumi nel 1993, la maggiore, numericamente,
componente femminile. Spesso l’orchestra annovera tra i suoi
strumentisti anche alcuni membri della famiglia Imperiale
giapponese. Nella seconda parte della serata una buona esecuzione
della Sinfonia n°7
op.92 di L.v. Beethoven. Successo
di pubblico e un ottimo bis di A. Corelli.
Ccesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Mozartando al Teatro
Manzoni
Si è conclusa giovedì 21 aprile la serie prevista di cinque spettacoli interpretati dagli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala, in omaggio alla celebre danzatrice russa Maja Plisetzkaja, oggi ottantenne, che fu prima ballerina del Bolscioi, coreografa e direttrice del balletto dell’Opera di Roma. Chi si aspettava una sorta di “saggio” della scuola di danza è rimasto piacevolmente sorpreso: a parte il primo balletto, La Sbarra, con i ballerini più giovani, su musiche di Mozart, che poteva in effetti esserlo – e comunque è stato davvero un “saggio” di bravura da parte dei piccoli protagonisti – gli allievi si sono impegnati in eccellenti balletti dall’ottima coreografia, che hanno visto l’alternanza di parti solistiche e momenti di gruppo, su arrangiamenti musicali basati soprattutto su Mozart. Suggestivo e originale il mixage musicale di Barbara Cocconi, che ha creato un’atmosfera arabeggiante usando canti popolari magrebini per il balletto “moderno” Giallo ‘700 – Genio, furto e follia. La Suite dal balletto Raymonda, su musica di Glazunov, (1898, San Pietroburgo), che fa parte del repertorio tardo-romantico del coreografo Marius Petipa, ha suscitato numerosi applausi e consensi nel pubblico: gli allievi degli ultimi anni hanno dimostrato sicure doti di ballerini, e di alcuni di loro sentiremo senz’altro parlare nei prossimi anni. Ricordiamo che la Scuola può annoverare tra i suoi ex allievi Carla Fracci, Luciana Savignano, Oriella Dorella, e tra i ballerini contemporanei Sabrina Brazzo, Gilda Gelati, Roberto Bolle, solo per citare qualche nome.
A.B. ce.guzz@tiscali.it
Schiff alle “Serate Musicali”
per un tutto Beethoven
Lunedì 18 aprile, Andras Schiff è tornato nella Sala Verdi del Conservatorio milanese per eseguire quattro sonate di L.v.Beethoven, le ultime del primo ciclo e cioè: l’op.26, l’op 27 n°1 “Quasi una fantasia”, l’op. 27 n°2, nota come Al chiaro di luna ed infine l’op. 28 “Pastorale”. Il pianista ungherese è intenzionato a portare a termine tutto il ciclo delle sonate beethoveniane. Pianista molto morbido, preciso e aggraziato, Schiff ha dimostrato di dominare la non facile tecnica pianistica di Beethoven, eseguendo ottimamente, ma non in modo eccelso, le quattro sonate. Quella grazia e quella morbidezza non sempre sono di Beethoven. Il Maestro tedesco merita, a mio avviso, un approccio pianistico più intensamente conflittuale e meno manieristico di quello a noi proposto. Sicuramente Schiff, in molti fraseggi e soprattutto nella Sonata “Pastorale”, ha mostrato indubbie qualità. Ma troppo pedale e troppa rapidità nelle sublimi prime note del “Chiaro di Luna”. Probabilmente, la sensibilità di Schiff è molto più vicina a Bach, a Scarlatti -dei quali è eccellente interprete- e forse a Mozart che non a Beethoven. Sala stracolma e successo di pubblico. Nessun bis.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Antonio Ballista alla Badia di
Ganna
Nella suggestiva cornice dell’antica
Badia di S.Gemolo a Ganna (Varese), domenica 17 aprile, sono risuonate le
note del pianoforte di Antonio Ballista, spesso ascoltato in coppia con Bruno Canino: per la rassegna “Musica
in transito” ha presentato un concerto dal titolo “Scott Joplin e
gli altri”. Ballista
ha infatti il merito di essere stato uno dei pochi ad introdurre in
Italia, negli anni ’80, il ragtime, di cui Joplin può essere
considerato il maggior esponente, anche se le sue musiche furono scoperte
e divulgate quasi per caso. Il ragtime, termine che allude al
particolare tempo sincopato e alla discrasia della mano destra con la
sinistra, deve essere suonato così come è scritto sullo spartito, a
differenza del jazz, che comporta improvvisazioni: e Ballista ha
sottolineato più volte questo aspetto, commentando i pezzi scelti e
guidando il pubblico all’ascolto. L’interpretazione dei brani di
Joplin è stata avvincente e Ballista ha dimostrato un’eleganza ed una
raffinatezza di tocco unica in questo genere musicale da lui – e da
pochi altri- generosamente
nobilitato a musica “colta”. Dai più celebri The enterteiner
del 1902 e Maple leaf rag del 1899,
a Peacherine Rag (1901), Stop time (1910), Swipesj
(1900), Magnetic rag (1914) e Solace (1899).
Quindi ha eseguito
brani di quelli che si possono considerare gli epigoni di Joplin e
cioè James Scott con Grace
and beauty (1909), Artie
Matthews con l’avvincente Pastime
n°4 (1920) e il grande Jelly Roll Morton con
Grandpa’s spells (1923). Infine
ha sottolineato l’influenza del rag-time sulla musica colta eseguendo in modo suadente Golliwagg’s
cake-walki di C. Debussy, Piano
Rag Music di I. Stravinskij, e Ragtime di P. Hindemith. Anche alcuni sommi compositori europei
si sono dunque interessati a questa musica che ricorda
i saloon del far-west americano, dove campeggiava il
cartello “Non sparate sul pianista”. E’ una musica, ricorda
Ballista, solo apparentemente “allegra”: in realtà cela un profondo
disagio, quello dell’uomo a
cavallo del secolo, che vede avanzare le macchine, i treni, i veicoli a
motore, il progresso, insomma, che muta i suoi tempi e i suoi equilibri e
crea angoscia e inquietudine. Il bis, a grande richiesta di un pubblico
attento e interessato, è stato il
divertente Un petit voyage de plaisir di Gioacchino Rossini: una
sorta di “scherzo” musicale ispirato
ad un suo viaggio in treno. Grandi applausi. Per informazioni sulle
manifestazioni culturali dell’Associazione Amici della Badia di San
Gemolo in Ganna, tutte ad ingresso libero: www.badiadiganna.it
, info@badiadiganna.it.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Splendida direzione per un giovane interprete:
Vladimir Jurowski
Il giovane Vladimir Jurowski ha
diretto l’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi in un programma
completamente russo.
Nella prima parte della serata abbiamo ascoltato una selezione della Suite
dal balletto da Le vele scarlatte
di Vladimir Jurowski sr.(1915
–1972), nonno del direttore e apprezzato compositore
attivo a Mosca negli
anni ‘40-‘50 ’60, e quindi il Concerto per pianoforte ed archi
di Alfred Schnittke ( 1934- 1998). La seconda parte della serata è
stata interamente dedicata ad una delle maggiori composizioni di Cajkovskij,
la Sinfonia n°6 in si min. op.74 “Patetica”. La Suite
dal balletto da Le vele scarlatte è stata una delle composizioni
più eseguite al Teatro Bolshoi di Mosca dal 30 dicembre 1942, giorno
della sua prima esecuzione. Il successo di pubblico
e di critica fu tale da indurre il compositore alla realizzazione
di ben 6 differenti suite orchestrali dello stesso balletto e l’opera
rimase in cartellone per oltre 14 anni. I riferimenti stilistici della
ben costruita suite di Jurowski sono molteplici: dal più
romantico Cajkovskij al
più neoclassico Prokof’ev,
ma anche Ravel e Dedussy. Jurowski junior nei
quattro movimenti scelti- marcia, scena, nella grotta e finale
- ha dato un'interpretazione
avvincente, all’insegna dell’equilibrio formale. Ottima l’esecuzione
pianistica di Boris Petrushansky nel non facile e a volte volutamente dissonante, Concerto per pianoforte
e archi di
Schnittke. Autore decisamente affermato e molto eseguito nel circuito
milanese e in Italia, Schnittke, nell’unico movimento di questa
composizione del 1979, dimostra ancora una volta la sua personale e
particolare cifra stilistica che spazia dai semplici ma
intensi lirismi sino ai forti contrasti politonali e
timbrici drammaticamente caratterizzanti questo lavoro. Ma è
soprattutto nella notissima Patetica di Cajkovskij che Jurowski dimostrata di possedere splendide qualità direttoriali.
Gesti eleganti e precisi
hanno messo in risalto le indubbie qualità di tutte le sezioni
orchestrali della Sinfonica
G. Verdi ( eccellenti le morbide sonorità dei violoncelli e molto
equilibrata la sezione degli ottoni). Un’interpretazione analitica,
molto intensa e luminosa nelle sonorità, hanno portato ad un
entusiastico successo di pubblico. Ultima replica, domenica 17 aprile.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
GISELLE ALLA SCALA
Per la stagione dei balletti 2004-2005 è stato portato sul palcoscenico della Scala uno dei capolavori romantici più noti e apprezzati dal pubblico: Giselle. La musica del francese Adolphe Adam, composta nel 1841, ha accompagnato i passi leggeri della sfortunata fanciulla, interpretata – nella rappresentazione pomeridiana del 14 aprile - da una delicata e convincente Gilda Gelati. Il balletto è suddiviso in due parti: la prima, solare, dai colori accesi, è la festa dell’amore, dove Giselle, bella contadina di un villaggio della valle del Reno, s’innamora dell’affascinante principe Albrecht (un ottimo Alessandro Grillo), che si dichiara senza rivelarle la sua identità. E’ il periodo della vendemmia e si intrecciano danze gioiose. Ma la gelosia del guardacaccia Hilarion (un applauditissimo Francesco Ventriglia) sarà nefasta: riconoscendo il principe, fa in modo che Giselle scopra che Albrecht le ha mentito, nascondendole inoltre di essere promesso sposo della gentile Bathilde (Claudia Collodel), figlia del Duca. Giselle, disperata, impazzisce e cade a terra morta. Nel secondo atto l’atmosfera è notturna, la luce lunare; tutto ricorda la morte: è forse la parte migliore del balletto. Tra gli alberi, ecco la tomba di Giselle, Una leggenda vuole che le fidanzate morte, le Willi, danzino ogni notte fino all’alba: e la regina delle Willi, Mirtha (Sabina Galasso), accoglie Giselle e la porta a ballare con le altre fanciulle, in un turbinio di veli bianchi, un’incantevole danza magica. Qui il corpo di ballo dà il meglio di sé. Quando Albrecht, inconsolabile, giunge a chiedere perdono sulla tomba, Mirtha lo condanna a ballare col fantasma di Giselle, fino ad un mortale sfinimento. Ma l’amore di Giselle è più forte di qualunque pena: sostiene Albrecht nella danza e gli dà forza fino all’alba, quando l’incantesimo svanisce. E con la fine della notte, anche gli spiriti inquieti delle Willi tornano nei loro sepolcri. Il binomio amore-morte, tema fondamentale del romanticismo, si fa qui sublime e indimenticabile e ancora in grado di suscitare consenso ed entusiasmo perfino in un pubblico giovanissimo. Suggestiva la scenografia di A.Benois. Molto applaudita anche l’orchestra, diretta da David Coleman. La coreografia è quella celeberrima, ottocentesca, di Jean Coralli e Jules Pierrot.
(A.B.)
Triology: musica come divertimento
Ottima la scelta della Società del
Quartetto di far suonare in Conservatorio un trio d’archi molto
particolare: Triology. La formazione cosmopolita - formata da due violini
e un violoncello è sicuramente anti-accademica e la rielaborazione
creativa dell’eccentrico gruppo, anticipata dall’inconsueto modo di
presentarsi in pubblico, è all’insegna dell’originalità
interpretativa. Gli
eccellenti solisti sono Aleksey Igudesman, violinista russo di San
Pietroburgo, la vivacissima e stravagante Daisy Jopling, violinista
londinese
e il violoncellista tedesco
Tristan Schulze, che
oltre ad essere un “artista” dello strumento, è la mente compositiva
del gruppo. Il variegato e decisamente inconsueto programma del 12 aprile
denominato “Giro del mondo in 77 minuti”, prevedeva una nutrita
serie di brani musicali in parte composti da
Igudesman e soprattutto da Schulze, ma anche da Piazzolla,
Morricone, J.Strauss e Beethoven.. La caratteristica rielaborazione
musicale, che unisce alla classicità anche influenze jazz, folk e pop,
ha mostrato una perfetta intesa del trio all’insegna del puro
divertimento musicale, con trasgressioni melodiche, ritmiche ed armoniche
che nulla tolgono all’elevata qualità musicale. Il “Giro del mondo..”
tra occidente e oriente, si riferisce alle modalità interpretative che
spaziano nel folklore di mezzo mondo con accenni di elementi
nord-africani ma anche di modi musicali mediorientali. Il pubblico della
Sala Verdi,
purtroppo non numeroso, forse anche a causa del derby calcistico
milanese, ha mostrato di apprezzare in modo deciso il simpaticissimo
gruppo con grandi applausi. 10, 100, 1000 Triology
piuttosto che un modesto interprete
accademico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Non convince Remmereit, ma abbiamo uno splendido
Coro
Il 44enne biondo direttore norvegese
Arild Remmereit ha sostituito il M.tro Muti, dopo le rassegnate
dimissioni, nei
concerti con la Filarmonica della Scala del 7-8-9- aprile. Dopo una contestata prima, abbiamo ascoltato in replica un buon
ma non avvincente concerto, questa volta senza alcuna contestazione
pro o contro Muti o l’orchestra. Il programma prevedeva la Quarta
Sinfonia in do min.di
Schubert, la Tragica, e l’Oratorio Cristo sul Monte degli
Ulivi op.85
(Christus am Olberge) di L.v. Beethoven. L’esecuzione della
sinfonia di Schubert è stata buona ma priva di spessore interpretativo. L’orchestra
ha dimostrato ottime sonorità e grandi potenzialità, ma mancava quell’approfondimento che solo un grande direttore poteva dare.
Remmereit ha fatto forse quel che ha potuto nei pochi giorni avuti
a disposizione per la conoscenza e le prove con la Filarmonica. Lo stesso
vale per l’Oratorio di Beethoven con le buone,
ma forse poco voluminose voci del tenore Endrik Wottrich e del
soprano Luba Orgonasova, e la più interessante voce del basso Robert Holl.
Splendido invece il coro del M.tro Bruno Casoni. Successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un
originale Rinaldo agli
Arcimboldi
Al
Quenn’s Theatre di Londra nel 1711 veniva rappresentato per la
prima volta Rinaldo, dramma liberamente tratto da un episodio della
Gerusalemme Liberata del Tasso. L’opera
dell’allora venticinquenne Georg
Friedrich Handel su libretto dell’italiano Giacomo Rossi, riscosse un
grande successo tanto da venire replicata
per ben quindici volte. Mercoledì,
6 aprile, agli Arcimboldi si è tenuta la seconda rappresentazione di
Rinaldo per la Stagione 2004-2005
del Teatro alla Scala. Le scene, i costumi e la regia sono di Pier Luigi
Pizzi e la direzione dell’Orchestra scaligera – in versione quasi
cameristica che prevede anche l’intervento
di alcuni solisti dell’Accademia Bizantina - è di Ottavio
Dantone (nella foto).
Originalissima la scenografia
che prevede lo spostamento degli statuari interpreti vocali sistemati
su enormi carrelli mossi da una nutrita serie di persone nascoste
in penombra, di fianco e sotto di essi. L’impatto scenografico dalla
platea di questi enormi volumi semoventi è stato decisamente avvincente e spesso spettacolare. Gli enormi cavalli che portano Goffredo,
Almirena, Rinaldo, Argante e Armida, tutti in splendidi abiti
in tinte forti con enormi mantelli in aria, rimarranno a lungo
nella memoria dello spettatore. Splendida la direzione musicale di Ottavio
Dantone che ha ancora una volta dimostrato di essere
un eccellente interprete del repertorio
barocco. Ottimo il cast vocale, prima fra tutti Daniela Barcellona
in Rinaldo, ma anche Annick Massis, Almirena -
meravigliosa l’aria “Lascia ch’io pianga”, quarta scena del
secondo atto-, Darina Takova,
la maga
Armida, Mark Steven Doss, Argante e Tomislav Muzek, Goffredo.
Successo calorosissimo. Repliche fino al 17 aprile.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
MARZO
Tutto Prokofiev per Maazel
e la Filarmonica della Scala
Un programma interamente dedicato a Sergej Prokofiev, quello del 24 marzo (repliche il 25 e il 26), è stato diretto dall’americano Lorin Maazel alla guida della Filarmonica della Scala. In questo particolare momento della gestione scaligera che auspichiamo, ma non ne siamo certi, si risolva nel migliore dei modi, abbiamo ascoltato un’eccellente Filarmonica ottimamente diretta da Maazel. La prima parte del concerto sinfonico, prevedeva una selezione dalle Suite 1 e 2 del balletto Romeo e Giulietta, opera del 1935 del maestro russo, quindi il Concerto per violino e orchestra n°2 in sol min. op.63 interpretato dalla giovane violinista bavarese Julia Fischer. Nella seconda parte della serata la Sinfonia n°5 in si bem. magg. op.100 risalente al 1944. Le scultoree ed intense musiche dal Romea e Giulietta e la Sinfonia°5 , ci sono sembrate nell’interpretazione di Maazel avvincenti sotto ogni profilo. La Filarmonica ha dimostrato di essere a livelli estremamente alti in tutte le sue sezioni orchestrali. Incredibile la capacità di Prokofiev di usare gli strumenti in tutte le gamme sonore, dai struggenti sopracuti degli archi ai suoni particolarmente gravi dei fiati integrati dai forti ritmi dello schieramento di percussioni. Suoni scolpiti quindi, in struggenti momenti spesso particolarmente lirici e quasi cantabili. La giovane Fischer ha eseguito in modo impeccabile il più dolce e disteso concerto per violino dimostrando di essere una delle migliori violiniste – e non sono molte - della sua generazione. Eccellente il bis: il Capriccio n°2 di Paganini. Grande successo di pubblico e volantini dal loggione inneggianti ad un cambiamento nell’assetto della direzione scaligera.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Stagione variegata per l’Orchestra Verdi all’Auditorium
La stagione in corso dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi presso l’Auditorium prosegue nel migliore dei modi: il disciplinato e preciso Ulf Schirmer (nella foto) ci ha offerto una lettura del “Don Quixote” di Richard Strauss di grande estro e fantasia ma allo stesso tempo esaltando tutta la straordinaria ricchezza di idee insita nella partitura, inquadrando poi esemplarmente la pagina in un contesto tematico di grande interesse con a precedere il “Don Chisciotte” di Georg Philipp Telemann ed il “Ritratto di Don Chisciotte” di Goffredo Petrassi .Ottime le parti dei solisti affidate al bravo violoncellista Gabriele Zanetti ed alla viola di Andrei Gridchouk . Il giovane e preparatissimo direttore finlandese Pietari Inkinen ha potuto poi valorizzare le proprie altissime capacità (insieme a quelle della giovane e dinamica orchestra milanese) nella pagina visionaria della “Symphonie Fantastique” di Hector Berlioz preceduta da una lettura da manuale de “La valse” e di “Ma mère l’oye” di Maurice Ravel . Christopher Hogwood(nella foto) ha saputo invece trovare la giusta misura e l’eleganza e la grazia necessarie per la suite da “Il borghese gentiluomo” di Richard Strauss facendo precedere il tutto in modo molto intelligente ed originale dalla suite da “L’Arlésienne” di Georges Bizet e dal “Pelléas et Mélisande” di Gabriel Fauré . Il giovane e bravo direttore spagnolo Josep Caballé-Domenech ha invece accompagnato ottimamente la discreta chitarrista americana Sharon Isbin nel “Concerto de Aranjuez” di Joaquin Rodrigo esibendosi poi in una magica “Rapsodie espagnole” di Maurice Ravel grazie alla perfetta complicità con l’orchestra e infine presentando una bellissima esecuzione della Sinfonia n° 1 di Henri Dutilleux , compositore molto sottovalutato (soprattutto oltre i confini francesi) che invece andrebbe più regolarmente ed abitualmente eseguito nelle stagioni sinfoniche . Ideale il legame con il concerto successivo che vedeva il dinamico e precisissimo direttore inglese Paul Daniel esibirsi con grande freschezza ed intelligenza in un programma perfettamente impaginato che andava da “Iberia” di Claude Debussy alle “Valses nobles et sentimentales” di Maurice Ravel (perfettamente analizzate ed esplorate in tutta la loro ricchezza timbrica e sottile magia) nella prima parte mentre nella seconda passava da “Les offrandes oubliées” di Olivier Messiaen ad una spumeggiante ed avvincente lettura di “La mer” di Claude Debussy . Claus Peter Flor ha in seguito accompagnato la violinista giapponese Midori nel concerto in re maggiore di Tchaikovsky facendolo poi seguire dalla Suite dal “Romeo e Giulietta” di Sergej Prokofiev . Infine in periodo prepasquale, con il sostegno di Telecom Italia, è stata eseguita come tradizione la “Matthauspassion” di Johann Sebastian Bach sotto la guida di Ricardo Chailly che questa volta ha optato per una lettura più aerea e trascendentale e meno corporea e perentoria del solito potendo disporre dell’apporto fondamentale del Coro Sinfonico di Milano sotto la direzione di Romano Gandolfi e dei bravissimi “I piccoli musici” sotto la direzione di Mario Mora, nonché di un ottimo ed impeccabile cast vocale che andava dal soprano svedese Malin Hartelius e dal mezzosoprano finlandese Monika Groop, all’egregio Evangelista di Werner Guera ed all’ottimo tenore Martin Petzold, dai baritoni Florian Boesch e Thomas Laske sino al basso cileno Christian Senn . Grande successo di pubblico come di consueto.
Giacomo Di Vittorio
Europa: un trittico di balletti moderni per la
Scala
Il 17 marzo al Teatro degli
Arcimboldi
settima e ultima rappresentazione
di Europa, trittico di balletti di coreografi europei . La
Stravaganza del francese, ma figlio di albanesi, Angelin Preljocaj,
Polyphonia dell’inglese Christopher Wheeldon e Contropotere
dell’italiano Jacopo Godani, si sono succeduti sulla scena del teatro
nelle diverse formazioni del Corpo di ballo del Teatro alla Scala.
La Stravaganza è un balletto in bilico tra classico e moderno
con musiche in alternanza di Vivaldi e di autori contemporanei di musica
elettronica. La musica ha un ruolo fondamentale nel definire i due gruppi
di tre coppie ciascuno che si alternano nei differenti momenti musicali.
Molto aggraziata e delicata la coreografia che gioca tutto sul lento
avvicinarsi dei gruppi e sull’unione finale dei ballerini,
simbolicamente l’unione tra il classico e il moderno.
Polyphonia è un interessante balletto di Wheeldon
costruito su dieci brevi brani pianistici di Gyorgy Ligeti scritti tra il 1947 e il 1985 e
per l’occasione eseguiti al pianoforte dall’ottimo Roberto
Cominati ( un brano a 4 mani con Marcello Spaccarotella). Bravissimo l’étoile
scaligero Roberto Bolle e tutti gli altri del corpo di ballo intervenuti
in alternanza e poi assieme al cambio dei brani. La serata è terminata
con il balletto in prima mondiale di Godani, Contropotere, probabilmente
il più moderno e innovativo della serata.
La coreografia impiega un numeroso gruppo di ballerini, fra i più
giovani del corpo di ballo, che riescono a dare, con movimenti a volte
aleatori ma all’interno di
una struttura molto razionale e definita, un’idea corporea e
interiore molto sensuale e plastica. Per questo balletto, Godani ha scelto
le splendide e “taglienti” musiche di
Stravinskij “Les
Noces”.
Cesare Guzzardella
Francesca Dego: una giovane promessa con la
Filarmonica del Conservatorio
Martedì 15 marzo, l’Orchestra
Filarmonica del
Conservatorio, diretta dall’ungherese Gyorgy Giorivànyi Rath, ha
eseguito un nutrito programma che prevedeva musiche di Beethoven, Brahms,
Gardella e Haydn. Dopo
una sostenuta e avvincente esecuzione dell’Ouverture Coriolano op.62
di L.v. Beethoven, è entrata in scena la giovanissima
violinista Francesca Dego (nella foto), quindicenne, che ha
interpretato il Concerto
per violino e orchestra op.77 di J. Brahms. Quando si ascoltano
musicisti dal talento così precoce, in genere si tende a valutare la
qualità interpretativa in relazione all’età. Per la Dego questa
operazione non sembra invece necessaria. Ci pare una violinista, oltre che
decisamente matura e personale nel tocco, anche di rilevante
qualità. Le incertezze tecniche a volte riscontrate durante l’esecuzione
- ma ricordiamoci che l’op. 77 di Brahms è in genere un impegnativo
cavallo di battaglia anche per violinisti quarantenni -
non fanno testo, giacché numerosi
passaggi denotano un
livello di pensiero musicale sicuramente compiuto. Nel panorama violinistico non eccelso dei giovani interpreti italiani,
Francesca Dego è certamente una grande promessa. Caloroso successo quindi
(e un applaudito bis di Bach).La seconda parte della serata si è aperta
con una prima esecuzione assoluta del
venticinquenne milanese Federico Gardella, “..stringimi in
echi” per violino concertante e orchestra. Al violino l’ottima
Daniela Cammarano. Il brano ci è sembrato molto interessante e di un
rigore tecnico- stilistico che dimostra l’attuale momento compositivo
favorevole delle ultime generazioni. Al termine una valida interpretazione
della Sinfonia 88 di F.J. Haydn. Ottimi i Filarmonici e la direzione.
Grande consenso di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Variegato "Recital” di Uto
Ughi per le Serate Musicali
Una costante presenza quella del
violinista Uto Ughi alle “Serate Musicali” milanesi. Il
celebre virtuoso, accompagnato dall’ottimo pianista Alessandro Specchi,
ha intrattenuto il numeroso pubblico della Sala Verdi in Conservatorio
lunedì 14 marzo, con un programma molto vario
che comprendeva musiche di Handel, Beethoven, Kreisler, Massenet,
Brahms, De Sarasate e Saint-Saens. Più “accademica” la prima parte
del concerto con due Sonate: l’op. 1 n°13
in re magg. di G.F. Handel e l’op.30 n°3 in sol magg.
di L.v. Beethoven. Un vero e proprio “recital” la seconda parte del
concerto, con i rimanenti autori, ai quali si sono aggiunti
Gounod, Paganini e Dvorak nei tre
bis che hanno concluso
la splendida serata musicale. Il Maestro Ughi ha mostrato di essere in
piena forma interpretando i diversi autori in modo impeccabile e dando
prova di grande virtuosismo musicale, soprattutto nei brani più “zingareschi”
quali le due Danze ungheresi, la 17 e la 20, di Dvorak e la la Zingaresca
op.20 n°1 di De Sarasate. Simpatica l’idea di Ughi di fare “scegliere”
al pubblico presente in sala il bis su una terna da lui proposta. Grande
successo.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
“Crescendo in musica” all’Auditorium
di l.go Mahler
Sabato 12 marzo, due favole in musica per la voce recitante di Ugo Dighero (nella foto) e l’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi diretta da Fabrizio Dorsi, hanno intrattenuto per oltre un’ora centinaia di bambini con mamme e papà all’Auditorium di Milano. Il progetto “Crescendo in Musica” al sesto anno di vita, è nato per avvicinare i bambini più piccoli – in sala abbiamo notato bimbi di anche tre anni- al mondo della musica. Una sala gremita ha accolto l’attore Ugo Dighero che prima di iniziare il concerto ha divertito la giovane platea improvvisando varianti di notissime fiabe come "Cappuccetto rosso". Dopo questa spiritosa “introduzione” ha ben recitato in Magaria ( in dialetto siciliano significa magia o incantesimo), fiaba in musica per voce recitante e orchestra su testo di Andrea Camilleri e musica del compositore siciliano Marco Betta e quindi nel notissimo Pierino e il lupo di Sergej Prokof’ev. Bravi l’attore, il direttore Dorsi e tutta l’Orchestra Verdi. Al termine lunghi applausi.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
La splendida viola di Bashmet tra
i Solisti Di Mosca in Conservatorio
Repertorio romantico per le
“Serate Musicali” l’11 marzo in Sala Verdi. Il
celebre violista Yuri Basmhet e il
Quintetto dei Solisti di Mosca si sono esibiti
in un programma che prevedeva dapprima il Quintetto in si min.
op.115 di Brahms, trascritto per viola da Bashmet e quindi il Sestetto
per archi in re mag. op. 70 “Souvenir de Florence” di
Ciaikovskij . L’ interpretazione della
composizione brahmsiana del
1891 e quella di Ciaikovskij datata 1892 ci sono apparse splendide. Nel Quintetto, l’aggiunta viola di Bashmet al posto dell’originale
clarinetto ci è sembrata decisamente avvincente. Il suono del grandissimo
violista nei momenti più melodici come per esempio l’adagio, era
esemplare: dolce, morbido e nello stesso tempo pastoso, con dei legati
sublimi, riusciva ad emergere dall’ottimo contesto dei Solisti di Mosca.
Interpretazione mirabile anche per il Sestetto d’archi
dove tutti i Solisti, per altro molto giovani,
hanno dato prova di grande qualità e raffinatezza musicale( tra
questi la prima violino Elena Revich
e il primo violoncello Nikolai Solonovich) . Nel bis di nuovo l’adagio
di Brahms dal Quintetto. Grande successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
FEBBRAIO
Un eccellente Yuri Temirkanov per la Dama di Picche agli Arcimboldi
Splendide musiche quelle di
Cajkovskij per la Dama
di picche ed eccellente direzione quella del russo Yuri Temirkanov
(nella foto) alla guida dell’Orchestra della Scala.
Abbiamo ascoltato l’anima più russa del compositore, unitamente alla
sua passione per Mozart e alla musica francese alla Bizet.
Anche il giovane regista
Stephen Medcalf, insieme allo scenografo e costumista Jamie Tartan, ed il
coreografo Jonathan Lunn hanno fatto un ottimo lavoro,
all’insegna della tradizione, nel rappresentare i sette quadri
che formano l’opera di Petr
Il’Ic Cajkovskij. Questo lavoro venne musicato dal maestro russo nel
1890, su libretto del fratello Modest,
il quale prese la celebre novella di Puskin
e ne modificò alcune parti, soprattutto il finale, che termina con
la morte sia di Liza che di Hermann, i due amanti. L’ambientazione di
fine Settecento ha reso possibile una incredibile varietà di costumi d’epoca
e di colori che, insieme alla direzione
ed all’eccellente
qualità del coro, sono i punti di forza di questa
rappresentazione. Non sempre all’altezza della situazione
le voci dei cantanti, fatta
eccezione per il baritono Dmitri
Hvorostovski, il principe Eleckij, il baritono Vladimir Vaneev, il conte
Tomskij e il mezzosoprano Elena Obratzova, la Contessa. La
Obratzova (nella foto) ha dato un’avvincente prova di recitazione
teatrale nel quarto quadro del secondo atto, che si conclude con la
canzoncina in francese dall’opera “Richard Coeur de Lion“ di
Grétry. Comunque valide le voci del tenore Vitaly Taraschencko, Hermann,
e di Elena Propina, Liza,
che nella seconda rappresentazione del 27 febbraio hanno sostituito
Misha Didyk e Dagmar Schellenberger. Successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Salvatore Accardo per la nuova
Stagione dell’Orchestra Filarmonica
del Conservatorio di Milano
Domenica 20 febbraio si è inaugurata
la nuova Stagione musicale 2004-2005
della Filarmonica del Conservatorio G.Verdi con un concerto diretto
da Gustav
Kuhn e con un violinista d’eccezione: Salvatore Accardo. Nella prima
parte della lunga serata i
giovani orchestrali, soprattutto insegnanti del Conservatorio e
neodiplomati, hanno eseguito un brano
per l’occasione composto da Kuhn, dal titolo Milano 2005.
Questo
divertimento musicale scritto per violino, due soprani, strumenti a
fiato - distribuiti nelle parti laterali della sala - archi,
arpa e percussioni prevedeva anche la partecipazione del pubblico che in
alcuni momenti doveva emettere suoni labiali e sospiri.
La composizione del maestro austriaco ci è apparsa piuttosto interessante
con momenti di intensa melodia, ma frammentaria e complessivamente un po’
priva di unità compositiva. Brano essenzialmente tonale
alternava riferimenti a Maderna, a Berio e alla
tradizione settecentesca. Ottime le voci, soprattutto quella del
soprano coreano Park Ji-Hyun. A seguire una buona esecuzione dell’Ottava
Sinfonia di L.van Beethoven. La seconda parte della serata ha visto un
deciso salto qualitativo con un’eccellente interpretazione del
notissimo Concerto per violino e orchestra in Re magg. op. 61 di L.v.Beethoven. Accardo ha mostrato di
possedere tutte quelle qualità che solo pochi virtuosi del violino hanno.
Ottima anche la direzione e bravissima l’Orchestra Filarmonica. Grande
successo di pubblico e un bis splendido di Accardo con le variazioni di
Paganini.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Martha
Argerich e l’ORT per
le Serate Musicali
Siamo abituati a vedere la Sala Verdi del Conservatorio stracolma quando viene a trovarci, e fortunatamente spesso, la maggiore pianista vivente, l’argentina Martha Argerich. Il Concerto Straordinario del 18 febbraio, per la rassegna “Il genio è donna”, ha visto sul podio il direttore, pianista e compositore Alexandre Rabinovitch prima impegnato al clavinova in un suo brano: Jiao, per 11 archi, clavinova, celesta e vibrafono.(2004). L’impressione, al primo ascolto di questa interminabile musica d’atmosfera, non è entusiasmante. Dice Rabinovitch nel programma di sala: “Jiao è un rito essenziale del taoismo cinese che esprime l’attaccamento al culto degli antenati…”. Più che di musica orientale si tratta di un continuo ripetersi di effetti cromatico-ambientali forse adatti ad una cinematografia fantastica alla H.Potter. Il secondo brano proposto dall’Orchestra della Toscana è stato la Sinfonia n° 1 in do min. op.11 del quindicenne Felix Mendelssohn-Bartholdy. Questa giovanile, fresca e lirica composizione l’avevamo recentemente ascoltata alla Scala e anche in questa più energica e spedita interpretazione ci è apparsa avvincente: ottima la direzione di Rabinovitch. La grande Martha è arrivata in Sala Verdi per eseguire due classiche meraviglie del pianismo con orchestra: il Concerto in re mag. Hob XVIII/11 di F.J Haydn e il Concerto n°20 in re min. K.466 di W.A.Mozart. A parte la non felice accordatura del pianoforte di sala, soprattutto nei registri centrali, la Argerich ha dimostrato ancora una volta le sue immense qualità interpretative: quelle mani ci hanno fatto vedere e sentire una forza fisica e di carattere che ha pochi rivali, un controllo della dinamica perfetto e un fraseggio intenso e profondo. Perfetta la sintonia nella direzione di Rabinovitch. Grandissimo successo e bis con una splendida ripetizione del Finale di Haydn.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Il cinese Yundi Li per la "Società del
Quartetto "
Martedì 15 febbraio, il ventitreenne
cinese Yundi
Li, vincitore nel 2000 del prestigioso Concorso Internazionale
Fryderyk Chopin (da 15 anni non veniva assegnato il primo premio) , ha
suonato in Conservatorio per la “Società del Quartetto”.
Il programma
prevedeva l’esecuzione
dei Quattro Scherzi
di F. Chopin e quindi della Sonata
in Si Minore di F. Liszt . Sicuramente un ottimo pianista, specie in
Chopin. Tecnica stupefacente
ed esecuzione molto rapida, fluida e priva di
qualunque incertezza. Purtroppo manca la poesia: abbiamo
percepito l’anima poetica di Chopin solo nei fraseggi più lenti,
dove Yundi Li ha dimostrato una maggiore capacità espressiva e di
riflessione, non nelle parti più virtuosistiche. La Sonata in si minore,
capolavoro di Liszt,
ci è sembrata poi poco unitaria. Successo di pubblico, ma non
vivissimo. Splendido invece il bis di un autore orientale.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Mozart,
Shlomo Mintz e la English Chamber Orchestra
Programma interamente mozartiano per il grande violinista in Conservatorio. Il “Concerto Straordinario” organizzato dalle “Serate Musicali” prevedeva in Sala Verdi, l’English Chamber Orchestra diretta dall’israeliano, ma di origine moscovita, Shlomo Mintz. Il prestigioso virtuoso, molto presente nelle sale milanesi e italiane e alle prese con uno Stradivari del 1719 ricco di sonorità ma nello stesso tempo particolarmente dolce e intenso, ha interpretato i concerti K218 e K219 di W.A.Mozart. Stupisce la compostezza e la calma virtuosistica di Mintz durante l’esecuzione dei “galanti” concerti mozartiani. Nell’interpretazione del violinista, gli andamenti particolarmente moderati dei movimenti hanno messo in luce tutta la vocalità di questi concerti e soprattutto la splendida voce del violino. Nel bis, un bellissimo Paganini suonato con sorprendente facilità. Nella seconda parte della serata, ottima l’interpretazione della sinfonia “Jupiter”. Grandissimo successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Grande successo per il Tannhauser
di Tate e Curran agli
Arcimboldi
Un Tannhauser con eccellenti voci quello
ascoltato nella prima replica dell’8 febbraio agli Arcimboldi, per la
stagione del Teatro alla Scala 2004-2005. L’opera di
Richard Wagner , compositore troppo
poco rappresentato in Italia, nella versione mista di Dresda e Parigi è
stata ottimamente diretta, in modo garbato e particolarmente rispettoso della vocalità, dall’inglese
Jeffrey Tate per la regia di Paul Curran. Come anticipato, il punto di
forza di questa rappresentazione è nell’eccezionalità delle voci: Robert
Gambill nella parte di Tannhauser, Petra Lang in Venus (nelle
foto di Marco Brescia), Peter Mattei in Wolfram, Adrianne
Pieczonka in Elisabeth, Franz-Josef Selig in Hermann
Langravio di Turingia e gli altri, hanno dimostrato di possedere una
vocalità straordinaria.
Forse ancora più degli altri Mattei
(Wolfram) ha una bellezza timbrica unica – meraviglioso il
canto
con accompagnamento di arpa del terzo atto, O tu, mia
dolce stella della sera. Eccellenti
anche i numerosi interventi
corali e, in questo caso, il plauso va soprattutto
al Maestro Casoni. Più che valida la regia, con qualche trovata
scenica particolarmente rilevante come la discesa dal cielo di Venus
alata, nel primo atto, e la breve ricomparsa della medesima nel terzo atto
con uno spettacolare effetto di luce rossa. L’unica pecca di questo più
che convincente allestimento è data dal Baccanale che segue l’Ouverture
iniziale: il gruppo di ballerini mostra atteggiamenti e modi
per nulla sensuali e a volte solo volgari . La meravigliosa musica
di Wagner avrebbe preteso ben altro. Grande successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Gidon Kremer e la giovane “Kremerata
Baltica” per le Serate Musicali
Venerdì 4 febbraio nella Sala Grande
del Conservatorio, il celebre violinista lettone Gidon Kremer e la
giovanissima “Kremerata Baltica”, da lui fondata (1997) e diretta,
hanno tenuto uno splendido concerto con musiche di Mozart, Schnittke e
Raskatov. La Suite in stile Antico per orchestra da camera op.51 di
Alfred Schnittke ha dato inizio al concerto. Questo lavoro del musicista
russo scomparso nel 1998, è un omaggio alla musica del Settecento ed è
scritto con uno stile d’epoca galante,
raffinato e molto equilibrato, lontano dalla ricerca timbrica, tonale e
armonica che lo caratterizzerà in tutto il suo percorso compositivo.
Quindi abbiamo ascoltato il Concerto per violino e
orchestra in si b. magg. K207 di W.A.Mozart . La
seconda parte della serata è iniziata con un breve omaggio a
Mozart del compositore russo Alexander Raskatov (nato nel 1953) dal titolo
5 Minutes from Life of W.A.M. per violino e orchestra da camera. L’interessante,
breve ma intensa parafrasi musicale su melodie mozartiane gioca tutto su
un accompagnamento orchestrale di note alte, sopracuti e note gravi. A
seguire il Concerto per violino e orchestra in la magg. K 219 di
W.A. Mozart, ultimo dei 5 concerti del musicista salisburghese (tutti del
1775). Impeccabile l’interpretazione dei due concerti di Mozart. Il
virtuoso ma garbato Kremer,
ha mostrato una perfezione tecnica contestualizzata con modalità
interpretative all’insegna del rigore e dell’equilibrio formale,
moderato ma profondo. Eccellente la sonorità dell’orchestra baltica,
perfetta in ogni settore. Successo di pubblico e due bis. Un
equilibratissimo Scherzo per orchestra d’archi di F. Mendelssohn
e una strepitosa Fuga per violino, vibrafono e orchestra di Astor
Piazzolla. In questo caso pubblico quasi in delirio.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
GENNAIO
Tre Don Chisciotte per l’Orchestra
Verdi all’Auditorium
Particolare il concerto sinfonico
diretto il 27 gennaio (repliche il 28 e il 30) dal tedesco Ulf Schirmer(nella foto). Il
romanzo di Miguel Cervantes Savadra, Don Chisciotte, scritto tra il
1605 e il 1615, ha ispirato moltissimi musicisti tra i quali anche
G.P.Telemann, G.Petrassi e R. Strauss. Nella prima parte della serata
abbiamo infatti ascoltato la suite in 8 parti dal Don Quichotte der
Lowenritter di Telemann,
scritta nel 1735 e quindi il balletto in un atto Ritratto di Don
Chisciotte di Goffredo
Petrassi, opera del 1945. La breve suite di Telemann per archi e continuo,
di carattere narrativo ed evocativo nel tipico stile settecentesco, molto
aggraziata e priva di contrasti drammatici, è stata ottimamente
diretta da Schirmer. Più interessante il lavoro di Petrassi che fonde in
modo convincente l’esperienza
neoclassica di qualche decennio prima, con i modi compositivi della
Seconda Scuola viennese in un linguaggio tipicamente petrassiano che ha
nella fluidità, nel rigore geometrico e nella ricchezza timbrica, le
maggiori peculiarità. Nella seconda parte della serata abbiamo ascoltato
il Don Quixote, variazioni fantastiche su
un tema cavalleresco, op. 35 di Richard Strauss. Settimo dei
Poemi sinfonici di Strauss e composizione del 1897, il Don Quixote
rappresenta la summa delle capacità di orchestrazione ed efettistiche del
grande compositore tedesco e pur nel contesto tardoromantico, anticipa
soluzioni compositive più moderne. I solisti principali, il violoncello e
la viola – Don Chisciotte e Sancho Panza- erano rispettivamente Gabriele
Zanetti e Andrei Gridchuk. Ottimi i loro interventi solistici
e convincente l’interpretazione del Maestro Schirmer e della Sinfonica
G.Verdi. Grande successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Uno strepitoso
Lucchesini per la "Società del Quartetto"
Martedì
25 gennaio, nella Sala Verdi del Conservatorio, il pianista Andrea
Lucchesini ha tenuto un bellissimo concerto con un programma
particolarmente innovativo. Nella
prima parte della serata abbiamo assistito all’esecuzione di brani di
Luciano Berio e di Domenico Scarlatti. Del compositore di Oneglia, da meno
di due anni scomparso, in programma quasi l’intera produzione pianistica
e cioè Rounds, del
1969 e i Sei Encores scritti tra il 1965 e il 1990 e, del
napoletano Scarlatti, cinque tra le migliori Sonate (K491, K454, K239,
K342, K146). Ma la novità
è rappresentata dalla felice e riuscitissima idea di Lucchesini
d'intervallare i brani di Berio con le Sonate scarlattiane in modo da
ottenere una “quasi suite” pianistica: le splendide sonorità e le
innovazioni settecentesche di Scarlatti sono risultate in perfetta armonia
e assolutamente vicine al pianismo raffinato e colto di Luciano Berio.
Lucchesini ha interpretato i due grandi musicisti con una profondità di
pensiero, con una brillantezza di tocco ed una esemplarità nella resa
dinamica, unica o perlomeno degna dei massimi interpreti
pianistici. La seconda parte del concerto ha visto l’esecuzione dei 24
Preludi di F.Chopin. Ottima l’interpretazione. Tre bis: uno splendido Improvviso
di Schubert, una grandiosa “Campanella”
di Paganini-Liszt e per finire, una pacata e morbida Bagatella di
Beethoven. Grandissimo successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Un brano di Fabio Vacchi ai
Pomeriggi Musicali
L'ungherese Gabor Hollerung ha
diretto l’orchestra de
"I Pomeriggi Musicali" in brani di Vacchi, Mozart e Haydn. Il
brano del prolifico compositore bolognese, ma milanese d’adozione, Fabio
Vacchi(nella foto), è Dai calanchi di Sabbiuno, per orchestra da
camera. Questa
composizione è stata scritta nel 1995 in occasione del cinquantenario
della Liberazione. Originariamente per gruppo
cameristico di soli cinque strumenti , il lavoro è stata poi
ritrascritto per media
e grande orchestra. Nel concerto del 22 gennaio abbiamo ascoltato la
versione per media formazione. I timbri sui registri medi dell’orchestra
hanno ricreato una suggestiva atmosfera che ben si addice all’occasione
commemorativa. Opera particolarmente intensa e rigorosamente
strutturata, evidenzia una predilezione per Vacchi per la Seconda
Scuola di Vienna e per Bartok e dimostra,
ancora una volta, l’impegno sociale del compositore che riesce ad essere
particolarmente convincente al primo ascolto. Il secondo brano, di
W.A.Mozart era il Concerto per pianoforte e orchestra K. 467: al
pianoforte Benedetto Lupo. Ottima la sua
delicata e applauditissima interpretazione, anche se con qualche
piccola sbavatura e bis con un brano di Schumann. Nella seconda parte del
programma abbiamo ascoltato la Sinfonia in Sol magg. “La sorpresa”
di F. J. Haydn. Ottima la direzione di Hollerung. Successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
All'Auditorium un Novecento molto "Americano" per il direttore Franklin
Musiche del Novecento
per il bel concerto del 20
gennaio all’Auditorium di l.go Mahler (repliche il 21 e il 23). Una
serata con un comune denominatore: l’America. Nella
prima parte abbiamo
ascoltato un recente brano del giovane inglese
Thomas Adés, America-A Prophecy
(1999). A seguire una
“icona” del repertorio statunitense, Rhapsody in Blue (1924) di
George Gershwin e nella seconda parte del concerto un precursore dei
cambiamenti musicali del secolo scorso, Charles Ives e la Sinfonia n°2.
( 1909).
Alla direzione, il giovanissimo ma capacissimo
statunitense Christopher Franklin; al pianoforte, nella rapsodia,
Stefano Bollani e solista, nel brano di Adés, il mezzosoprano Alda
Caiello. L’interessante brano
America- A Prophecy, commissionato dalla New York
Philharmonic Orchestra dell’allora direttore Kurt Masur,
è caratterizzato da un continuo alternarsi e intrecciarsi di
vocalità (molto pregnante e suggestiva la Caiello)
con l' eterogenea e a volte
aleatoria massa orchestrale. Il risultato è convincente e sono palpabili
l’influenze sia della musica jazz – con i richiami all’improvvisazione
- che alla scuola novecentesca inglese ( Britten, Tippet, ecc.). Il
pianista jazz Stefano Bollani
ha dato quindi un’ottima interpretazione della
Rhapsody in Blue con un taglio particolarmente jazzistico
nei momenti cadenzati. Al
termine abbiamo ascoltato una misurata e attenta interpretazione della Sinfonia
n°2 di Ives. Il brano unisce modi di comporre brahmsiani e spunti del folclore americano,
a momenti di sovrapposizioni tematiche tipiche di Ives.
Ottima la direzione. Grande successo di pubblico.
Cesare Guzzardella
ce.guzz@tiscali.it
Un inatteso Tortelier dirige la
Filarmonica della Scala
Il direttore francese Yan-Pascal
Tortelier ha sostituito l’inglese Jeffrey Tate, infortunatosi ad una
spalla, nei concerti della Filarmonica del 17, 18 e 19 gennaio. In
programma la poco nota Sinfonia n°1 op.11 di F. Mendelssohn e, al posto
di Elgar, la celebre Sinfonia in re minore di César-Auguste Franck.
La sinfonia op.11 in do min. è un’opera giovanile di Mendelssohn.
Scritta nel 1824, quando il compositore aveva solo quindici anni, rivela
già delle peculiarità compositive che saranno poi del Mendelssohn
adulto. Innanzitutto la freschezza dell’inventiva, riscontrabile già
nel primo movimento, rende rilevante questo lavoro da sempre poco
considerato. Davvero convincente l’esecuzione di Tortelier. Nella
seconda parte della serata del 18 gennaio, abbiamo ascoltato l’ultima
composizione orchestrale e l’unica
sinfonia di Franck. Scritta nel 1888, rappresenta sicuramente un traguardo
nel panorama sinfonico del periodo ed è
il lavoro più importante del Maestro francese. Costruita in tre
movimenti collegati tra di loro da un leit-motiv, appare
piena di slancio, di inventiva e spesso di forte drammaticità.
Yan-Pascal Tortelier – figlio del grande violoncellista Paul- ha
interpretato con grande sensibilità
questa non facile composizione, che rimane uno dei brani più
affascinanti della produzione sinfonica di fine Ottocento. Successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
Jean-Jacques Kantorow al Teatro Dal Verme con Beethoven
Il violinista e direttore
francese Kantorow nell’ultima replica di sabato 15 gennaio per I
Pomeriggi Musicali, ha eseguito nell'affollata sala del
Teatro Dal Verme un programma interamente beethoveniano. Nella
prima parte del concerto si è ascoltato il celebre Concerto per
violino e orchestra in Re mag. op.61 (1806), cavallo di
battaglia dei più grandi violinisti e nella seconda parte il poco
eseguito Le Creature di Prometeo, balletto eroico e allegorico
op.43 (1801). L’ex bambino
prodigio, vincitore di numerosi concorsi internazionali tra cui il
prestigiosissimo Paganini di Genova, ha mostrato una sorprendente
musicalità nella personale interpretazione del
concerto di
Beethoven, dirigendo l’ottima orchestra dei Pomeriggi e nello
stesso tempo eseguendo in modo morbido, delicato e quasi cameristico la
parte solistica. Ottima l’interpretazione priva di grandi slanci e
contrasti ma molto raffinata e luminosa; di particolare rilievo il
Rondo-allegro finale nel quale Kantorow ha mostrato tutte le sue qualità
interpretative con una riduzione al “semplice” del virtuosismo
violinistico. Le Creature di Prometeo, balletto in due atti scritto
da Beethoven per il
ballerino-coreografo napoletano Salvatore Viganò, ebbe la prima
esecuzione a Vienna il 26 marzo 1801, a questa seguirono ben 28
repliche. La lunga composizione in sedici parti con Ouverture e
Introduzione, ha come riferimento Haydn e Mozart. Interessanti i numerosi
spunti concertanti con gli interventi di numerosi solisti: il violoncello,
l’arpa, il corno di bassetto e l’oboe. Celebre il Finale con l’idea
tematica che verrà in seguito ripresa
nella terza Sinfonia “Eroica”. Ottima l’interpretazione, l’orchestra
e i solisti. Successo di
pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
TILL FELLNER
PER LE SERATE MUSICALI
Lunedì
10 gennaio il poco più che trentenne pianista viennese Till Fellner ha
interpretato Beethoven e Moussorgski nella Sala Verdi del Conservatorio
milanese. Il vincitore del Concorso "Clara Haskil International
Competition" nel 1993, ha dimostrato di possedere indubbie qualità
interpretative. Con
un tocco delicato, morbido e spesso raffinato
(ha avuto come maestri di perfezionamento anche A. Brendel) anche
se a volte debole nei contrasti
dinamici, Fellner ha proposto due
sonate di Beethoven: l’op. 2 n°1in fa minore,
prima delle 32 sonate
del maestro di Bonn composta
nel 1795 e la più nota sonata
n° 15 in re maggiore op. 28 “Pastorale” del 1802. La seconda
parte della serata è stata dedicata ai Quadri di un’esposizione
di Modest P. Moussorgski. In
un clima musicale in netto contrasto col precedente,
Fellner ha mostrato di possedere
scioltezza nel
risolvere i problemi tecnici e interpretativi nei
dieci momenti musicali di cui il brano del 1874 è composto,
anche se non è emersa in modo profondo “l’anima” del
compositore russo. Buon successo di pubblico.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
GEORGES PRETRE A MILANO PER LA FILARMONICA DELLA SCALA
Sabato 8 gennaio, presso il Four Seasons Hotel di Milano, il Maestro Georges Pretre ha incontrato la stampa, in occasione del concerto sinfonico che si terrà al Teatro alla Scala il 10 gennaio, per celebrare il suo ottantesimo compleanno e i 39 anni di attività con il teatro milanese.Nel lungo incontro il celebre direttore francese, nato a Douai nel nord della Francia, ha ricordato le tappe importanti della sua carriera musicale. Dagli inizi, con la passione per il jazz - ha suonato la tromba in un’orchestra jazz - e la musica leggera (grande appassionato dell’operetta), al periodo dell’Opéra Comique e dell’Opéra de Paris tra il 1956 e il1963, alle stagioni americane del Metropolitan di New York fino alla lunga stagione scaligera con la direzione di una sterminata quantità di opere, come il Faust, Turandot, Walkiria, Romeo e Giulietta, Sansone e Dalila, Carmen, Pelléas e Mélisande, la Bohème, Madame Butterfly ecc. e i numerosi concerti sinfonici di questi ultimi venti anni. Il raffinato Maestro ha mostrato una particolare gioia, cordialità e quasi giocosità nel raccontare la sua brillante carriera artistica; ha ricordato anche il suo amichevole rapporto con Maria Callas, da lui considerata ideale compagna di viaggio nel mondo musicale, citando in particolare Medea e Tosca.. Pretre ha poi parlato del programma del concerto, che prevede una scelta strumentale (ouverture, intermezzi, danze, marce ecc.) fra gli autori da lui interpretati negli anni scaligeri, dalla Carmen di Bizet alla Manon Lescaut di Puccini, da Die Walkure di Wagner a La Dannation de Faust di Berlioz, dalla Suite del Der Rosenkavalier di R. Strauss al celebre Boléro di Ravel.
Cesare Guzzardella ce.guzz@tiscali.it
GALA DES ETOILES ALLA SCALA
Il 30 e 31 dicembre scorsi anche il Corpo di Ballo della Scala, sotto la direzione di Frédéric Olivieri, è tornato trionfalmente nella sede storica del Piermarini con un “Gala des Etoiles” da tempo atteso che non ha affatto deluso le alte aspettative . Molto ricchi e vari il programma e gli ospiti, con in primo piano, nella prima parte dello spettacolo, la giovane ed affiatata coppia composta da Alina Somova e Leonid Sarafanov nel pas de deux del “Corsaro” di Riccardo Drigo (coreografia di Marius Petipa). Luciana Savignano, assieme a Gheorghe Iancu coreografo ed interprete, ha danzato in una intensa “Salome” basata sulla danza dei sette veli della celebre opera di Richard Strass. Bellissimi i costumi di Luisa Spinatelli in cui dominava il rosso. Quindi una struggente morte del cigno di Camille Saint-Saens offertaci da Ul’jana Lopatkina con il perfetto accompagnamento di Massimo Polidori al violoncello e Olga Mazzia all’arpa. Nella seconda parte la tanto attesa coppia Sylvie Guillem - Massimo Murru nel “Marguerite and Armand” del coreografo Frederick Aston, che nel 1963 lanciò la coppia Margot Fonteyn – Rudolf Nureyev all’interno del Royal Ballet di Londra. La sua coreografia è ispirata alla “Dame aux camélias” di Alexandre Dumas, con le bellissime scene e i costumi di Cecil Beaton e le luci di John B. Read, in perfetta sintonia con l’atmosfera lugubre e decadente della Sonata in si minore di Franz Liszt, nell’arrangiamento per pianoforte ed orchestra di Dudley Simpson . Inutile dire che la grande Sylvie Guillem ha espresso tutta la sua grazia ed il suo splendore, offrendoci come al solito anche una grande lezione di tecnica e di stile. La terza ed ultima parte della ricca e lunga festa prevedeva brani celebri del repertorio quali “Le spectre de la rose” di Fokin-Weber (con Gilda Gelati e Maximiliano Guerra), il Grand Pas de deux dal “Don Chisciotte” di Nureyev-Minkus, con la presenza di due grandi stelle in perfetta forma quali Tamara Rojo e José Manuel Carreno, ed il trionfale finale dell’apoteosi dell”Excelsior” di Romualdo Marenco con la bellissima coreografia di Ugo Dall’Ara. Ma il vero trionfo è in realtà meritatamente spettato al gioiello più nascosto e di maggior valore, ovvero la “Petite Mort” del grande coreografo ceco Jiri Kylian, su uno struggente adagio mozartiano per pianoforte ed orchestra. Splendida e tecnicamente perfetta la prestazione dell’americana Greta Hodgkinson e del nostro Roberto Bolle, salutati da calorosissimi applausi da parte di un pubblico partecipe e preparatissimo, con cui ci congratuliamo condividendo l’entusiasmo e la speranza di rivedere al più presto sul palcoscenico scaligero altri lavori del grande coreografo praghese. David Garforth, espertissimo esecutore del repertorio, ha fatto del suo meglio nella fossa dell’orchestra restando sempre al servizio degli interpreti sul palcoscenico e non cadendo mai nella routine.Dunque una grande performance che chiudeva l’anno passato e lasciava presagire il meglio per l’avvenire .
Giacomo Di Vittorio
ARTICOLI CORRIEREBIT- ARTE E DESIGN 2005
GIANANTI
/ MARCHESI: TRA L'INFORMALE E L'ONIRICO
IL
15 Dicembre 150 persone hanno partecipato all’inaugurazione della mostra di
pittura di
Giananti / Marchesi
dal titolo "Tra l'informale e l'onirico..."
cui è seguita la presentazione del libro libro "PER L'INDIA PER
L'ANIMA”. La mostra di pittura continua sino al
30 Gennaio 2006 ed è visitabile tutti i giorni dalle 15 alle 20.Per
quanto riguarda il libro "PER L'INDIA PER L'ANIMA" , le
150 persone presenti sono state piacevolmente
affascinate dalla spontanea digressione felice dell'Autore e dalle affabulazioni
dei poeti Giuseppe Cordoni e Marco Saya e con la partecipazione di Paolo
Brunelli e di Cicorivolta Edizioni.
Presso lo stesso locale sarà inoltre possibile acquistare il libro che costa 15
euro e che, in soli 10 giorni, è arrivato a 550 copie vendute, dal cui ricavato
è stato già versato il contributo destinato alle Associazioni
ONLUS sotto elencate, alle quali anche è dedicata la stessa
iniziativa editoriale:
Associazione
per l'assistenza ai figli dei lebbrosi di Calcutta, fondata da Dominique
Lapierre.
Progetto
Calcutta, iniziato dal dottor Sujit Mandal, per la cura di bambini e madri
bisognose.
Maggiori
informazioni su l'editore e sui pittori si possono ricavare rispettivamente dai
siti: www.cicorivoltaedizioni.com ,
,
.
GIANANTI / MARCHESI: TRA L'INFORMALE E L'ONIRICO
Giovedì 15 Dicembre ORE 19 presso il Circolo De Amicis di via De Amicis 17 a MIlano verrà inaugurata la mostra di Giananti e Marchesi dal titolo "Tra l'informale e l'onirico...". Nella mostra ci sarà una sessione dedicata alla presentazione del libro "PER L'INDIA PER L'ANIMA" Fotografia, colori, illustrazioni e poesia di un autore eclettico, appassionato della vita e della libertà di espressione alla quale partecipa come in una sorta di multiforme danza perenne... L'Autore ha speso buona parte della propria vita lavorativa a Milano, dove ha ricoperto ruoli di manager internazionale e ha sviluppato la passione per la fotografia, la pittura e le filosofie orientali. Ha effettuato diversi viaggi in India, dove ha soggiornato presso ashram molto noti per il rigore dell'insegnamento yoga e l'impegno caritatevole, da cui ha tratto l'ispirazione per questo magico libro. "C'è un' India poetica, di grandi letterati, magica, religiosa, spirituale, dove la morte passa leggera, dove tutto è possibile e i confini tra il sogno e la realtà si confondono: questa è l'India che porto con me. Un'indicibile bellezza dentro e fuori di noi." (dalla Prefazione del testo). Maggiori informazioni su l'editore e sui pittori si possono ricavare rispettivamente dai siti: www.cicorivoltaedizioni.com , , .
FABER-CASTELL:
CASTELL 9000 COMPIE 100 ANNI
Dal 22 al 26 novembre è possibile visitare la mostra “Castel 9000, la matita di Faber-Castell che ha raccontato 100 anni di storia”. E’ possibile ripercorrere la storia della classica matita verde regimental, centenaria ma sempre attuale. La prima matita moderna nacque nel 1761 dalle mani di Kaspar Faber. La matita verde con la scritta dorata fu creata nel1905 dal conte Alexander von Faber-Castell, che decise di dare alla matita l’attuale forma esagonale, per impedire che, rotolando scivolasse sul tavolo , e la colorò di verde che è diventato il colore simbolo dell’azienda. Oggi Castell 9000 è una collezione di prodotti legati al mondo della scrittura e del disegno. La classica matita verde è disponibile in 16 diverse gradazioni di durezza (dalla 6H alla 8B). Per saperne si può visitare il sito: http://www.faber-castell.it/ . La mostra , presso lo show-room de Padova di corso Venezia 14, ospita alcune sculture realizzate con le matite Castell 9000, dell’artista tedesca Kerstin Schulz. Si tratta di vere opere d’arte che rappresentano oggetti di arredo, (un tavolo,una sedia,una valigia una lampada).
Milano - show-room De Padova - 21 novembre 2005 ago
Ricchezza segnica e gestuale nelle atmosfere create dal tedesco Hans Hartung morto ad Antibes nel 1989. Questo é leggibile nelle opere esposte a Milano fino al 10 gennaio 2006 alla galleria CafisoArte in quel di Brera. La mostra mette in evidenza l’attività dell’artista (senza dubbio uno dei capiscuola dell’informale europeo, dalla personalità accostabile a quella di Wols o a quella di Lucio Fontana) compresa tra gli anni ’60 e gli anni ’80 e le soluzioni tecniche adottate: grattage e gestualità (modalità d’intervento che escludono la progettazione della forma) ottenuta con l’uso di pennelli opportunamente modificati e anche con rulli, scope e altri oggetti atti a graffiare, spruzzare colore allo stato puro per ottenere delle atmosfere che non hanno precedenti nelle esperienze astratte di quegli anni. Una mostra da vedere corredata da un bel catalogo che soprattutto mette in evidenza la libertà espressiva e tecnica dell’artista che influenzerà notevolmente i "modi del fare" nel contemporaneo.
Milano – 4 novembre 2005 achille guzzardella
Inaugurata al Museo Diocesano di Milano la mostra su San Carlo e Federico Borromeo. Un’ottantina di opere che fanno rivivere il periodo compreso tra l’episcopato di San Carlo (1564-1584) e quello di Federico Borromeo (1595-1631) dominato dalle figure dei due arcivescovi di Milano. Il percorso espositivo si articola su tre sezioni: l’età di San Carlo, l’età di Federico e il Naturalismo con esempi di opere lombarde e di opere caravaggesche. La mostra presenta innumerevoli pale d’altare e oggetti di arredo liturgico provenienti da chiese e collezioni private. Occasione per il visitatore di analizzare e capire quegli anni caratterizzati da una forte crescita economica, dalla dominazione spagnola e dalla riforma cattolica e funestati dalla carestia e dalla peste; un periodo di forti contrasti e cambiamenti che la pittura mette in evidenza e interpreta. Fra le opere esposte esempi significativi “La Croceffisione” di Gaudenzio Ferrari , “San Carlo comunica gli appestati” di Tanzio Da Varallo, "Cristo in passione e l'Angelo" di Alessandro Bonvicino detto Il Moretto, le due splendide ante dell'organo della chiesa di San Nazaro raffiguranti una "San Celso e conversione di Saulo" e l'altra "Caduta di Simon Mago" tutte e due olii su tela di 432x225 cm. splendide opere di Giovanni Da Monte. La "Crocefissione" di Giulio Campi, il "San Carlo porta in crocefissione il santo chiodo" di Tanzio Da Varallo, la bellissima "Cena di Emmaus" di Giovanni Serodine, le "Esequie di San Tommaso" di Giuseppe Vermilio, "Carlo Borromeo adora il Cristo morto di Varallo" del Cerano e di particolare impatto visivo è la sala con la serie dei vari San Carlo in gloria quello del Morazzone, quello di Giulio Cesare Procaccini e i due del Cerano. Di gran effetto è anche "l'andata al calvario" di Daniele Crespi ed è presente in esposizione il quadro di Francesco Cairo "Erodiade con la testa del Battista". sono anche presentiledue teledi Carlo Francesco Nuvolone "santa Chiara" e " Madonna con bambino". Tutte opere che fanno scaturire un senso di raccoglimento spirituale.
Milano - 4 novembre 2005 - achille guzzardella
BUCCI
ALL’ACCADEMIA
E’ visibile fino al 6 novembre la mostra di belle incisioni di Anselmo Bucci inaugurata alla biblioteca dell’Accademia di Brera di Milano il 21 settembre 2005. Sono le incisioni realizzate dall’artista nato nel 1887 e morto a Monza nel1955 nel soggiorno parigino tra il 1909 e il 1914. Lavori apprezzati da Apollinaire e da Salmon. Bucci descrive nelle sue punte secche le passeggiate domenicali delle operaie, i selciatori rechini al lavoro, l’animazione di rue Lepic, il ballo all’aperto al Moulin. L'artista riesce a darci una immagine della città con un segno vibrante e veloce valorizzando le diversità degli ambienti e delle persone. Ricchezza di analisi psicologica nell’allora giovane pittore che frequentò gli ambienti di Montmartre e conobbe Modigliani, Severini, Picasso e in seguito Boccioni, Balla e Santelia e fondò con Sironi, Funi, Dudreville, Malerba e Marussig il gruppo del “Novecento”.
Milano – 3 novembre 2005 - achille guzzardella
TRE MOSTRE INTERESSANTI A MILANO
Tre mostre a Milano inaugurate a fine ottobre. La prima: “Mario Sironi, Constant Permeke – I luoghi e l’anima” a Palazzo Reale dal 28 ottobre al 1 gennaio 2006 dove si mettono a confronto i due importanti artisti del ’900 italiano ed europeo. L’espressionismo fiammingo di Permeke caratterizzato da maestosi paesaggi densi di atmosfera ed il percorso originale di Sironi, artista italiano carico di calde costruzioni formali simili a vibranti architetture dove anche la figura acquista essenzialità e forza compositiva. La seconda esposizione alla Fondazione Mazzotta dal 27 ottobre al 12 marzo 2006 “La motocicletta italiana”. Mostra che ripercorre le originali linee e intuizioni di varie case costruttrici mettendo in evidenza anche l’illustrazione pubblicitaria del settore e alcuni quadri richiamanti il grande mezzo di locomozione sportiva del ‘900 italiano. In mostra quadri e disegni di De Pero, Mario Sironi, Achille Funi, Giacomo Balla, Antonio Ligabue e sculture di Mino Rosso e del recente scomparso Arman. La terza rassegna dal 28 ottobre a fine novembre curata da Gillo Dorfles, Luciano Caramel e dal caro amico Carlo Castellaneta , ritratto da chi scrive nel 2003, alla galleria Vismara Arte, in occasione dei quarant’anni di attività della nota sala espositiva milanese di via San Marco. Un omaggio di ventotto artisti, tra i quali il sottoscritto, alla brava, simpatica e sempre attiva Zita Vismara. In mostra opere di 40 cm. X 40 cm.: pannelli scultorei, olii su tela, tecniche miste, polimaterici. Per l’occasione è stato redatto un ricco catalogo che illustra le opere e gli avvenimenti con ricordi fotografici e testimonianze scritte riguardanti l’attività della galleria dal 1965 al 2005.
Milano – 27 ottobre 2005 - achille guzzardella
L’esposizione inaugurata il 20 ottobre a Milano al Castello Sforzesco e che titola: “I Maestri della scultura in legno nel ducato degli Sforza” è senza ombra di dubbio una delle mostre più belle di questi ultimi anni. Una delle poche mostre del suo genere allestite a Milano, al contrario delle ricorrenti mostre sulla scultura policroma lignea dei maestri umbri e toscani, senesi e pisani, allestite nell’Italia Centrale. Finalmente la scultura dei lombardi é esposta al pubblico. La mostra ci permette di renderci conto dell’altezza di pensiero di quel periodo e del gran lavoro delle botteghe tardo gotiche rinascimentali di artisti come i De Majno e i De Donati che hanno dato vita a figure sacre come quelle dell’altare di Santa Maria del Monte sopra Varese e di autori anonimi come “ Il Compianto” opera del 1420- 1430 circa del Duomo di Lodi. La mostra equilibrata, sobria, elegante nel suo allestimento con circa ottanta lavori esposti consente al visitatore i tempi giusti di raccoglimento per un’analisi attenta degli equilibri formali e coloristici del periodo e per poter apprezzare quella tecnica eccellente delle dorature a bolo armenico. Una maestosità di forme che consentono d’individuare i moti del pensiero e la grazia delle espressioni. Esempio toccante è la Madonna con bambino proveniente dall’altare maggiore della Chiesa di San Tomaso di via Broletto a Milano. Opera splendida che considero per grazia dei volti ed espressioni sublimi un’icona del trascendente. Colpiscono per realtà espressiva molte teste, una per tutte quella di “Nicodemo”, opera di Giovanni Angelo del Majno, figura lignea custodita nelle Civiche Raccolte d’Arte del Castello Sforzesco. La ricchezza espressiva dei molti volti e la ricchezza delle forme in tutte le grandi “Pietà” esposte coinvolgono il visitatore appassionato e sono opere provenienti anche dall’estero, da luoghi sacri e da collezioni private e in certi casi mai esposte in pubblico. Una grande occasione per i milanesi di poter avvicinare lo spirito artistico degli scultori del ducato degli Sforza dove essenzialità di forme, policromia tonale e stati d’animo di intenti sanno comunicare i valori dello spirito.
Milano 21 ottobre 2005 achille guzzardella
ATTENTI AL CANE
Questo é il titolo curioso della piccola mostra presente al Museo Archeologico di Milano e visibile fino al 31 maggio 2006. Ricca di immagini fotografiche e con pochi reperti sotto teca, l'esposizione vuole essere un' indicazione storica sugli esordi delle immagini pittoriche, scultoree e decorative del più fedele amico dell' uomo. Immagini ricorrenti nella pittura vascolare arcaica e classica e nelle lucerne e nelle monete più antiche. La mostra é corredata da un bel catalogo dove sono documentate le razze dei cani più antichi; dal famoso Pastore Afgano del quale l'origine risale a 4000 A.C., al cane da combattimento inglese Mastiff del 2300 A.C., fino ad arrivare al segugio della Gallia risalante al 100 A.C. Emerge tra i bronzetti esposti la figura di Molosso da guardia di produzione romana del secondo secolo dopo Cristo e appartenente alla collezione Trivulzio.
Milano - 18 ottobre 2005 - achille guzzardella
CARAVAGGIO E L’EUROPA
A PALAZZO REALE
Venerdì 14 ottobre all’inaugurazione della mostra a Palazzo Reale di Milano: ”Caravaggio e l’Europa” non sono rimasto molto colpito della lunga esposizione secentesca. Molti i quadri manierati. Alcuni sembravano disturbare il Caravaggio, unico eterno colosso del suo genere. Forse il più vicino al Grande Maestro per carattere e forza espressiva , diverso per alcuni versi e addirittura più forte per segno in certe tele è Jusepe De Ribeira. Dei suoi quadri esposti colpisce il suo San Paolo ( Trionfante), tutto d'un pezzo come una scultura. Con una espressione consapevole di se e della sua missione divina. Dell’artista spagnolo e napoletano d’adozione manca il San Gerolomo di Sgarbi, di mirabile fattura, come ho ricordato al critico politico, curatore della rassegna. Comunque la mostra è interessante e importante per la panoramica di pittori italiani e stranieri che hanno fatto seguito al Grande Merisi. Cito per passione: Orazio Gentileschi e Artemisia,Tanzio Da Varallo, il Vermigliio con la bellissima tela: “Incredulità di San Tommaso” e Mattia Preti. Sono rimasto perplesso nel visitare il proseguo della rassegna con la mostra dedicata agli anonimi. Spesso i quadri esposti disturbano i Grandi Maestri precedenti. Non so se Roberto Longhi, curatore della storica mostra sul ‘600 tenuta nello stesso Palazzo nel 1951 avrebbe approvato il ricco percorso o operato una selezionato con maggior fermezza e dato al Sommo Lombardo una cornice più scorrevole e appagante. Longhi allora riuscì a portare in mostra quasi cinquanta “ Caravaggio”.
Milano – 17 ottobre 2005 – achille guzzardella
ALIK CAVALIERE A PALAZZO FORTI
Ho rivisto i lavori di Alik all’inaugurazione della mostra antologica a Palazzo Forti di Verona. Alik, ritratto dal sottoscritto nel 1993, è tornato. I suoi lavori, sapienti composizioni scenografiche dove elemento primario è l’ironia, sanno suscitare nel visitatore stupore e curiosità. Ho rivisto con piacere Adriana Cavaliere, infaticabile sostenitrice dell’amato consorte. Ho rivisto Arturo Schwarz, ritratto in bronzo dal sottoscritto quest’anno. Ho conosciuto Giorgio Cortenova, direttore del Museo d’Arte Moderna veronese e artefice della complessa mostra. Mostra che si sviluppa in un ampio percorso dei periodi artistici più significativi e intriganti del nostro scultore installatore. Cito un’opera per tutte “La famiglia del Signor GB”, bronzo del1961, scultura melanconica che conserva ancora un calore narrativo. La mostra si può visitare fino al 29 gennaio 2006. Milano – 17 ottobre 2005 – achille guzzardella
Ho rivisto con piacere, questa estate, i quadri di Gianni Dova tuttora esposti alla Galleria Cafiso in via Solferino a Milano. Ben cento tele, più o meno della stessa misura, grandi quadri. Parlare di Dova mi è caro per il ricordo che ho della sua presenza. Lo vidi dipingere nel suo studio, lo andai a trovare più volte dopo avergli fatto il ritratto in creta e fuso in bronzo nel 1986. Lui scrisse di me poco tempo prima di passare a miglior vita nel 1992. Io ebbi modo di scrivere di Lui in varie occasioni. Gianni Dova era un uomo particolare, amava la vita e come tutti gli artisti era in perenne ricerca del suo io , di quell’io nascosto: aveva quell’ansietà del fare che ci accomuna e che tiene accesa la fiamma della creatività. Rivedere i suoi quadri è stato in un certo senso ritrovarlo. Quadri magici che si scoprono piano piano e vogliono comunicare il mistero della vita fatti di pennellate vibranti e turchine con colori chiari e scuri, freddi e caldi. Quadri che celano sempre un animale, un uccello, una forma, una dimensione segreta, un pensiero, un mistero. Ecco l’io di Dova.
Milano – 29 settembre 2005 - achille guzzardella
TREMEND’ART
2005
Il Cortile d’Onore di Palazzo Marino (piazza Scala, Milano) ospita la terza edizione di Tremend’Art. Opere di artisti del ’900 come Giovanni Fattori, Giuseppe Motti, Nino Caffè e Pietro Annigoni e contemporanei sono oggetto della della mostra d’arte e solidarietà promossa dalla Fondazione Exodus di Don Mazzi e patrocinata dalla Presidenza del Consiglio comunale di Milano.Don Mazzi, intervenuto all’inaugurazione ha dichiarato: “ Se è vero il detto che non c’è due senza tre,non potevamo non proporre la terza edizione di Tremend’Art, soprattutto dopo il successo di pubblico e di critica ottenuto nelle due edizioni precedenti. E quest’anno, in particolare, la mostra assumerà maggiore prestigio grazie alla tenacia dell’amico Vincenzo Giudice che ci ha permesso di poter usufruire di una location d’eccezione”. Nata tre anni fa da un’idea di un gruppo di artisti amici di Don Mazzi, Tremend’Art diventato un evento fisso del calendario di appuntamenti della città di Milano. Dal 30 settembre al 2 ottobre.
Milano – 29 settembre 2005 - ago
Milano – 28 settembre 2005 – achille guzzardella
THE
KEITH HARING SHOW
Dopo il grande successo ottenuto con “The Andy Warhol Show”, la Triennale di Milano e Chysler tornano a presentare una grande mostra di arte contemporanea. Quest’anno l’appuntamento si rinnova con “The Keith Haring Show”. Curata da Gianni Mercurio e Julia Gruen, la mostra si qualifica come una delle più grandi esposizioni retrospettive al mondo, sinora dedicata al grande artista americano e comprendente circa cento dipinti, quaranta disegni, numerose sculture e opere su carta di grande formato. Una vasta documentazione fotografica,circa 600 immagini, documenta il contesto in cui è nata e sviluppata la sua arte. Artista tra i più popolari dei nostri tempi, protagonista della vita newyorkese degli anni ’80, l’attività artistica di Haring si é manifestata nell’arco di un decennio (1980-1990). Con la sua vastissima opera, Keith Haring ha dato vita a un vero e proprio fenomeno sociale e mass-medialogico. L’esposizione milanese offre un quadro esaustivo della sua complessività del suo lavoro. Una mostra assolutamente da non perdere. La Tiennale di Milano, dal 28 settembre al 29 gennaio ’06, tutti i giorni dalle 10.30 all2 20.30 Intero 8 euro, informazioni: 02.724341, biglietteria: 02.7243208
Milano - La Triennale – 27 settembre 2005 - ago
ANDREA
DE VITIS: N-U-DE EXHBITION
Singolare esposizione dell’artista Andrea de Vitis, all’interno della Fiera, in occasione della settimana della moda. Come dice lo stesso artista:”Le stampe rappresentano l’esclusiva nell’immagine di un tessuto per una griffe e personalizzano i nostri oggetti. Il processo che porta alla scelta degli argomenti è legato aduna ricerca di movimenti culturali ed artistici e parte dall’ispirazione ad un quadro o un’immagine o semplicemente ad uno spirito. Gli artisti che mi hanno ispirato per le stampe esposte sono: Yves Klein, Alexander Calder, Carlo Zinelli, Henry Darger, Emmanuel Deriennic. Ho continuato il processo adattando con il mio gesto e l’interpretazione personale, che mi ha portato spesso a rivedere fiori e ricami presenti nei vecchi bauli di corredi delle nonne o mamme ed al confronto con il gusto più contemporaneo per le immagini digitali.”
Milano - Fiera Milano - ago
Ironica e carica di colore la mostra dell’austriaca Nelly Buhzie-Anwander in arte Petronilla (titolo anche dell’esposizione). Inaugurata in questi giorni alla Galleria ab-Origena di corso Monforte 34 a Milano. Pur risentendo delle opere della scultrice Niki de Saint Phalle e dei fumetti di Klaus Pobitzer, le figure di Petronilla si collocano sulla scia della Pop Art e godono di coerenza formale e vogliono rappresentare la giocosa ironia dell’autrice.Una mostra da vedere dove il visitatore non mancherà di sorridere e uscire dalla galleria con un po più di allegria. Milano – 17 settembre 2005 - achille guzzardella
AL MACEF 2005 LE NUOVE TENDENZE DELL’ABITARE
In Fiera Milano dal 2 al 5 settembre è di scena il Macef, manifestazione dedicata ai produttori e compratori dei prodotti per la casa. I 2.516 espositori di cui 1.996 italiani hanno a disposizione 112.000 mq per esporre articoli che vanno dagli oggetti per la cucina e la tavola alle decorazioni per la casa e il bagno, dai prodotti etnici e da regalo alla bigiotteria e ai preziosi. Tra le varie manifestazioni di Macef 2005 segnaliamo il progetto Tendenze del Living, esposizione organizzata in collaborazione con Future Concept Lab che raccoglie i prodotti più interessanti di questa manifestazione in termini di innovazione e tendenza. Sara’ cosi’ possibile conoscere, nell’area situata nel centro fieristico tra i padiglioni 10 e 23, le tendenze dell’abitare e visionare le novità delle aziende.Tendenze del Living è articolato in quattro aree. Di queste sottolineamo Hyperceptive, area dedicata alla ricerca dell’armonia con il proprio ambiente domestico e dell’edonismo e Storytelling dove si cerca il ricordo vitale del passato e la voglia di recuperare oggetti e memorie d’epoca.
Milano – 4 settembre 2005 - corrierebit.com
LLADRO’:
REGALI D’AFFARI
Azienda ai vertici per la creazione di opere d’arte in porcellana, ha estrapolato tra le sue collezioni le opere più in linea per affrontare il regalo d’impresa. Llardò ha deciso di impegnarsi nel settore business con una sezione dedicata. Il vastissimo catalogo ha permesso di scegliere i regali in porcellana più appropriati e importanti anche in un settore come quello del regalo d’affari, sempre in cerca di nuove idee e stimoli. Tra le molte proposte segnaliamo la collezione Pantere (Valore, Potere, Audacia), Humanitas ( Fraternità, Curiosità,Vita e Natura) e Knock On Wood (animali che simboleggiano la buona sorte). Per ulteriori informazioni: http://www.lladro.com/
Mostra sui materiali alla
Permanente
E’ visibile fino al 3
luglio 2005 la mostra che porta l’originale titolo :”Filoluce” alla
Permanente di Milano,inaugurata l’ 11 maggio scorso.Un excursus di ottanta
lavori di artisti che si sono cimentati con materiali alternativi: stoffe,
ricami, installazioni di luce, ecc. Le opere di maggior importanza dal
punto di vista storico e di linguaggio sono quelle di Balla,De Pero,Tinguely,Burri
e Fontana,Rauschemerg ,Beuys e Morris, Munari e Veronesi, Piero Manzoni e Remo
Bianco. In mostra anche installazioni più discutibili che hanno l’aspetto
della trovata e della ricerca fine a se stessa. Preferisco non citare gli
artisti in questione . Senza dubbio una mostra da vedere ,che incuriosisce,ben
allestita malgrado la difficoltà dovuta alla particolarità delle opere e la
varietà dei materiali e dei percorsi .Varie sono le opere che si potrebbero
menzionare,molti i lavori stucchevoli e inutili che certamente non rimarranno
nel tempo.Voglio qui sottolineare l’inutilità della installazione,e che come
modo di fare arte quest’ultima abbia fatto il suo tempo e sia cosa già morta
e finita.E’ tempo di tornare ai giusti modi “del fare “, è tempo che
l’uomo si riappropi della giusta logica ,del buon senso, del gusto , del
bello, di un’arte che comunichi sensazioni positive e che porti in se i giusti
valori dell’animo.Queste poche parole conclusive sperando nell’attenzione
dei giovani che intraprendono studi
artistici,e dell’attenzione anche della “giovane critica”.L’esposizione
è corredata da un ben catalogo,graficamente
riuscito.
Milano 28 Maggio 2005 achille guzzardella
Angelo Del Bon torna in mostra a Saronno
L'altro giorno ho rivisto alcuni quadri del pittore Angelo del Bon a Saronno al Centro Studi sul Chiarismo "Francesco de Rocchi". La figlia di quest'ultimo mi ha gentilmente invitato alla mostra.Esposizione ben curata e presentata dalla esaustiva Elena Pontiggia. Del Bon, morto a soli 54 anni. é forse da considerarsi il pittore più rappresentativo di quel chiarismo lombardo che tanto ha detto negli anni '30 e '40. Ispirato dalla grande lezione impressionista francese dal punto di vista dei toni; anche se la costruzione delle figure di del Bon e l'espressione dei volti recano con sé isegreti della pittura espressionista pur essendo intrisi di poesia esistenzialista come del resto la pittura dei compagni chiaristi: De Rocchi, Spilimbergo, De Amicis. La mostra sapientemente ordinata assume l'aspetto di piccola antologica. Del Bon pittore delicato ed incisivo fa ridestare nello spettatore sentimenti di grazia pur trasmettendo una velata inquetudine esistenziale come già detto. Una mostra che consiglio agli appassionati della bella pittura.La mostra inaugurata il 21 maggio,terminerà il 26 giugno in Villa Gianneti, via Roma 20 a Saronno.
Milano 24 maggio 2005 achille guzzardella
Picasso:
La seduzione del classico
(19 marzo-17 Luglio)
Nella splendida cornice di Villa Olmo sono in mostra centoventi opere, tra dipinti, disegni, arazzi, incisioni, linogravure, sculture e ceramiche, indagano l’esperienza giovanile figurativa del maestro spagnolo. Concesso un eccezionale prestito proveniente dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Les Abattoirs” di Toulouse: il monumentale sipario (13x8m) La deposizione del Minotauro in costume da Arlecchino. Dopo il grande successo di Mirò alchimista del segno il Comune di Como si misura con il genio indiscusso dell’arte mondiale del Novecento. L’esposizione dedicata a Picasso è stata organizzata dal Comune di Como in collaborazione con la Fondazione Cariplo, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, col patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero per l’Innovazione e la Tecnologia, della Regione Lombardia, della Provincia di Como, e col contributo della Camera di Commercio di Como e di Como Servizi Urbani. La rassegna è stata curata da Maria Lluïsa Borràs, Massimo Bignardi e Luigi Fioretta. L’importanza del progetto è testimoniata dal fatto che, dopo la tappa comasca, l’esposizione si trasferirà, in agosto, a Valencia e, in settembre, a Malaga, città natale di Picasso.Le opere testimoniano la straordinaria creatività di Picasso sin dagli esordi giovanili e la sua capacità di interpretare i materiali, dando loro una dimensione artistica di grande rilievo,come è possibile ammirare nella deposizione del Minotauro in costume da Arlecchino, eccezionalmente prestato dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Les Abattoirs” di Toulouse, la cui visione è consentita al pubblico solo sei mesi all’anno. Questo capolavoro venne realizzato dal maestro spagnolo nel 1936 per l’opera teatrale Quatorze-juillet di Romain Rolland, rappresentata al Théatre du Peuple il 14 luglio di quello stesso anno. Per informazioni 031/25 24 02 e 031/25 20 54
Giuliana De Antonellis
Palazzo Doria, a Loano,
ospita dal 26 marzo al 16 giugno 2005, le opere di uno dei più significativi
rappresentanti dell'astrattismo italiano contemporaneo. “La
voce silenziosa delle stelle” è il titolo della mostra antologica
curata da Claudio Cerritelli e Gian Pietro Menzani nell’ambito della quarta
edizione del progetto Arte a Palazzo Doria, promosso dall’Assessorato al
Turismo e alla Cultura del Comune di Loano. La mostra propone i grandi cicli di
opere che si concentrano sulla rappresentazione dello spazio-tempo. Cielo,
racconti celesti, percorsi stellari e traiettorie che conducono alle forze
cosmiche. Il tutto affidato alla sintesi assoluta delle forme geometriche
tracciate con segni grafici, con chiodi, corde e tessuti applicati al
truciolato.“La mostra, spiega il critico d’arte Claudio Cerritelli,
“permette di collegare in un unico percorso espositivo opere lontane nel
tempo, immagini scelte nell’arco degli ultimi decenni (1984-2004), segni
solari e notturni che agiscono nella dialettica avvincente del bianco e del
nero, con alcune magiche escursioni nella luce preziosa dell’oro e
dell’argento. Nella coscienza creativa di Valentini non è mai venuta meno la
convinzione che anche con la geometria si può fare poesia, e ciò si ritrova
nei cicli di opere che hanno costellato la ricerca di universi possibili, di
misure del cielo e della mente, di luoghi terrestri e di sconfinamenti cosmici.
Il viaggio nella geometria è un continuo esperimento della visione totale a cui
Valentini guarda come sintesi dello spazio e del tempo, categorie del pensiero
puro della pittura, misure simboliche di visioni concrete che accompagnano
l’evento dell’opera, dal progetto alla sua realizzazione. La mostra
“La voce silenziosa delle stelle” è accompagnata da una monografia, curata
da Claudio Cerritelli e Gian Pietro Menzani, che attraverso i testi critici di
Lucia Stranile Gioia, Victor De Circasia, Alberto Veca e una antologia di
riflessioni di Guido Ballo, Gillo Dorfles, Armando Ginesi e Sandro Parmiggiani
suggerisce un indirizzo di lettura dell’opera pittorica dell’artista.
dal comunicato stampa Giuliana de Antonellis
OTTANTA OPERE DI OTTANTA ARTISTI PER RAFFAELE DE GRADA
Ottanta opere di ottanta artisti italiani esposte allo spazio Hajech del liceo artistico di Brera dal 4 Marzo al 19 Aprile 2005 nella mostra dal titolo ”Un percorso tra arte e storia: Raffaele De Grada”. Questo è l’omaggio che hanno voluto fare alcuni ex allievi del famoso critico italiano quasi novantenne. Personalmente ricordo con vivo piacere le belle lezioni di Storia Dell’ Arte che Raffaele De Grada teneva all’Accademia quando io ero suo allievo, conservo ancora una quindicina di registrazioni di sue lezioni. Il suo grande interesse, oltre al periodo di “Corrente”del secolo passato, è stato per la pittura dell’Ottocento con particolare dedizione e amore per quella italiana. Questo traspariva dalle sue lezioni cariche di vita e certe volte di commozione. Si, De Grada si beava e si commuoveva parlando di molti artisti, anche di minori, si fa per dire, come il Sabatelli o il grande decoratore e stuccatore Giocondo Albertolli. Mi fa piacere menzionare l’aula gremita di studenti, Raffaele, Raffaellino per gli addetti, sapeva entusiasmare . Ma torniamo alla mostra, importante anche per gli artisti. E’ una vera occasione per vedere opere di sicuro livello. Opere di Maestri consolidati nella Storia dell’Arte,di artisti che ho avuto la fortuna di conoscere e a volte ritrarre in bronzo o in disegno come Peppino Migneco, Ernesto Treccani, Bruno Cassinari, Piero Gauli, Pino Ponti, Gabriele Mucchi, Aligi Sassu, Renato Guttuso,Gianni Dova,e opere di artisti ritratti più giovani dei precedenti : Giansisto Gasparini , Floriano Bodini e Giancarlo Cazzaniga e altri che ho solo conosciuto come Ennio Morlotti, Giacomo Manzu’, Sandro Cherchi, Domenico Purificato e Giò Pomodoro; e opere di esecuzione più recente di amici e colleghi come quella dello scomparso Carlo Filosa, o i disegni di Dimitri e Pietro Plescan o la scultura di Giovanni Conservo ,o il dipinto di Piero Leddi . Mi piace menzionare l’olio di Renato Birolli “Le due rive” del 1938, l’olio di Attilio Alfieri “La violinista” del 1934, l’olio di Aldo Carpi “Il nonno che balla con Anna” del 1950 e il bronzo di Genni Mucchi Wiegmann “Busto di ragazza” del 1947 e artisti come Motti e Platnner. Una curiosità: chi scrive espone ”Il Dubbio” un bronzo del 1980 mai in mostra prima di questa occasione . Alla qualificata mostra dove oltre agli artisti di un tempo, sono presenti artisti di oggi che meriterebbero una maggior attenzione da parte della critica, in un mercato italiano quasi inesistente e assente del panorama internazionale, fa cornice un bel catalogo sponsorizzato dalla Provincia di Milano e curato da Francesca Pensa, Renato Galbusera e dallo stesso Raffaele De Grada.
Milano 2 Aprile 2005 achille guzzardella
William Congdon al Diocesano
La prima mostra personale di arte contemporanea al Museo Diocesano di Milano si è inaugurata oggi 2 Marzo 2005 con le opere dell’americano William Congdon.Una scelta espositiva forse azzardata, trampolino di lancio per l’arte d’oggi al Diocesano,la scelta fatta con Congdon è stata positiva. Una mostra di sicuro impatto emotivo per un museo religioso di recente nascita ma, che cela lo spirito conservatore della Milano più esclusiva. La mostra di William Congdon (1912-1998) esponente del cosiddetto espressionismo astratto si adatta benissimo essendo i dipinti in esposizione a carattere religioso.La capacità emozionale coloristica e segnica di Congdon di descrivere ambienti, atmosfere, città,uomini con pennellate e spatolate di colore talvolta graffiato mette in luce il legame tra arte e spiritualità.Congdon ha percorso infatti un singolare cammino di conversione che, lo ha portato nel 1959 a battezzarsi ad Assisi.Nella mostra, la spiritualità dell’artista in questione è ben leggibile, dai quadri riguardanti le città italiane a quelle delle città estere, ai temi religiosi più espliciti come:”Pentecoste 4,1962” a “Immacolata,1964”(dei musei Vaticani),alla serie delle Crocifissioni degli anni sessanta e settanta fino alla “Trinità”del 1998 e “Tre alberi” del 1998.Tutti i novantuno quadri esposti e ben illustrati nel catalogo mostrano le caratteristiche abili e essenziali e coinvolgenti di William Congdon ma,voglio menzionare i dipinti che ho maggiormente apprezzato:”Venice 1950” proveniente da Santa Barbara in California, “Roma-Colosseum 2”,”Guatemala 6”del 1957 e “Guatemala 7” sempre del 1957,”Il Sepolcro” del 1974. Una mostra molto ben fatta nella sua semplicità di percorso che,desterà certamente vivo interesse e saprà stupire i visitatori attenti.Un plauso per la scelta fatta al Presidente della fondazione Sant’Ambrogio e del Museo Monsignor Crivelli , al Direttore Biscottini, ai curatori e a tutte le maestranze che si sono adoperate.La mostra visibile fino al 29 maggio 2005 è corredata anche da uno splendido video fatto all’artista poco prima della sua morte avvenuta il giorno del suo ottantaseiesimo compleanno.
Milano 2-3-2005 achille guzzardella
Annicinquanta
a Palazzo Reale
Sono affezionato agli anni
Cinquanta, il decennio in cui sono nato.Visitare la mostra annicinquanta oggi 3
marzo 2005 a Palazzo Reale di Milano, mi ha fatto tornare alla mente cose
lontane. Mi ha fatto piacere rivedere alcune immagini degli albori della TV
Italiana, ricordo il 1958 e il 1959, Mario
Riva, ed i tanti film di allora, il grande Vittorio De Sica e Marcello
Mastroianni, quest’ultimo conosciuto nei camerini del Carcano, negli anni
ottanta.Per non parlare della produzione del design degli architetti, uno per
tutti il Prof.Carlo De Carli che ricordo docente alla facoltà di Architettura
di Milano; le sculture e le pitture di quel tempo, Marino, Mirko, Fazzini e Manzù,
quest’ultimo conosciuto nel 1988 a Palazzo Reale e del grande scultore
conservo i suoi auguri, ed un filmato della Rai mentre ci incamminavamo verso il
Museo del Duomo. Della pittura informale, cito Gianni Dova del quale feci il
ritratto nel 1986 e con il quale ebbi larghi scambi di vedute; Dova è forse il
pittore del periodo informale a me più caro, sia per amicizia personale, sia
per esempio di artista.Ma veniamo alla Mostra, nel suo complesso interessante e
ricca di spunti. Senza dubbio gli anni cinquanta sono stati molto più
ricchi di quello che si vede nell’esposizione, ma come è possibile
documentare tanti anni! Le opere in mostra: dalla bicicletta Bianchi del 1954 al
modello in scala del transatlantico Andrea Doria per esempio, offrono momenti di
riflessione e di ricordo. L’Italia era agli albori del boom economico. Le
immagini di quel periodo che guardo con un tantino di invidia fanno trasparire
una società senza dubbio più seria, più semplice forse molto più creativa
dell’attuale. Un mostra desiderata anni fa da Guido Aghina, il primo Assessore
alla cultura che conobbi negli anni ottanta, una mostra di cui consiglio la
visita . I Milanesi proveranno certamente vivi ricordi e passione per un mondo
che non c’è più.
Milano, 03/03/2005 achille guzzardella
Cerano a Palazzo Reale
L’appassionato d’arte
uscirà dalla mostra inaugurata a Palazzo Reale di Milano il 23 febbraio 2005
sicuramente emozionato e maggiormente arricchito e
più consapevole della grandezza del Cerano (Giovan
BattistaCrespi-1573-1632). Senza dubbio “il maggiore e più emblematico
maestro Lombardo dell’ età di Federico Borromeo”,come lo definì Giovanni
Testori. Cerano segnò l’inizio del Seicento Lombardo e fu capofila per gli
artisti che tra Manierismo e Barocco furono artefici della pittura della Milano
del Borromeo.Non a caso sembra suggerire questo concetto il grandioso dipinto:
”Martirio delle Sante Rufina e Seconda”custodito a Brera;opera dipinta a tre
mani in successione dal Cerano, dal Morazzone e dal Procaccini e unica del
suo genere.La mostra è nella sua globalità tranne che per il dipinto sopra
menzionato a carattere monografico. Il
bel catalogo che illustra i molti
dipinti e disegni esposti dell’artista di Romagnano Sesia
morto a Milano è anche la sua più completa documentazione
storiografica.Alla mostra sono esposti dai primi quadri commissionati da Renato
Borromeo (del quale è esposto il ritratto)e di questi menziono
la tela dipinta nel 1592 “Visione di Cristo nell’orto”dipinta dal
Cerano a 19 anni, ai quadroni per il Duomo di Milano su San Carlo collocati
in uno dei saloni più
grandi del percorso espositivo dove
troneggia la grande tela :”San Carlo in Gloria”proveniente dalla chiesa
milanese di San Gottardo in Corte, e il suo bozzetto, per modo di dire , al
contrario, raffinatissimo dipinto nei minimi particolari
di collocazione permanente al Museo Diocesano di Milano,fino ad arrivare
allo splendido”Messa al Sepolcro”tela firmata del 1610 e ancora al “San
Francesco consolato dalla musica angelica”.Seguono poi tutti i dipinti forse
più mistici, le grandi tele con Cristo e i Santi,molti dei quali con San
Francesco e di queste sono di grande impatto visivo “Cristo crocifisso fra San
Giacomo minore,San Francesco e San
Filippo”del 1615 e “Resurrezione con Santa Scolastica ,San
Paolo,Sant’Ambrogio,San Benedetto, San Dalmazio e San Vittore”del 1626 e il
bel”Cristo morto e la Maddalena”del 1626 circa, dai toni più cupi e al
limite del monocromo, dove lo sguardo della Maddalena è intriso di Pietas .Si
rimane impressionati nella visita della mostra anche dai disegni .del
Cerano,dalla sua perizia ,dal suo realismo nel descrivere uomini, Santi,oggetti
quasi animati nella loro perfezione e l’amore e la grazia per gli animali come
testimoniano le tele pure “Putto con cane, pernice e gallo”della collezione
Gregori di Firenze,e”Natura morta con tartaruga,testa di capro e gallo
spennato”di provenienza milanese.Una completezza di stati d’animo,di
volti,di colori,di.scene come nei quadri(facenti parte un tempo della stessa
composizione) “Miracolo di Clementina Crivelli Arese” frammento del 1610 e
“La Carità”frammento ovviamente del 1610 che fanno forse di Giovan Battista
Crespi il maggior pittore, Caravaggio a parte, del seicento Lombardo.La mostra
visibile a Palazzo Reale di Milano fino al 5 Giugno 2005 è in memoria di Gian
Alberto Dell’Acqua.
Milano 25 febbraio 2005 achille guzzardella
Schifano da Marconi
Ho rivisto alcune opere di Mario Schifano degli anni '60 e pi precisamente quelle che si collocano all'interno della corrente artistica rispetto ad "una nuova oggettività" legata alla città al suo rapporto di superficie con l'uomo, con gli oggetti e le cose attraverso la mediazione dei mas media (film, fumetti, pubblicità,ecc.). Schifano in quegli anni capisce più di altri che l'artista può legarsi anche a questi strumenti e accettarli criticamente. Strumenti che saranno l'emblema della Pop Art degli U.S.A.. Lo studio Marconi ha riaperto i battenti delle sue "personali" il 9 febbraio con queste opere, scelte e selezionate in maniera accurata. I quadri ben 164 sono visibili fino al 26 marzo.Tutti dei primi anni '60; dai "monocromo" a quelli riguardanti la strada" e al nuovo paesaggio che fa parte del "pop". Di notevole interesse sono le grandi tele con tecniche a smalto come : "Central Park East, 1964", oppure "Incidente, 1963" o ancora "Con anima, 1963" o "Tutta Propaganda, 1963" o "Grande particolare di paesaggio italiano a colori, 1963" ecc.. Una mostra da vedere. Certamente la realtà della pittura di Mario Schifano pi interessante e pi avvincente.
Milano, 10 febbraio 2005 achille guzzardella
NOTE SULLA MOSTRA: MILANO ANNI '30 ALLO SPAZIO OBERDAN
Ho rivisto con piacere molti quadri e sculture degli artisti del '900 e di Corrente allo Spazio Oberdan di Milano. Ripercorrendo la mostra pi volte dalla sala centrale dove troneggiano le sculture di Messina, Martini e Marini, alle salette dei chiaristi Lilloni, De Rocchi e Del Bon e degli astrattisti, tra i quali Fontana e Melotti, Veronesi e Munari, fino ad arrivare ai figurativi Broggini e Manzu' a Birolli e al suo movimento di opposizione, e facendo i debiti confronti tra le opere Sironiane, di Carra', di De Grada e degli altri novecentisti con artisti conosciuti e ritratti da chi scrive quali Sassu,Treccani, Cassinari, Migneco, Gauli e Paganin e prescindendo dai due movimenti fondamentali del percorso artistico italiano del secolo scorso, e dalle loro motivazioni politiche diverse, quello che mi ha maggiormente colpito della mostra l'aspetto estetico, coloristico, pittorico di alcune tele. Devo dire che proprio alcune opere di "Corrente" sono quelle che mi hanno destato pi interesse in questa occasione. Badodi, Migneco e Gauli in maggior misura sembrano godere e trasmettere una voglia di ricerca e forza emozionale e sanno essere precursori dei vari movimenti europei come ad esempio quello dei Cobra preludendo alla libert pittorica di Appel e di Jorn. Traspare molto bene nei quadri di "Corrente" in Birolli, Badodi e Gauli soprattutto la lezione dell'ambiente culturale espressionista nordico e la pittura di Ensor in modo particolare. Raffinata e felice la piccola scultura di Giovanni Paganin che con la sua movenza in avanti sembra simboleggiare il passaggio da '900 a "Corrente".
Milano, 7 febbraio 2005, achille guzzardella
GENNAIO 2005
GUTTUSO A MILANO 2005
Rivedere i quadri di Guttuso all’inaugurazione della mostra delle opere della Fondazione F. Pellin alla galleria di Mazzotta in Foro Bonaparte a Milano mi ha riportato alla mente i due incontri avuti con il Maestro Siciliano. Il primo nel 1983 alla sua mostra da Bergami in via San Damiano, in quell'occasione abbiamo avuto un breve scambio di parole,(ne conservo una fotografia). Il secondo incontro, alla sua antologica di Palazzo Reale dove parlammo di un ritratto da farsi a Roma, ritratto tra l’altro mai realizzato. Conservo uno schizzo del noto pittore che feci di profilo e un suo biglietto di auguri. Nella mostra di ieri ho apprezzato la vivacità coloristica dei dipinti guttusiani, mi sono soffermato più a lungo davanti ai primi quadri ben costruiti con una pittura tonale figlia dei maestri del '900 e vicina a quelli di vari artisti che ho ritratto neglia nni '80 e '90 quali Gabriele Mucchi e Pino Ponti e molti di Corrente come: Sassu, Migneco, Cassinari e Treccani Gauli e Lanaro con i quali l'artista siciliano ha diviso gli anni giovanili. Mi sono trattenuto a lungo anche davanti ai quadri del secondo periodo della vita di Guttuso, "il secondo Guttuso", il Guttuso famoso dove la pittura diventa vivace, più libera, scenografica e di grandi tele dove la modella "ricca e famosa" è sempre presente con grandi sederoni in primo piano. In questa stagione artistica la pittura di Guttuso per libertà segnica e coloristica subisce qualche scivolamento compositivo al limite dell’illustrazione. Senza dubbio il primo Guttuso, pittoricamente impegnato nella ricerca della sua natura attraverso lo studio di cose e oggetti comuni e pure quello dei primi quadri di motivazione politico militante, é il Guttuso più interessante. Possiamo dire però che molte tele del secondo periodo sono un inno alla vita, ai suoi piaceri e alle sue licenziosità, e sanno incuriosire e dare carica vitale. Colpisce vedere gli ultimi quadri del grande colorista, quelli delle sciare di fuoco, dei paesaggi siciliani ai piedi dell’Etna. Il suo saluto alla vita è nei quadri dove si ritrae di spalle mentre si allontana per un viottolo della sua campagna di Bagheria. Sembra l'artista volersi immergersi nel destino dell’uomo, ritornare alla natura ai sacri valori della vita. La mostra è quindi assai completa offrendo al visitatore le varie realtà della pittura dell'artista che ha saputo vivere il suo tempo. Le opere saranno visibile fino al 6 marzo.
Milano 28 gennaio 2005 achille guzzardella
I “Paesaggi umani” di De Crescenzo
Alla Galleria Battaglia di via Ciovasso, a Milano, si è inaugurata ieri, 13 gennaio, una personale del pittore Alberto De Crescenzo. Poco più che quarantenne, milanese, De Crescenzo espone una quindicina di opere dipinte su tele trattate a gesso e acrilico, in modo che la pittura risulti di aspetto quasi “zigrinato”, tale da sfumare i contorni dei soggetti pur rendendoli compiutamente percettibili. De Crescenzo dipinge passanti, persone in attesa del metrò, giovani che si incontrano in un angolo della città, immersi in un paesaggio grigio di muri e marciapiedi di cui essi stessi fanno parte, pur emergendo nella loro unicità. Colte in una staticità fotografica, le “istantanee” di De Crescenzo rivelano tuttavia un dinamismo interiore: i passanti, le giovani donne che camminano, l’uomo che aspetta, sono in realtà figure pensose, e si intuisce che questa pensosità è la stessa dell’Autore, che riflette sugli sconosciuti che vede e incontra ogni giorno nel paesaggio metropolitano. Paesaggi umani, quindi, da cogliere, indagare, scoprire. (A.B.)
ARTICOLI CORRIEREBIT-TEATRO 2005
TEATRO NUOVO: “MAMBO Y SALSA…LA VOGLIA DI BALLARE” (dal 6 al 18 dic.)
E’ la storia di Norman ed Isabel un amore che finisce a causa dell’improvvisa passione per il ballo che sconvolge Isabel, che partirà e si trasferirà a Portorico attratta da questa isola tropicale, dalla sua musica e dal ritmo dei suoi abitanti. L’orchestra dal vivo, le voci di Michel Altieri e Mara Mazzei e le travolgenti salse con coreografie di Frassica e Alessandra Ferri garantiscono uno spettacolo da non perdere.
TEATRO PARENTI:
LA MARIA ZANELLA
Solo fino a domenica 11 sarà possibile ascoltare il monologo che Sergio Pierattini, autore teatrale nato a Sondrio nel ‘58, ha scritto per Maria Paiato, ex ragioniera di Rovigo, attrice quasi per caso: e quale attrice! Già segnalata e premiata dalla critica per alcune sue interpretazioni sia teatrali che cinematografiche, la Paiato riesce in un’ora a commuovere, a divertire, a impietosire, a far credere al pubblico di essere lei, sì, proprio lei, la Maria Zanella, che si dispera perché la sorella Luciana, dopo la morte della madre, l’ha convinta a vendere la casa del paese dove abitava da sempre. E lei non vuole tornare nell’istituto psichiatrico dove è stata ricoverata in passato, vuole andare in una stanza in affitto, vuole decidere della sua vita, lei che non ha mai potuto farlo, da quando, bambina di un anno, l’acqua nera del Po durante l’alluvione del ‘51 l’ha inghiottita e si è salvata per miracolo…Ma il Po l’ha segnata per sempre, come la riga nera sul muro della casa, che la sorella non riesce a scorgere e che lei invece vede benissimo. E sarà proprio sull’argine del Po che la sua storia infelice avrà una svolta tragica e senza ritorno. L’eccellente interpretazione di Maria Paiato è stata applaudita calorosamente nella sala del Franco Parenti, in via Cadolini. (A.B.)
TEATRO CARCANO:
FEDRA con
Ida Di Benedetto (dal 12 al
22 dicembre)
L’amore impossibile per il giovane Ippolito, il figlio di suo marito Teseo, si alimenta e cresce nel petto di Fedra. Le brucia dentro. Come il fuoco che trabocca dal cratere dell’Etna, effonde in un incontenibile angoscioso delirio. Seneca, con parole potenti, crudelmente, lucidamente, analizza questa dolcissima e spietata follia d’amore. Studia il “mostro” che è custodito dentro di noi e che si impossessa di noi e ci imbestia, se non impariamo, con la sapienza, a ricondurlo nella giusta sede della sua custodia, nel cieco labirinto del non detto, nel luogo dove il “mistero”, religiosamente, è conservato e mai svelato. Edoardo Sanguineti, con fedeltà creativa, “cita” il testo classico in uno spazio concreto che è qui, oggi, in un tempo immediato, in voci, in corpi attuali. La sua versione è un’opera autonoma di poesia contemporanea e conferisce a questa anatomia di una passione, l’asciutta modernità di un ragionare serrato eppure incandescente. Il furore di Fedra è anche furioso bisogno di conoscenza. L’irrazionale parossismo della follia è anche atto conoscitivo e razionale. Ida Di Benedetto, già trascinante protagonista di una Medea e di una Clitennestra non dimenticate, affronta il personaggio di Fedra con gli strumenti possenti e affilatissimi della sua indomita passione di interprete, limpida e consapevole nell’analisi, ma disposta a lasciarsi possedere dal personaggio senza filtri ulteriori. Lorenzo Salveti punta tutto sulla teatralità spoglia, assoluta, di questo implacabile dibattito di idee, che si nutre solo della parola e dell’energia che la sottende rendendola necessaria, indispensabile. Un allestimento moderno per questa “tragedia nuda” che affascinò gli elisabettiani e che ha attraversato i secoli contenendo in nuce l’idea tragica del teatro moderno. http://www.teatrocarcano.com/
TEATRO CARCANO: IL LAGO DEI CIGNI (31 dic. - 1 genn.)
Dopo
il grande successo ottenuto lo scorso anno con lo Schiaccianoci, torna al
Carcano il Balletto di Mosca-La Classique con uno dei balletti più
celebri ed amati. La compagnia, fondata da Alik Melikov nel 1990, è composta da
48 elementi e annovera tra le sue file danzatori di superba tecnica
classico-accademica provenienti dai maggiori teatri russi, tra i quali il
Bolshoi di Mosca e il Kirov di San Pietroburgo, da Kiev, Odessa e altre città.
In repertorio i più famosi titoli della tradizione tra i quali Giselle, Don
Chisciotte, La Bella addormentata, Cenerentola, applauditi in Italia e
all’estero nel corso di lunghe tournée internazionali. Una prima versione
ridotta del Lago era stata data al Bolshoi nel 1875 senza riscuotere
successo. Nel 1893 il coreografo Marius Petipa riprese in mano il balletto, il
secondo atto del quale venne dato nel 1894 al Marinski in una serata in memoria
di Ciaikovskij, scomparso l’anno precedente. L’anno successivo si ebbe
finalmente la versione completa e definitiva. In un favoloso castello si
festeggiano i ventun anni del principe Sigfrido che il giorno dopo dovrà
scegliere, nel corso di un ballo, la fidanzata.
Il principe e i suoi compagni decidono una battuta di caccia. In riva a
un lago Sigfrido mira a un gruppo di cigni che improvvisamente si trasforma in
fanciulle, fra le quali emerge la principessa Odette. Vittima di un sortilegio
del mago Rothbart, la giovane si trasforma ogni giorno in cigno per poi
riprendere le sue vere sembianze al calar della notte e solo l’uomo che la
amerà in eterna fedeltà potrà spezzare l’incantesimo. Il principe,
conquistato, le giura eterno amore. Nella sala del castello la regina madre e
Sigfrido accolgono le fanciulle candidate alla mano del principe, il quale danza
con loro ma ormai ha nel cuore Odette. La festa è interrotta dall’arrivo del
Cavaliere del Cigno Nero con la figlia, copia “in negativo” di Odette.
Ammaliato dalla seducente fanciulla, Sigfrido la sceglie fra tutte come
consorte, ma appena le giura eterno amore l’inganno è svelato: il cavaliere
non è altri che Rothbart con la figlia Odile e il destino della povera Odette
è segnato. Sulle rive del lago Odette è disperata. Sigfrido, sconvolto dal
dolore, la raggiunge implorando il suo perdono e sconfigge il malefico Rothbart.
L’incantesimo è spezzato: le fanciulle-cigno sono libere e l’amore trionfa.
Musica di Petr
I. Cajkovskij, Coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov
Primi ballerini: Vera Sharipova, Andrei Yapin, Eugenia Novikova, Anna Kostina
In anteprima mondiale debutta "NOGRAVITY" il nuovo, sorprendente, spettacolo-evento dedicato a tutti coloro che non soffrono di vertigini. Una novità assoluta. Tutto il fascino della magia in un show sospeso dove, grazie ad una sofisticata macchina teatrale, verranno stravolte le leggi della fisica. Il corpo umano sarà il protagonista di una nuova dimensione "verticale" dove i ballerini, all' interno di una grande scena cubica, si muoveranno tra effetti sorprendenti e dalla forza dirompente, accompagnando lo spettatore in una dimensione "senza gravità" dove la magia del volo diventa realtà. Nato dalla creatività di Emiliano Pellisari con le coreografie di Brian Sanders e il coordinamento musicale di Marco Iannelli, scritto da Raul Santiago NOGRAVITY è uno spettacolo da non perdere.
Milano - 30 novembre 2005 - agostino guzzardella
“Non ti pago” è una delle più divertenti e riuscite commedie di Eduardo De Filippo. Non molto rappresentata è andata in scena per la prima volta nel ’40 a Roma e fu interpretata dai due fratelli Eduardo e Peppino. Ottenne subito un gran successo. Oggi ad interpretare la figura di Ferdinando Quagliano, gestore di una ricevitoria del Lotto, è il figlio di Peppino, Luigi De Filippo, che porta avanti da oltre sessanta anni la tradizione di famiglia. Come asserisce il Direttore del Teatro San Babila, Gennaro D’Avanzo: “Don Ferdinando Quagliuolo è un personaggio ambiguo sempre sul limite incerto tra passione e ragione, fra buona fede e opportunismo, tra sogno e realtà. Uno fra i personaggi più paradossali ed originali del Teatro di Eduardo”. Il divertimento è assicurato.
Milano- 29 novembre 2005 - agostino guzzardella
Filo conduttore della commedia è il tema della Memoria vista come entità superiore che ci accompagna, ci guida, ci aiuta e ci rende in qualche modo unici. Tedeschi recita poesie, canta, ricorda la sua detenzione al campo di concentramento tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. Un viaggio nel teatro del ‘900 e dentro se stessi, una riflessione sulla Memoria come identità, come storia, ma anche documenti e memoriali di guerra, testi ironici, umoristici e canzoni. Uno spettacolo da non perdere, in programma fino al 4 dicembre.
TEATRO MANZONI: " CIO' CHE VIDE IL MAGGIORDOMO "
La comicità è protagonista al Teatro Manzoni con Zuzzurro e Gaspare, in scena dal 29 novembre all’8 gennaio con lo spettacolo ‘Ciò che vide il maggiordomo’ di Joe Orton. Di questa nuova avventura teatrale ci parla Andrea Brambilla, alias Zuzzurro, che della commedia è anche il regista.
Come
è nata l’idea di realizzare questo spettacolo?
“Quando
scelgo le commedie da mettere in scena la prima cosa che cerco è l’originalità
del testo. ‘Ciò che vide il maggiordomo’ è stata scritta 40 anni fa e
nonostante sia passato del tempo, conserva parte dello smalto e della causticità
degli esordi. Ci sono testi teatrali che superano brillantemente l’esame degli
anni che passano, come le commedie di Neil Simon e di Orton. Mi appassiono poi
allo studio del personaggi: questa volta interpreto il direttore di una clinica
psichiatrica che per una serie di circostanze si comporta da pazzo, ma non lo è
affatto. Nino Formicola (alias Gaspare) interpreta un personaggio più
realistico ma ugualmente esilarante”.
Quali
sono i progetti futuri di Andrea Brambilla?
“A
teatro porterò in scena il monologo di John Fante ‘Il mio cane stupido’.
Per il Comune di Premeno (Verbania) ho organizzato e sto coordinando, insieme a
mia moglie Pamela Aicardi, la prima edizione del concorso ‘Leo Wachter’ per
giovani scrittori teatrali. I partecipanti dovranno presentare una commedia,
quella che risulterà vincitrice sarà rappresentata a Verbania e nella prossima
stagione al Teatro Filodrammatici di
Milano, che ha collaborato a questa iniziativa”.
Rivedremo dunque ancora la
formidabile coppia Zuzzurro e Gaspare al Teatro Manzoni insieme agli attori
Orsetta De Rossi, Elena D’Urso, Renato Marchetti, Matteo Micheli
nell’ennesima prova di estro e creatività.
Milano - 22 novembre 2005 - Valeria Guidotti
TEATRO
PARENTI: IL TEATRANTE
(Der Theatermacher ) di Thomas Bernhard
Con quest’opera di poco più di vent’anni fa Paolo Graziosi conclude il suo “trittico” del teatro del Novecento per la stagione del Franco Parenti. Dal teatro dell’assurdo degli anni ’40-’50 dell’irlandese Beckett e del franco-rumeno Ionesco all’assurdo del teatro, si potrebbe dire, dell’austriaco Bernhard. L’autore – già rappresentato al Parenti lo scorso anno con Der Weltverbesserer, “Il riformatore del mondo”, grazie ad un eccellente Gianrico Tedeschi - pubblicò i suoi lavori teatrali più graffianti e impietosi negli anni ’70-’80, morendo nel 1989, a soli cinquantotto anni, di una grave cardiopatia.. Voce potente contro la politica austriaca del governo socialista di Bruno Kreisky, contro l’antisemitismo strisciante di una nazione che diede i natali ad Hitler, venne più volte accusato di diffamare il Paese con i sui lavori e dovette affrontare numerose querele e contestazioni: disgustato, giunse alla decisione di non accettare più premi letterari e non volle più, negli ultimi anni, che l’Austria partecipasse con le sue opere a festival culturali europei. Ne “Il teatrante”, in scena per la prima volta nel 1983, la denuncia è spietata. In un paesino austriaco, Utzbach, giunge una compagnia teatrale per rappresentare un lavoro dal titolo pretenzioso (“La ruota della storia”). L’attore protagonista-autore dell’opera è un megalomane, tale Bruscon, capocomico di un gruppo raffazzonato di attori incapaci (la moglie tossicchiante e due figli imbecilli). Apprestandosi a preparare il palcoscenico per la serata, in uno squallido locale tra polvere, ragnatele e un ritratto di Hitler ancora appeso al muro, Bruscon si lamenta continuamente con l’oste della locanda annessa e chiede insistentemente il permesso di spegnere le luci d’emergenza, ad un certo punto dello spettacolo (in riferimento a Der Ignorant und der Wahnsinnige, “L’ignorante e il pazzo”, opera che fu sospesa al Festival di Salisburgo del 1971 per una controversia proprio su tale questione). Il lavoro che si vuole rappresentare è in realtà vuoto di significato, pullulante di personaggi famosi, da Napoleone a Metternich, da Hitler a Churchill, che recitano in una trama folle e priva di senso, come priva di senso è proprio la storia stessa. E intorno vi è il disfacimento, la stupidità, l’odore nauseabondo dei maiali (e il porcile non è altro che la platea). Infine, quando il sipario sta per aprirsi, i fulmini di un fragoroso temporale fanno saltare la luce: la sala piomba nel buio, spettatori ed attori fuggono, tutto finisce prima di cominciare. In un’Austria conservatrice, dai rigurgiti nazisti - ma forse l’accusa si estende all’Europa intera - il teatro è dunque diventato decrepito, sudicio, ormai in sfacelo, perché non ha nulla da dire ad una massa di porci grufolanti: offrire cultura è come porgere margaritas ante porcos. La luce della ragione si è spenta. Il ”teatro nel teatro” porta il pubblico ad una sorta di dimensione schizofrenica: a quale spettacolo si sta in realtà assistendo? Si è in grado di cogliere la metafora di Bernhard oppure no? E sono proprio queste le domande che ci si deve porre oppure sono altre? Un plauso a Graziosi e al teatro Parenti che coraggiosamente portano in scena testi importanti del panorama culturale europeo della seconda metà del Novecento. Ottima la scelta di ambientare il lavoro nella sala del primo piano del capannone di via Tertulliano: Claus Peymann, regista “storico” di Bernhard, avrebbe certamente approvato. ( A.B.)
regia di Guglielmo Ferro con Massimo Dapporto da martedi' 22 novembre
Ne Il malato immaginario
ho sempre avuto la sensazione che Molière non fosse più interessato, come
nelle precedenti commedie, tanto alla coerenza e alla perfezione del teatro
quanto alla assoluta ricerca di libertà. Sganciare la scrittura dalle rigide
convenzioni della logica teatrale per seguire la fantasia e il cuore.
L’incanto del Malato sta proprio nella sua ricercata imperfezione,
nella sua inesattezza; i personaggi appaiono fugacemente in scena per uscirne
senza lasciare traccia come fossero inghiottiti nel nulla, accompagnati dalla
meravigliosa libertà di essere solo un momento, senza causa né effetto.Su
tutti la figura indecifrabile di Argante, uomo senza passato e senza futuro,
condannato a rimanere prigioniero del suo psicotico rifugio, circondato da
figure che forse lui stesso immagina o crea, nel bisogno assoluto di dissimulare
la paura reale. Non ci è dato sapere se tutto quello che vediamo sia vero
o sognato, e proprio in questo sta l’immaginazione del Malato, che
assume in sé le paure e le fobie di tutti noi, lo sgomento che ci provoca
l’ignoto, ovvero la vita.
Guglielmo Ferro
Dal dicembre 2005 al novembre 2006 lo spettacolo del Balletto alla Scala sarà articolato e ricco di belle scenografie e molti saranno debutti . Una interessante stagione per gli appassionati di quest’arte animata da vive sculture in movimento. I balletti in successine: “La Sjlphide” di Filippo Tagliolini; “The Cage” dall’omonimo di Federio Fellini e musiche di Nino Rota, “ Cenerentola” con coreografie di Ruolf Nureyev, “La Baiadére” di Patipa con coreografie di Natalia Makazova, “La serata Mozart” con diversi allestimenti, “Il pipistrello” di Roland Petit, e “La bella addormentata nel bosco” di Petipa e “I.A.Vsevolozkjj” e coreografie di R. Nureyev.
Milano – 8 novembre 2005 - achille guzzardella
TEATRO CARCANO: ENRICO IV ( dal 9 al 20 nov.)
Enrico IV può essere definito, per la mirabile unità tematica nella complessità della struttura, per l’ampiezza della vicenda storica rievocata e la molteplicità dei personaggi, per la straordinaria, virtuosistica ricchezza del linguaggio nell’alternarsi di prosa e poesia, il capolavoro di Shakespeare nell’ambito delle storie inglesi. Mai come in Enrico IV Shakespeare ha saputo fondere la multiforme ricchezza cromatica del chronicle play con la forza dinamica del dramma “marlowiano”, creando una realtà teatrale a un tempo molteplice e unitaria in cui un unico tema – l’allegoria morale dell’ascesa e caduta dei potenti – viene ripreso e modulato in chiavi diverse e messo a contrasto con il tema opposto e parallelo della caduta e del riscatto nei tre grandi protagonisti del dramma: re Enrico, Falstaff, l’immortale “prediletto della luna”, e l’amletico e istrionico principe di Galles, autentico elemento portante e centro focale dell’opera. La prima parte di Enrico IV inizia con la ribellione dei Percy e dei loro alleati e termina con la vittoria del re e di suo figlio Hal (futuro Enrico V) a Shresbury, nel 1403. In questa parte il principe Hal viene descritto come un giovane poco interessato alle cose dello Stato e dedito a una vita scapestrata e alla frequentazione di cattive compagnie: tra i suoi compagni emerge la figura di Falstaff, complice in imprese ladresche e truffaldine di ogni tipo. La seconda parte vede ancora le imprese di Falstaff, Pistol, Poins e di tutto il gruppo che, insieme al principe Hal, si riunisce nella taverna di madama Quickly. Falstaff, chiamato a reprimere la ribellione di Mowbray, Hastings e dell’arcivescovo Scroop, si rende colpevole di estorsione nei confronti del giudice Shallow. Quando il principe Hal, alla morte del padre, sale al trono, Falstaff pensa di ottenere grandi vantaggi ma il giovane re, totalmente trasformato dal nuovo ruolo, lo allontana da sé e lo fa imprigionare.
TEATRO PARENTI: LA
LEZIONE DI IONESCO
Un metronomo scandisce il tempo in modo ossessivo, in una stanza il cui arredo dà già la dimensione del “teatro dell’assurdo”: un tavolo e due sedie a misura di bambino, porte e finestre con tende che sembrano il cielo. In questa scenografia essenziale si svolge, al teatro “Franco Parenti”, il dramma comico, come lo definì lo stesso Ionesco, “La lezione”, scritto nel 1951. Un professore impartisce una lezione surreale ad una bella e vivace studentessa che vuole prepararsi all’esame di “dottorato totale”. Già le prime domande poste dall’insegnante per sondare le sue conoscenze sono incredibili: quali sono le quattro stagioni? (e la ragazza stenta a ricordare l’autunno!), di quale Stato è capitale Parigi? (e la risposta arriva, un po’ incerta, suscitando comunque l’entusiasmo del professore). Si parte con l’aritmetica: le prime addizioni sono corrette, ma sul concetto di sottrazione (quanto fa 4-1?) la giovane si blocca. E da questo momento tutto diventa assurdamente esilarante, con il professore che escogita svariate strategie didattiche che portano a risposte sempre più insensate. La ragazza dimostra tuttavia di saper calcolare subito risultati di moltiplicazioni folli, e dichiara di aver imparato a memoria i risultati di tutti i prodotti possibili: “Ma sono infiniti!” obietta l’uomo, e lei gorgheggia trionfante “Ma io ci sono riuscita!”. Neanche la trattazione della filologia linguistica, che ha come tema le lingue neospagnole, porta l’allieva a risultati confortanti, anzi, la ragazza perde via via la sua iniziale baldanza, mentre il professore comincia ad “usarla” come oggetto sessuale. E neppure il mal di denti da lei lamentato continuamente lo ferma, così come non era riuscita a dissuaderlo la governante Maria, la quale gli aveva preannunciato che l’aritmetica l’avrebbe irritato e la filologia l’avrebbe portato alla perdizione. Infatti il professore, in un crescendo di follia parossistica, arriverà ad uccidere l’allieva: e sarà la quarantesima vittima, ma probabilmente non l’ultima. Eugène Jonescu (Ionesco), rumeno di nascita e francese di adozione, morto nel 1994, debuttò come commediografo a quasi quarant’anni, nel 1950, affiancandosi a chi – come Beckett – criticava la società borghese dell’epoca, denunciandone la vuotezza intellettuale, l’ipocrisia, le false relazioni, il disagio esistenziale. Chiari sono i riferimenti all’analisi freudiana, all’idea della schizofrenia latente in ognuno di noi, al conflitto tra conscio e inconscio, al simbolismo dei numeri.
Bravissimo, come sempre, il “professore” Paolo Graziosi, che ha curato anche la regia. Elisabetta Arosio è la perfetta allieva svampita, mentre Rino Marino riesce bene a calarsi nella parte dell’ambigua governante. Si replica fino al 13 novembre. (A.B.)
TEATRO PARENTI: “PRIMO AMORE”
In un programma dalla dedica accattivante (Per Milano, per amore) s’inserisce bene uno spettacolo dal titolo apparentemente in sintonia: in realtà il lavoro di Samuel Beckett, scritto nel 1946 in sole due settimane e poi rimasto inedito per un quarto di secolo, non è affatto un inno ai sentimenti. Si tratta di un testo feroce, che ironizza spietatamente sulla morte, sull’amore, sulla vita stessa. Un monologo cinico, disincantato, folle e al contempo lucidissimo, di un vecchio ubriacone che rievoca il passato e il suo incontro, da giovane, con una donna, Lulù, anche lei ai margini della società. Vagabondo da anni perché cacciato di casa dai parenti, dopo la morte del padre, aveva trovato rifugio su una panchina, che in questo caso non simboleggia l’Attesa, vana (come in Aspettando Godot), bensì la Solitudine dell’uomo, il microcosmo in cui in realtà ognuno di noi finisce per vivere, appartato, protetto da un muro e da due alberi rinsecchiti, davanti ad un fiume che scorre, che è il fiume del tempo. E su questa panchina aveva finito per sedersi anche Lulù, disturbando il suo sonno e la sua quiete, tanto da costringerlo a trasferirsi in una stalla abbandonata, tra lo sterco secco delle vacche. E’ su questo nauseabondo letame che il giovane randagio traccia il nome della donna, accorgendosi di essersi – forse - innamorato di lei, suo malgrado. L’aspetta dunque di nuovo sulla panchina, lei torna e gli propone di vivere a casa sua, dove riceve i clienti: Lulù (che ad un certo punto il vecchio chiama Anna) non è altro che una prostituta. Lo spettatore viene calato brutalmente nelle scene, descritte da un linguaggio crudo, impietoso, dissacrante. L’immagine di “escremento” viene più volte ripresa, e pare che se ne diffonda perfino l’odore sgradevole. La vita ha aspetti disgustosi, l’amore non è altro che fetido mercimonio, la gente è ipocrita e indifferente. Quando la donna gli comunica di essere incinta, l’uomo le chiede di abortire e se ne va: neppure la nascita è simbolo di speranza. Paolo Graziosi è il magnifico interprete del monologo. (A.B.)
TEATRO VENTAGLIO NAZIONALE: "CUORE DI CANE" (dal 13 al 23 ottobre)
Tratto dal celebre racconto di Michael Bulgakov "Cuore di cane" scritto nel1926, lo spettacolo debutta in prima assoluta al Ventaglio Teatro Nazionale. L'opera é conosciuta in tutto il mondo come capolavoro della letteratura. Fu sequestrata dalla polizia sovietica perché giudicata pericola. Solamente nel1987 fu pubblicata sulla rivista Znamja. La storia narra di un esperimento scientifico fantastico che vede un celebre scienziato, nella Mosca post rivoluzionaria, trasformare un cane in un essere umano mediante trapianto di ghiandola. Oltre alla feroce critica della società sovietica del tempo,il racconto contiene una riflessione di grande attualità: la responsabilità della scienza nei confronti della vita. Il Musical "Cuore di cane" é un libero adattamento dal racconto di Michael Bulgakov in collaborazione con l'Accademia d'Arti e Mestieri dello Spettacolo - Teatro alla Scala e M.T.S. Musicali - the School. La regia é di Bruno Fornasari, le musiche di Roberto Negri, le coreografie sono di Stefano Bontempi, l'orchestra dal vivo é diretta da Andrès Villani. Milano - 10 ottobre 2005 - agostino guzzardella
TEATRO MANZONI: LA VISITA DELLA VECCHIA SIGNORA
La
storia che si racconta potrà sembrare triste ma non è così poiché continue
situazioni grottesche ottenute dalla mescolanza della commedia e della tragedia
danno allo spettatore la sensazione di entrare in un grande gioco; le canzoni
del coro e la musica hanno un ruolo importante e fanno da contorno a tutte le
azioni.
L'opera
è il ritratto di una vecchia ricchissima (Claire) che offre una cifra da
capogiro a chi ucciderà l'uomo (Alfredo III) che l'aveva sedotta all'età di
diciassette anni e, successivamente, abbandonata. Si presenta, prima dell'ora
prevista, alla stazione ferroviaria dove l'intero paese, saputo del suo arrivo,
era pronto ad accoglierla con striscioni, banda e cori e le personalità più in
vista del paese, quali il borgomastro, il parroco, il preside, il pittore,
ecc…, avevano preparato grandi discorsi di benvenuto.
Al
paese, ridotto oramai in miseria, la vecchia signora si presenta con un
abbigliamento di un gusto impossibile e sfarzoso, piena di collari di perle,
enormi bracciali, vistosissimi gioielli; porta con sé un nutrito seguito
composto dal maggiordomo Boby (forse ottantenne), il settimo marito, alto,
snello, baffi neri ed in perfetta tenuta da pesca e poi ancora Koby e Loby due
uomini piccoli, grassi, vecchi eunuchi ciechi, Toby e Roby due energumeni che
masticano gomme ed ex-gangster di Manhattan condannati alla sedia elettrica a
Sing-Sing, graziati su intercessione della vecchia signora la quale dirà in una
sua battuta «mi sono costati un milione di dollari per ogni intercessione».
Con il caos generale creatosi ha inizio la vendetta di Claire nei confronti di Alfredo III, il suo primo amore. Il danaro è alla base di tutte le azioni; nell'evolversi della storia, il sarcasmo si sostituisce alla serietà, la prepotenza alla gentilezza, l'opportunismo alla lealtà, la ricchezza alla povertà, la violenza alla persuasione, la vigliaccheria ai valori, la pusillanimità al coraggio, tutto questo per giungere ad un unico scopo ovvero la morte di Alfredo III che si lascia uccidere dai suoi compaesani convinto di non poter sfuggire al suo proprio destino di vittima sacrificale degli egoismi degli stessi. La vecchia signora paga il suo debito ai cittadini e riparte per Capri.Ed ecco che il benessere cresce nel paese discreto, non invadente ma sensibile. Tutti migliorano, non esistono più quartieri poveri ora è una cittadina moderna, economicamente prosperosa; il grigiore e lo squallore che prima avvolgevano il paese inoperoso si trasformano in un lieto fine ovvero nello splendore della tecnica e della ricchezza. Ed i cittadini felici si godono la felicità regalata dalla vecchia signora.
TEATRO SAN BABILA: " DUE SCAPOLI E UNA BIONDA " di Neil Simon
Il commediografo statunitense, autore di numerosi copioni ebbe, dopo il 1960, un grande successo sui palcoscenici di Broadway, evento senza precedenti per la quantità e la continuità delle sue opere. Centinaia furono le repliche a New York, molte commedie diventarono film e, tradotte, furono rappresentate anche in Europa.Simon sa divertire, e sa anche far trasparire quel senso di fragilità e solitudine dell’uomo contemporaneo, ma soprattutto è capace, con il suo “lieto fine”, di prendere per mano lo spettatore invitandolo a guardare al futuro con una punta di ottimismo. E battute di sicuro effetto comico le troviamo anche in questo lavoro teatrale dove l’ormai consolidata formazione attorale Oppini-Salerno-Terrinoni ci coinvolgerà nella brillante e avvincente favola che racconta di due amici progressisti, due scapoli che dividono lo stesso tetto collaborando entrambi ad una rivista indipendente: l’introverso Andy (Nini Salerno) e il vulcanico Norman (Franco Oppini). Irrompe nella loro vita, sconvolgendola politicamente e sentimentalmente, la bionda Sophie (Barbara Terrinoni), una ragazza americana molto carina ma dalla mentalità molto conservatrice. Da qui alle discussioni, alle gelosie sentimentali e… alle riappacificazioni finali il passo è breve! Gli ingredienti ci sono tutti per sorridere, gli episodi spassosi ritmati da battute esilaranti e accompagnati dalle puntuali e originali musiche di Patrizio Fariselli sottolineano ancora una volta l’elegante e umoristico stile di Neil Simon, assecondato dall’attento e divertito regista Benvenuti