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GENNAIO 2014 CENT’ANNI FA Il 20 marzo 1914 muore tragicamente, nell’incendio della propria casa a Napoli, sessantaquattrenne, Giuseppe Mercalli. Nato a Milano, allievo di Stoppani, aveva preso i voti nel 1872; due anni dopo conseguì la laurea in Scienze naturali. La sua passione per la geologia, e in particolare per la vulcanologia e la sismologia, lo portò prima a insegnare alle Università di Catania e di Napoli, poi ad assumere l’incarico di direttore dell’Osservatorio vesuviano. Ideò la scala sismica che porta il suo nome, che consente di valutare l’intensità di un terremoto sulla base dei danni osservati su edifici ed elementi del territorio. Inizialmente di dieci gradi, fu portata a undici dopo il terremoto di Messina del 1908 e infine a dodici, con il contributo anche dei geologi Cancani e Sieberg (scala MCS). Attualmente la forza di un sisma si misura preferenzialmente con la magnitudo Richter, dedotta dai sismogrammi. L’11 maggio dello stesso anno nasce a Varsavia Haroun Tazieff (1914-1998) che diventerà uno dei più esperti vulcanologi del mondo; trasferitosi bambino con la madre in Belgio, avendo perso il padre in guerra, diventa campione di rugby e di boxe e coltiva la sua passione scientifica, diventando prima ingegnere agronomo e poi ingegnere geologo. Durante un periodo trascorso in Congo per prospezioni minerarie, si interessa ai vulcani e comincia a dedicarsi con passione al loro studio. Docente universitario a Bruxelles, fonda nel 1957 il centro nazionale di vulcanologia. L’anno successivo è nominato direttore del laboratorio vulcanologico dell’Institut de Physique du Globe de Paris. Naturalizzato francese, viaggiò molto, esplorando zone vulcaniche, studiando le eruzioni dei principali vulcani attivi, di cui analizzava in particolare i gas prodotti. Divenne uno dei principali esperti nella valutazione del rischio vulcanico; fu anche uno dei principali sostenitori della teoria della Tettonica delle placche. Dalla geologia alla biologia: il 1914 registra la nascita anche di un premio Nobel per la Medicina, l’italiano Renato Dulbecco, nativo di Catanzaro, e del batteriologo e virologo statunitense Jonas Salk, scopritore del primo vaccino antipolio. Dulbecco fu compagno di università a Torino di Rita Levi Montalcini e di Salvador Luria (entrambi futuri Premi Nobel), che poi raggiunse, dopo il secondo conflitto mondiale, negli Stati Uniti, a Bloomington (Indiana); qui si dedicò allo studio dei virus raggiungendo importanti risultati. Trasferitosi su invito di Max Delbruck al Caltech di Pasadena, considerato il miglior istituto di biologia al mondo, divenne uno dei più validi ricercatori nel campo della virologia. Ed ecco che il destino di Dulbecco e quello del suo coetaneo Salk s’intrecciano: Dulbecco entra nel neonato Istituto fondato da Salk a La Jolla (San Diego), per la ricerca sui vaccini. Salk aveva scoperto nel 1955 un vaccino contro la terribile poliomielite, che mieteva molte vittime soprattutto tra i bambini. Aveva usato virus uccisi, e il vaccino aveva un’efficacia dell’80-90% circa. Fu salutato come un eroe e ricevette molti riconoscimenti; non volle arricchirsi con la sua scoperta, che fu poi in parte superata dal successivo vaccino di Sabin, ottenuto con virus attenuati, con un’efficacia vicina al 100%. Al Salk Institute Dulbecco scopre l’interazione tra virus oncogeni e cellule infettate; i virus lasciano parte del loro DNA nella cellula in cui sono entrati, e i geni virali stimolano la cellula a moltiplicarsi. Nel 1975, per questa ricerca, fu insignito del Premio Nobel. Tra il 1987 e il 2001 si dedica con successo, in Italia, al Progetto Genoma per il sequenziamento del DNA umano. Morirà nel 2012, due giorni prima del suo novantottesimo compleanno, a La Jolla, dove era morto, nel 1995, Jonas Salk. Milano, 14 gennaio 2014 Anna Busca OTTOBRE 2013 BRAIN, UNA MOSTRA INTERATTIVA Resterà aperta al Museo di Storia Naturale di Milano fino al 13 aprile 2014, unica in Italia, la mostra “Brain. Il cervello, istruzioni per l’uso”, un’esposizione a carattere divulgativo e interattivo che guida i visitatori di ogni età nell’affascinante esplorazione del cervello umano. Il curatore è Rob De Salle, della Divisione di Zoologia degli Invertebrati dell’America Museum of Natural History e l’adattamento italiano della mostra si deve a due docenti di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano. Entrando attraverso un’installazione di circa settecento chili di fili luminosi, estesi per una decina di metri, che simulano gli impulsi nervosi e le sinapsi, si passa attraverso diverse aree tematiche, dal cervello sensibile a quello emozionale, dal cervello pensante a quello mutevole; tra modelli di neuroni e di corteccia cerebrale, giochi di memoria, di spazialità e di parole, nonchè numerosi filmati, ci si addentra sempre più nelle scoperte recenti delle neuroscienze, fino a giungere al “cervello del futuro”, che sarà curato e mantenuto attivo con metodi e terapie innovative. In particolare le malattie degenerative e quelle psichiatriche sono attualmente oggetto di studio da parte di ricercatori di tutto il mondo: le tecniche di imaging tramite risonanza magnetica consentono agli scienziati di scoprire le aree coinvolte in funzioni specifiche e di indagare i danni del cervello. Per saperne di più: www.mostrabrain.it31 ottobre 2013 Anna Busca GENNAIO 2013 UN OMAGGIO A RITA LEVI MONTALCINI Il 30 dicembre 2012 si è spenta Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina del 1986. Nata a Torino il 22 aprile 1909 in un’agiata famiglia ebrea – i genitori erano l’ingegnere Adamo Levi e Adele Montalcini – fu donna dalla forte personalità fin alla più giovane età. Ventenne, si oppose alla richiesta paterna – a lei e alle sue sorelle Anna e Paola, sua gemella - di restare a casa senza proseguire gli studi, imposizione dettata dall’idea che una carriera professionale avrebbe interferito con i doveri di una moglie e di una madre. In otto mesi riuscì a colmare le sue lacune in greco, latino e matematica e si diplomò conseguendo la maturità classica. Si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino, dove ebbe come compagni di corso ed amici Salvador Luria e Renato Dulbecco (entrambi futuri Premi Nobel). Laureatasi nel 1936 summa cum laude iniziò la specializzazione in Neurologia e psichiatria. Era incerta se dedicarsi completamente alla professione di medico o continuare allo stesso tempo la ricerca di base in neurologia. Il “Manifesto per la difesa della Razza” del 1938, seguito dalle leggi antiebraiche, impediva carriere accademiche e professionali a chi non appartenesse alla “razza ariana”. La Levi Montalcini trascorse un breve periodo di studio a Bruxelles ma dovette rientrare a Torino alla vigilia dell’invasione nazista del Belgio, nella primavera del 1940. Non potendo lavorare all’università, il suo laboratorio di ricerca divenne una stanza della casa in cui viveva con la famiglia. Il prof. Giuseppe Levi, che era stato lo stimatissimo docente universitario di riferimento della Levi Montalcini, di Luria e Dulbecco, a sua volta ebreo e costretto a lasciare la cattedra, la raggiunse e le fece da assistente; continuarono così, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e in condizioni di grave disagio, a studiare lo sviluppo neurale degli embrioni di pollo. I bombardamenti del 1941 costrinsero la scienziata a lasciare Torino, trasferendo il minilaboratorio in una casa nelle campagne piemontesi. Nell’autunno del 1943 si rifugiò a Firenze; qui mantenne stretti contatti con amici e partigiani. Nell’agosto 1944 le forze angloamericane costrinsero i tedeschi a lasciare Firenze; la Levi Montalcini prestò la sua opera come medico presso i campi dei rifugiati di guerra, dove erano diffuse infezioni intestinali come il tifo, causa di elevata mortalità. Alla fine del conflitto tornò a Torino, riottenendo la sua posizione accademica all’Università. Nell’autunno del 1947 fu invitata dal prof. Viktor Hamburger a recarsi a Saint Louis, in Missouri, per proseguire gli studi sugli embrioni di pollo; qui divenne docente alla Washington University e rimase fino al 1977, contribuendo fin dal 1962 a ricerche in Italia, in particolare all’Istituto di Biologia Cellulare del CNR. La sua scoperta più importante risale agli anni Cinquanta, quando scoprì l’NGF (Nerve Growth Factor); studiando l’effetto del trapianto di frammenti di sarcoma 180 murino in embrioni di pollo di tre giorni, i ricercatori si accorsero che le fibre nervose sensitive provenienti dai gangli adiacenti dell’embrione erano cresciute raggiungendo il tumore (non le fibre motorie). Tali fibre non avevano creato sinapsi. La ricerca della Levi Montalcini mise in luce un effetto sulle fibre simpatiche, che crescevano al punto da entrare nei vasi embrionali, formando neuromi, tanto da occluderli. Tutta la catena gangliare del simpatico risultava enormemente accresciuta. I gangli finivano per essere anche sei volte più grandi dei gangli di controllo. Gli organi embrionali venivano innervati dal simpatico molto più di quanto avvenisse normalmente. Fu formulata l’ipotesi che questi effetti anomali fossero legati al rilascio da parte delle cellule tumorali di una sostanza solubile, in grado di diffondersi e di modificare la crescita delle fibre nervose. La Levi Montalcini si recò quindi a Rio de Janeiro dove, nell’istituto di Biofisica diretto dal prof. Carlos Chagas, potè compiere studi in vitro: cellule espiantate da un embrione di pollo di otto settimane, messe in un mezzo semisolido in prossimità (ma non a contatto) con cellule del sarcoma di topo 180 o 37, producevano in 24 ore un alone di fibre nervose di massima densità sul lato affacciato al tumore. Scoprirono però che lo stesso effetto, solo un po’ più blando, si otteneva con cellule normali di topo. Tornata a Saint Louis, la Levi Montalcini accolse nel suo gruppo di ricerca un giovane biochimico, Stanley Cohen, che si mise al lavoro per scoprire la natura della sostanza che portava a una crescita delle fibre. Isolò dai due tumori una frazione nucleoproteica e utilizzò su questa il veleno del serpente mocassino, che contiene una fosfodiesterasi, che idrolizza gli acidi nucleici, per capire se il fattore era una proteina (nel qual caso la crescita si sarebbe ottenuta ugualmente) o un acido nucleico ( l’effetto sarebbe cessato). Intorno ai gangli incubati in presenza della frazione tumorale trattata col veleno di serpente si creò un alone di fibre ad alta densità. Ma anche esponendo i gangli solo a minime dosi di veleno, senza frazioni di sarcoma, si aveva un denso alone di fibre! Il veleno stesso era dunque un potente induttore di crescita nervosa. Si isolò quindi una proteina del peso molecolare pari a circa 20000; iniettata negli embrioni di pollo, portava allo stesso effetto riscontrato con le frazioni di sarcoma. Anche nelle ghiandole salivari del topo, omologhe alle ghiandole del veleno del serpente, si trovò una proteina dagli effetti simili, dal peso di 44000, meno tossica per i mammiferi e reperibile in maggiori quantità. Nel 1986, insieme a Cohen, Rita Levi Montalcini ricevette il Premio Nobel “per la scoperta del fattore di crescita nervosa”. Nel 2002 è stato inaugurato a Roma un istituto di ricerca fortemente voluto dalla scienziata, l’EBRI (European Brain Research Institute): per conoscerne finalità, strutture, progetti, laboratori di ricerca e gruppi di lavoro, si può consultare www.fondazionebri.eu. Si può leggere il testo integrale della sua Nobel lecture dell’8 dicembre 1986 al Karolinska Institute di Stoccolma (“The Nerve Growth Factor: thirty-five years later”) all’indirizzo www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1986/levi- Montalcini-lecture.pdf oppure ascoltarla direttamente, in un video di 57 minuti nello stesso sito. Rita Levi Montalcini introduce il suo lavoro ringraziando e citando tutti coloro che hanno collaborato alle sue ricerche e affermando, con grande umiltà e umanità, che non si trattò da parte sua di “nessun merito, ma semplicemente di buona fortuna”. 12 gennaio 2013 Anna Busca ANNIVERSARI SCIENTIFICI Sul numero del luglio 1913 del Philosophical Magazine and Journal of Science, il ventottenne fisico danese Niels Bohr (1885-1962) pubblica un articolo dal titolo “On the Constitution of Atoms and Molecules”. E’ il primo di tre articoli (la cosiddetta “grande trilogia” del 1913, gli altri due saranno pubblicati a settembre e a novembre) che rivoluzioneranno l’idea di atomo. Partendo dal modello planetario di Ernest Rutherford, proposto due anni prima, Bohr applica la meccanica quantistica e sfrutta le recenti scoperte di Johann Balmer sulle righe di emissione dello spettro dell’idrogeno per affermare che gli elettroni si muovono intorno al nucleo atomico su orbite a energia quantizzata, a determinate distanze; possono compiere salti quantici su orbite esterne assorbendo pacchetti discreti di energia (stato atomico eccitato), per poi ricadere sull’orbita stazionaria di appartenenza emettendo un fotone avente la stessa energia assorbita, quindi una radiazione a determinata frequenza. Non si prevede quindi un continuo di orbite possibili, come sosteneva la fisica classica; si postula che l’elettrone nella sua orbita non perda energia; si deduce che le frequenze della luce emessa dall’atomo siano diverse dalle frequenze degli elettroni e del tutto indipendenti. Il modello di Bohr solleva un dibattito importante nella comunità scientifica dell’epoca, cui appartengono figure come Planck ed Einstein. Bohr sarà insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 1922 con la motivazione “per il suo contributo nella ricerca sulla struttura degli atomi e della radiazione da essi emanata”.Cent’anni prima, nel 1813, un’altra rivoluzione aveva scosso la chimica: lo svedese J. Jacob Berzelius(1779-1848) modifica la nomenclatura di elementi e composti introducendo simboli letterali per le formule. Sostenitore della teoria atomica formulata una decina d’anni prima da John Dalton, Berzelius aveva analizzato circa duecento composti; aveva proposto, per semplificarne la rappresentazione, di associare a ciascun elemento una o due lettere iniziali del suo nome latino o latinizzato, invece di usare simboli grafici di origine alchemica, che rendevano più complicata la lettura delle formule. Le opere di Berzelius, in particolare il suo “Trattato di Chimica”, furono tradotte dallo svedese in altre lingue europee; Stoccolma divenne “la Mecca della Chimica”, perché molti studiosi, nella prima metà dell’Ottocento, vi si recarono per perfezionarsi e approfondire la loro preparazione. Berzelius può senz’altro essere considerato, insieme a Lavoisier e Dalton, uno dei “padri” della Chimica moderna. Un altro anniversario da celebrare riguarda il DNA: sessant’anni fa, nel marzo del 1953, James Watson e Francis Crick presentavano alla comunità scientifica il modello a doppia elica. Watson era un biologo venticinquenne di Chicago appena laureatosi con Salvador Luria (la tesi verteva sull’effetto dei raggi X sulla moltiplicazione dei batteriofagi), all’Indiana University di Bloomington, Crick, trentasettenne, era un fisico inglese che si occupava di diffrazione ai raggi X di macromolecole biologiche. Entrambi furono insigniti del Premio Nobel per la Medicina nel 1962, insieme ad un altro ricercatore, Maurice Wilkins. Fu esclusa ingiustamente una ricercatrice, mortai in giovane età per un tumore, Rosalind Franklin, che con le sue immagini ottenute con tecniche diffrattometriche aveva fornito a Watson e Crick la chiave di lettura della struttura molecolare del DNA. D’altra parte, vogliamo ricordare che su circa duecento Premi Nobel assegnati per la Medicina fino ad oggi, solo una decina sono stati dati a donne? Tra queste, spicca un’unica italiana, Rita Levi Montalcini, scomparsa nei giorni scorsi. Molte ricercatrici in tutto il mondo hanno lavorato e lavorano tuttora nell’anonimato e i loro risultati servono per prestigiose pubblicazioni dei responsabili dei team di ricerca (generalmente uomini). Milano, 8 gennaio 2013 Anna Busca SETTEMBRE IL 2° PREMIO CEPPELLINI A MARIA NEW All’Istituto di Genetica Medica dell’Università di Torino, il 24 settembre, è stato consegnato, da parte del FIRMS (Fondazione Internazionale di Ricerca in Medicina Sperimentale), il 2° Ruggero Ceppellini Award alla statunitense Maria New (foto), di origini italiane, che ha tenuto un’interessante conferenza (“Update on congenital adrenal hyperplasia”) davanti a una folta platea di ricercatori e docenti. Ha introdotto l’illustre ricercatrice – cui due giorni prima era stata conferita la laurea honoris causa in Medicina, in occasione dell’inaugurazione del Campus Luigi Einaudi - il prof. Fabio Malavasi (foto). Pediatra endocrinologa al Mount Sinai Medical Center di New York, la New si occupa da decenni di iperplasia surrenale congenita (sindrome adrenogenitale), una malattia genetica autosomica recessiva che comporta l’ingrossamento delle ghiandole surrenali, che producono in eccesso ormoni maschili per mancanza di un enzima. Nel maschio gli effetti possono passare inosservati: a volte compare ipospadia o una posizione anomala dei genitali esterni, che tendono a essere più grossi del normale; si manifesta un precoce sviluppo fisico. Se il feto è femmina nasce in genere con genitali esterni gravemente malformati e simili a quelli di un maschio: il clitoride è ipertrofico e sembra un pene, si ha anche una sorta di sacco scrotale dovuto a ingrossamento delle grandi labbra, vagina e uretra possono confluire. Tali ambiguità comportano gravi problemi, anche psicologici e comportamentali, e spesso per risolverli si affrontano dolorosi interventi chirurgici mutilanti: infatti sesso genetico (presenza o assenza del cromosoma Y, quindi del gene SRY), sesso gonadico (ovaie e testicoli non sono influenzati), sesso genitale interno ed esterno, sesso riconosciuto alla nascita, sesso legale e ruolo sessuale dell’individuo finiscono per non corrispondere. Anche il comportamento infantile è in genere anomalo, a volte perfino nella scelta dei giocattoli (bambole invece di giochi maschili, per esempio). La crescita ossea è rallentata e la statura è generalmente bassa. L’enzima coinvolto nella maggioranza dei casi è la 21-idrossilasi, responsabile di una delle tappe che portano alla sintesi di cortisolo e aldosterone nel surrene(catalizza il passaggio dal 17-idrossiprogesterone a 11-deossicortisolo, precursore del cortisolo, e il passaggio da progesterone a deossicorticosterone, precursore dell’aldosterone); la sua deficienza, dovuta a mutazione del gene CYP21, sul braccio corto del cromosoma 6, che riguarda gli esoni 1 e 7, porta ad un accumulo di composti intermedi, tra cui il principale è proprio il 17-idrossiprogesterone. L’ipotalamo rileva l’assenza in circolo di cortisolo e induce l’ipofisi a secernere ACTH, o ormone adrenocorticotropo, che stimola le ghiandole surrenali ad iniziare le tappe di produzione di cortisolo a partire dal colesterolo; le ghiandole si ingrossano cercando di potenziare il processo ma non fanno altro che aumentare l’accumulo del 17-idrossiprogesterone. Da questa molecola si ha una deviazione della sintesi ormonale verso metaboliti che non richiedono la 21-idrossilasi: si sintetizzano quindi steroidi androgeni, quali il testosterone, che portano alla virilizzazione del feto femmina (pseudoermafroditismo), come nella forma detta “classica”, a esordio neonatale. Esiste anche una forma “non classica” ad insorgenza tardiva, con iperandrogenismo variabile e sintomi quali l’acne cistica e l’irsutismo, o addirittura asintomatica, scoperta solo con test ormonali e studi genetici. Le possibili mutazioni rilevate sono infatti più di cinquanta (soprattutto mutazioni puntiformi, ma anche piccole e grandi delezioni e inserzioni); una quindicina di esse, le più frequenti, sono dovute alla ricombinazione intergenica di DNA tra CYP21 e il suo omologo al 95% CYP21P (pseudogene). Il gene è localizzato sul locus del complesso d’istocompatibilità HLA (Human Leukocyte Antigens) del cromosoma 6. La mancata sintesi dell’aldosterone, necessario per il mantenimento dell’omeostasi del sodio, porta spesso a gravi forme cliniche caratterizzate da perdita di sali. Per i genitori a rischio è comunque possibile la diagnosi prenatale, analizzando il DNA embrionale estratto dai villi coriali o per amniocentesi; la tipizzazione HLA (studio degli aplotipi HLA) o l’analisi diretta del gene possono mostrare se il feto ha ereditato entrambe le copie del gene mutato. In questo caso, se il feto è femmina, si può intervenire prima della nascita con terapia farmacologica (è stato provato il dexametazone, un glucocorticoide), evitando la clitoromegalia e la virilizzazione. Dallo studio delle frequenze delle mutazioni è emersa una differenza tra popolazioni e gruppi etnici: gli Ebrei Ashkenazi presentano la maggiore frequenza degli eterozigoti per il gene CYP21 nella forma non classica; anche gli Eschimesi Yupik dell’Alaska occidentale hanno un’alta frequenza della mutazione. La forma classica compare con la frequenza di 1:10000/16000 nascite, la forma non classica in 1:1000. Parlando della tipizzazione HLA, la New ha ricordato che il lavoro di Ceppellini (foto), sicuramente uno dei fondatori dell’immunogenetica, è stato fondamentale anche per poter arrivare a queste tecniche diagnostiche; la genetica al servizio dell’endocrinologia è stata una grande conquista. Al termine della conferenza si è svolta una breve cerimonia di intitolazione dell’Istituto di Genetica Medica di via Santena a Ruggero Ceppellini, che qui, per circa trent’anni, fu docente e ricercatore d’eccellenza: insieme alla figlia di Ceppellini, Maria, e ai nipoti, ha avuto l’onore di scoprire la targa, con la dedica all’illustre bisnonno, il piccolo pronipote Pietro. Per approfondire la figura di Ruggero Ceppellini vedi www.liceoberchet.it/storia/CeppelliniRuggero1917-1988Milano, 25 settembre 2012 Anna Busca
GEOSWIM IN ADRIATICO Stefano Furlani, ricercatore del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, ha portato avanti in estate un interessante progetto, denominato Geoswim, avente come obiettivo il sopralluogo continuo della costa istriana, per acquisire dati sulla geomorfologia costiera nella zona intertidale (ossia la zona interessata dai fenomeni dell’alta e della bassa marea, particolarmente interessante anche dal punto di vista biologico). Avvalendosi della collaborazione con l’istituto Nautico di Trieste, la Riserva marina di Miramare, circoli culturali istriani, Stefano Furlani ha compiuto un’impresa eccezionale: partito il 2 luglio da Sišan, in Croazia,in prossimità della punta dell'Istria, ha percorso a nuoto circa 250 km, fino a Trieste, con due videocamere, di cui una a 50 cm sotto il pelo dell’acqua, un GPS e un profondimetro, montati su una sorta di piccolo canotto trainato dallo stesso Furlani. Ha così potuto filmare e ispezionare, in circa 26 tappe giornaliere, baie, promontori, piccole spiagge, rocce calcaree; l’analisi dei dati raccolti consentirà di valutare lo stato della costa, la sua erosione, la sua evoluzione futura. Furlani è stato accolto da una piccola folla plaudente sul molo di Trieste, quando è giunto, un po’ stanco ma felice, al termine della sua lunga esplorazione, il pomeriggio del 29 luglio. Milano, 4 settembre 2012 ANNA BUSCA
MAGGIO FASCINATION OF PLANTS DAY Il 18 maggio è stato celebrata la “Giornata mondiale del fascino delle piante”, a cura dell’EPSO (European Plants Science Organization), con lo scopo di diffondere le ultime conoscenze sul mondo vegetale e di sensibilizzare il maggior numero di persone all’importanza del ruolo rivestito dalle piante, non solo per l’agricoltura ma anche per tutti i preziosi prodotti non alimentari che ci sono ormai indispensabili (per saperne di più: www.plantday12.eu ). All’Università Statale di Milano ha tenuto un’interessante conferenza il professor Martin Kater, olandese, coordinatore dell’iniziativa e docente a Scienze Biomolecolari e Biotecnologie, sui meccanismi genetici della fioritura. Si stanno studiando da tempo i geni che presiedono alla fioritura delle piante, alla luce anche delle scoperte dell’epigenetica, usando in particolare l’Arabidopsis come organismo modello. Il ruolo della temperatura è fondamentale per l’inattivazione o l’attivazione di alcuni geni: il Flowering locus C (FLC), per esempio, è inattivato dal freddo, perché la cromatina a bassa temperatura condensa e impedisce la trascrizione genica. La manipolazione genetica di FLC cambia le condizioni di fioritura di una pianta, da estiva (summer annual) passa a invernale (winter annual). Per l’identità dei meristemi fiorali sono inoltre importanti i geni AP1 e CAL. Se mutano si può avere, per esempio, un accumulo di infiorescenze, come nel cavolfiore. Sono stati identificati quindi geni omeotici che controllano lo sviluppo degli organi fiorali: la loro contemporanea mutazione porta allo sviluppo di foglie, non di fiori (e questo dimostra, come era già stato intuito da molto tempo, che i fiori derivano da foglie). Sembra che tutte le Angiosperme si basino, per la fioritura, sui medesimi meccanismi genetici. Si arriverà, con le biotecnologie, a “programmare” fiori e tempi di fioritura, in funzione di un’agricoltura più efficiente alle diverse latitudini? Sembrerebbe proprio di sì. E scoperte molto interessanti e recenti riguardano anche il consumo di acqua da parte delle piante: un traguardo importante sarà ottenere, per esempio, piante di riso che non necessitino dell’allagamento della risaia. Per 1 kg di riso, attualmente, si consumano 3000 L di acqua; per 500 g di grano, 500 L; per 500 g di mais, 450 L ( e per ogni fetta di manzo di cui noi ci nutriamo, dobbiamo ricordare che sono stati consumati 4000-5000 L di acqua!) Tenendo quindi presente che il 21% dell’acqua consumata in agricoltura riguarda appunto la risicoltura, per la sommersione delle piante (il 12% il grano, il 9% il mais), si può comprendere come questi studi siano fondamentali per l’agricoltura nei Paesi interessati da siccità e per la salvaguardia delle risorse idriche dell’intero pianeta. Il fascino delle piante non è solo estetico, riguarda anche la Green economy e la nostra salute globale.25 maggio 2012, Anna Busca
MARZO IL BICENTENARIO DI QUIRICO FILOPANTI Il 20 aprile 1812 nasceva a Budrio, in provincia di Bologna, figlio di un falegname, Giuseppe Barilli. A soli ventidue anni si laureò in Matematica e Filosofia all’Università di Bologna, e tre anni dopo decise di assumere lo pseudonimo di Quirico Filopanti (”amore universale”), sotto il quale il Barilli divenne famoso, soprattutto come inventore dei fusi orari. Trentaseienne, fu nominato professore di Meccanica e Idraulica nello stesso ateneo. La lapide posta sul suo monumento nella piazza principale di Budrio ricorda la sua “mente enciclopedica” e lo definisce astronomo e matematico, segretario della repubblica, soldato e cospiratore per il popolo, deputato e tribuno: in effetti alla sua attività scientifica unì una non comune passione politica, d’ispirazione democratica, che lo portò ad essere più volte destituito dall’insegnamento, perfino esiliato, e lo condusse anche a combattere sul campo di battaglia, per cui venne considerato una sorta di “Socrate del Risorgimento”. Nel 1849, infatti, fu eletto nella Costituente romana, di cui fu segretario e autore del decreto di proclamazione della Repubblica; costretto a lasciare la cattedra, per sfuggire all’arresto, si trasferì negli Stati Uniti per un anno e mezzo e poi a Londra, dove si mantenne insegnando italiano. Nel 1860,tornato in patria, fu nominato docente ordinario di Meccanica all’Università di Bologna, ma si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà alla monarchia e fu nuovamente allontanato dall’insegnamento. Gli fu data tuttavia una nomina come docente straordinario di Meccanica applicata; un nuovo rifiuto di giurare per il Re gli valse un’altra destituzione, ma grazie alle proteste degli studenti, dai quali era amatissimo, ottenne la libera docenza. Negli stessi anni si occupò di questioni sociali e fu tra i fondatori della Società operaia di mutuo soccorso bolognese, occupandosi di assistenza ai lavoratori e sostenendo l’associazionismo operaio. Scoppiata la Terza Guerra d’Indipendenza si arruolò, ormai cinquantaquattrenne, restando ferito e meritando una medaglia al valore; prese parte nel 1867 alla spedizione garibaldina nel Lazio. Eletto deputato repubblicano più volte dal 1876, sedette tra i banchi dell’estrema sinistra fino alle elezioni del 1892. Morì a Bologna, poverissimo, all’Ospedale Maggiore, il 18 dicembre 1894, ammonendo che virtù sdegna fortuna. Uomo integerrimo, geniale scienziato, patriota coraggioso, nella Bologna di metà Ottocento era un personaggio stimato e molto ammirato. Lo stesso Carducci, che risponde a una lettera di Filopanti pubblicata il 9 dicembre 1869 su Il Popolo a commento del suo Inno a Satana, comparso sullo stesso giornale il giorno precedente, cita il suo ingegno, la sua virtù, “ la sua vita incontaminata spesa tutta per la libertà e per il bene”. La scelta stessa dello pseudonimo era un programma di vita. Molte le opere pubblicate, da Discorso sull’incivilimento (1837), al Trattato popolare di fisica (1846), a Miranda! a book of wonders (1858-60). E’ in questo lavoro che propone la suddivisione della Terra in ventiquattro fusi orari, con un meridiano “zero”, operazione resa necessaria dall’aumentata velocità delle comunicazioni - la prima linea ferroviaria era stata inaugurata nel 1830 in Inghilterra - e dall’inizio della “globalizzazione”, che richiedeva un computo del tempo pratico e ben organizzato. Fu però solo nel 1884, con l’International Meridian Conference, che il “tempo universale” e il sistema dei fusi orari furono utilizzati, a partire dagli Stati Uniti e poi via via in altri Paesi (l’Italia aderì alla convenzione solo nel 1893). Numerose le iniziative, a partire dal 15 marzo fino al 29 novembre, per commemorare Filopanti, a Budrio e a Bologna (“capitale della misura del tempo”). Per informazioni sugli incontri, le mostre, le celebrazioni e le conferenze: www.filopanti.bo. astro.it/eventi.hti 6 marzo 2012 Anna Busca GENNAIO
DICEMBRE 2012: ANNIVERSARI SCIENTIFICI Circa quattro mesi dopo la tragedia del Titanic – evento che sarà sicuramente oggetto di commemorazione ad aprile - nasce a Torino, il 13 agosto 1912, Salvatore Luria; di famiglia ebrea, studia al Liceo Massimo d’Azeglio e si laurea in Medicina all’Università di Torino. Si dedica alla Radiologia, specializzandosi a Roma, dove Enrico Fermi e il suo gruppo di via Panisperna stanno proprio lavorando sulle radiazioni nucleari. Costretto a fuggire in Francia dalle leggi antiebraiche del 1938, lavora all’Istituto Pasteur di Parigi fino all’invasione nazista del 1940; riesce a raggiungere Lisbona e a imbarcarsi per gli Stati Uniti. Grazie all’aiuto di Fermi, a New York trova appoggi per continuare la sua carriera di ricercatore e di docente nelle università americane, dedicandosi alla genetica batterica e allo studio dei fagi. Il primo studente a laurearsi con lui fu James Watson, che nel 1953, insieme a Francis Crick, scoprirà la struttura a doppia elica del DNA. Ottenuta la cittadinanza statunitense, cambierà il suo nome in Salvador Edward Luria, che avrà presto la fama di scienziato tra i più importanti del XX secolo. E’ infatti considerato uno dei fondatori della virologia e della genetica molecolare; a lui si deve la scoperta degli enzimi di restrizione – scoprì che ceppi di Escherichia coli potevano tagliare il DNA virale con enzimi specifici – e della casualità delle mutazioni batteriche: dimostrò che seguivano principi darwiniani e non lamarckiani e per questo esperimento ricevette il Premio Nobel per la Medicina nel 1969, insieme a Delbruck ed Hershey. Morì il 6 febbraio 1991. Mentre Luria era un bimbo di pochi mesi, destinato a onori e successi scientifici, a Cambridge moriva il secondo figlio di Charles Darwin, George (9 luglio 1845- 7 dicembre 1912): era stato un brillante studente di matematica al Trinity College, e qui aveva insegnato astronomia, dedicandosi soprattutto allo studio delle maree e del sistema Terra-Luna. E’ sua l’ipotesi dell’origine della Luna dalla Terra primordiale a seguito di effetti mareali dovuti all’attrazione gravitazionale del Sole e dei pianeti. L’ipotesi attuale, quella del cosiddetto impatto gigante, ha in un certo senso tenuto conto anche della teoria della fissione, per quanto rivisitata alla luce dell’idea che sia stata la collisione con un enorme asteroide a provocare la perdita di materia terrestre, che solo in parte avrebbe contribuito alla formazione della Luna. Negli stessi mesi del 1912 un altro professore di astronomia, ma soprattutto di meteorologia, stava per sconvolgere la geologia: si tratta del tedesco Alfred Wegener, che proprio in quell’epoca stava introducendo la sua teoria della deriva dei continenti; secondo le sue intuizioni, legate a considerazioni di natura paleogeografica, paleontologica, paleoclimatica, un unico supercontinente, la Pangea, si era frammentato negli attuali continenti, da interpretare come enormi zattere granitiche galleggianti su oceani di basalto. Le sue idee suscitarono un grande dibattito e, rivisitate e corrette, avrebbero portato, qualche decennio dopo, a formulare l’odierna teoria della Tettonica delle placche.
NOVEMBRE SCIENCE FOR PEACE A MILANO Si è conclusa oggi, all’Università Bocconi, la terza Conferenza Mondiale di Science for Peace, importante progetto della Fondazione Umberto Veronesi avente due grandi obiettivi: la diffusione di una cultura di pace e la riduzione delle spese militari a favore di investimenti nella ricerca e nello sviluppo. Tra i relatori, il Premio Nobel 2008 per la Medicina Harald zur Hausen, che ha parlato in particolare della necessità della prevenzione del carcinoma uterino – una tra le prime cause di mortalità femminile – tramite la vaccinazione precoce contro il papillomavirus. Anche Alberto Mantovani, docente di Patologia Generale presso l’Università degli Studi di Milano, haparlato di vaccini, per la mancanza dei quali muoiono ogni anno circa un milione di bambini. Le cause sono diarree, polmoniti, morbillo. Ci vogliono “ponti”, grandi e piccoli, tra noi e i Paesi in cui queste morti possono essere evitate, soprattutto l’Africa. Uno di questi “ponti” è un’associazione , la GAVI (Global Alliance for Vaccines and Immunization). E anche il progetto Dream della comunità di Sant’Egidio, come ha riferito il prof. Leonardo Palombi, docente di Epidemiologia a Roma, si occupa di diffondere in Africa subsahariana la cultura sanitaria e le terapie contro l’AIDS, per esempio. Curare gli altri e i figli degli altri è esattamente l’opposto di una guerra. E, come dice Veronesi, “nessuna guerra potrà mai fermare la speranza”. www.scienceforpeace.it19 novembre 2011, Anna Busca
OTTOBRE IL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA
SETTEMBRE LA MENTE, ESSENZA DELL’UMANITA’
GIUGNO IL CASO DELL’ ESCHERICHIA COLI Il nome di questo batterio deriva dal suo scopritore, il tedesco Theodor vonEscherich (1857-1911), che inizialmente l’aveva battezzato Bacterium coli commune: si tratta di un enterobatterio a forma di bastoncino, anaerobio facoltativo, ospite abituale dell’intestino dei vertebrati, uno dei membri più importanti della flora batterica intestinale umana. Come gli altri enterobatteri è Gram negativo, ossia viene decolorato da un solvente organico se prima è stato colorato col cristal violetto (i Gram positivi invece non si decolorano e restano di colore viola). Fu Christian Gram, nel 1884, a scoprire che i batteri potevano essere differenziati in base a questo comportamento, legato alla diversa composizione chimica della parete. Dopo la decolorazione i Gram negativi possono essere colorati nuovamente con la safranina, che conferisce al citoplasma un colore rosso. Ecco perché le cellule di E.coli fotografate risultano spesso rosse. Esistono diversi ceppi patogeni, enterotossinogeni, enteroemorragici, enteroinvasivi. Il serbatoio di E.colisono principalmente i ruminanti e la contaminazione fecale di alimenti (in particolare carne macinata poco cotta e latticini) causa l’infezione. Solo raramente vengono contaminate le verdure, questo accade se si utilizzano come fertilizzanti liquami di allevamenti di bovini o ovini e le verdure o gli ortaggi non vengono lavate accuratamente prima di essere consumate. Il ceppo isolato nelle scorse settimane in Germania porta come sierogruppo la sigla O104 ed è enteroemorragico, produttore di verocitotossina o shigatossina (ceppo VTEC): uno dei primi sintomi dell’infezione è la colite emorragica, che si manifesta sotto forma di una diarrea persistente mista a sangue accompagnata da forti dolori addominali. La shigatossina è un’esotossina prodotta fondamentalmente da un altro enterobatterio patogeno, la Shigelladysenteriae (scoperta nel 1898 dal giapponese KyioshiShiga). Tale tossina è prodotta in realtà da geni non batterici ma bensì di origine virale: sono infatti batteriofagi che infettano le cellule batteriche a conferire loro la capacità di sintetizzarla (fenomeno della trasduzione), e pare che l’utilizzo degli antibiotici incrementi la possibilità di replicazione di tali virus. Inoltre esiste la possibilità di una coniugazione batterica tra cellule di E.coli e di Shigella, con formazione di ibridi. Anche l’E.coli è dunque in grado di liberare la temibile tossina.Il “batterio killer”, come è stato chiamato, ha ucciso finora una trentina di persone, perché la complicanza più grave, che può essere letale, è la sindrome emolitico uremica (SEU); quest’ultimapuò avere diverse cause ein genere colpisce bambini di età inferiore ai cinque anni, portandoli all’insufficienza renale acuta. Il 65% dei pazienti tedeschi risultano invecedonne adulte, residenti nella Germania settentrionale. Le ricerche microbiologiche hanno evidenziato la presenza di bacilli del ceppo VTEC O104 su germogli di sojaprodotti da un’azienda agricola tedesca (dopo numerosi falsi allarmi che hanno provocato danni economici a diversi produttori ortofrutticoli europei). L’origine della contaminazione resta comunque piuttosto oscura: pare che siano state trovate tracce di tali batteri anche in un corso d’acqua. Occorrerebbe trovare l’allevamento i cui liquami residui, contenenti il ceppo di E.coli isolato, presumibilmente sono stati usati come fertilizzanti delle colture. Ma perché la shigatossina può essere letale? La molecola, una volta penetrata nel citoplasma, blocca la sintesi proteica della cellula in fase di traduzione, agendo sull’RNA ribosomale e impedendo l’attacco dell’amminoacil-RNA transfer nel sito A del ribosoma. Agendo sulle cellule epiteliali ed endoteliali, provoca lesioni, trombi, occlusioni di vasi, che a loro volta provocano danni meccanici ai globuli rossi e quindi anemia grave. Anche i vasi cerebrali possono essere danneggiati. Per il momento non esistono farmaci in grado di contrastare efficacemente l’azione della tossina.21 giugno 2011 Anna Busca APRILE Al
Liceo Berchet di Milano, grazie alla collaborazione della Fondazione
Filippo Buonarroti e del Museo di Storia Naturale, Edoardo Boncinelli ha
incontrato stamane gli studenti degli ultimi anni per parlare di
evoluzione, che è forse “l’unico concetto fondante della biologia,
l’unico suo elemento unificatore”. Boncinelli, fisico
di formazione, si è dedicato dagli anni ’60 alla biologia molecolare,
raggiungendo risultati importantissimi nello studio e nell’isolamento
dei cosiddetti “geni architetto” e diventando genetista di chiara
fama. Attualmente insegna alla Facoltà di Filosofia
dell’Università “Vita e Salute” del San Raffaele di Milano. Ottimo
divulgatore, ha scritto decine di testi (fra gli ultimi, “Lettera a un
bambino che vivrà 100 anni”, ed. Rizzoli), mirati a coinvolgere il
grande pubblico, in genere poco o per nulla informato circa le nuove
acquisizioni della genetica e delle biotecnologie. E molta ignoranza
emerge tutt’oggi sull’argomento “evoluzione”, come per la
meccanica quantistica o le teorie relativistiche, teorie accomunate dal
fatto di non essere intuitive. La difficoltà nell’accettare l’idea di
evoluzione è stata, ed è tuttora, grande: si tratta di un
cambiamento epistemologico che richiede anche la capacità di pensare a un
deep time – espressione darwiniana – del nostro pianeta, ossia a
un’età non dell’ordine di migliaia di anni, ma di miliardi di anni,
in realtà un tempo inconcepibile. Il problema evolutivo si fonda inoltre
su tre domande essenziali, le prime due nate da considerazioni oggettive,
l’ultima invece legata a una visione antropocentrica, quindi soggettiva,
che sono: 1) perché sulla Terra esistono più di 10 milioni di specie
viventi? 2) perché la vita è possibile quasi ovunque sul nostro pianeta,
anche in ambienti estremi? 3) perché le specie sono adatte all’ambiente
in cui vivono? In realtà l’adattamento è una nostra interpretazione,
una nostra visione del vivente, per la quale consideriamo adatta la coda
del castoro o la lingua del formichiere. I fossili ci dicono che in
passato il panorama biologico era differente da quello attuale; sappiamo
inoltre che tra specie diverse possono esserci somiglianze; già nel
‘600 studi di anatomia comparata mettevano in evidenza strutture simili
in animali diversi, ma una spiegazione evolutiva non è mai emersa in
quell’epoca. Successivamente la consapevolezza della variabilità
dei caratteri in una specie e della possibilità di agire su questa con la
selezione artificiale, davvero potentissima – ricordiamo che a metà
dell’Ottocento esistevano, per esempio, più di sessanta varietà
diverse di piccioni viaggiatori, ottenute negli allevamenti con tecniche
selettive – contribuirono alle idee portate poi avanti da Darwin e
tuttora condivisibili, anche se rivisitate. La selezione naturale,
osservabile a posteriori, agisce sulle mutazioni, variazioni
ineliminabili e casuali. Tutte le specie odierne derivano da uno
stesso gruppo primitivo di organismi, comparsi 3,8 miliardi di anni fa.
L’espressione “selezione naturale” per i contemporanei di Darwin
sembrava un ossimoro; anche il concetto di fitness, che corrisponde a una
diversa prolificità degli organismi, è stato spesso equivocato. La
difficoltà nel comprendere i termini della teoria (la stessa parola
“evoluzione” da molti è intesa come “progresso”, e invece è un
processo senza direzione né finalità) permane ancora oggi, nonostante le
innumerevoli prove fornite dalla genetica e dalla biologia molecolare,
tanto che tra persone di cultura media è perfino diffuso un certo neolamarckismo.
E, accanto a critiche scientifiche alla teoria – come il neutralismo di
Kimura e il saltazionismo di Gould – ecco emergere critiche non
scientifiche: l’intelligent design (“progetto intelligente”, o forse
semplicemente intelligibile ) non è altro che una versione del
creazionismo, e negli Stati Uniti,dove la polemica evoluzionismo/antievoluzionismo
è accesa, vi sono richieste di insegnamento creazionista nelle scuole.
E’ da sottolineare invece che l’evoluzione biologica si conferma oggi
un edificio solidissimo. Negli anni ’80, per esempio, la scoperta dei
geni architetto, responsabili di “decisioni fondamentali” per lo
sviluppo dell’organismo, le cui mutazioni portano quindi a notevolissimi
cambiamenti in breve tempo, è stata uno dei passi più importanti a
sostegno dell'evoluzione. “La teoria evolutiva non spiega
tutto, ma quello che può spiegare è spiegato molto bene – conclude
Boncinelli – Questa è la differenza tra scienza e pseudoscienza: per
quest’ultima, se non si sa una cosa, la si inventa”.
Il terremoto in Giappone dell’11 marzo scorso, il conseguente devastante tsunami e il disastro nucleare di Fukushima sono stati una catena spaventosa di eventi destinati a lasciare il segno, non solo fisicamente sul territorio devastato, sulla popolazione coinvolta e sull’ambiente contaminato, ma anche sulla nostra generale percezione e comprensione dei fenomeni naturali intrecciati all’effetto antropico. Un’immediata ricaduta è stata la riflessione che si è riaccesa sul tema dell’energia nucleare. Le centrali di nuova generazione sono davvero più sicure di quella di Fukushima? L’Italia è un Paese ad alto rischio sismico, siamo certi che sia conveniente costruirle? Si approssima un nuovo referendum sul nucleare, è passato quasi un quarto di secolo da quello del 1987 che vide la maggioranza degli Italiani – il disastro di Chernobyl era avvenuto l’anno prima, la memoria era dunque recente - schierarsi contro le centrali. Il dilemma sull’energia nucleare è ora ancora più complesso: da un lato ne avremmo bisogno (la compriamo comunque, ad alti costi, dalla Francia e dalla Svizzera, per esempio, che possiedono centrali vicino ai nostri confini, e le prospettive per i prossimi anni non sono confortanti, visto il consumo di petrolio destinato all’esaurimento), e la nostra economia subisce danni soprattutto per il cronico deficit energetico, ma dall’altro i problemi irrisolti sono tanti. Dove costruire le centrali? Come smaltire le scorie radioattive? Come impedire profitti e traffici illeciti (un mercato appetibile per la criminalità organizzata)? L’investimento nelle energie rinnovabili potrebbe essere un’alternativa, ma i rendimenti non sono paragonabili, e i controlli sulla costruzione di impianti e sul loro utilizzo (basti pensare ai parchi eolici del Sud, spesso “cattedrali nel deserto” che hanno risucchiato montagne di soldi) non è stato finora né rigoroso né efficace. Quindi i dibattiti e gli interventi di esperti si susseguiranno certamente nelle prossime settimane, pro o contro il nucleare. Nel frattempo, l’oceano Pacifico continua a ricevere acqua radioattiva da Fukushima. Le stime sui danni, sia nel tempo che nello spazio, sono difficili, anzi, l’aggettivo preferito in questi giorni è “imprevedibili”, come imprevedibile resta sempre l’evento sismico, per quanto atteso. Il Giappone è stretto in una vera e propria morsa tra la placca pacifica, quella euroasiatica e altre microplacche vicine; anche le Filippine e l’Indonesia vivono situazioni geologiche simili. E l’Italia? Al confine tra la placca africana e quella euroasiatica, stretta ulteriormente da microplacche, è destinata a subire anch’essa terremoti ed eruzioni vulcaniche (ricordiamo che il vulcano più pericoloso del mondo è considerato il Vesuvio, data la densità di popolazione che abita alle sue falde). Non potendo prevedere il giorno in cui si verificherà un evento che potrebbe essere catastrofico –né la previsione deterministica né quella statistica lo consentono - occorre essere consapevoli dei rischi per attuare una corretta “prevenzione” (costruzione di edifici antisismici, controlli periodici, piani di evacuazione verificati da esercitazioni regolari, educazione della cittadinanza). E per decidere sul futuro energetico del nostro Paese, è necessario documentarsi, leggere dati, proiezioni, relazioni, ascoltare esperti, valutare con attenzione tutti gli aspetti della questione. Altrimenti un sentimento di “neocatastrofismo” potrebbe prevalere sull’approccio razionale al problema. Milano, 09/04/2011 Anna Busca GENNAIO Al Museo di
Storia naturale di Milano partono interessanti iniziative legate
all'anniversario darwiniano: il 1° febbraio, alle 17.15, parleranno
Francesco Cavalli Sforza
e Gianguido Manzelli sul tema "Tutti parenti, tutti differenti.
Migrazione ed evoluzione umana". Gli aspetti scientifici-biologici
correlati all'evoluzione del linguaggio saranno oggetto di discussione e
dibattito. Seguirà un ciclo di incontri e conferenze nei giorni 11-12-13
febbraio – in streaming sul sito www.scienzainrete.it
– dedicati alle esplorazioni geografiche e naturalistiche. Si
ripercorreranno grandi viaggi di esplorazione compiuti tra il XVIII e il
XIX secolo, insieme a paleontologi, ecologi, naturalisti, biologi
molecolari, con l'intervento di esploratori dei nostri giorni. Sarà
presentato anche in anteprima un grande progetto espositivo internazionale
dedicato all'evoluzione della diversità umana, che sarà inaugurato a
Roma nel prossimo autunno. Per il calendario degli eventi e il programma
completo: www.comune.milano.it/museostorianaturale,
www.centrofilippobuonarroti.com,
www.pikaia.eu. Milano, 29 gennaio 2011 A.B. LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI NOVEMBRE WOMEN & TECHNOLOGIES Molto interessante la tavola rotonda, una volta
tanto quasi completamente al femminile,dal titolo "Come stanno
cambiando i nostri farmaci? (l'influenza delle biotecnologie nella
medicina)" tenutasi a Milano l'8 novembre in occasione della III
edizione della Conferenza Internazionale "Women & Technologies",
al Museo della Scienza e della Tecnologia.L'introduzione ai lavori è
spettata a Gianna Martinengo, ideatrice e chairperson della conferenza. Si
è parlato di nuovi farmaci antitumorali, molto specifici e differenti dai
vecchi chemioterapici- aventi gravi effetti collaterali perchè esistono
tessuti sani che proliferano normalmente molto più delle cellule tumorali
e dunque sono danneggiati- ma in grado di colpire enzimi attivati nei
tumori, come per esempio una particolare chinasi che si attiva nelle
leucemie. Alcuni microRNA inibiscono l'espressione di geni coinvolti
nell'oncogenesi e quindi si potrebbero somministrare precursori di queste
molecole, per attivare una regolazione negativa. Si può agire sulla
"letalità sintetica", cioè su geni accoppiati in modo tale che
la loro contemporanea alterazione diventa letale, come per BRCA1 e BRCA2,
geni coinvolti nel tumore del seno e dell'ovaio, il cui
"spegnimento" provoca la morte della cellula tumorale. La
rivoluzione genomica ha consentito di associare a varianti genomiche
l'incidenza delle patologie, il che porta a cure più mirate e alla
prospettiva di test genetici, meno invasivi, che portano a una diagnostica
molecolare. Un problema può essere rappresentato dal fatto che nelle
metastasi cambia la sequenza del DNA genomico, il che porta alla
resistenza ai farmaci. E' importante quindi capire le reti regolative
della cellule tumorali. Per quanto riguarda gli antibiotici, l'85% di essi
è prodotto da biotecnologie che sfruttano Attinomiceti e Streptomiceti.
Il tassòlo, che una volta veniva estratto dalla corteccia del tasso (9000
kg di corteccia per ottenere 1 kg di tassòlo) ora è prodotto a costi più
bassi dai batteri; le statine, contro l'arteriosclerosi, sono prodotti di
fermentazione.La ricerca ha comunque bisogno di essere tutelata e
finanziata. Il brevetto del farmaco è uno strumento non solo di tutela
ma anche di comunicazione, d'informazione; si tratta di un
documento scientifico con valore legale. il "vento" antibrevetto
è in realtà antiricerca. E l'industria farmaceutica italiana
è in crisi, per le piccole aziende gli investimenti sono
difficili; una singola molecola può costare anche 100 milioni di euro. I
finanziamenti sono scarsi, i ricercatori sono drammaticamente sottopagati
e manca un vero dialogo ricerca-industria. Le multinazionali del farmaco
hanno lasciato l'Italia. D'altra parte, il mondo dell'alta finanza e le
grandi banche investono in mattoni e lasciano alle fondazioni finanziarie
(le cosiddette charities) il compito di pensare ai fondi per la ricerca.
Vi è una grande complessità normativa nel nostro Paese che da anni
ostacola il progresso scientifico e occorre interrogarsi su ciò che non
è stato fatto a livello politico in questi ultimi decenni. Al dibattito,
coordinato da Daniela Bellomo (Campus IFOM-IEO), hanno partecipato Lilia
Alberghina, docente di Biochimica all'Università Statale di Milano, Nadia
Zaffaroni (Istituto Nazionale dei Tumori), Simona Polo (IFOM), Francesca
Ciccarelli (IEO), Elisabetta Capezio (Italfarmaco), Daniela Jabes (NAICONS
e NeED Pharmaceuticals), Olga Capasso (consulente brevettuale), Marina
DelBue (MolMed) e -unico rappresentante del sesso maschile - Marco
Cattaneo, Direttore Responsabile di "Le Scienze" . Seguita con
attenzione anche la successiva tavola rotonda, dedicata alle "Terapie
avanzate: nuove frontiere della medicina rigenerativa".Al pomeriggio
sono state protagoniste le "nanotecnologie per la salute" e
"Start up e Finanza per l'innovazione". Al termine, nel corso di
una serata di gala a Palazzo Cusani,la premiazione delle "tecnovisionarie",
cinque donne che si sono distinte nel mondo della ricerca, della pubblica
amministrazione e dell'impresa.Vincitrice del 1° premio è stata
Alessandra Biffi del San Raffaele-Telethon Institute for Gene Therapy di
Milano. 18
novembre Anna Busca APPUNTAMENTI
SCIENTIFICI
Un mese
ricco di eventi e iniziative per chi si interessa di scienza. A Milano, il
18 e 19 novembre, si svolgerà all'Università Bocconi, via Roentgen 1, la
seconda edizione della conferenza mondiale "Science for peace"
voluta da Umberto Veronesi e dalla sua Fondazione. Ispirandosi al
principio che l'Uomo non ha la guerra nel proprio DNA, e
la pace si impara, si incontreranno persone
di ogni età, religione, cultura e provenienenza geografica, per
parlare di come intervenire e lavorare per la pace. La scienza come
linguaggio universale di pace, le strategie e i modelli da seguire
impegneranno nella discussione, tra gli altri, l'inglese Brian Wood,
coordinatore di Amnesty International, Telmo Pievani, docente di Filosofia
della Scienza all'Università Bicocca, Tara Gandhi, il premio Nobel Shirin
Ebadi, Heidi Kuhn. La conferenza sarà chiusa da un concerto
straordinario, alle 21 del 19 novembre, di Noa e Mira Awad. L'ingresso è
gratuito ma occorre registrare la propria partecipazione
(www.fondazioneveronesi.it). Al Museo di Storia Naturale di via Palestro
continuano invece gli "Happy hour evoluzionistici", in attesa
dell'Evolution Day del prossimo febbraio: ogni 2° e 4° giovedì del mese
si può sorseggiare un aperitivo ascoltando un docente universitario, un
ricercatore o un giornalista scientifico, che tratta un argomento legato
all'evoluzione. Ha inaugurato la nuova serie di incontri Marco Ferraguti,
docente di Biologia evoluzionistica all'Università Statale,
il 21 ottobre scorso, con un interessante intervento sulle
"Convergenze parallele", cioè sul confronto tra la cosiddetta
evoluzione convergente e quella parallela, che altro non sono che il
medesimo processo che si svolge con meccanismi differenti.Il prossimo 11
novembre tocca invece ai
naturalisti Giorgio Bardelli e Giorgio Chiozzi illustrare i crani dei
mammiferi e le scoperte relative. Gli incontri successivi si occuperanno
di argomenti quali la simbiosi, l'evoluzione della mente sociale dei
Primati, la figura di Emma Wedgwood Darwin, moglie di Charles (Ritratto di
una vita, evoluzione di un'epoca), fino all'elogio del parassitismo (12
maggio 2011).Per il programma completo si consulti www.comune.milano.it/museostorianaturale.
Ingresso gratuito (consumazione 6 euro) previa prenotazione al numero
0288463337. Dal 9 novembre fino al 30 gennaio 2011, infine, resterà
aperta una mostra, alla Rotonda della Besana, proveniente dal Science
Museum di Londra, dal titolo "2050. Il pianeta ha bisogno di
te". Il tema è la sostenibilità della vita, impostato in cinque
sezioni (bere, mangiare, abitare, spostarsi, divertirsi). Come sarà il
mondo nel 2050? Occorre preparare strategie di risparmio energetico,di
riciclaggio efficace dei rifiuti, di vite "a impatto zero",
affinchè il pianeta non soccomba alla pressione di nove miliardi di
esseri umani.Per maggiori informazioni www.2050ilpianetahabisognodite.it. Milano, 7 novembre 2010 A.B. SETTEMBRE THE FUTURE OF SCIENCE: Sesta Conferenza MondialeSi apre oggi a Venezia, alla Fondazione Giorgio Cini, l’importante convegno scientifico voluto e presieduto da Umberto Veronesi che per la sesta volta vede riuniti scienziati e ricercatori da tutto il mondo per discutere temi di grande attualità: l’argomento di questa edizione è “Viruses: the Invisible Enemy”. Fino a martedì 21 quindi il dibattito riguarderà i risultati della ricerca sui virus: parleranno i massimi esperti del campo, da Luc Montagnier (“Vivendo con i virus”) e Robert Gallo (“Scienza di base e HIV/AIDS: visioni del passato e prospettive per il futuro”), a Robin Weiss (“Virus e cancro”), Inder Verma (“I virus buoni, preziosi alleati dell’uomo”, fino ai nostri Ilaria Capua (“Animali, esseri umani e virus”) e Alberto Mantovani (“Virus e immunità: pirati molecolari e alleanze globali”). Sono previste in tutto ventitrè conferenze, tutte di altissimo livello e interesse. Coordineranno gli interventi, tra gli altri, gli infettivologi Giuseppe Ippolito e Giampiero Sironi, Maria Ines Colnaghi, Direttore Scientifico dell’AIRC, Telmo Pievani. Veronesi chiuderà il convegno, insieme al Segretario Generale Chiara Tonelli. Per maggiori informazioni: www.thefutureofscience.org 19 settembre 2010, A.B. GIUGNO SQUALI,
BALENE E SQUALI BALENA La lettura
di un articolo della pagina delle Scienze su un autorevole quotidiano (29
giugno) mi fa trasecolare già dal titolo: “grandi mammiferi” e
“baby squali” vengono curiosamente associati. Una bella fotografia di
un esemplare di squalo balena riempie mezza pagina. Leggo meglio il testo
e resto stupefatta: non v’è dubbio che l’autrice
confonda gli squali balena con le balene! Superato lo sconforto, dopo una
doverosa telefonata di protesta alla redazione del giornale, colgo
l’occasione per scrivere alcune righe su questa magnifica specie di
selaco, il più grande pesce esistente. Lo squalo balena – occorre
ribadirlo - non è affatto un mammifero come i cetacei (ossia delfini,
tursiopi, balene, balenottere, capodogli, orche, beluga), si tratta invece
di un condritta (pesce cartilagineo), come tutti gli squali. Respira
quindi con le branchie, attraverso gli spiracoli, non con i polmoni come i
mammiferi; è ovoviviparo, non viviparo; ha una circolazione semplice, non
doppia; lo scheletro è costituito da tessuto cartilagineo, non osseo.
E’ tra i più antichi Vertebrati: i primi fossili di squali risalgono
infatti al periodo Devoniano (circa 400 milioni di anni fa). I mammiferi
sono invece i più evoluti; le prime tracce fossili di placentati sono
databili a 100 milioni di anni fa (Cretaceo). Lo squalo balena appartiene
alla famiglia dei Rineodontidi (“denti a lima”), di cui è l’unica
specie (Rhineodon typus). Fu nel 1828 che l’ittiologo Andrew
Smith lo descrisse la prima volta, esaminando un enorme squalo arpionato
da marinai inglesi nelle acque all’estremità meridionale dell’Africa.
Raggiunge una lunghezza massima di 18 metri e un peso di molte tonnellate.
La gigantesca bocca è terminale anziché ventrale come negli altri
squali, con minuscoli denti conici; e, proprio come le balene, si nutre di
plancton. Ogni fessura branchiale ha un filtro particolare formato dalle
branchiospine, appendici a rastrello che costituiscono una sorta di
“grata” per trattenere i microscopici organismi di cui si alimenta. La
livrea è grigiastra o brunastra, con numerose macchie tondeggianti
bianche o giallicce. Le due pinne dorsali sono di differenti dimensioni:
la più grande è a metà del corpo, la piccola è contrapposta a quella
anale; la pinna caudale è bilobata e molto ampia. Anche le pinne
pettorali sono grandi, inserite sotto le due ultime fessure branchiali. Le
sue modalità riproduttive sono ancora sconosciute e quindi oggetto di
studio e ricerche. Vive nei mari caldi, in particolare in quelli
dell’arcipelago australasiatico, da cui le diverse correnti
favorirebbero lo spostamento verso le coste californiane, le isole
Galapagos, le Seychelles, il Capo di Buona Speranza, la Florida, il Brasile. Peccato che gli avvistamenti si stiano facendo
sempre più rari. E non è certo il momento, ora, per una migrazione verso
il Golfo del Messico! Milano, 29 giugno 2010 Anna Busca APRILE IL
RISCHIO VULCANICO IN ITALIA
La recente
eruzione del vulcano Eyjafjallajökul in Islanda
ha polarizzato l’attenzione dei media, soprattutto per la conseguente
paralisi di quasi una settimana del traffico aereo nei cieli d’Europa, e
ha riacceso l’interesse per i fenomeni vulcanici. L’Islanda
è una parte della dorsale medio-atlantica emersa, quindi caratterizzata
da eruzioni di tipo effusivo: il magma che alimenta le dorsali è infatti
fluido, poco viscoso, a causa della sua basicità, che corrisponde a un
basso tenore di silice. L’enorme nube di gas e polveri si è sollevata a
seguito dell’evaporazione massiccia delle acque provenienti dalla
fusione del ghiacciaio sotto il quale si è aperto il cratere, di tipo
fissurale; non ha nulla a che vedere con le spaventose nubi piroclastiche,
connesse ad attività vulcanica di tipo esplosivo, che scendono a 100
chilometri all’ora lungo le pendici del vulcano incenerendo tutto ciò
che incontrano. E’ in realtà di questi fenomeni che dovremmo avere
grande timore: l’Italia ha già subìto in passato la storica eruzione
pliniana del Vesuvio nel 79 d.C. (negli ultimi 25mila anni sono state ben
sette le sue eruzioni esplosive ) e
potrebbe purtroppo ripetere in futuro la stessa esperienza. Sono una
decina i vulcani attivi nel nostro territorio, ma solo due (l’Etna e lo
Stromboli) eruttano con una certa continuità: gli altri restano per lo più
silenti, e questo è l’aspetto più inquietante, perché intanto il
magma continua ad accumularsi nella camera magmatica che alimenta il
vulcano, e con esso sale la pressione dei gas disciolti. Il rischio non è
solo connesso alla potenzialità esplosiva di un vulcano, ma anche alla
densità di popolazione delle regioni limitrofe e alla scarsa possibilità
che gli abitanti in pericolo possano essere evacuati rapidamente.
Purtroppo nella zona dei Campi Flegrei, interessata da eruzioni
catastrofiche che generarono gigantesche nubi piroclastiche responsabili
della grande estensione dell’ignimbrite campana (tufo) circa 35mila e
12mila anni fa, l’uomo ha costruito città affollate con poche strade
abbastanza larghe da consentire la fuga a milioni di persone. Pozzuoli,
per esempio, è proprio vicino a un cratere, il Monte Nuovo, che eruttò
nel 1538 dopo il sollevamento del suolo di parecchi metri. Se si
ripetessero le stesse condizioni eruttive di migliaia di anni fa le
province di Napoli e Caserta sarebbero completamente devastate in poco
tempo. Ischia ebbe la sua ultima eruzione nel 1302, e sicuramente
un’attività esplosiva catastrofica circa 74mila anni fa; essendo
un’isola, la sua evacuazione comporterebbe certamente dei problemi. In
epoca romana gli abitanti l’abbandonarono per le numerose eruzioni che
si erano susseguite. Perfino i Colli Albani danno segnali di un
vulcanesimo ancora attivo (l’ultima eruzione è databile a 22mila anni
fa, ma la zona si sta lentamente sollevando). Vulcano, Lipari e Salina,
nelle Eolie, sono le tre cime di un’enorme montagna sottomarina; il
magma è acido, viscoso; un’eruzione sarebbe di tipo esplosivo,
idromagmatico, e potrebbe provocare uno tsunami nel Mediterraneo. La
microplacca ionica, in subduzione sotto quella tirrenica, è responsabile
di questo vulcanesimo, connesso anche a forte attività sismica.
Per
saperne di più: www.protezionecivile.it
www.ingv.it
4 maggio 2010 Anna Busca MARZO Leggendo il
“Diario del Beagle” scritto da Charles Darwin durante il suo famoso
viaggio, si incontra una pagina dedicata dal grande naturalista a un sisma
verificatosi in
Cile, di cui fu testimone: e la sua cronaca sembra incredibilmente simile
a quella letta purtroppo in questi giorni sulle prime pagine dei
quotidiani. Era il 20 febbraio 1835 – esattamente 175 anni fa – e
Darwin si trovava a Valdivia, una località a sud di Santiago. Scrive:
”Questo giorno è stato registrato negli annali di Valdivia come quello
del più grave terremoto che gli abitanti più anziani ricordino. Alcune
persone che erano a Valparaiso durante il sisma del 1822 dicono che questo
è stato altrettanto forte”. Darwin
racconta che si trovava sulla costa, tra gli alberi, steso sull’erba per
riposarsi. Il terremoto giunge all’improvviso e dura circa due minuti,
con movimenti sussultori molto intensi e con moti ondulatori che gli
sembrano viaggiare verso est. Non è difficile stare in piedi, ma il
movimento gli procura un senso di vertigine. E’ come “pattinare su uno
strato di ghiaccio molto sottile”. La paura, il senso di insicurezza
nascono dal sentirsi tremare la terra sotto i piedi, anche se, trovandosi
in un bosco, Darwin non vede crollare case: ma immagina ciò che sta
succedendo altrove, in città, “l’orrore dipinto sulle facce di tutti
gli abitanti, che comunica lo spavento che ognuno prova quando sente un
terremoto”. Darwin descrive poi il maremoto che seguì il sisma. La
scossa principale si verificò nel momento della bassa marea. “Una
vecchia che si trovava sulla spiaggia mi disse che l’acqua arrivò
velocemente, ma non in grandi onde, al livello dell’alta marea, e poi
altrettanto velocemente tornò al livello di prima: e questo risultava
evidente dalla sabbia bagnata. Disse che l’acqua era salita come una
marea normale, solo molto più rapidamente”. In serata si verificano
altre deboli scosse. Il vulcano attivo di Villa-Rica sembra tranquillo.
Darwin esprime i suoi timori per la città di Concepcion: “Temo che
apprenderemo di gravi danni”. In effetti il terremoto del 1835 provocò
crolli e distruzioni, ma non fu tra i peggiori. Nel 1575 Valdivia era
stata colpita da un sisma molto più potente. Il 22 maggio 1960 il 40 %
delle case fu distrutto da un terremoto di magnitudo 9,5, passato alla
storia come il “Grande Terremoto cileno”. Lo tsunami successivo
raggiunse le coste cilene, le Hawaii, il Giappone, le Filippine, la Nuova
Zelanda, l’Australia, le Isole Aleutine in Alaska, con gigantesche onde
alte fino a 25 metri. L’epicentro fu a 900 km a sud di Santiago, e
Valdivia fu proprio la città più colpita. Due giorni dopo alcuni vulcani
andini ripresero l’attività eruttiva. Forse nelle prossime settimane,
dopo il tremendo sisma del 27 febbraio (magnitudo 8,8), gli eventi si
ripeteranno e le cronache registreranno eruzioni vulcaniche nella catena
delle Ande: il Cile è infatti coinvolto nella subduzione della placca di
Nazca sotto la placca sudamericana, e terremoti e vulcani sono la
conseguenza di questo implacabile inabissamento della crosta oceanica,
alla velocità di circa 80 millimetri all’anno. Ma Darwin non poteva
saperlo: mancavano centotrent’anni alla Teoria della Tettonica delle
placche. Milano, 2 marzo 2010 Anna Busca NANOTECNOLOGIE AL MUSEO DELLA SCIENZA DI MILANO Nell’ambito
del progetto europeo Nanototouch, coordinato dal Deutsches Museum
di Monaco, è stata realizzata, al Museo della Scienza e della Tecnologia
(www.museoscienza.org),un’area
dedicata alle nanotecnologie. Si tratta di uno spazio
in cui è stato allestito un vero laboratorio che ospiterà giovani
ricercatori del CIMaINa, il Centro Interdisciplinare Materiali ed
Interfacce Nanostrutturati dell’Università di Milano, che ha
collaborato al progetto grazie al suo direttore, il prof. Paolo Milani. I
ricercatori vi svolgeranno studi legati in particolare alle proprietà del
biossido di titanio, importante per la costruzione di celle fotovoltaiche
e quindi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. E’ un Open
Nano Lab, perché visitatori e studenti non solo potranno osservare
gli scienziati al lavoro attraverso grandi pareti in vetro, ma potranno
porre domande agli stessi e capire quali saranno gli sviluppi di questo
settore così fondamentale
per il futuro dell’ingegneria, della medicina, dell’industria e, in
definitiva, del nostro mondo. Pannelli, video e installazioni
introdurranno al significato e alle applicazioni della nanotecnologia, la
scienza che studia il “piccolo”, oggetti di dimensioni quasi
infinitesime. “Nano”
è un prefisso delle unità di misura che significa “un miliardesimo”:
per intenderci 1 nanometro è l’ordine di grandezza di un nanotubo di
carbonio; se scendiamo al decimo di nanometro siamo a quello di un atomo
di idrogeno. Nanotubi e nanofili vengono usati per nuovi materiali dalle
proprietà meccaniche – resistenza, leggerezza, flessibilità –
davvero straordinarie. Nanoparticelle mescolate a varie sostanze
consentono utilizzi diversi: senza saperlo sfruttavano già queste
caratteristiche i mastri vetrai nel Medioevo, quando miscelavano polvere
d’oro nel vetro fuso per ottenere il colore rosso delle vetrate gotiche.
Nei prossimi anni forse l’elettronica sarà rivoluzionata da
nanodispositivi che sostituiranno il silicio e saranno costituiti da
molecole di DNA modificate, a contatto con due nanoelettrodi metallici.
Forse non tutti sanno che sono già stati costruiti “nanomotori” e “nanorobot”:
per il momento semplicissimi (si fa per dire) e di nessuna utilità, ma
sono solo prototipi. Si pensa, per esempio, a future nanomacchine
molecolari iniettabili, in grado di distruggere cellule malate preservando
quelle sane. Sono trascorsi cinquant’anni da quando il celebre fisico
statunitense Richard Feynman al meeting annuale del Californian
Institute of Technology, il 29 dicembre 1959, tenne la famosa conferenza
dal titolo “There’s plenty of room in the bottom”, considerata come
la nascita “ufficiale” della nanotecnologia. Quando si celebrerà il
suo centenario avremo percorso una lunga parte del cammino, ma ci sarà
ancora molto spazio per l’immaginazione e la creatività degli
scienziati. Una buona lettura per saperne di più: Gianfranco Pacchioni, Quanto
è piccolo il mondo, sorprese e speranze delle nanotecnologie,
ed.Zanichelli, 2008 Milano, 2 marzo 2010 Anna Busca FEBBRAIO DARWIN, I FOSSILI E L’EQUILIBRIO PUNTEGGIATO Il Darwin
Day al Museo di Storia Naturale di Milano, appuntamento ormai
attesissimo, che doveva essere celebrato la prossima settimana, è stato
annullato per mancanza di fondi (i delusi – e sono tanti – possono
inviare un appello per posta elettronica a sindaco@comune.milano.it
). Di evoluzione si continua comunque a parlare.
Il 2 febbraio, al Liceo Berchet (www.liceoberchet.it
), grazie alla collaborazione con il Centro Filippo Buonarroti (www.centrofilippobuonarroti.com,
sito da consultare per avere informazioni e notizie aggiornatissime su
eventi e incontri correlati al Darwin Day in altre sedi) Marco
Ferraguti, docente di Evoluzione Biologica all’Università degli Studi
di Milano, (marco.ferraguti@unimi.it)
ha tenuto una brillante
conferenza sul tema “Darwin si è sbagliato: lo dicono i fossili (?).
Storia e comunicazione dell’equilibrio
punteggiato”. Ferraguti, presidente della Società Italiana di Biologia
Evoluzionistica (SIBE), ha esordito affermando che chiedere a qualcuno se
è “darwinista” sarebbe oggi come porre la domanda “Sei copernicano?”
Copernico aveva sicuramente ragione ma la sua teoria presentava anche
numerosi errori, successivamente riconosciuti. Il termine darwinismo
è quindi obsoleto e secondo Ferraguti sarebbe meglio abolirlo. Che cosa
s’intende invece per equilibrio punteggiato? Stephen Jay Gould
(1941-2002), paleontologo e zoologo, ottimo divulgatore scientifico,
collaborò nel 1972 con Niles Eldredge (1943-) nella stesura di un
capitolo del testo Models of paleobiology di Thomas J.M. Schopf,
dedicato ai meccanismi di speciazione che si possono dedurre dallo studio
dei fossili. Proprio questo scritto gettò le fondamenta dell’equilibrio
punteggiato. Gould pubblicò in proposito numerosissimi articoli e saggi,
divenne così noto da finire sulla copertina di Newsweek e
addirittura, come personaggio, in una puntata dei Simpson. Perché?
La domanda fondamentale che si erano posti Eldredge e Gould era la
seguente: che tipo di fossili si possono trovare se aveva
ragione Ernst Mayr (1904-2005), uno dei padri della “Nuova sintesi”,
ad affermare – in Animal species and evolution, “L’evoluzione
delle specie animali”, 1963 – che una nuova specie può
derivare da una comunità riproduttiva che si divide per isolamento
geografico (per esempio a causa di una frana) e finisce per subire una
divergenza genetica cui segue l’isolamento riproduttivo (speciazione “allopatrica”)?
La risposta che diedero Eldredge e Gould fu che in questo caso il
paleontologo non poteva trovare forme di transizione: queste sarebbero
poche, in luoghi di ridotte dimensioni, isolati e periferici rispetto
all’areale della specie iniziale, quindi la probabilità di scoprirle è
praticamente nulla. Scavando si troveranno fossili della specie A,della
specie B e della specie C ma non forme intermedie, i cosiddetti
“anelli mancanti”, che mancano proprio perché è logico che sia così.
La teoria dell’equilibrio punteggiato, che sostiene pertanto la nascita
di nuove specie per suddivisione delle linee filetiche, con rapido
sviluppo alle periferie degli areali originari, e comporta interruzioni nette tra i resti fossili, è stata interpretata erroneamente
da alcuni come un attacco al “cuore” del
darwinismo. Per Gould l’evoluzione è una sequenza di equilibri
omeostatici (stasi) "disturbati" raramente da rapidi ed episodici
eventi di speciazione. Nella prospettiva darwiniana l’evoluzione appare
come una lunga sequenza di forme continue, una trasformazione lenta e
graduale. La letteratura paleontologica è ricca di esempi di gradualismo
filetico, come il caso del foraminifero Lepidolina multiseptata,
che nel corso di milioni di anni ha accresciuto regolarmente le sue
dimensioni. Ma che cosa significa esattamente “graduale”? Può
significare che gli adattamenti complessi evolvono attraverso stadi
intermedi, o che l’evoluzione è andata procedendo a un tasso
relativamente costante. Ma lo stesso Darwin, nella sesta edizione dell’Origine
delle Specie, commentando l’unica figura del testo, affermava che
l’evoluzione non progredisce regolarmente, ma possono esserci periodi di
stabilità nelle specie: anticipava quindi, in un certo
senso,l’equilibrio punteggiato. I fossili possono documentarlo? Le prove
sono “nei cassetti dei musei”. La maggior parte della vita di una
specie è caratterizzata dalla mancanza di cambiamento, la stasi,
che quindi è un dato di fatto. Nell’albero filogenetico dei trilobiti,
per esempio, le stasi sono sicuramente riconoscibili. Gradualismo filetico
ed equilibrio punteggiato possono quindi coesistere, anche perché i tempi
di cambiamento “rapidi”in realtà sono molto lunghi (decine di
migliaia di anni sono considerati periodi brevissimi dal
paleontologo). Se l’ambiente cambia lentamente il gradualismo sarà
prevalente; l’equilibrio punteggiato è invece frutto dell’effetto del
fondatore. Conta anche il tipo di specie. Un “isolato geografico” di
vermi si può formare molto più velocemente di uno di gabbiani, per
esempio. La sterna artica si riproduce nella zona artica e sverna in
quella antartica, compiendo in un anno 72.000 km di volo; le rondini della
provincia di Lodi svernano in Niger: è chiaro che per queste specie
l’isolamento geografico è davvero difficile! La frammentazione della
Pangea ha certamente accelerato l’evoluzione. Prove “galileiane” di
tutto questo non esistono, quando si parla di storia si possono solo fare
inferenze, non esperimenti. E ogni nuova scoperta porta a rivedere le
teorie. Un gruppo di paleontologi polacchi ha recentemente trovato tracce
fossili di un quadrupede vissuto 395 milioni di anni fa: occorrerà
rivedere le tappe dell’evoluzione animale! Tra il 1938 e il 1946 i
biologi arrivarono alle idee della Nuova Sintesi: ora forse siamo alle
soglie di un altro cambiamento. Se ne discuterà all’Università
Bicocca, al Congresso degli Evoluzionisti italiani, nei giorni 1-2-3
settembre 2010. Milano, 5
febbraio 2010
Anna Busca GENNAIO UN
“TERMOMETRO” AD RNA
Un’importante
scoperta nell’ambito della Genetica molecolare è stata ottenuta dal
gruppo di ricerca della Scuola di Bioscienze e Biotecnologie
dell’Università di Camerino,
e ha meritato la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Molecular Cell.
Studiando i meccanismi che regolano la riprogrammazione dell’espressione
genica negli enterobatteri che passano dall’intestino di un mammifero (a
37°C, temperatura ottimale di crescita) all’ambiente esterno (10-15°C),
i ricercatori (guidati dalla dott.essa Anna Maria Giuliodori) hanno
evidenziato una maggior produzione delle cosiddette proteine cold-shock,
che permettono alla cellula di adattarsi e di sopravvivere alla bassa
temperatura. L’RNA messaggero codificante per la principale proteina cold-shock
dell’ Escherichia coli funge da sensore termico, perché
quando è sintetizzato a una temperatura bassa adotta una struttura che
favorisce la sintesi della proteina, che quindi aumenta nella cellula.
Molti RNA cambiano struttura a seguito di un aumento di temperatura, ma
questo RNA (csp mRNA) è il primo esempio di RNA a rendere la sua
conformazione più favorevole alla traduzione in caso di abbassamento
della temperatura. La ricerca si è sviluppata nell’ambito di uno studio
più complesso mirato a rilevare le risposte metaboliche ai diversi tipi
di stress cui può essere sottoposto un batterio. Milano, 28 gennaio 2010 (A.B.) UNA
“STELE DI ROSETTA” PER GLI ASTROFISICI E’ stato
pubblicato il 31 dicembre u.s. su Science Express on line – primo
autore dell’articolo è Alberto Pellizzoni - l’importante risultato di
uno studio compiuto all’ Osservatorio
astronomico di Cagliari grazie ai dati del satellite Agile
dell’ASI. Un gruppo di ricercatori dell’INAF ha scoperto
un’emissione gamma dalla nebulosa intorno alla pulsar Vela: si tratta di
una scoperta molto importante che potrebbe portare gli astrofisici a
svelare il mistero di numerose sorgenti gamma non ancora identificate, con
analoga luminosità, che potrebbero quindi essere anch’esse nebulose che
circondano pulsar. Si ritiene che il “vento” di particelle emesso
dalla pulsar riempia una “bolla” al cui confine con il gas
interstellare le particelle stesse emettano raggi g. Per maggiori informazioni: www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/science.1183844 11 gennaio 2010 (A:B) DICEMBRE 1910-2010:
ANNIVERSARI SCIENTIFICI Sta
terminando il 2009, anno importante dedicato a due celebrità come Darwin
e Galileo, e l’anno che viene, che chiuderà il primo decennio del Terzo
Millennio, non sembra
altrettanto significativo dal punto di vista delle ricorrenze
scientifiche: invece, a ben guardare, qualche anniversario degno di nota
c’è. Per la genetica, innanzitutto, occorre ricordare che cent’anni
fa, grazie ai suoi famosi esperimenti sui maschi mutanti white eyes
del moscerino Drosophila melanogaster, lo statunitense Thomas Hunt
Morgan (1866-1945) potè annunciare che i geni, le particelle ereditarie
ipotizzate nel secolo precedente dal geniale intuito di Gregor Mendel,
erano localizzati sui cromosomi. Tappa fondamentale nello studio della
trasmissione dei caratteri, questa scoperta gli valse il Premio Nobel per
la Medicina nel 1933 e aprì la strada agli studi del cariotipo umano e
alla comprensione dei meccanismi di molte sindromi e malattie genetiche.
Nello stesso 1910, il 9 febbraio, nasceva a Parigi Jacques Monod, che
avrebbe lavorato come biologo ricercatore nel 1936 al California
Institute of Technology proprio sotto la guida di Morgan. Tornato in
Francia, lavorò alla Sorbona e all’Istituto Pasteur, dove si occupò
del ruolo del DNA scoprendo il meccanismo regolatore dell’operone (il lac-operon
dell’Escherichia coli), ricerca per la quale ricevette il Premio
Nobel nel 1965. Nel 1970, sei anni prima della sua morte, Monod pubblicò
il celebre Il caso e la necessità, saggio divenuto un classico
della letteratura scientifica. Il
1910 è certamente anche un anno di lutti soprattutto per la chimica, la
microbiologia e l’astronomia: a poche settimane di distanza, infatti,
tra maggio e luglio, muoiono
Stanislao Cannizzaro, Robert Koch e Giovanni Schiaparelli. Cannizzaro era
molto ammirato dal padre della Tavola Periodica, Dimitri Mendeleev, che lo
aveva conosciuto al congresso di Karlsruhe del 1860 e lo considerava suo
maestro. Il chimico palermitano ebbe in effetti il grande merito di
difendere, dimostrandone la validità, la teoria molecolare della materia
proposta in precedenza da Amedeo Avogadro, ricalcolando così in modo più
corretto i pesi atomici degli elementi e consentendo quindi il lavoro di
classificazione di Mendeleev. Il medico tedesco Koch, considerato tra i
fondatori della microbiologia, aveva invece isolato il bacillo della
tubercolosi, malattia che mieteva vittime anche illustri, dimostrando così
che il “mal sottile” non era altro che una malattia infettiva
contagiosa. Studiò anche il vibrione del colera, il bacillo del
carbonchio e ideò metodi nuovi per le colture batteriche e il
riconoscimento dei ceppi patogeni. Fu insignito del Premio Nobel per la
Medicina nel 1905. L’astronomo Schiaparelli, direttore
dell’Osservatorio di Brera a Milano, aveva osservato alla fine
dell’Ottocento i canali di Marte; forse una cattiva traduzione in
inglese delle sue pubblicazioni aveva sollevato una ridda di fantasiose
ipotesi sulla loro origine, portando al fiorire di tutta una letteratura
fantascientifica avente come protagonisti i “marziani”. Ora noi
sappiamo – ma già lo stesso Schiaparelli lo supponeva - che questi canyon
sono frutto di un modellamento antico dovuto a fiumi di acqua che
centinaia di milioni di anni fa scorrevano sulla superficie del pianeta, e
non certo la costruzione artificiale di una civiltà extraterrestre. Su
Marte intanto abbiamo mandato Opportunity, Spirit, Phoenix,
forse fra meno di vent’anni vi giungerà una missione umana, e sembra
che non vi siano tracce di vita neppure di microrganismi; ma noi, esseri
umani del 2010, continueremo a cercare gli alieni, in lontanissime
galassie, su pianeti extrasolari, ma anche sulla Terra stessa (e qui sono
virus minacciosi, batteri geneticamente modificati e oscuri prioni). Perché
dunque non dedicare il 2010 a Schiaparelli, a Morgan e a Koch? Milano, 28 dicembre 2009 Anna Busca NOVEMBRE Il 20 e il 21 novembre si è svolta a
Milano, nell’Aula Magna dell’Università Bocconi, la Conferenza
Mondiale “Science for Peace”, il movimento internazionale promosso dalla
Fondazione Umberto Veronesi (foto). Due
giorni di dibattiti cui hanno partecipato tre premi Nobel, una cinquantina
di relatori e più di 3500 persone. Si è discusso anche di lotta alla
povertà, alla fame, alla malnutrizione, alla scarsità d’acqua, che
insieme alla difesa dei diritti umani costituisce un prerequisito
fondamentale per il processo di pace. Tra gli interventi più applauditi
quello di Shrin Ebadi (foto), avvocato e scrittrice, prima donna iraniana
e musulmana a ricevere nel 2003 il Premio Nobel per la Pace, che ha
esordito affermando
che “pace” non è semplicemente l’assenza della guerra, è un
modo di vivere che si rispecchia nella democrazia, quindi nella garanzia
che la gente possa parlare e operare scelte liberamente, e inoltre
nell’utilizzo razionale delle risorse, senza sprechi, e nella
“globalizzazione del cuore”, che faccia sentire a ognuno di noi la
sofferenza dell’altro. E’ un sogno, certo, ma molti sogni si sono
avverati: il volo e la telecomunicazione, per esempio. La scienza deve
saper guardare al futuro dell’uomo. La pace è anche una cultura, perché
se abbiamo un grande obiettivo da perseguire nella vita – e non deve
essere solo quello, limitato, di diventare uno scienziato o un docente -
allora si rafforzerà e crescerà la nostra tranquillità interiore,
indispensabile affinchè ci sia realmente un processo di pace globale. E a
una domanda riguardante la corsa al nucleare in Iran, Shrin Ebadi ha
risposto sicura: “Bisogna smettere di arricchire l’uranio in Iran.
Abbiamo il sole nel nostro Paese, tanto sole, possiamo sfruttare
l’energia solare.” Infine, un altro sogno: che la storia che si
insegna non sia più una “storia delle guerre”, ma diventi una
“storia della pace”. L’educazione e la formazione hanno un ruolo
centrale nel processo di pacificazione mondiale, insieme alla promozione
della tolleranza e alla progressiva riduzione dei conflitti religiosi, in
una società multietnica e multiconfessionale. Anche Tara Gandhi ha
ribadito che l’educazione del bambino è fondamentale; inoltre molte
risposte a domande legate alla pace vengono dalla nostra coscienza.
L’uomo non è l’unico essere vivente sulla Terra: come possiamo sapere
se le radici di una quercia che cresce in Palestina non comunichino con le
radici di un’altra quercia che cresce in India? Ed ecco un intervento
dal pubblico, di una donna che lavora a Tel Aviv con i bambini
palestinesi, che ha una proposta interessante: “Creiamo un network
per collegare tra loro tutti i lavori che nel mondo si stanno svolgendo a
favore della pace, tante querce si devono parlare!” Precedendo
l’ultima relazione della mattina del 21, quella della dottoressa
Raffaella Ravinetto, presidente della sezione italiana di Medici senza
Frontiere, che si è occupata della gravissima situazione della
malnutrizione infantile nel mondo, Guido Barilla ha poi sottolineato le
questioni legate alla produzione agricola e ha lanciato un grido
d’allarme: se si continua così, senza cambiamenti sostanziali nei
programmi delle politiche per un’agricoltura sostenibile, tra
vent’anni mancheranno, per il fabbisogno alimentare, centinaia di
migliaia di tonnellate di cereali. Un collasso, dunque, con conseguenze immaginabili.
Si è discusso poi anche del disarmo e dei problemi economici correlati
all’industria bellica. Nelle conclusioni Umberto Veronesi ha annunciato
l’istituzione di quattro gruppi di lavoro, con l’incarico di formulare
piani operativi, e precisamente: per sviluppare moduli didattici formativi
alla pace (ambito Scuola-Università-Ricerca), per individuare
programmi d’intervento in aree di maggior conflittualità (La scienza
al servizio della Pace), per la nascita di un’unica forza di pace
paneuropea (Esercito Unico UE), per un codice di responsabilità
del settore bancario riguardo ai finanziamenti delle industrie belliche (Banche
e società civile). I risultati dei lavori saranno presentati alla
prossima edizione della Conferenza Mondiale. Milano, 22 novembre 2009 Anna Busca A 150
ANNI DA“L’ORIGINE DELLE SPECIE” Si è
svolto a Milano lo scorso 28 ottobre, nell’Aula Magna del Museo di
Storia Naturale, un convegno di notevole interesse che ha toccato temi
fondamentali per il dibattito
attuale su Darwin e l’evoluzione. Ilaria Guaraldi Vinassa di Regny,
presentando i relatori, ha ricordato che il bilancio dell’Anno
darwiniano è molto positivo, dato l’alto numero di iniziative e
incontri, correlati con il bicentenario, che si sono potuti svolgere in
varie sedi, scuole, musei. Ha ringraziato enti, università e associazioni
culturali – in particolare il Centro Studi Buonarroti - che hanno
collaborato alla realizzazione del programma e ha infine sottolineato come
la mostra su Darwin, portata alla Rotonda di via Besana (e della quale è
stato proiettato un virtual tour curato e commentato da Chiara
Ceci) abbia avuto un grande successo di pubblico, tanto che è
stata prorogata fino all’8 novembre: otterrà probabilmente il record
delle visite del 2009. Tutto questo crea validi presupposti perché si
possa proseguire su questa strada anche nel 2010, che è stato dichiarato
“Anno della Biodiversità”, in continuità quindi con il tema
dell’evoluzione. Una
riflessione di Francesco Cavalli-Sforza ha dato l’avvio al convegno (dal
titolo ”La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin alla prova della
scienza e della cultura del nostro tempo”). Centocinquant’anni fa “The
Origin of Species” di Charles Darwin andò
esaurito lo stesso giorno in cui fu messo in vendita nelle librerie di
Londra; seguirono poi le critiche e le dispute che conosciamo: ma perché
questo libro ebbe un effetto così potente sul pubblico del tempo? La
spiegazione può essere legata al fatto che, dato che nel testo si
sosteneva la non immutabilità delle specie, risultava implicito il
coinvolgimento dell’uomo nello stesso processo evolutivo e dunque –
anche se Darwin non ne parlava – l’uomo doveva essere
“imparentato” con le scimmie, quelle stesse scimmie viventi in Africa
e in Asia ben note agli inglesi dell’epoca vittoriana. Questa ipotesi
sollevava scandalo e sconcerto, insieme all’idea che la vita avesse dato
forma a se stessa, interagendo con l’ambiente, senza un “progetto”,
di cui non c’è traccia. Cavalli-Sforza ha ricordato che “evoluzione
biologica” non significa “miglioramento” o necessariamente
“aumento della complessità”, bensì “migliore adattamento”,
mentre la selezione naturale è una sorta di “setaccio” attraverso il
quale passano le mutazioni; è il caso alla base del drift
genetico, che agisce in una direzione o in un’altra. Migrazioni di
gruppi di individui, effetto del fondatore e ricombinazione genetica
durante la riproduzione sessuata, anch’essi eventi legati al caso,
contribuiscono fortemente al processo evolutivo. Luca Cavalli-Sforza ha
invece sottolineato gli aspetti salienti dell’evoluzione culturale, che
ha portato, per esempio, da un solo linguaggio originario all’attuale
varietà di molte lingue, o al miglioramento delle pratiche di agricoltura
e allevamento nei diversi continenti, e all’utilizzo di tecnologie
sempre più complesse. Alla parola “evoluzione” – ha ricordato Marco
Ferraguti, docente di Evoluzione biologica all’Università degli Studi
di Milano – vengono date circa quaranta definizioni diverse. E’ più
corretto considerarla semplicemente la storia della vita sulla Terra, il
cambiamento nelle forme e nel comportamento degli organismi fra
generazioni. L’evoluzionismo è lo studio dell’evoluzione e delle
spiegazioni in merito date dagli scienziati. Senza dubbio occorre che gli
evoluzionisti migliorino la loro capacità di comunicazione, chiarendo
innanzitutto il significato delle parole che usano ed evitando quindi
dannose confusioni. Solo in questo modo le idee al riguardo possono
diffondersi meglio, con maggiore efficacia, contrastando l’ignoranza che
porta purtroppo a rigurgiti creazionisti e antievoluzionisti. Proprio la
scorsa settimana è stato organizzato dall’AISO (“Associazione
Italiana Studi sulle Origini”), un incontro a Milano sul tema “Che
cosa resta di Darwin?” all’insegna del creazionismo. E’
un fatto singolare che tra chi nega l’evoluzione vi siano persone di
provenienza socio-culturale, geografica e religiosa molto diversa: che
cosa li accomuna? Forse basta il fatto di essere “anti”qualcosa? Ma perché
sono contrari all’idea di evoluzione? Ferraguti ha citato alcuni testi
di autori antievoluzionisti, come “Processo a Darwin” (ed.Piemme) di
Marco Respinti, giornalista (redattore del settimanale “Il
Domenicale”), e la rivista Radici cristiane, diretta da
Roberto de Mattei, titolare della cattedra di Storia Moderna
all’Università di Cassino e da un anno vicepresidente del Consiglio di
Amministrazione del C.N.R. (quindi con potere decisionale sui fondi da
destinare alla ricerca). Respinti sostiene che i reperti fossili non si accordano con
l’ipotesi evoluzionista e arriva ad affermare, con riferimenti a Mendel,
Spallanzani, Pasteur, che i “veri scienziati” sono spesso di grande
fede cristiana, mentre i darwinisti sono legati a ideologie a volte anche
truffaldine. L’autore appoggia ovviamente la tesi del “progetto
intelligente”. In Radici cristiane si trovano articoli che
pretendono di confutare le idee evoluzioniste usando come fonte la Bibbia!
Ferraguti ricorda anche Roberto Fondi, paleontologo, docente nei corsi di
laurea di Scienze Geologiche e Scienze Naturali all’Università di Siena
nonché autore, insieme a Giuseppe Sermonti, di un libro edito da Rusconi
nel 1980 (“Dopo Darwin. Critica all’evoluzionismo”) in cui
l’evoluzione viene definita un “mito”. Fondi pubblica sovente
articoli antievoluzionisti su una rivista non scientifica, “I Quaderni
di Avallon”, dedicata al tema “l’uomo e il sacro”. Tutto ciò è
davvero sconcertante. Si tratta di una negazione puramente filosofica
dell’evoluzione, negazione che trova spesso le sue basi nell’ideologia
steineriana ed esclude le conclusioni della scienza. I successivi
interventi di due giovani biologi ricercatori, Maurizio Casiraghi,
dell’Università di Milano Bicocca (“Le modalità plurali
dell’evoluzione: la simbiosi”), e Mauro Mandrioli, genetista
all’Università di Modena e Reggio Emilia (“Quando l’evoluzione ricicla”),
potrebbero essere considerati come la migliore replica alle assurdità
antievoluzioniste. Casiraghi ha parlato delle endosimbiosi batteriche,
dalla Buchnera aphidicola, che produce amminoacidi essenziali per
gli afidi che la ospitano e si riproduce insieme a questi, passando nelle
loro uova, fino alla Wigglesworthia glossidinia della mosca tse-tse
e al caso dell’anellide oligocheta marino Olavius algarvensis, un
verme che si nutre esclusivamente grazie ai processi metabolici di due
batteri presenti nella sua parete intestinale. Lo studio approfondito di
queste simbiosi non solo mette in discussione la definizione stessa di
individuo, di autotrofismo ed eterotrofismo, di parassitismo e mutualismo,
ma soprattutto evidenzia lo straordinario processo evolutivo di specie
tanto diverse che si fondono -spesso integrando il loro DNA – e generano
così nuove unità selettive. Le ultime due relazioni, di Ferdinando
Vidoni (Università di Milano Bicocca) e di Carlo Antonio Barberini
(Centro Studi Buonarroti) sono state di ambito storico-filosofico e hanno
avuto come argomento, rispettivamente, “Darwinismo e movimento
operaio” e “Marxismo e darwinismo oggi”. Milano, 1 Novembre 2009 Anna Busca OTTOBRE Al Liceo Berchet di Milano (www.liceoberchet.it)
si è tenuto, il 22 ottobre, un interessante incontro con il prof.
Antonello La Vergata, docente di Storia della Filosofia all’Università
di Modena e Reggio Emilia(antonello.lavergata@unimore.it)
sul tema del darwinismo sociale. La conferenza, dedicata a studenti
e insegnanti, rientrava nell’ambito delle iniziative per l’anno
darwiniano (inauguratosi a Milano proprio al Berchet, come ha ricordato
Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny nella sua introduzione) grazie al Museo
di Storia Naturale e al Centro Studi Buonarroti (www.centrofilippobuonarroti.com).
La
sera precedente La Vergata aveva presentato, alla Rotonda di via Besana
– dove tuttora è esposta la mostra su Darwin – il suo ultimo lavoro:
“Colpa di Darwin? Razzismo, eugenetica, guerra e altri mali”
(ed.UTET, 2009). Anche
durante la settimana dedicata al Darwin Day al Museo il docente
aveva esposto un’avvincente relazione sulle questioni legate alle
interpretazioni e all’uso-abuso dell’espressione “darwinismo
sociale”. Parlando agli studenti, La Vergata è partito dall’analisi
di un famoso episodio avvenuto negli anni Venti negli Stati Uniti, il cosiddetto “processo della
scimmia” del luglio 1925, a carico di John T. Scopes, insegnante della
Clark County High School di Dayton, Tennessee. Questi fu accusato di aver
violato il Butler Act, approvato quattro mesi prima, che stabiliva
il divieto di insegnare nelle scuole dello Stato qualsiasi teoria che
negasse la creazione divina dell’uomo, sostenuta dalla Bibbia. Il
processo durò una decina di giorni ed ebbe enorme risonanza, tanto che
occupò le prime pagine dei quotidiani e richiamò nella cittadina, fino
ad allora praticamente sconosciuta, quasi duecento giornalisti. La difesa
era sostenuta dal brillante avvocato Clarence Darrow, l’accusa da
William J.Bryan, politico di fama, tre volte candidato alla Presidenza per
il partito democratico (non era quindi un conservatore, come si potrebbe
pensare). Scopes, allenatore sportivo ventiquattrenne che aveva sostituito
un insegnante sulla cattedra di scienze, adottando un testo scolastico che
sosteneva le teorie evolutive darwiniane, fu condannato ad una multa di
100 $. In realtà, come ha precisato La Vergata, il suo caso era stato
montato ad arte dall’ACLU (Association Civil Liberties Union), di cui
Darrow faceva parte, che voleva proprio far discutere della validità
costituzionale del Butler Act, che di fatto negava la libertà
d’insegnamento (e per questo fu poi abolito, ma solo nel 1967!). Il caso
fu portato nuovamente alla ribalta trent’anni dopo, con un’opera
teatrale intitolata Inherit the wind, che divenne poi nel 1960 un
film di successo diretto da Stanley Kramer, con Spencer Tracy nella parte
del difensore Drummond (Darrow) e Fredric March in quella
dell’accusatore Brady (Bryan). Il film in Italia assunse il titolo
“…e l’uomo creò Satana”. La
Vergata ha sottolineato il fatto che Bryan fosse un fondamentalista
biblico, con un’immagine deformata del darwinismo, perché vi aveva
mescolato concetti pericolosi per la democrazia, come se la teoria
darwiniana giustificasse ateismo, materialismo, violenza…Per lui la sana
democrazia americana si doveva fondare sul Vangelo. Per comprendere meglio
la sua posizione, occorre ricordare che in quell’epoca il darwinismo
sembrava essere stato perfino una delle cause della 1^Guerra Mondiale:
aveva infatti avuto grande
successo in Germania, dove i concetti di selezione naturale e lotta per
l’esistenza parevano poter giustificare il militarismo aggressivo, così
come, d’altra parte, venivano usati dagli Inglesi a giustificazione del
colonialismo e dell’imperialismo. Gli intellettuali tedeschi - molti dei
quali erano anche ufficiali dell’esercito - avevano sostenuto il diritto
della Germania alla lotta per la propria esistenza e alla difesa dalle
“orde mongoliche”; perfino il sociologo Max Weber aveva ritenuto
intollerabile che contro i bianchi tedeschi combattessero negri africani.
Nel 1917 fu pubblicato il testo “Headquarters Nights”, di
Vernon Kellogg, un biologo americano che era stato mandato nei due anni
precedenti come osservatore, a capo di un’organizzazione umanitaria, nel
Belgio occupato, nel quartier generale dello Stato Maggiore tedesco.
Kellogg descrisse gli ufficiali tedeschi come “inebriati” di
darwinismo aggressivo. Anche nel romanzo “I quattro cavalieri
dell’Apocalisse” (1916) di Vicente Blasco Ibañez i protagonisti
tedeschi appaiono ugualmente deliranti. Nello stesso tempo l’eugenetica
(termine ideato da Francis Galton, cugino di Darwin, inteso come
“scienza che intende migliorare la razza umana attraverso la
riproduzione degli individui migliori”), sembrava poter trovare radici
nel darwinismo. Se la società conserva individui che altrimenti in natura
sarebbero eliminati (individui deboli, malati, deformi), allora vi è il
rischio di una “degenerazione” della specie: una sorta di survival
of the unfittest, come diceva Greg, un contemporaneo di Darwin. Sorgeva il timore che le generazioni successive potessero
essere tarate nel fisico e nella condotta morale: era anche l’epoca in
cui i medici erano convinti che i vizi, come l’alcoolismo, fossero
ereditari, e che alcune malattie, come la tisi e la sifilide, portassero a
danni permanenti nei figli. All’inizio del Novecento, e non è un caso,
gli Inglesi inventarono da un lato i boy scout (1910) e
dall’altro i campi di concentramento (1902, seconda guerra boera in Sud
Africa). Inoltre nei Paesi anglosassoni l’immigrazione era in aumento e
gli immigrati erano considerati “inferiori”: l’intolleranza nei loro
confronti emergeva sotto forma di movimenti e gruppi razzisti come il Ku
Klux Klan (ricostituitosi nel 1915 anche sull’onda del successo del film
The Birth of a Nation, di Griffith, che narrava la storia della
nascita del movimento, confraternita di ex confederati fondata nel 1865, e
che piacque molto al presidente Woodrow Wilson, che lo elogiò
pubblicamente). Tutto ciò portò ad un’ideologia che appoggiava
l’eugenetica: non c’erano interventi pubblici per i poveri e gli
orfani, non potevano esistere aiuti statali in un mondo liberale e
calvinista, perché la povertà e la malattia erano “colpe”. Il
darwinismo venne dunque abusato da parte di tutte le componenti
ideologiche, ecco perché Bryan, nel monkey trial del 1925, poteva
“avere ragione”. Le polemiche andavano ben oltre le idee di Darwin e
potevano portare addirittura ad affermare - come fece per esempio il
movimento futurista - che la guerra non era altro che un “caldo bagno di
sangue rigeneratore” da cui può nascere una nuova società, una vera
“igiene del mondo”. Le domande di alcuni studenti hanno poi portato il
prof. La Vergata a suggerire riflessioni sul significato stesso di
“darwinismo” e sui comuni fraintendimenti delle sue idee. Darwin, per
esempio, era “lamarckiano”, non respingeva la teoria
dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, come spesso si dice;
l’idea di selezione naturale è infatti indipendente dalle cause della
varietà in una specie. Era determinista, non casualista, come alcuni
credono: il “caso” per Darwin non è altro che la nostra ignoranza
delle leggi che regolano i viventi. Per chi volesse continuare ad
approfondire le questioni affrontate, segnalo un importante convegno che
riprenderà i temi fondamentali del dibattito attuale, dal titolo “La
teoria dell’evoluzione di Charles Darwin alla prova della scienza e
della cultura del nostro tempo” al Museo di Storia Naturale di Milano,
il 28 ottobre p.v. dalle 15 alle 19: i relatori saranno Chiara Ceci, Luca
e Francesco Cavalli-Sforza, Marco Ferraguti, Maurizio Casiraghi, Mauro
Mandrioli, Ferdinando Vidoni, Carlo Antonio Barberini. Milano, 26 ottobre 2009 Anna Busca anna.bus@tiscali.it FESTIVAL
DELLA SCIENZA A GENOVA E’ in
pieno svolgimento il Festival della Scienza 2009 a Genova, partito il 23
ottobre, con un ricchissimo programma di conferenze, dibattiti, concerti,
spettacoli, mostre che proseguiranno fino al 1° novembre. Il tema di
quest’anno è il futuro, che diventa il protagonista dei cinque percorsi
proposti al visitatore: il futuro della vita, dell’universo, della
natura, della tecnologia, delle idee. Una frase di Eleanor Roosevelt è lo
slogan del festival: “Il futuro appartiene a coloro che credono nella
bellezza dei loro sogni”. Per scaricare il programma con il
calendario completo e aggiornato delle numerosissime iniziative . www.festivalscienza.it. 24
ottobre (A.B.) BERGAMO
SCIENZA 2009 E’
partita il 3 ottobre la settima edizione di Bergamo Scienza: due settimane
ricchissime
di conferenze, incontri, laboratori, spettacoli, tutti all’insegna della
scienza, dall’astronomia alla biologia, dalla medicina alla fisica
atomica. “Felice è colui che ha potuto conoscere la causa delle cose”
è la citazione dalle Georgiche di Virgilio che introduce il calendario
delle iniziative e invita il pubblico a partecipare numeroso, come nelle
passate edizioni, dove l’interesse suscitato è stato sempre altissimo.
Fino al 18 ottobre si potranno ascoltare illustri relatori – tra questi
Edoardo Boncinelli, Giulio Giorello, Danilo Mainardi, Paolo Nespoli, Maria
Grazia Roncarolo, John Nash – che tratteranno temi quali “Dante e la
scienza”, “Donazioni e trapianti”, “Galileo e l’astronomia”, e
ancora i neutrini, l’entropia, i geni e le cellule… Per il calendario
completo, con orari e luoghi degli incontri, consultare il sito www.bergamoscienza.it.
Ingresso gratuito. 7 ottobre 2009, A.B. SETTEMBRE Fifth
World Conference on The Future of Science – The DNA Revolution A Venezia si aprono oggi gli
importanti lavori della 5^ Conferenza mondiale sul “Futuro della
Scienza”, alla Fondazione Cini, con i saluti di benvenuto e i discorsi
inaugurali di scienziati quali Umberto Veronesi, Presidente della
Conferenza, Chiara Tonelli, Segretaria Generale,
i premi Nobel James Watson e Renato Dulbecco, e anche Craig Venter
e Luigi Luca Cavalli Sforza. Il Comitato Scientifico annovera altri Nobel
come Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini, insieme a numerosi nomi
notissimi nell’ambito della ricerca (Peter Atkins, Claudio Bordignon,
Daniel Dennett, Luc Montagnier sono solo alcuni) L’edizione di
quest’anno è dedicata al DNA, il protagonista indiscusso della Biologia
contemporanea a partire dalla seconda metà del secolo scorso, da quel 20 settembre 42°
Congresso Nazionale dell’UAI In onore di Galileo Galilei si terrà
dal 24 al 27 settembre a Padova, presso il Centro Culturale San Gaetano,
il più importante appuntamento astronomico dell’anno, il congresso
dell’Unione Astrofili Italiani. Presso il nuovo Planetario il prof.
Galletta, docente di Astronomia e Astrobiologia all’Università di
Padova, inaugurerà il convegno con una conferenza sull’esobiologia. Nei
giorni successivi si parlerà del Sistema Solare, dell’astronomia
galattica ed extragalattica, di inquinamento luminoso, di Galileo,
naturalmente, e di divulgazione e didattica.
Per informazioni e
aggiornamenti. http://congresso.uai.it/ 19 settembre 2009
A.B. GIUGNO IL CONFINAMENTO GEOLOGICO DELLA
CO2 PREMIO VOLTOLINO XI EDIZIONE 2007-08 Nella splendida cornice del Museo
della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano – il
più grande museo tecnico-scientifico italiano - si è svolta lo scorso 9
giugno, nell’Auditorium, la cerimonia di premiazione dei vincitori
dell’unico riconoscimento esistente in Italia alle migliori “penne”
scientifiche. Il premio, a cadenza biennale, rivolto ai giornalisti che si
sono distinti in modo particolare
nella divulgazione scientifica, è stato ideato nel 1997 da Massimo Di
Martino, che ha raccolto l’eredità intellettuale e imprenditoriale del
bisnonno, il giornalista pisano Alfredo Gentili (1879-1971), detto appunto
“Voltolino” (dal nome di un uccello migratore, un piccolo agile
gruiforme che vive nelle zone umide ed è preda difficile per i
cacciatori). Personaggio eclettico, dai mille interessi, Voltolino ebbe
una vita lunga e ricca di cambiamenti: fu poeta, scrittore e regista;
promosse importanti manifestazioni; fondò nel Milano, 11 giugno 2009 Anna Busca
“SUPERMARKET” DNA DARWIN A MILANO MILANO SCIENZA, MILANO MONDO APRILE Il terremoto del 6
aprile in Abruzzo ha tristemente riacceso i riflettori su una realtà che
spesso preferiamo dimenticare: il territorio italiano, con l’eccezione
della Sardegna e di poche altre aree, è soggetto da sempre a sismi anche
violentissimi, trovandosi
al confine tra la placca africana e quella euroasiatica in collisione tra
loro, ed essendo compresso anche tra due placche minori,
l’apulo-garganica e la corso-sarda. Già Lucrezio, Seneca e Tacito
avevano descritto forti movimenti tellurici. Seneca, nel sesto libro delle
Naturales Quaestiones, parla diffusamente del terremoto che colpì
la Campania nel 62 d.C., diciassette anni prima della devastante eruzione
del Vesuvio che seppellì Pompei ed Ercolano. Occorre tuttavia aspettare
fino al Cinquecento per avere veri e propri trattati al riguardo: tra
questi il De terrae motu liber del filosofo e medico bolognese
Agostino Galesi, che attribuiva agli elementi aristotelici aria, acqua e
fuoco la causa delle scosse del quarto elemento, la terra appunto. Il
Galesi, nonostante l’errata interpretazione dei sismi, fu forse il primo
a fornire suggerimenti sia sul comportamento da tenere durante un
terremoto che sui criteri di costruzione da rispettare, per evitare
crolli. E’ sua anche una prima analisi delle scosse, in cui riconosceva
la vibratio, il tremor, la depressio, il pulsus.
Dal Seicento cominciarono a essere compilati cataloghi di terremoti, e nel
Settecento si cercò di stabilire una scala di intensità. Dai documenti
conservati negli archivi emerge che all’Aquila vi furono forti terremoti
nel 1315, “che rovinarono molte ecclesie ed edifici”, nel 1461-62, con
più di cento scosse e molte vittime, nel 1703-04, nel 1730-31. La regione
dell’Italia centrale che risulta più colpita è l’Umbria, ma anche la
Toscana e il Lazio possono presentare un notevole numero di forti
terremoti nel corso dei secoli. I terremoti più disastrosi sono al sud:
il 1456 è l’anno del “Grande terremoto napoletano”, con circa
30.000 vittime tra Campania, Puglia e Sicilia; il 1693 è quello del
“Grande terremoto siculo”, che provocò 93.000 morti (15.000 solo a
Catania) e distrusse una cinquantina di città; nel triennio1783-1786 si
verificarono i “Grandi terremoti calabri”. E’ riferita a questi
ultimi eventi la vicenda, narrata dallo storico Pietro Colletta nella sua Storia
del Reame di Napoli, di una fanciulla sedicenne, Eloisa Basili,
estratta viva dalle macerie dopo 11 giorni: e aveva tenuto tra le braccia,
per una settimana, il cadavere di un bimbo. Non si riprese più dal trauma
– “si piaceva star sola, seduta sotto un albero, donde non si
vedessero città o case; volgeva altrove lo sguardo all’apparir di un
bambino” - e morì a venticinque anni. Impressionante è la lista
delle zone colpite da sismi dal Medioevo a tutto l’Ottocento: perfino
Milano e la Svizzera risultano più volte interessate dai fenomeni
sismici, per esempio nel gennaio e nel dicembre del 1117, nel 1222, nel
1295, nel 1473, nel 1642, nel 1755, nel 1855. Crollarono campanili,
camini, “molti edifizii”. Nel 1473 si registrò in Lombardia
un’estate insolitamente calda, unita ad una straordinaria precocità
nella fioritura e nella fruttificazione. “…nel mese di ottobre
tornarono a fiorire le piante”. Nel maggio 1802 l’epicentro di un
violento terremoto nella pianura padana si collocò tra Soncino e
Orzinovi: crollarono molte case, anche a Crema. E pure per questo sisma si
notò un’aria pesante, molto calda, prima delle scosse; le acque dei
pozzi diminuirono considerevolmente; si aprirono lunghe fessure e a Bardi,
sull’Appennino a sud di Piacenza, si formarono aperture dalle quali
“si estrasse molto petrolio”. Milano, 28 aprile 2009 Anna Busca “VEDERE LA SCIENZA” allo Spazio
Oberdan Si conclude oggi, con una giornata
dedicata a bambini e ragazzi, la settimana del “Festival Internazionale
del video, del film e del documentario scientifico”, allo Spazio
Oberdan: al pubblico e agli studenti sono state presentate, con ingresso
libero, sia alla mattina che al pomeriggio, proiezioni a carattere
scientifico. I temi spaziavano dall’evoluzione biologica ai progressi
nella medicina, dall’astronomia alla matematica, dalla climatologia alla
fisica nucleare. Il Festival, alla sua terza edizione, sotto la direzione
del prof.Tucci, docente di Storia della Scienza all’Università degli
Studi di Milano, è anche l’occasione per premiare le realizzazioni
migliori, provenienti soprattutto da Francia, Gran Bretagna, Germania,
Stati Uniti, Messico, Giappone e naturalmente Italia. Si tratta di filmati
recentissimi, del 2008 o al massimo del 2007, e rappresentano quindi anche
una validissima opportunità di aggiornamento. La sera è stata dedicata
ai film classici, come “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick o
“Darwin” di Greenaway. Affascinante il francese Voyage au coeur
d’un trou noir e molto interessante il tedesco Eyes on the skies,
quattrocento anni di scoperte al telescopio, scaricabile da Internet.
Peccato che alla mattina sia molto difficile trovare posto in sala, visto
che molte scuole prenotano ed esauriscono le disponibilità. Forse per le
prossime edizioni, dato il successo di pubblico e l’interesse suscitato
dalla manifestazione, si potrebbe utilizzare uno spazio più grande o
ripetere in altri orari le proiezioni. Una riflessione: pochissimi i nomi
di scienziate citate per la consulenza scientifica dei lavori, ancora meno
per la regia; e anche la giuria è tutta al maschile. Forse non basta
Margherita Hack – invitata nella giornata di sabato – a rendere
giustizia al lavoro continuo (e nascosto?) di tante ricercatrici, in tutti
i settori della scienza. Milano, 5 aprile 2009 Anna Busca MARZO Evolution e development: da queste due parole, evoluzione e sviluppo, nasce la crasi “evo-devo”, termine che indica lo studio dei geni associati ai processi di sviluppo e al loro ruolo nell’evoluzione delle specie. Ne hanno parlato, all’ultimo Darwin day al Museo di Storia Naturale di Milano, gli zoologi Giuseppe Fusco dell’Università di Padova e Gerd Müller dell’Università di Vienna. Un esempio curioso che sembra contrastare le ipotesi correnti sull’adattamento e il mimetismo criptico è quello dato da una chiocciolina del genere Succinea, che presenta tentacoli vistosi che attraggono gli uccelli predatori. In realtà tali strutture sono fatte crescere da un suo parassita, un verme, che compie il suo ciclo riproduttivo proprio tra la chiocciola e l’uccello. Come può influenzare lo sviluppo dei tentacoli del suo ospite, in modo che venga mangiato da quello che diventerà il suo secondo ospite? Se poi consideriamo i Mammiferi, possiamo chiederci perché quasi tutti posseggano sette vertebre cervicali e perché esistano solo due eccezioni, il dugongo ( dei Sirenia) e il bradipo (dei Folivora). Un altro quesito interessante riguarda invece i centopiedi: perché possiedono solo un numero dispari di paia di zampe? Il DNA di ogni specie è una sorta di “libro di ricette” per fare proteine, con sequenze regolative e fattori di trascrizione che si comportano secondo una logica combinatoria del tipo on/off. Vi è un vero e proprio network genetico di sviluppo. Alcuni geni producono “coordinate spaziali”, segmentano il corpo dell’animale vincolandone lo sviluppo (e questo spiega il caso dei centopiedi, anche se recentemente ne è stato scoperto uno con 80 paia di zampe); i geni omeotici controllano la morfogenesi. Negli Artropodi, che comprendono milioni di specie, vi sono gli stessi geni per le diverse regioni del corpo. Anche Darwin aveva riconosciuto importante l’embriologia, ma come prova dell’evoluzione, non come suo meccanismo. L’idea fu poi sviluppata da Haeckel e altri. Negli anni’80 del secolo scorso è emerso un rinnovato interesse per il rapporto tra sviluppo embrionale ed evoluzione, strettamente correlati. Non esiste comunque una relazione diretta tra la complessità di un organismo e il suo numero di geni: un verme ha 19700 geni e nasce con 508 cellule, un cane ha 19300 geni e alla nascita ha moltissime cellule. Fra la mosca e l’uomo ci sono molti geni in comune per lo sviluppo. Dall’analisi comparativa dei geni del pollo e del topo, risulta che il primo ha molti più geni per le vertebre che non il secondo. Dagli studi attuali si evince che i processi di sviluppo non sono lineari, perchè i cambiamenti sono improvvisi: ad esempio, nello sviluppo degli arti è sempre una falange intera a comparire o scomparire. Non tutte le variazioni sono ugualmente probabili e possono emergere novità a livello fenotipico a prescindere dalla variazione. La selezione è multilivello e l’evoluzione appare dunque discontinua. Nella teoria dell’Evo-Devo, pertanto, è l‘interazione cellule-geni-sviluppo a spiegare il fenotipo in evoluzione, mentre nella teoria sintetica si considera il nucleo centrale darwiniano variazione-eredità-moltiplicazione, che porta all’adattamento. Si possono integrare le due teorie o siamo di fronte a una profonda revisione della teoria darwiniana? Milano, 23 marzo 2009 Anna Busca Al Darwin day al Museo di
Storia Naturale di Milano, il 7 febbraio scorso, si è parlato di Wolbachia,
il batterio che da alcuni anni sta suscitando molti interrogativi tra i
biologi. A trattare la questione è stato Claudio Bandi (nella foto),
docente al Dipartimento di Patologia
animale alla Facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano ed
esperto in biologia evoluzionistica delle simbiosi e delle parassitosi. La
Wolbachia è un batterio Gram negativo, intracellulare, che vive
all’interno delle cellule delle gonadi di più di un milione di specie
di Artropodi (insetti, ragni e piccoli crostacei) e di Nematodi,
interferendo nella riproduzione dei suoi ospiti in modo straordinario per
assicurare a propria sopravvivenza. Questi batteri sono infatti in grado
di femminilizzare i maschi, di indurre partenogenesi, di uccidere gli
embrioni maschili, perfino di sterilizzare le femmine che non li ospitano.
In quest’ultimo caso, il meccanismo prevede che se uno spermatozoo di un
maschio ospite di Wolbachia arriva in un oocita di una femmina
priva di questi simbionti, l’oocita muore per incompatibilità
citoplasmatica, a causa di una sostanza tossica presente nello
spermatozoo, innocua per gli individui che invece ospitano il batterio.
E’ evidente che le femmine con Wolbachia hanno più fitness
rispetto alle precedenti. E’altrettanto chiaro che i batteri di questo
tipo presentano forme di simbiosi mutualistica integrata, si comportano
praticamente come organuli delle cellule in cui si trovano. Molti
scarafaggi lignivori presentano il corpo grasso costituito da cellule
infarcite di questi batteri. Le cellule possono migrare con movimenti
ameboidi e scaricare i batteri negli oociti, che li fagocitano
trascinandoli poi verso la zona centrale. I batteri vengono quindi
trasmessi per via verticale, e si può dimostrare una coevoluzione tra
ospiti e simbionti, una perfetta congruenza tra le due storie evolutive.
Con l’antibiotico tetraciclina si uccidono i batteri e spesso anche lo
scarafaggio ospite. Anche sui Nematodi filaridi (le cosiddette filarie)
gli effetti sono i medesimi: se si uccide Wolbachia si ha un blocco
dell’embriogenesi del verme. Questo aspetto risulta molto interessante
per la cura delle filariosi, dato che le specie di Nematodi più
importanti dal punto di vista medico e veterinario sono spesso ospiti di Wolbachia.
Si ritiene anche che il batterio possa partecipare alla patogenesi di
questa parassitosi: gli individui affetti da filariosi presentano infatti
anticorpi contro alcune proteine di Wolbachia, si attivano quindi
meccanismi di difesa immunitaria. Nella zecca (Ixodes ricinus)
hanno trovato un batterio affine, l’Irices1, presente nel 100%
delle femmine, mentre non si ritrova nei maschi. Questo dato fa sospettare
che sia in grado di intervenire nei meccanismi riproduttivi della zecca,
anche se non si sa con quali modalità. Negli oociti Irices1 è
presente in gran quantità (sono circa 100.000), e la microscopia
elettronica ha rivelato che si trova all’interno dei mitocondri: per
questa ragione è stato ribattezzato Midichloria mithocondri.
Sembra che questi batteri si comportino da parassiti dei mitocondri
stessi, visto che li degradano, e potrebbero essere delle Rickettsie,
gruppo di piccolissimi batteri endocellulari obbligati già noti da tempo.
Le analisi che si stanno compiendo attualmente riguardano il
sequenziamento del loro DNA. In Drosophila, il moscerino
dell’aceto così importante per gli studi dei meccanismi della
trasmissione genica, l’intero DNA di Wolbachia viene incorporato
nel nucleo della cellula: in quale modo questo può avere influito sul
genoma del moscerino e sui risultati sperimentali dei ricercatori? E
ancora: c’è qualche somiglianza tra il DNA di Midichloria e il
DNA mitocondriale dell’Ixodes ricinus? Si potranno avere
importanti conferme della teoria dell’endosimbiosi ancestrale avanzata
qualche decennio fa per spiegare l‘origine delle cellule eucarioti? Milano, 6 marzo 2009 Anna Busca Si è inaugurata a Padova, nel Centro
Culturale Altinate – e resterà aperta fino al 14 giugno – una
bellissima mostra, a cura di Giulio Peruzzi, docente di Storia della Scienza,
e Sofia Talas, conservatrice del Museo di Storia della Fisica, dedicata a
Galileo e alla scienza: Il futuro di Galileo – Scienza e Tecnica dal
Seicento al Terzo Millennio. Quattrocento anni fa, proprio quando
Keplero pubblicava Astronomia Nova, Galileo, docente di Matematica
all’Università di Padova (ove si conserva ancora la sua cattedra, dalla
quale insegnò per ben diciotto anni, dal dicembre del 1592
al settembre del 1610, periodo che Galileo considerò “il migliore della
sua età”) osservava per la prima volta stelle e pianeti con il suo
cannocchiale: scoprì quindi le fasi di Venere, le macchie solari, e corpi
celesti invisibili ad occhio nudo, come i quattro principali satelliti di
Giove. Le sue osservazioni erano certamente compatibili con il modello
eliocentrico, riproposto nel 1543 da Copernico, modello che sia Keplero
che Galileo consideravano più valido di quello geocentrico. Il 12 marzo
del 1610 furono dunque stampate 550 copie, subito vendute, del Sidereus
Nuncius: Galileo, con il suo “Messaggio dalle stelle”, comunicava
i risultati delle sue osservazioni e creava così una vera e propria
cesura tra due mondi, quello arcaico strettamente intrecciato alla
filosofia aristotelica, fondato sul dogmatico ipse dixit, e quello
moderno, aperto all’innovazione e alla sperimentazione. E’ con questa
consapevolezza che chi visita la mostra può cogliere l’importanza del
lavoro di Galileo, come di quello di tanti altri scienziati autori di
scoperte e teorie fondamentali, in un viaggio affascinante dal Seicento ad
oggi. Si possono seguire filmati ed esperimenti “dal vivo”, lungo un
percorso espositivo stimolante e interattivo, il cui allestimento è
davvero molto piacevole ed efficace: pareti perimetrali scure rivestono
gli spazi, con immagini, video, didascalie, insieme a grandi espositori
circolari che richiamano i temi affrontati. L’exhibit
è suddiviso in sette sezioni: dopo un prologo sulla scienza ai tempi di
Galileo, si possono ammirare gli strumenti osservativi, dai primi
cannocchiali ai telescopi e ai rivelatori di raggi X e gamma; si passa poi
alla fisica del moto e alla scienza dei materiali, verso le stupefacenti
nanotecnologie. Interessantissima anche la sezione riservata al vuoto
(“Dal vuoto seicentesco al vuoto quantistico”), dove si ricorda come
l’invenzione della prima macchina pneumatica o pompa da vuoto, dovuta a
Otto von Guericke (1654), poi perfezionata da Boyle, Hooke e Huygens, sia
stata un’altra pietra miliare sulla strada della sperimentazione e della
conoscenza scientifica. Il visitatore è quindi guidato a scoprire la
duplice natura, corpuscolare e ondulatoria, della luce: fenomeni ottici
quali rifrazione, riflessione e diffrazione sono illustrati e spiegati con
grande chiarezza, insieme alla spettroscopia e alla nascita della luce dal
Sole e dalle altre stelle. Passando poi dal microscopio di Galileo ai
microscopi a forza atomica, che con sonde a scansione consentono di
analizzare superfici in scala nanometrica, si giunge all’LHC, il Large
Hadron Collider, ultimo dei grandi acceleratori di particelle, che
consentirà forse di scoprire gli ultimi componenti della materia,
risalendo anche all’origine dell’Universo, al Big Bang. Nel
cortile, infine, si può seguire un tracciato che consente di comprendere,
guardando verso strutture colorate sospese in alto, il fenomeno della
parallasse stellare annua: l’effetto parallattico, misurato per la prima
volta da Bessel nel 1838, è una conseguenza della rivoluzione terrestre
intorno al Sole. Si ritorna quindi, non solo simbolicamente, a Galileo, in
una continua osmosi tra scienza galileiana e scienza contemporanea: le
acquisizioni della scienza, anche quelle più straordinarie e quelle che
ci si propone di ottenere nel futuro, sono infatti indissolubilmente
legate alle sensate esperienze. Nell’Anno Internazionale
dell’Astronomia Il futuro di Galileo è sicuramente da
considerare una meta obbligata. Imperdibile anche il prezioso catalogo
della mostra (ed.Skira). Sede: Centro Altinate, via Altinate 71 Padova;
orario 9.00-19.00 (chiuso i lunedì non festivi). Per informazioni: www.ilfuturodigalileo.it
http://padovacultura.padovanet.it e-mail:
infocultura@comune.padova.it
Call center: 049 2010010 2 marzo 2009, Anna Busca FEBBRAIO Il D-Day si avvicina e si
moltiplicano naturalmente le iniziative connesse all’importante
anniversario darwiniano. Il Museo di Storia Naturale di Milano ospita, dal
4 all’8 febbraio, tavole rotonde, incontri, conferenze. Segnaliamo, per
il pomeriggio
del 4 febbraio Anna Busca DICEMBRE ONU e UNESCO hanno dichiarato il 2009
“Anno dell’Astronomia”: quattrocento anni orsono,infatti, nel mese
di agosto, Galileo (foto) compiva le sue prime osservazioni al
cannocchiale e Johannes Kepler pubblicava le prime due leggi che portano
il suo nome, nel testo Astronomia nova. Poco più di sessant’anni
prima, nel 1543, il De revolutionibus
orbium coelestium di Copernico aveva creato i presupposti per uno dei
più grandi cambiamenti di paradigmi culturali: il passaggio dal modello
geocentrico dell’universo, aristotelico-tolemaico, a quello
eliocentrico, già proposto da Aristarco nel IV secolo a.C. e presto
abbandonato. Le osservazioni compiute da Galileo nel 1609 portarono alla
pubblicazione, nel marzo dell’anno seguente, del Sidereus Nuncius,
dedicato a Cosimo II de’Medici, Granduca di Toscana. I disegni di
Galileo mostravano la superficie della Luna “ineguale, scabra e con
molte cavità e sporgenze”, analoga alla superficie della Terra; le
stelle e i pianeti si evidenziavano come corpi diversi, e le stelle erano
molte di più di quante se ne potesse vedere a occhio nudo. Il telescopio
rivelava anche che 15 dicembre Anna Busca NOVEMBRE Nel 1809 nasceva Charles Darwin che, cinquant’anni dopo, avrebbe pubblicato il testo forse più rivoluzionario della storia della biologia: L’origine delle specie. Il bicentenario sarà celebrato in tutto il mondo, ma intanto sono già partiti progetti e iniziative che si ispirano all’evento. A Milano l’anno darwiniano è stato ufficialmente inaugurato il 10 novembre scorso al Liceo Berchet (www.liceoberchet.it) con una conferenza tenuta dal prof. Francesco Cavalli Sforza sul tema “Evoluzione biologica, evoluzione culturale”, alla presenza di docenti e studenti, nonché di Ilaria Vinassa de Regny, fondatrice dell’Associazione Didattica Museale del Museo di Storia Naturale (www.assodidatticamuseale.it ),insieme a membri del Centro Filippo Buonarroti (www.centrofilippobuonarroti.it). Dalla selezione naturale che va interpretata come fenomeno demografico, e dalla deriva genetica, che tende a rendere omogenea una popolazione di piccole dimensioni nel tempo, Cavalli Sforza – studi a Berkeley, una laurea in filosofia a Milano, figlio di Luigi Luca, genetista e antropologo di fama mondiale, e autore di numerosi saggi - è passato poi a trattare i problemi legati all’ominazione. La storia delle mutazioni genetiche della nostra specie è anche la storia delle migrazioni dei nostri antenati, dalle origini all’espansione nei diversi continenti. L’evoluzione culturale umana è molto più veloce dell’evoluzione biologica: le idee, paragonabili alle mutazioni, sono innovazioni intenzionali, non variazioni casuali. Un’idea straordinaria di 35000 anni fa fu per esempio l’invenzione del propulsore, per scagliare con forza lance con punte di ossidiana contro i mammuth. Le idee si autoriproducono in un ambiente favorevole e sono sottoposte a selezione. Esiste anche una deriva culturale, che ha portato per esempio alla differenziazione delle lingue. La popolazione umana è aumentata di circa mille volte in 100.000 anni, ma dal ‘600 a oggi la crescita è stata davvero impressionante. La trasmissione culturale, in passato prevalentemente unidirezionale, da singolo a singolo, o dal singolo a tutti, ora può svolgersi, in senso orizzontale, da tutti verso tutti, contemporaneamente, grazie a Internet. La nostra evoluzione culturale sta quindi procedendo in modo estremamente rapido, e con modalità impensabili fino a pochi decenni fa. E la nostra evoluzione biologica? Si è forse arrestata, come sostiene il biologo britannico Steve Jones? In realtà procede anche questa, anche se l’uomo interagisce con essa, essendo in grado di manipolare geni e selezionare embrioni. Cavalli Sforza ha parlato di un progetto che gli sta particolarmente a cuore: un Parco scientifico a tema, dedicato soprattutto ai giovani e ai giovanissimi, che presenti attività e installazioni riguardanti la genetica, l’energia e l’ambiente. Intanto, chi vuole “chiacchierare” di scienza in modo piacevole, può andare al roof-garden caffetteria del Museo di Storia Naturale: due giovedì al mese, alle 18.30, si tiene un Café scientifique con docenti, ricercatori, intellettuali. Il prossimo sarà il 27 novembre, sul tema “Si può spiegare la religione da un punto di vista biologico-evolutivo?”.Per prenotare: 0288463337. Per tutte le iniziative programmate nei prossimi mesi: www.pikaia.eu. 24 Novembre Anna Busca OTTOBRE FESTIVAL DELLA SCIENZA A GENOVA E’ in pieno svolgimento la kermesse
scientifica che coinvolge il capoluogo ligure con circa 350 eventi –
mostre, laboratori, lezioni magistrali, incontri, spettacoli, caffè
scientifici – centrati sull’attualissimo tema della Diversità.
Fino al 4 novembre si potrà partecipare a dibattiti e iniziative che
toccheranno argomenti quali “Clandestini:
animali e piante senza permesso di soggiorno”,
“Quando le particelle si
scontrano”, “La diversità
microbica”, per citare solo alcuni tra i numerosissimi e
accattivanti titoli che compaiono nel programma. Per orientarsi tra le
proposte si può accedere al sito (www.festivalscienza.it)
e scegliere uno dei sei percorsi suggeriti per esplorare il tema della
diversità nelle sue molteplici sfaccettature. A Genova circa cinquecento
animatori scientifici (laureandi, dottorandi, giovani ricercatori,
studenti universitari) guideranno i visitatori, presenteranno gli eventi e
saranno sempre a disposizione per ulteriori spiegazioni e chiarimenti.
Un’occasione da non perdere per imparare divertendosi. 29 ottobre 2008 A.B INCIDENTE ALL’LHC Proprio nella stessa data della
pubblicazione dell’articolo “Alla
ricerca del bosone di Higgs”, quando l’accelerazione dei protoni
nell’impianto supertecnologico del CERN stava superando ogni aspettativa
dei ricercatori, un incidente ha improvvisamente interrotto
l’esperimento, verso mezzogiorno. Nel settore 3-4 del tunnel del Large
Hadron Collider una vasta fuga di elio ha evidenziato, come causa, un
mancato collegamento elettrico tra due magneti dell’acceleratore. Il
settore deve essere ora portato
a temperatura ambiente e i magneti coinvolti dovranno essere aperti e
ispezionati. Occorreranno dalle tre alle quattro settimane e solo quando
il controllo sarà completato si potranno dare maggiori dettagli
sull’accaduto. L’esperimento potrebbe ripartire all’inizio della
prossima primavera. Robert Aymar, Direttore Generale del CERN, mostra
tutta la sua amarezza: “Psicologicamente è un brutto colpo per tutti
– afferma – ma si continuerà a lavorare con lo stesso impegno e
rigore di sempre”. Ogni pezzo dell’LHC è unico, ed è un prototipo;
in questi casi sono sempre possibili problemi e intoppi,
soprattutto nelle fasi iniziali del suo funzionamento. Stephen Hawking
dovrà dunque aspettare parecchi mesi per sapere di aver vinto o perso la
sua scommessa sulla “particella di Dio”. Per maggiori informazioni www.cern.ch. 1 ottobre A.B. SETTEMBRE ALLA RICERCA DEL BOSONE DI HIGGS L’esperimento al CERN di Ginevra
sull’acceleratore LHG, partito il 10 settembre scorso e diventato una
sorta di evento mediatico a causa di voci tanto allarmanti quanto
infondate sui suoi presunti rischi, sta proseguendo regolarmente. I
protoni lanciati
in fasci opposti nel Large Hadron
Collider dovranno raggiungere un’energia elevatissima, accelerati
fino a quasi la velocità della luce – circa 11000 giri al secondo
dell’intero anello, lungo 19 settembre Anna Busca Il più importante
appuntamento astronomico dell’anno – il congresso annuale dell’Unione Astrofili Italiani – si svolgerà a Biella dal 19 al 21
settembre. Avrà un prologo il THE FUTURE OF SCIENCE Dal 24 al 27 settembre si svolgerà la quarta Conferenza Mondiale sul Futuro della Scienza, a Venezia (Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore). Il tema di questa edizione è Food and Water for Life, argomento che mette la scienza al centro di uno dei dibattiti più attuali. Nel convegno – cui parteciperanno ricercatori e scienziati da tutto il mondo, insieme a economisti, giornalisti, politici, imprenditori – si cercherà di dare una visione globale di problemi quali la penuria d’acqua, lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, cibo e salute, e di indicare come la scienza e la tecnologia possono contribuire a risolverli. Giovedì 25 le conferenze e la tavola rotonda saranno dedicate alla scarsità delle risorse idriche nel mondo, dove la popolazione è in continua crescita. Si esamineranno dunque strategie per portare acqua potabile a un maggior numero di abitanti del pianeta e per sviluppare sistemi in grado di fornire acqua ad industria ed agricoltura, in modo sostenibile per l’ambiente. Il giorno seguente si parlerà di una meta ambiziosa ma giusta e necessaria, ossia di come porre fine alla fame nel mondo e alla malnutrizione: il cibo è un diritto per tutti. Si discuteranno metodi per migliorare la produttività e la qualità delle piante coltivate, grazie alle attuali biotecnologie, e per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura. Anche le malattie legate a un eccesso di cibo e a diete sbagliate saranno prese in esame. Sabato 27, infine, si affronteranno etica, economia e politica: è necessario comprendere tutti i problemi analizzati in una prospettiva storica, senza perdere di vista gli aspetti politici e morali ad essi legati. Per il calendario degli eventi e per seguire in diretta le conferenze ci si può collegare al sito www.thefutureofscience.org , dove sono anche registrati, in archivio, gli interventi delle passate edizioni. 14 settembre (A.B.) Il National Center for Science and Technology di Amsterdam è un museo
affascinante, proiettato nel futuro, perchè ha lo scopo fondamentale di
interessare alla Scienza e alle sue applicazioni, coinvolgendole
direttamente in una continua interattività, le ultime generazioni (e non
solo!). Il motto del museo è “vietato non
toccare”, affermazione che capovolge i comuni divieti imposti durante le
visite ai musei tradizionali. Situato nel porto di Amsterdam (Oosterdok),
nei pressi della Stazione, Nemo
appare come un’enorme nave verde che sorge dalle acque, perfettamente
integrata nel paesaggio e simbolo della conoscenza che emerge dalle
ricerche e dalle scoperte. E’ il più grande Science
Center dell’Olanda. Lo straordinario edificio, sotto il quale
passa un tunnel stradale, è frutto di un progetto del Renzo Piano Building Workshop (1997); attraverso un lungo passaggio
a scalini si può accedere a una terrazza sovrastante concepita come una
sorta di piazza-solarium, da cui, come sulla tolda di una nave, si può
godere il panorama circostante. Ma è l’interno, una specie di enorme open space attrezzato e suddiviso in spazi tematici, su cinque
piani, che si apre come un mondo fantastico. Le esperienze divertenti che
si possono compiere e che sollevano domande e curiosità sono
innumerevoli: si passa dalla fisica del moto dei corpi all’idrodinamica,
dall’ottica allo studio dell’elettricità e del magnetismo,
dall’acustica all’astronomia, dalla biologia della cellula alla
genetica. In un vero laboratorio, seguiti da esperti, i ragazzi, indossato
il camice da ricercatore, possono dedicarsi alla chimica, alla biochimica,
alla citologia, eseguendo esperimenti come l’estrazione del DNA e molto
altro. Nella sezione dedicata all’anatomia umana una buona parte si
occupa del cervello, della sua struttura e delle sue funzioni;
un settore è riservato ai teen:
forse è l’unico museo al mondo in cui si è dato spazio e rilievo ai
problemi della pubertà e dell’adolescenza. Una zona riservata ai
maggiori di 12 anni spiega, con testi, immagini, modelli, con rigore e
franchezza, “tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso”; la
riproduzione umana, la contraccezione, le malattie a trasmissione sessuale
sono trattate in modo esauriente, anche con giochi (per esempio, un gioco
sugli ormoni sessuali, oppure, più curioso, sul “french
kiss”). Oltre a giochi su vari argomenti
(imperdibile quello delle bolle di sapone giganti, in cui entrano i
bambini) i visitatori possono accedere a filmati e a spettacoli, come le
buffe “reazioni a catena” presentate all’ingresso. Al Nemo si può trascorrere l’intera giornata senza annoiarsi un solo
istante. Lo Science Center è
aperto dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 17.00 (durante le
vacanze scolastiche anche il lunedì). Per ulteriori informazioni si può
consultare il sito www.e-NEMO.nl (anche
in inglese, con filmato di presentazione e schede sulle varie attività). 1 settembre Anna Busca GIUGNO I 170 ANNI DEL MUSEO DI STORIA
NATURALE DI MILANO Giuseppe De Cristoforis, nobile
milanese, nato l’11 ottobre 1803, studiò al collegio di Volterra, in
Toscana, dove si appassionò alle scienze naturali e iniziò, appena quindicenne,
a collezionare insetti,
fossili, conchiglie, piante erbacee, minerali, raccolti durante numerose
escursioni nelle zone circostanti. Viaggiò in Italia e in Europa,
aumentando via via la sua collezione naturalistica e diventando uno dei
migliori esperti di insetti e minerali. Sposatosi nel 1823, rimase vedovo,
con due figlie, nel 1831. Incontrò nello stesso anno Georg Jan,
professore di botanica all’Università di Parma, noto collezionista di
coleotteri e lepidotteri, e a novembre De Cristoforis e Jan decisero di
unire le loro importanti raccolte naturalistiche, ben rappresentative
della flora e della fauna dell’Italia settentrionale. Si dedicarono
quindi a viaggi, ad acquisti e a scambi di pezzi della collezione. De
Cristoforis compilava l’indice dei minerali, Jan curava in particolare
l’erbario, i coleotteri e i molluschi. Nel 1832, anno in cui viaggiarono
molto - dall’Austria, all’Ungheria, fino alla Turchia - stipularono un
contratto di donazione reciproca, in caso di morte, ma nel 1833, il 1°
settembre, De Cristoforis redasse un
testamento in cui esprimeva invece la volontà di lasciare tutta la
collezione alla città di Milano, con il solo vincolo di nominare Jan suo
curatore. La raccolta si trovava in dieci stanze del palazzo milanese di
De Cristoforis, in contrada del Durino
428 (oggi via Durini 27), e qui rimase fino al 1844. Nel 1836 De
Cristoforis compì viaggi importanti, attraversando Russia, Siberia,
Finlandia, Svezia, Norvegia, Scozia, Inghilterra, Olanda, Francia e
ottenendo innumerevoli scambi e acquisti di pezzi pregevolissimi e rari,
in particolare di minerali e di animali vertebrati. Il Museo De
Cristoforis-Jan risultò essere il primo museo naturalistico in Italia per
importanza. Il 27 dicembre 25 giugno Anna Busca PHOENIX
ALLA RICERCA DELL’ACQUA SU MARTE Il 26 maggio scorso è felicemente
scesa nella zona artica di Marte la sonda Phoenix
Mars Lander, con la missione specifica di dare
prove certe dell’esistenza di acqua allo
stato liquido nel sottosuolo marziano. In superficie, per i bassi valori
di temperatura e pressione del pianeta, il ghiaccio d’acqua sublima e si
trasforma in vapore, ma ad una certa profondità le condizioni cambiano e
la fusione del ghiaccio diventa possibile. Già i robot Spirit
e Opportunity, nelle precedenti
missioni, hanno trovato concrezioni (blueberries)
e rocce particolari, che sono tracce convincenti di un lontano passaggio
di acqua liquida, ma la questione che si pongono gli scienziati è se
attualmente esiste, e dove; e naturalmente una sua eventuale scoperta
porterebbe a cercare con maggiore entusiasmo microfossili, o addirittura
qualche forma di vita, seppure primordiale. E ancora, l’ipotesi di una
futura missione umana su Marte prenderebbe forza, perché si potrebbe
contare su qualche risorsa idrica, davvero utilissima se si pensa che il
viaggio richiederà sei mesi (mentre sono necessari solo tre giorni per
arrivare sulla Luna). Un
risultato importante è già stato raggiunto: una patina biancastra
trovata e fotografata da Phoenix si è dissolta in poco tempo, rivelandosi
ghiaccio d’acqua. Intanto, la sonda sta analizzando al microscopio un
campione di suolo marziano, costituito da una leggera polvere, e si
aspettano gli esiti. Per maggiori informazioni si può consultare il sito
del Jet Propulsion Laboratory di
Pasadena: www.jpl.nasa.gov.
(A.B.) A pochi giorni di
distanza, tre terremoti in Paesi affacciati sul Mediterraneo: il primo in
Algeria, il 6 giugno, di magnitudo 5,5, il secondo in Grecia, l’8, nel
Peloponneso (magnitudo 6,5),
seguito da un sisma nella parte orientale di Creta, il 12 giugno
(magnitudo 5,5). Già a febbraio si era registrato un terremoto in Grecia,
con epicentro a 13 giugno 2008 Anna Busca MAGGIO Dal 18 maggio all’8 giugno si
susseguiranno iniziative e incontri in occasione del 2° Festival della
Biodiversità (programma completo nel sito www.festivalbiodiversita.it
) promosso dal Parco Nord Milano, in collaborazione con
il WWF, (A.B.) Domenica
25 maggio le 130 oasi WWF sparse in tutta Italia saranno aperte ai
visitatori che potranno entrare gratuitamente e aderire alle iniziative
proposte. (A.B.) APRILE I FONDI DEL CAFFE’? UNA RISORSA Al Dipartimento di Ingegneria Chimica
dell’Università (A.B.) VEDERE Inaugurata il 31 marzo al Teatro Dal
Verme proseguirà fino al 6 aprile allo Spazio Oberdan la rassegna di film
e documentari scientifici “Vedere (A.B.) FEBBRAIO Un intervento molto interessante,
nell’ambito del ciclo di incontri del Darwin
day milanese al Museo di Storia Naturale, è stato quello tenuto il 16
febbraio dalla genetista Chiara Tonelli (foto), docente universitaria e
coautrice di testi insieme a Edoardo
Boncinelli (Dal moscerino all’uomo: una stretta parentela) e a Umberto
Veronesi (Che cosa sono gli OGM),
della ed.Sperling & Kupfer. Il suo gruppo di ricerca si occupa
principalmente della logica del controllo trascrizionale in piante
modello, della morte cellulare programmata in Arabidopsis,
della regolazione genica della biosintesi dei flavonoidi.
Lo studio della regolazione genetica delle piante è fondamentale
per comprendere come”spegnere” o “accendere” determinati geni, in
funzione degli scopi che i ricercatori perseguono: e i risultati attuali
sono importanti. Nel campo delle risorse energetiche, per esempio, si sta
cercando di ottenere piante da cui ottenere biofuel, bioetanolo da utilizzare come carburante, tali da
richiedere bassi costi in termini di fertilizzanti e d’acqua utilizzata:
infatti solo riducendo le spese per la loro coltivazione si potrà
ottenere un prodotto competitivo sul mercato, oltre che ecocompatibile. Il
mais ha bisogno di troppa acqua e concime, quindi le sue piantagioni per
la produzione del biofuel sono
antieconomiche. La ricerca è mirata alla coltivazione di piante ad
hoc, in cui, per esempio, si sia ottenuto il knock out dei geni che controllano l’apertura e la chiusura degli
stomi: riducendo la perdita d’acqua per traspirazione, la pianta ne
consumerà di meno. Una pianta molto
studiata in proposito è il Miscanthus,
di origine asiatica, facile da coltivare. Anche la biofarmaceutica è
grandemente coinvolta nei lavori di ricerca genetica sui vegetali, in
particolare per la biosintesi di flavonoidi, antiossidanti polifenolici,
tra cui gli antociani, presenti soprattutto nella buccia dei frutti. Gli
antociani hanno un notevole ruolo nella prevenzione dell’infarto del
miocardio; assumere regolarmente spremute di frutti rossi e mirtilli
protegge il cuore in modo efficace. Si sono ottenuti dei pomodori OGM
iperpigmentati, dal colore viola, che non sono in commercio come alimento,
ma vengono studiati per la loro produzione di antiossidanti (soprattutto
il licopene). Dai frutti, per esempio dalle banane, si possono ottenere
anche vaccini. Si possono poi creare piante adatte a crescere su terreni
inquinati da cadmio, mercurio, sostanze nocive, che vengono
assimilate nei loro tessuti decontaminando così il suolo: le piante poi
si raccolgono e la detossificazione può avvenire a costi inferiori
rispetto ad interventi diretti. In conclusione, le piante del futuro
potranno essere di grandissimo aiuto per tutti, in molti ambiti
fondamentali che riguardano la salute dell’uomo e del pianeta. 21 febbraio 2008 Anna Busca DARWIN DAY 2008 Dal 12 febbraio prenderanno l’avvio eventi e manifestazioni correlati alle celebrazioni del “compleanno” di Charles Darwin, in vista del bicentenario della nascita che cadrà nel 2009. Ricco il calendario degli incontri, naturalmente centrati sulle teorie evolutive e in particolare sul tema della domesticazione. Al Museo di Storia naturale di Milano parleranno Giulio Giorello (Il doppio “delitto” di Charles Darwin), Enrico Banfi (Domesticazioni “in sordina”), Manuela Giovanetti (OGM e microrganismi benefici del suolo), Chiara Tonelli (L’evoluzione continua: le piante del futuro) ed altri ricercatori e docenti universitari. Intervengono, anche in altre sedi, Edoardo Boncinelli, Marcello Buiatti, il bioarcheologo inglese Keith Dobney e numerosi illustri relatori. Per il calendario completo delle iniziative, gli orari e le sedi consultare il portale dell’evoluzione www.pikaia.eu. 6 febbraio (A.B.) DICEMBRE IL 2008: ANNO DELLA TERRA Grazie
all’UNESCO e all’Unione Internazionale delle Scienze Geologiche, che
avevano formulato una proposta in tal senso, l’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite ha dichiarato il 2008 International Year of Planet Earth
(IYPE). Come si legge nel sito ufficiale (http://yearofplanetearth.org)
lo scopo fondamentale da perseguire nel 2008 sarà rendere consapevole
la gente delle conoscenze attuali sul nostro pianeta, risultato
della ricerca di circa 400.000 scienziati,
e di come tali conoscenze possono essere utilizzate per renderlo più
sicuro e più in buona salute,
a vantaggio dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il programma
scientifico, che sarà attuato in circa 70 Paesi delle Nazioni Unite che
finora vi hanno aderito, con il supporto di un crescente numero di
organizzazioni internazionali, prevede interventi su molti temi: clima,
salute, acque superficiali, oceani, suolo, interno della Terra,
megalopoli, rischi, risorse e vita. Prepariamoci dunque ad un anno molto
ricco di iniziative in proposito e mirato a coinvolgere noi abitanti del
pianeta Terra nel sostegno ai piani di sviluppo sostenibile. (A.B) Il
2008 vedrà le celebrazioni di numerosi anniversari importanti, molti dei
quali legati al mondo della scienza: ne citiamo solo alcuni. Un secolo fa
riceveva il Premio Nobel per la Chimica il neozelandese Ernest Rutherford,
“per la sua ricerca sulle disintegrazioni degli elementi e la chimica
delle sostanze radioattive”. Fu grazie al lavoro di
Rutherford e del suo gruppo di ricercatori a Manchester –
particolarmente importante il famoso esperimento del bombardamento
di una lamina d’oro con i raggi alfa, del 1911 -
che si arrivò a formulare il modello atomico planetario. L’atomo
cessava di essere “pieno” e diventava fondamentalmente “vuoto”,
con un nucleo piccolissimo di carica positiva al centro, intorno al quale
orbitavano gli elettroni negativi, come in un microscopico sistema solare.
Questo modello fu poi elaborato da Bohr alla luce della teoria
quantistica, e successivamente portò alla formulazione dell’atomo a
orbitali. Quello stesso anno moriva il fisico francese Antoine Henry
Bequerel, cui tanto si deve per la ricerca sulla radioattività. Il 30
giugno 1908 si verificò in Siberia il noto “episodio di Tunguska”:
un’enorme, misteriosa esplosione devastò più di 2000 km2 di
foresta. Ancora oggi ricercatori – geologi, astronomi, fisici, chimici -
si recano sul luogo per esaminare reperti e
chiarire definitivamente le cause del disastro, anche se sembrano
evidenti tracce che portano a
un nucleo cometario, esploso prima dell’impatto. Il 28 dicembre, alle
5.21 del mattino, fu invece la Terra a tremare e a portare devastazioni:
Messina e Reggio Calabria furono distrutte da un violentissimo terremoto.
Le vittime furono 80.000 a Messina (su 130.000 abitanti) e 15.000 a Reggio
(su 45.000). Messina si prepara a celebrare l’anniversario della
catastrofe con mostre, convegni, spettacoli teatrali e l’esecuzione di
un Requiem appositamente composto. 28 dicembre Anna Busca QUARANT’ANNI FA IL PRIMO TRAPIANTO CARDIACO Il 2 dicembre 1967 al Groote Schuur Hospital di Città del Capo, in Sudafrica, un cardiochirurgo quarantacinquenne fino ad allora sconosciuto inaugurava un’era nuova nella storia dei trapianti d’organo: in un intervento durato circa nove ore, grazie ad un team di una trentina di medici e infermieri, Christiaan Barnard sostituì il cuore gravemente compromesso di un paziente diabetico, Louis Washkansky, con quello prelevato da una giovane donna, Denise Darvall, deceduta per un incidente automobilistico. Enorme fu l’impressione nel mondo: sembrava che il mito di Frankenstein diventasse realtà. Il trapiantato sopravvisse per diciotto giorni: la morte fu causata da un’infezione da Pneumocystis pneumoniae, che colpì Washkansky a causa della forte terapia immunosoppressiva cui era stato sottoposto. Un mese dopo Barnard trapiantò il muscolo cardiaco ad un altro malato, Philip Blaiberg, che morì un anno e mezzo dopo l’intervento. Nel 1969 fu operata Dorothy Fisher, che sopravvisse per ben ventiquattro anni. Dal 1984, grazie agli ultimi farmaci immunosoppressori, più efficaci, “eredi” della ciclosporina, più di due terzi dei pazienti trapiantati restano vivi e in buona salute a cinque anni dall’operazione. Il trapianto cardiaco oggi è quasi di routine e non suscita più alcun clamore. Stupiscono molto invece i trapianti della faccia o degli organi genitali, per esempio, e suscitano attualmente grandi dibattiti e speranze quelli delle cellule staminali. Sono trascorsi solo quattrocento anni dalla pubblicazione del testo De Curtorum Chirurgia per insitionem di Gaspare Tagliacozzi (1596), considerato il fondatore della chirurgia dei trapianti: egli riusciva a compiere con successo innesti di cute prelevata dallo stesso paziente, mentre falliva quelli che coinvolgevano altri donatori. Considerava il rigetto la prova inoppugnabile della “forza e potere dell’individualità”. Ma la ricerca scientifica e il coraggio dei pionieri della chirurgia dei trapianti hanno sconfitto molti ostacoli. A Città del Capo il Christiaan Barnard Memorial Hospital ricorda chi si impegnò in questa lotta fino a quando – ironia della sorte – un’artrite reumatoide gli impedì l’uso delle mani costringendolo ad abbandonare la sala operatoria nel 1983. Barnard morì nel 2001. 1 ottobre Anna Busca NOVEMBRE L’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro ha celebrato il 9 novembre la sua Giornata, con manifestazioni ed eventi in tutta Italia. Sabato 10, in venti città italiane, i ricercatori oncologici hanno incontrato il pubblico per esporre gli ultimi risultati dei loro lavori e per dibattere intorno al tema comune scelto quest’anno: L’ambiente da difendere è anche dentro di noi. La prevenzione passa dunque attraverso una sorta di approccio “ecologista” nei confronti del nostro ambiente interno, dove operano i nostri geni. Le cause all’origine del cancro sono da ricercare anche dentro il nostro organismo: fattori di rischio sono il fumo, le radiazioni solari, una cattiva alimentazione, l’inquinamento, ma anche geni “impazziti” che sfruttano in modo anomalo l’ambiente cellulare per sviluppare e alimentare il tumore. Fra pochi giorni sarà disponibile sul sito AIRC (www.airc.it) la registrazione dell’incontro di Roma, al Campidoglio, con Umberto Veronesi (Istituto Europeo di Oncologia di Milano), Paola Muti (Ist.Tumori Regina Elena di Roma), Riccardo Dalla Favera (Columbia University, New York), e il matematico Pier Giorgio Odifreddi. Sullo stesso sito sono disponibili interessanti lavori con schede e animazioni, Educational interattivi, sui diversi argomenti correlati: si può iniziare dal recentissimo La società delle cellule, per poi vedere i precedenti (I geni della cura, Il linguaggio delle cellule, La Postgenomica). La RAI fino all’11 novembre dedica numerose trasmissioni alla raccolta fondi per la ricerca, ospitando anche ricercatori e scienziati. Umberto Veronesi parteciperà ad Elisir, la serie televisiva di incontri dedicati alla salute. Anche il gioco del calcio sostiene le iniziative legate alla raccolta fondi. Per informazioni sul calendario si può consultare il sito www.airc.it 10 novembre (A.B.) OTTOBRE IL FESTIVAL DELLA SCIENZA A GENOVA Ancora pochi giorni per approfittare delle numerose e interessanti proposte – conferenze, dibattiti, mostre, spettacoli, laboratori - in calendario nel Festival della Scienza 2007 del capoluogo ligure. L’iniziativa chiuderà infatti i battenti il prossimo 6 novembre, dopo l’inaugurazione del 25 ottobre, e molti sono ancora gli incontri previsti, mattina e pomeriggio. Si può partire ascoltando docenti e ricercatori sul tema dell’anidride carbonica e del riscaldamento globale (“ CO2: colpevole o innocente?”), per passare alla temperatura più bassa (“Verso lo zero assoluto”), fino a riflettere su questioni di bioetica come “Il testamento biologico” (1 Novembre). Per il 2 la scelta può spaziare dai “Cetacei” alle “Cellule staminali del sangue e del midollo osseo”; qualcosa di nuovo in “Curiosità e sorpresa nella vita quotidiana” e “Come ragioniamo”. Nei giorni successivi “La scienza nel braccio della morte”, “I robot del mare”, spettacoli come “Il naso di Darwin” o “Lo spettacolo della Fisica”. Per informazioni sul programma completo della manifestazione, con luoghi e orari, e per prenotare: www.festivalscienza.it. (A.B) SETTEMBRE BERGAMO SCIENZA 2007 Parte lunedì 1 ottobre – per concludersi domenica 21 - la V edizione di questa interessante kermesse scientifica, che si avvarrà, come nelle passate edizioni, di conferenze, lezioni, laboratori interattivi, tavole rotonde, concerti, spettacoli teatrali, mostre: tutto all’insegna di un aggiornamento culturale rivolto a un pubblico affascinato dai grandi temi del dibattito scientifico attuale. I relatori sono soprattutto italiani e tra loro spiccano Piergiorgio Odifreddi, Luca Cavalli-Sforza, Edoardo Boncinelli, Giovanni Caprara; partecipano anche docenti e ricercatori del MIT di Boston, di università statunitensi, inglesi, tedesche, e il Premio Nobel 1981 per la Chimica, Roald Hoffmann, che è anche drammaturgo e scrittore. Qualche titolo: “Può l’uomo far ricrescere organi che hanno smesso di crescere?”, “Il genoma umano: dove siamo e dove andiamo”, “Riscaldamento del globo: stiamo aumentando la forza degli uragani?”, “Le fonti energetiche del futuro”, “La città cablata”, “Le scienze del restauro”, “Ingegnerizzare le cellule per scoprirne nuove funzioni”. Gli ingressi sono sempre gratuiti, fino ad esaurimento dei posti. Per il programma completo della manifestazione si può consultare il sito www.bergamoscienza.it Milano, 29 settembre 2007 (A.B.) ARRIVA ASTRONOMIX! 20 settembre 2007, A.B. SULLE SPALLE DEI GIGANTI Riparte il ciclo di conferenze e incontri con i protagonisti della ricerca scientifica e tecnologica attuale, nella sede “storica” milanese del Museo “Leonardo da Vinci”, con ingresso libero (fino ad esaurimento dei posti) in via Olona 6 bis. Martedì 25 settembre, alle 18.30, parlerà il tenente colonnello dell’Arma dei Carabinieri Luciano Garofano, dal 1995 comandante del famoso RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Parma, laureato in Scienze Biologiche e specializzato in Tossicologia forense. L’analisi del DNA ha dato una svolta fondamentale alle modalità di conduzione di un’indagine riguardante un delitto o una violenza sessuale o altri casi giudiziari. Sono ormai moltissimi gli esempi da citare, dove le impronte biologiche hanno consentito di rivelare l’identità di una vittima sconosciuta, oppure di scoprire il colpevole di un omicidio, scagionando pertanto eventuali altri indagati. La cosiddetta “genetica forense”è oggetto quindi di grande interesse e sviluppi. La questione da dibattere è: si aprirà anche in Italia, come in Gran Bretagna e in altri Paesi, una Banca dati di DNA? Quale sarebbe la sua utilità? Si può ritenere una violazione della privacy del cittadino? In linea con questo tema le conferenze successive, tenute da Luigi L.Cavalli Sforza (“Il futuro del genoma e la diversità umana”, 24/10) e da Edoardo Boncinelli (“Scienza e società”, 20/11). Per informazioni: www.museoscienza.org 15 settembre (A.B.) THE
FUTURE OF SCIENCE 2007 “The Energy Challenge”,
“La sfida energetica”, è il titolo scelto per la terza edizione del
convegno internazionale “The future of science”, che si terrà
a Venezia dal 19 al 22 settembre.,organizzato dalle fondazioni Umberto
Veronesi, Giorgio Cini e Silvio Tronchetti Provera. La prima giornata sarà
centrata sulla cerimonia d’apertura; il 20 si discuterà di fonti
energetiche attuali e future, il 21 di ambiente e salute, il 22 di etica,
politica ed economia. Tra i relatori spiccano il Nobel Carlo Rubbia, che
parlerà di energie rinnovabili, James Lovelock, che tratterà dell’uso
dell’energia e degli effetti sugli animali, Peter Atkins, che ha il
compito di introdurre le conferenze con il tema “La natura
dell’energia”. Molto interessante sarà il dibattito sul riscaldamento
globale (ne parleranno in particolare Richard Lindzen, del MIT, Richard
Klausner, H.J. Schellnhuber) e sul mondo “post-Kyoto”. Ancora
troppo esiguo il numero di scienziate partecipanti, per cui il convegno è
tutto “al maschile”. Per il programma dettagliato, gli abstract
degli interventi e i profili dei relatori: www.thefutureofscience.org.
Tel.0276018187, info@thefutureofscience.org.
10 settembre (A.B.) ANCHE BUFFON COMPIE TRECENTO ANNI Il 7 settembre 1707, qualche mese
dopo Linneo, nasceva in
Borgogna, a Montbard, Georges
Louis Leclerc, figlio di Benjamin, che dieci anni dopo sarebbe diventato
consigliere del parlamento a Dijon, e di Anne-Christine Martin. Dopo aver
studiato dai gesuiti, si dedicò al diritto per poi passare a studi di
matematica e botanica ad Angers. I suoi interessi per le scienze l’avrebbero portato a diventare uno dei
maggiori naturalisti del Settecento, più noto sotto il nome di Buffon,
con cui si fece chiamare fin dal 1734 (divenne poi conte di Buffon, una
località della signoria di famiglia, nel 1773). Venne a contatto con
importanti matematici del tempo, viaggiando soprattutto in Svizzera e in
Italia; a Parigi conobbe il filosofo Voltaire. Giovanissimo, divenne
membro dell’Accademia delle Scienze.Nominato
curatore del Jardin du Roi nel 1739, ebbe modo di occuparsi in modo
approfondito delle scienze naturali, alle quali consacrò tutto il suo
lavoro. Fondamentale la sua opera enciclopedica Histoire naturelle, générale
et particulière, in 36 volumi, pubblicati tra il 1749 e il 1789, che
gli diede fama e onore: dedicata al mondo vivente ma anche ai minerali e
al pianeta Terra, di cui Buffon immaginava l’origine legata a
interazioni tra Sole e comete. Riteneva anche che l’età della Terra
fosse di diverse decine di migliaia di anni, in contrasto con le
convinzioni religiose dell’epoca.
Il termine “Histoire” si contrapponeva inoltre ad un’idea
fissista della natura, e questo lo poneva certamente in disaccordo con
Linneo, di cui non condivideva alcuni principi di classificazione degli
organismi. In effetti Buffon non era un sistematico, e nella sua
monumentale opera compaiono errori e idee che sono in realtà ancora
retaggio aristotelico o pliniano. Ciononostante la sua importanza per gli
studi successivi resta grandissima: Buffon getta infatti le basi per
lavori di anatomia comparata che saranno pilastri portanti delle teorie
evolutive; la stessa ipotesi di un cambiamento delle specie risulta
innovativa per l’epoca. L’affermazione “Le grand ouvrier de la
Nature est le Temps” (Les Animaux sauvages, IR VI, 1756), per
esempio, comporta importanti implicazioni culturali, in primis
l’allontanamento dall’idea
di un Grand Ouvrier di
natura divina. Senz’altro i lavori di Buffon influenzarono il giovane
Lamarck, che per un breve periodo, nel 1781, fu anche precettore del
figlio adolescente di Buffon, Georges-Luis-Marie, detto Buffonet, che
sarebbe poi morto tragicamente durante il Terrore (ghigliottinato nel
1794, trentenne, nello stesso anno e nello stesso modo in cui morì il
grande chimico Lavoisier). A Buffon, che aveva perso precedentemente una
figlia in tenerissima età e l’amata moglie a soli trentasette anni, fu
almeno risparmiato il dolore della perdita dell’unico figlio: era
infatti già morto, sei anni prima.
Per approfondimenti, un sito molto interessante dedicato al grande
naturalista: www.buffon.cnrs.fr 6 settembre 2007, Anna Busca In un incontro pubblico al Planetario
Hoepli di Milano, tenutosi il 3 settembre, sono stati
annunciati ufficialmente i nomi dei vincitori del prestigioso premio che
da cinquant’anni viene assegnato a scienziati, studiosi, artisti, scelti
tra candidati segnalati da università, istituzioni culturali e accademie
di tutto il mondo. Tra
le materie premiande, scelte ogni anno, risultavano per il 2007 anche
l’immunologia e la nanoscienza, che hanno visto rispettivamente come
vincitori lo statunitense Bruce Beutler congiuntamente al francese Jules
Hoffmann (nella foto), per gli esiti dei loro studi sull’immunità
innata, e il giapponese Sumio Iijima (nella foto), per i suoi lavori sui
nanotubi di carbonio a parete singola. Autorevoli membri del Comitato
Generale della Fondazione Balzan – tra cui il professor Nicola Cabibbo,
docente di Fisica alla Sapienza di Roma - hanno illustrato le motivazioni
dell’assegnazione dei premi, che hanno messo in luce gli aspetti
fondamentali delle ricerche e la loro importanza scientifica. Beutler e
Hoffmann -The Scripps Research Institute, La Jolla e Académie des
Sciences, Parigi- hanno saputo chiarire i meccanismi molecolari e genetici
dell’immunità innata degli insetti, isolando peptidi responsabili della
risposta immunitaria contro batteri e funghi, ed evidenziando anche i
recettori di tali molecole e i geni coinvolti. Hanno messo in luce gli
stretti legami tra l’immunità innata degli invertebrati e quella
adattativa, più evoluta e complessa, dei Vertebrati superiori. I loro
lavori aprono la strada a studi innovativi sui vaccini, sulle allergie,
sulle malattie autoimmuni. Iijima (Meijo University, Nagoya), ha lavorato
su strutture costituite da atomi di carbonio legati in strutture
esagonali, che si avvolgono a formare fibre dello spessore di nanometri e
della lunghezza di millimetri o centimetri. Tali nanotubi, ad alta
resistenza, si prestano a varie applicazioni, per esempio per costruire
diodi, transistor, display o per rinforzare altri materiali. Il professor
Paolo de Bernardis ( nella foto), vincitore
del Premio Balzan 2006 per “Astronomia e astrofisica osservative”, ha
poi tenuto una Lectio magistralis sul tema “Archeologia
dell’Universo”. Dal paradosso di Olbers, dovuto all’idea newtoniana
di spazio assoluto e universo statico,
fino alla sua soluzione grazie a nuovi strumenti rilevatori che
hanno consentire l’indagine nell’infrarosso e nelle microonde (come
nell’esperimento BOOMERang su pallone stratosferico in Antartide),
passando attraverso la teoria della relatività di Einstein, il red
shift delle galassie, la legge di Hubble, l’espansione
dell’universo, la radiazione di fondo, de Bernardis ha compiuto un
viaggio nel tempo e nello spazio, chiudendo l’affascinante lezione con
l’immagine di un universo “neonato”- luminosissimo se i nostri occhi
potessero percepire le microonde - e con l’enigma della materia e
dell’energia oscure. Di
grande fascino anche il luogo in cui si è svolto l’incontro: il
Conservatore del Planetario, Fabio Peri, ha potuto mostrare il cielo di
Milano sottolineando l’effetto spiacevole dell’inquinamento luminoso,
che impedisce l’osservazione della maggior parte delle stelle; dopo aver
ricordato che il 2009 sarà l’Anno Internazionale dell’Astronomia, ha
ringraziato l’Assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi per il suo
precedente intervento, che suggeriva che la metà del Premio vinto per
l’astronomia (e che obbligatoriamente deve essere destinato dal premiato
a progetti di ricerca) potesse andare proprio al Planetario per
l’acquisto di un nuovo strumento più moderno. Tale proposta risultava
anche in sintonia con quanto detto in apertura dal Sindaco Letizia Moratti,
che ha infatti auspicato una sinergia tra Comune di Milano e Fondazione
Balzan, per finanziare lavori di ricerca e studi scientifici che possano
avere ricadute importanti per la città. Il Sindaco ha ricordato che
Milano è l’unico Comune ad avere un Assessorato alla Ricerca e si pensa
anche ad un Polo del Farmaco, ad una collaborazione col Politecnico, e
alla cablatura della città, che consentirebbe anche, per esempio, di
seguire corsi universitari tramite una rete cablata del Comune. Sergio
Romano, Presidente del Comitato Generale Premi, insieme a Bruno
Bottai, Presidente della Fondazione, presentando origini e fini del Premio
Balzan ha espresso il suo parere favorevole, condividendo con
soddisfazione quanto proposto. Il Premio verrà consegnato ai vincitori il
prossimo 23 novembre a Berna. Per ulteriori informazioni www.balzan.it 4 settembre 2007, Anna Busca
MAGGIO FESTIVAL DELLA BIODIVERSITA’ Fino al 5 giugno sono previste in
tutta Italia manifestazioni, mostre, iniziative dedicate soprattutto ai
giovani, mirate a sottolineare l’importanza della biodiversità. Questo
termine indica la varietà di specie presenti in un ecosistema: un alto
numero di specie appartenenti ad una comunità ecologica rappresenta un
complesso equilibrio che va preservato come patrimonio prezioso, ed è
fonte di conoscenze sul mondo vivente in quanto terreno fertile per i
processi evolutivi. Sappiamo che gli ambienti connotati da una
straordinaria biodiversità sono la foresta amazzonica e le barriere
coralline, ma anche un bosco o uno stagno possono rivelare
la presenza di molteplici forme di vita. Gli ecosistemi devono
essere considerati risorse di
valore inestimabile, ma la
pressione antropica sull’ambiente è tanto elevata da non garantirne il
mantenimento, e il numero di specie in pericolo va aumentando. Molti Paesi
si sono impegnati per ridurre la perdita della biodiversità entro il
2010, ma tale obiettivo si potrà raggiungere solo con un’effettiva
azione governativa di protezione ambientale unita alla sensibilizzazione
di una larga fascia della popolazione sulle tematiche ecologiche. Dopo la Giornata
delle oasi, svoltasi domenica 20 maggio con l’apertura gratuita al
pubblico delle Oasi naturalistiche del WWF (grande l’affluenza di
visitatori!), si continua con conferenze e incontri nei Musei di Storia
Naturale, nelle sedi universitarie e nei Parchi. A Milano la sede
preferenziale è il Parco Nord, dove si svolgeranno visite guidate, giochi
e laboratori creativi, dibattiti, accompagnati da eventi teatrali e
cinematografici; l’Università Bicocca organizza due convegni il 28 e il
29 maggio. Il 24 maggio si celebrerà la Giornata Europea dei Parchi, il 5
giugno la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Per maggiori informazioni
www.festivalbiodiversita.it,
www.wwf.it,
www.corpoforestale.it . Milano, 21 maggio 2007 A. B. LINNEO: UN “COMPLEANNO” DA
NON DIMENTICARE Nel 2009 si celebrerà,
nei Musei di Storia Naturale di tutto il mondo, il bicentenario della nascita di
Charles Darwin, e
già associazioni e istituzioni scientifiche si sono mosse festeggiando a
febbraio, ormai da qualche anno, il Darwin day. Ma in questi
giorni occorre ricordare un altro illustre anniversario, e di un altro
Carlo, che ha dato senza dubbio un contributo grandissimo agli studi
naturalistici, pur essendo un convinto creazionista-fissista e quindi ben
lontano dalle idee che, un secolo dopo, sarebbero state sostenute con
tanta risonanza e successo da Darwin.
Si tratta dello svedese Carl Nilsson, o meglio Linneo, così
conosciuto perché firmava i suoi lavori con il nome latinizzato
“Carolus Linnaeus”. La scelta di tale cognome
trae origine dal fatto che in una proprietà di famiglia crescevano
numerosi tigli, chiamati “Linn” nel dialetto locale, da cui derivava
il nome della proprietà stessa (“Linnegard”). Linneo nacque il
23 maggio 1707, esattamente trecento anni fa,
in provincia di Rashult. Era figlio di un pastore luterano, Nils
Ingemarsson, appassionato di piante e giardini, e certamente gli interessi
botanici del padre coinvolsero il giovane Carl. Seguì – come fece poi
Darwin - studi di medicina, a vent’anni, prima a Lund e poi a Uppsala,
principalmente per il fatto che tale indirizzo consentiva di approfondire
le conoscenze sulle piante medicinali. Nel 1731 pubblicò un saggio sulla
classificazione delle piante, basata sui loro organi riproduttivi.
L’Accademia delle Scienze lo inviò in Lapponia e nella Svezia centrale
a capo di spedizioni scientifiche, col compito di
studiare la flora locale. Percorrendo circa 7000 chilometri, scoprì
un centinaio di nuove specie vegetali. Linneo si trasferì poi nei Paesi
Bassi, dove conseguì la laurea in medicina presso l’Università di
Harderwjick. Qui ebbe modo di conoscere diversi naturalisti importanti,
come il medico-botanico Hermann Boerhaave, e pubblicò la prima edizione
del Systema Naturae (1735). Il trattato classificava gli
esseri viventi, suddivisi in due Regni – Animalia e Plantae
– e i minerali, considerati un terzo regno, secondo criteri soprattutto
morfologici, e si basava su lavori precedenti di un naturalista del XVI
secolo, Otto Brunfelds. Viaggiò in Francia e in Spagna tra il 1735 e il
1738 e poi ritornò in Svezia, dove esercitò la professione di medico, a
Stoccolma, specializzandosi nelle cure per la sifilide. Nel 1741, a soli
trentaquattro anni, ottenne la cattedra di Medicina all’Università di
Uppsala, e l’anno seguente quella di Botanica, che tenne fino alla
morte. Nel 1747 fu nominato medico della Casa Reale di Svezia, e nel 1762
gli fu conferito un titolo nobiliare
(da quell’anno assunse come nome Carl von Linnè). Morì nel
1778, e in seguito le sue collezioni, i suoi manoscritti e la sua
biblioteca furono acquistati dal naturalista inglese Sir James Edward
Smith, che fondò
la famosa Linnean Society of London. L’opera fondamentale
di Linneo, il Systema naturae, ebbe numerose edizioni successive,
in cui via via veniva migliorata la classificazione precedente e perfezionata
la nomenclatura binomia, tuttora usata dai biologi,
ossia l’identificazione di una specie mediante un primo nome, un
sostantivo con l’iniziale maiuscola, corrispondente alla categoria
“genere”, e un secondo nome, scritto minuscolo, per lo più un
aggettivo, corrispondente alla categoria “specie”. Entrambi i nomi
erano scritti in latino e consentivano ai naturalisti un riconoscimento più
facile dei viventi, evitando la confusione che poteva nascere dall’uso
di nomi comuni nelle diverse lingue. Generi simili venivano raggruppati in
famiglie, le famiglie in classi, le classi in tipi, questi in regni. Le
classi degli animali erano sei: vermi, insetti, pesci, rettili, uccelli e
mammiferi. La tassonomia linneana, così gerarchica, ordinava utilmente i
viventi e rendeva più semplici le comunicazioni tra i naturalisti. Le
nuove specie scoperte, che per lo più arrivavano in Europa dagli altri
continenti, potevano essere denominate e inserite in un gruppo, come una
scheda in un archivio. Non sempre in realtà le suddivisioni operate da
Linneo avevano davvero valore scientifico: egli, per esempio, classificò
gli Aves in sei gruppi
solo per creare armonia con i sei gruppi in cui aveva diviso i Mammalia.
Lo scopo di Linneo, dichiarato nella presentazione dell’opera, era in
effetti più filosofico-religioso che scientifico: egli voleva,
fondamentalmente, mostrare
l’ordine e l’armonia della creazione divina. Paradossalmente, invece,
fu proprio il suo meticoloso lavoro di classificazione a creare i
presupposti per le idee evoluzioniste. I naturalisti cominciarono infatti
a porsi sempre più spesso domande sulla complessità del mondo vivente,
sulle somiglianze tra specie di
continenti diversi, sui caratteri distintivi di organismi molto simili,
sulle vestigia, sul significato dei fossili, sul concetto stesso di
specie. Inoltre Linneo, classificando l’uomo come animale appartenente
alla specie Homo sapiens, l’aveva di fatto tolto da quella
posizione di “supremazia” biologica sostenuta dal pensiero
aristotelico. E il problema dell’Origine (delle specie,
dell’uomo, della vita, della Terra…) si ripropose con maggior forza,
in un clima culturale reso intanto più vivace e razionale
dall’illuminismo. (Per maggiori informazioni sulle
celebrazioni del 3° Centenario di Linneo: www.linnean.org
, sito della Linnean Society of London). Milano, 10 maggio 2007 Anna Busca UNA “PASSEGGIATA” ASTRONOMICA La sera del 19 maggio, camminando per
le strade di qualsiasi città, si correrà il rischio di vedere qua e là
crocchi di persone con gli occhi al cielo. Staranno seguendo le
indicazioni di qualche esperto che indicherà loro pianeti e costellazioni
e guiderà le osservazioni con
telescopi amatoriali, spesso costruiti con tubi di cartone. Nulla
di cui stupirsi: si tratta infatti di un’iniziativa tanto singolare
quanto lodevole, la 1st International Sidewalk Astronomy Night,
ovvero la 1^ notte internazionale dell’astronomia “da marciapiede”,
proposta dal californiano John Dobson, l’inventore del telescopio
dobsoniano (telescopio newtoniano altazimutale) e fondatore dell’omonima
associazione di San Francisco dedicata proprio a questo tipo di approccio
alle stelle, aperto a tutti. Le associazioni astrofile sono invitate
quindi a posizionare telescopi portatili sui marciapiedi e ad aspettare
che la gente si avvicini, incuriosita. L’inquinamento luminoso non
impedirà l’emozionante osservazione della Luna (sarà una falce
sottile) e di Saturno con i suoi anelli. Ricordiamo che il 22 maggio, a
partire dalle h 21.40 circa, ci sarà una spettacolare occultazione
proprio di questo pianeta da parte della Luna: la si potrà seguire anche
tramite un collegamento in diretta grazie al sito www.uai.it,
in collaborazione con il Corriere della Sera. 8 MAGGIO A.B. APRILE IL PRINCIPIO
D’INDETERMINAZIONE COMPIE OTTANT’ANNI Nato a Wurzburg nel
dicembre 1901, laureato in Fisica all’Università di Monaco nel
1923, con risultati deludenti a causa del suo scarso interesse per la
Fisica sperimentale, Werner
Heisenberg ha solo venticinque anni quando formula il suo famoso Principio,
una sorta di fondamentale spartiacque per tutta la fisica teorica. E’
infatti il mese di marzo del 1927 quando il giovane Werner – già
assistente di Niels Bohr (foto in basso) a Copenhagen - spedisce alla rivista Zeitschrift
fur Physik l’articolo che contiene il principio
d’indeterminazione. Come dirà in seguito, fu in particolare una frase
di Albert Einstein - “E’
la teoria a decidere che cosa possiamo osservare” - a suggerirgli una
serie di riflessioni sulla
natura del moto dell’elettrone. Heisenberg
si chiede se la meccanica quantistica è in grado di rappresentare il
fatto che un elettrone di un atomo si trovi approssimativamente in un
punto dato e si stia spostando approssimativamente a una
velocità data. Inoltre, si domanda se si è effettivamente in grado di
calcolare posizione e velocità dell’elettrone con sufficiente
approssimazione, tale da non inficiare poi il lavoro sperimentale. Nel
mondo macroscopico, interpretato alla luce della fisica classica, questa
domanda ha una risposta affermativa, ma nel mondo della meccanica
quantistica l’idea di poter collocare esattamente gli oggetti cade.
Supponiamo che una particella in moto abbia una posizione x e un
momento p. Il momento (o
quantità di moto) di un corpo è una grandezza vettoriale pari al
prodotto della sua massa per la sua velocità, e resta costante in un
sistema meccanicamente isolato. Se Dx e Dp sono le
incertezze nella misura della posizione e del momento, il loro prodotto DxDp
risulta essere dell’ordine della costante di Planck h, ossia
maggiore o uguale al rapporto h/4p
(circa 10-35J-s). E’ questa relazione matematica nella
coppia di grandezze x e
p a costituire il fondamento del Principio. Una conseguenza
di questa relazione è infatti l’impossibilità di misurare
contemporaneamente con la massima precisione la posizione e il momento di
un corpo; tanto più accuratamente la posizione x è definita,
tanto meno lo sarà il momento p e viceversa.
Nel mondo della meccanica quantistica, quindi, non si può
prevedere con certezza dove
sarà una particella, si potrà solo parlarne in termini statistici,
associando probabilità sempre inferiori al 100%. Un oggetto che avesse
una probabilità pari al 99% di trovarsi in un determinato punto, avrebbe
anche la probabilità dell’1% di trovarsi altrove! Il Principio
deriva dalla definizione matematica di operatore nella fisica quantistica
rielaborato da Dirac e Jordan (come operatore posizione e operatore
momento). Entrambe le variabili coniugate considerate risultano
reciprocamente incontrollabili: la natura impone dunque un limite
intrinseco alla conoscenza, cioè alla misurazione. Dato il valore del
prodotto delle incertezze, esso diventa significativo solo dove il valore
dell’incertezza delle misure della posizione e del momento è piccola,
quindi nel mondo degli atomi e delle particelle subatomiche. Nel mondo
macroscopico l’effetto del principio d’indeterminazione viene
solitamente ignorato, in quanto trascurabile. Nel mese di aprile,
Heisenberg spedisce alla rivista Forschungen und Fortschritte
l’articolo”Sui principi fondamentali della meccanica quantistica”,
in cui fornisce la sua interpretazione del Principio. Sarà Bohr, nelle
settimane successive, a contestare alcuni punti del suo lavoro e a
costringerlo, a maggio, a inviare un post scriptum a Zeitschrift
fur Physik. Heisenberg deve riconoscere che l’indeterminazione
deriva dal tentativo di misurare fenomeni che comportano la
considerazione simultanea della natura corpuscolare e di quella
ondulatoria della materia, e non dalla discontinuità delle particelle.
Fondamentalmente, quindi, il Principio d’indeterminazione può essere considerato il risultato del dualismo
onda-particella - concetto elaborato in particolare da De Broglie circa
tre anni prima. Il Principio – e anche Bohr ne è
consapevole – sta per diventare un pilastro della meccanica quantistica.
E, neppure un anno dopo, Werner Heisenberg sarà in Germania il più
giovane professore ordinario di Fisica teorica, all’Università di
Lipsia. Milano, 15 aprile 2007 Anna Busca RICERCHE SU NUOVE METODICHE
ESTRATTIVE DEL LICOPENE ALLA “SAPIENZA” Dagli anni ’90 industrie chimiche e
alimentari, istituti universitari e di ricerca, come il CNR, hanno
incrementato progetti e studi sulle tecniche estrattive di diverse
sostanze di origine vegetale, in particolare di antiossidanti, tra cui il
licopene, un carotenoide precursore del beta-carotene, presente
soprattutto nella buccia dei pomodori maturi (vedi “A proposito di
licopene”, 24 marzo 2006, corrierebit/Scienza).
Il licopene – che prende il nome proprio dal pomodoro, Solanum
lycopersicum) vanta, lo ricordiamo, proprietà antitumorali e
antiinvecchiamento. Il Dipartimento di Ingegneria Chimica
dell’Università “La Sapienza” di Roma ha avviato una ricerca,
coordinata dal prof. Roberto Lavecchia (roberto.lavecchia@uniroma1.it
), con l’obbiettivo di utilizzare gli scarti della lavorazione del
pomodoro – destinati in genere a
diventare mangime animale o smaltiti come inquinanti, a volte
illecitamente, con gravi danni ambientali – per estrarre il prezioso
licopene. Il lavoro è stato condotto con il dr. Antonio Zuorro e ha
portato ad interessanti risultati. Si tratta di nuove tecnologie
estrattive, basate sull’impiego di composti e preparati in grado di
rendere più facile l’accesso di solventi alla matrice cellulare.
Vengono usate infatti miscele di numerosi enzimi con attività cellulasica,
emicellulasica e pectinolitica: in questo modo vengono degradate le pareti
cellulari e la matrice vegetale. Molecole polari come alcoli a corta
catena sono poi aggiunte per provocare lo swelling, cioè il
rigonfiamento della matrice; si viene quindi a creare una sorta di rete di
canali attraverso i quali i solventi (esano o altri composti apolari
ammessi dalle normative europee) passano facilmente, solubilizzando meglio
e più rapidamente il licopene, per lo più contenuto nei cromoplasti.
Data la maggiore resa, tale processo è meno costoso rispetto a
quelli tradizionali e diventa competitivo anche nei riguardi delle
tecniche estrattive più innovative (basate non sui solventi
organici ma sull’impiego di anidride carbonica in fase supercritica).
Il pigmento così estratto mantiene inalterate
struttura e attività. Questa tecnica potrà essere sperimentata
anche per altre tipologie di rifiuti agroindustriali contenenti prodotti
d’interesse farmaceutico, alimentare
o cosmetico. In
provincia di Lecce sarà avviato entro giugno, grazie alla società
BioLyco, il primo impianto industriale che utilizzerà questa tecnologia
per l’estrazione del licopene dai cascami della lavorazione del
pomodoro. Milano, 13 aprile 2007 Anna Busca MARZO FESTIVAL “VEDERE LA SCIENZA” allo Spazio Oberdan di Milano Dal 26 marzo
a domenica 1 aprile sarà possibile assistere, allo Spazio Oberdan di
viale Vittorio Veneto 2, a film, documentari, conferenze e tavole rotonde che hanno la
scienza come denominatore comune. Si partirà con l’astronomia, e
precisamente con due documentari del 2005, uno inglese (La corsa nello
spazio- Alla conquista della Luna) e l’altro australiano (In
viaggio verso i mari di Marte), che verranno replicati nel pomeriggio
di sabato 31, per passare poi attraverso la robotica, la neurologia, la
storia della fisica, le scienze della vita, i grandi problemi legati
all’energia, alle risorse e ai cambiamenti climatici Tra i film in
programma la sera da segnalare senz’altro Apollo 13 di
R.Howard, Contact di Zemeckis, L’ignoto spazio profondo di
Herzog e il recentissimo premio Oscar Una scomoda verità di D.
Guggenheim. Per informazioni www.brera.unimi.it/festival. 25 marzo (A.B.) Dal 19 al 25 marzo si svolgerà la XVII Settimana della Cultura scientifica e tecnologica, rappresentata dalla V edizione della Primavera della Scienza. Come nelle passate manifestazioni, parteciperanno agli eventi musei, università, scuole, istituzioni scientifiche, che avranno aderito con diverse iniziative al tema di quest’anno: “La Natura e la civiltà delle macchine”. In numerose regioni italiane sono programmate conferenze, visite guidate, laboratori. Da segnalare a Pavia “Conoscere il mondo dei minerali”, al Museo di Mineralogia, e la relazione su “Sonno, sogno e creatività scientifica”. A Milano, il Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” propone un’ampia scelta di attività per famiglie: tra queste l’interessante incontro con Isaac, il robot calciatore, nella sezione Robotica. A Trento, i giovanissimi (e non solo!) potranno costruire aerei di carta seguendo le leggi fisiche dell’aerodinamica, potranno avvicinarsi senza timori al mondo delle api, o tuffarsi nell’astronomia (Pianeti giganti, Stella stellina). Domenica 18 marzo si celebra anche la XVII Giornata Mondiale dei Planetari. Per gli orari e i luoghi degli eventi, www.laprimaveradellascienza.it. 18 marzo 2007, A.B. L’ECLISSE TOTALE
DI LUNA DEL 3 MARZO A due anni e mezzo dall’ultima
eclisse (accadde il 28 ottobre 2004), la notte di sabato
3 marzo sarà possibile osservare nuovamente l’evento della “luna
rossa”. Il nostro satellite naturale si troverà infatti nella fase di
plenilunio, quindi in opposizione al Sole, e sulla linea dei
nodi, cioè sulla retta d’intersezione tra il piano dell’orbita lunare
e quello dell’orbita terrestre. In questo modo, l’allineamento
Sole-Terra-Luna consentirà a quest’ultima di entrare nel cono d’ombra
della Terra e di restarne pertanto oscurata. Non si tratta quindi di
un’occultazione (come per l’eclisse di Sole), e neppure di un totale
oscuramento: per effetto di fenomeni di rifrazione della luce solare
dovuti all’atmosfera terrestre, infatti, la Luna apparirà rossastra. Il
fenomeno avrà inizio alle 22.30; alle 23.43 inizierà la totalità, che
sarà al massimo alle 00.20. La Luna tornerà a essere perfettamente
visibile alle 02.11. Per osservare l’eclisse non è necessario uscire di
casa: per chi non potesse farlo, infatti, è prevista “l’eclisse in
diretta” in collegamento con www.corriere.it.
Per saperne di più: www.uai.it. 2 marzo 2007, A.B. FEBBRAIO CONFERENZE AL DARWIN DAY
DI MILANO Un pubblico numeroso, costituito in particolare da
insegnanti di scienze, studenti liceali, ricercatori universitari, ma
anche da persone semplicemente interessate alla questione
“evoluzione”, ha riempito la sala del Museo di Storia naturale di
Milano per ascoltare le conferenze del Darwin Day. Venerdì
pomeriggio i relatori hanno parlato soprattutto dei rapporti tra Charles
Darwin, il suo ambiente culturale e scientifico,
e la geologia del suo tempo: l’amicizia con Lyell e la lettura
dei suoi Principles of Geology hanno sicuramente costituito una
base importante per i suoi studi geologici. Liz Hide ha ricordato,
parlando dei quaderni che il naturalista portava sempre con sé durante le
uscite “in campo”, che Darwin raccomandava di “scrivere sempre
quello che si vede”, per non dimenticare particolari che possono
rivestire importanti significati. E gli appunti meticolosi, corredati da
disegni di campioni di rocce e di fossili, tanto importanti per la stesura
dei suoi lavori, sono una prova della validità del suo metodo. Gian
Battista Vai, geologo dell’Università
di Bologna, considera Darwin una sorta di precursore della teoria della
tettonica delle placche, perché aveva intuito i notevoli cambiamenti
subiti dalla crosta e dai continenti. Vai però, nella seconda parte del
suo intervento, ha sottolineato che l’evoluzione, pur essendo “un dato
di fatto”, non può più essere considerata “darwiniana”: ha citato
la teoria degli equilibri punteggiati di Stephen Jay Gould e si è anche
riferito ad una sorta di revival di Lamarck, “…come dimostrato
dalla diffusione di siti su quest’ultimo, come il sito del prof.
Corsi”. Pietro Corsi, storico della scienza, ha scosso il capo
ribattendo con veemenza che ideare un sito su Lamarck non significa
affatto essere “lamarckiano”, e ha anzi ribadito di essere “darwiniano”.
E’ nata quindi un’interessante discussione in cui Corsi ha ripreso
alcuni aspetti del dibattito sull’evoluzione: ha chiarito la posizione
di Lamarck, sostenitore dell’”eternalità” della vita e della Terra
(per approfondimenti si può consultare il suo eccellente sito www.lamarck.cnrs.fr
, in francese e in inglese) ed ha affermato che è un grave errore
parlare, a proposito di Darwin, di “selezione del più adatto”. Gi
individui che presentano un corredo di caratteri più favorevoli in un
certo ambiente avranno semplicemente una maggiore probabilità di
riprodursi, avranno più figli di altri: l’evoluzione si fonda su
potenziali riproduttivi diversi, non viene “eliminato” chi non è
“adatto”. Ha anche accennato alla questione spinosa del rapporto
scienza/religione, sostenendo che la Chiesa può dire “dove va
l’anima”, ma non può affermare nulla sull’evoluzione biologica, di
cui si deve occupare la ricerca scientifica. Sabato si sono invece
susseguite conferenze su temi più specifici di geologia e di biologia
marina. Giorgio Pasquarè, vulcanologo, ha parlato degli studi di Darwin
sulla lava, che gli consentirono di individuare le differenze tra
vulcanesimo esplosivo e vulcanesimo effusivo. Il suo viaggio sul Beagle
gli permise di osservare numerosi vulcani, alcuni dei quali in eruzione, e
di formulare ipotesi sull’Origine delle isole vulcaniche
(è anche il titolo di un suo saggio). Nell’intervento di Giuseppe
Orombelli, geomorfologo, sono invece emersi i contributi di Darwin agli
studi sui ghiacciai: nel rilevare la presenza di massi erratici e di rocce
striate ed erose, Darwin intuì l’estensione di ampie coltri glaciali
dovute a grandi variazioni
climatiche del passato. Orombelli
ha poi approfondito l’aspetto paleoclimatico della ricerca sui ghiacci
polari: questo ghiaccio, a differenza di quello che si trova sulle
montagne, non fonde mai, quindi conserva quanto ha preso dall’aria
circostante nel momento in cui si è formato il cristallo di neve che
l’ha generato. Ecco perché gli studi effettuati a partire dagli anni
’60 hanno consentito di ottenere dati importanti sull’atmosfera nelle
ultime centinaia di migliaia di anni. Molto interessante anche la
conferenza, centrata sulla biodiversità e sulle interazioni tra specie,
del biologo marino Marco Oliverio: esperto di gasteropodi, ha parlato di Toxoglossi,
in particolare delle 500 specie di Conus, che predano pesci
utilizzando il rostro per bloccarli, per poi paralizzarli e ucciderli con
dardi velenosi, tramite un tentacolo (un impressionante filmato mostra un
pesce, in acquario, letteralmente ingoiato da un Conus nascosto
nella sabbia). Le molecole in gioco sono oggetto di studio per ricavare
anestetici e altri tipi di farmaci. Esistono
anche gasteropodi, come le Coralliofile, che si nutrono di coralli,
riuscendo ad evitarne l’effetto tossico-urticante degli cnidoblasti.
E’ chiaro che anche questo particolare adattamento ha suscitato l‘ìnteresse
dei ricercatori , soprattutto in ambito biochimico. Infine, ecco i vampiri
degli oceani: specie ematofaghe di gasteropodi, come
la Colubraria o la Cancellaria, che utilizzano la proboscide
per succhiare sangue ai pesci, inserendola nelle branchie. Producono
sostanze specifiche con effetto anestetico e anticoagulante. Oliverio ha
concluso rimarcando che le simbiosi sono una delle ragioni del successo
evolutivo. Il relatore
seguente, lo zoologo Gabriele Gentile, ha “portato” il pubblico alle
isole Galapagos, vero “libro di ecologia in tre dimensioni”, mostrando
l’origine vulcanica dell’arcipelago e mettendo in evidenza le
differenze tra le coperture vegetali
dovute all’influenza degli alisei, venti costanti umidi,
differenze notate naturalmente già da Darwin. Anche il gigantismo di
alcune specie animali, in particolare tartarughe, è stato sottolineato ed
è stato poi anche oggetto di un intervento
da parte di un botanico presente
tra il pubblico. Nel dibattito in chiusura della giornata è da segnalare
una domanda interessante giunta tramite Internet: “La radioattività
naturale può essere considerata causa di mutazioni? E’ maggiore nelle
zone vulcaniche?”. La risposta è arrivata da Oliverio e da Gentile: il
primo ha riferito di una ricerca dell’Università La Sapienza
di Roma, non ancora pubblicata, svolta in una zona del Viterbese.
Qui esistono formazioni di tufo con una concentrazione di radon superiore
alla media e sembra che le popolazioni di anfibi che vi vivono ne
subiscano un effetto mutageno. Gentile ha affermato che studi simili hanno
portato a concludere che le mutazioni indotte sono per lo più negative,
con maggiore incidenza sulle zone del DNA ad alta ripetizione di coppie di
basi. Milano, 11 gennaio 2007 Anna Busca
anna.bus@tiscali.it In attesa della grande
festa per il bicentenario della nascita di Charles Darwin, che cadrà tra
due anni (nacque infatti il 12 febbraio 1809), continuano in tutto il
mondo le celebrazioni annuali in suo onore, nate nel 2004 come eventi
importanti per riunire a discutere esperti di evoluzionismo e per parlare
di evoluzione al grande pubblico. A Milano la sede principale dei diversi
convegni è il Museo di Storia Naturale di corso Venezia, ma collaborano
alla manifestazione anche altre istituzioni lombarde, come l’Orto
Botanico di Bergamo, il Museo Civico di Storia Naturale di Cremona, il
Liceo classico Zucchi di Monza, la Biblioteca Civica di Arcore, l’ANISN.
Il tema di quest’anno è “Darwin geologo e l’evoluzione della
Terra”. Sappiamo che Darwin era grande amico di Charles Lyell, autore
del famoso “Principi di geologia” considerato testo
fondamentale dell’attualismo. E fu proprio la lettura di questo libro
che portò Darwin ad appassionarsi alla geologia, scienza che aveva deciso
inizialmente di ignorare, dopo aver seguito le lezioni insopportabilmente
noiose del geologo Jameson. Nell’ultimo
capitolo de “L’origine delle specie” Darwin scrive: “...con
la luce che la geologia oggi proietta e continuerà a proiettare sui
passati cambiamenti del clima e del livello della superficie terrestre,
noi saremo sicuramente in grado di tracciare in modo mirabile le passate
migrazioni degli abitanti di tutto il globo”. Per Darwin la geologia è
una “nobile scienza”, poco documentata però, data al grande
incompletezza dei fossili, (“perde gloria”, afferma) ma si intuisce
che la considera assolutamente fondamentale per ricostruire la storia
della Terra, e quindi tutto il processo evolutivo. Aprirà i lavori il
Nobel Rita Levi Montalcini; il primo relatore sarà lo storico della
scienza Pietro Corsi, docente a Oxford, che tratterà il tema “Storia
della vita e storia della Terra prima di Darwin” (h14.30, Museo di
Storia Naturale, Milano). Seguiranno gli interventi di Sandra Herbert e
Liz Hide sui rapporti tra il giovane Charles e i suoi studi geologici, e
di Gian Battista Vai sull’”originalità geologica” di Darwin. Di
rilievo, tra le altre, le conferenze del vulcanologo Giorgio Pasquarè
(“Darwin e i vulcani”) e del geomorfologo Giuseppe Orombelli
(“800mila anni di storia del clima e dell’atmosfera registrate nelle
calotte glaciali polari”), quest’ultima decisamente attuale per il suo
collegamento al problema del riscaldamento globale, che si terranno sabato
mattina. Nel pomeriggio di sabato si parlerà del mare (con una
“tappa” alle Galapagos), ambiente in cui si ritiene ebbe inizio
l’evoluzione biologica. Dibattiti
e tavole rotonde chiuderanno le giornate del convegno; per domenica 11
febbraio, a partire dalle 9.30 fino alle 15, è previsto un incontro con
Edoardo Boncinelli, a cura dell’Anisn, seguito da una serie di attività
didattiche per ragazzi e famiglie, organizzate dal Museo.
Per il programma completo si può consultare il sito www.pikaia.eu
. Da questo stesso sito è possibile seguire in diretta le conferenze on
line. Per assistere alle conferenze l’ingresso al museo è libero,
fino ad esaurimento dei posti. Milano, 7 febbraio 2007 Anna Busca GENNAIO In questi giorni a Parigi sono riuniti in convegno duemila esperti mondiali del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Ipcc). Argomento centrale del dibattito, che dovrebbe servire a trarre conclusioni importanti in merito a direttive ambientali di ordine generale, è l’effetto serra: sembra che sei anni fa, all’epoca dell’ultima riunione dei climatologi ONU, siano state decisamente sottostimate le conseguenze cui avrebbe portato l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. L’effetto serra, come ormai tutti sanno, è dovuto all’assorbimento di energia radiante alle lunghezze d’onda dell’infrarosso da parte dei cosiddetti gas serra, tra i quali spicca la CO2. In questo modo viene “intrappolato” calore, il che è senz’altro positivo perché consente temperature compatibili con la biosfera: ma se il calore aumenta, la Terra si riscalda eccessivamente e i problemi diventano gravissimi. Considerevoli cambiamenti climatici su scala mondiale appaiono piuttosto evidenti anche ai più scettici, che continuano a pensare che possano far parte di fisiologiche fluttuazioni, dovute a cause anche astronomiche e comunque non necessariamente solo antropiche: ma gli scienziati in genere sono concordi nel presentare come reale la correlazione tra l’aumento costante del diossido di carbonio e il riscaldamento del nostro pianeta. D’altra parte, non è certo un discorso nuovo: nel numero di Le Scienze del marzo 1978 (quasi trent’anni fa!) veniva pubblicato un articolo di George M. Woodwell, direttore dell’Ecosystems Center del Marine Biological Laboratory di Woods Hole nel Massachussetts, dal titolo ”Il problema dell’anidride carbonica”. Lo scienziato scriveva che “…permanendo le tendenze attuali, entro l’anno 2020 il contenuto atmosferico di anidride carbonica potrebbe arrivare a sfiorare il raddoppio rispetto ai valori presenti (…) L’umanità si trova quindi di fronte a un dilemma storico. Le attività umane, che stanno producendo un continuo aumento del contenuto atmosferico di anidride carbonica, lasciano presupporre un generale riscaldamento del clima nel corso dei decenni a venire (…) La più ovvia delle azioni correttive consisterebbe in una più drastica riduzione del consumo di combustibili fossili…”. Woodwell ipotizzava conseguenze destabilizzanti, sconvolgimenti dei modelli consolidati di sviluppo sociale ed economico, pesanti alterazioni delle condizioni umane. Dal 1959 l’andamento del contenuto atmosferico della CO2 veniva monitorato all’osservatorio di Mauna Loa alle Hawaii da Charles Keeling dello Scripps Institution of Oceanography. In questo stesso istituto insegnava oceanografia Roger Revelle, che nel 1957 aveva dimostrato che il tasso di assorbimento dell’anidride carbonica dell’aria da parte degli oceani era molto più basso di quanto si fosse ritenuto fino a quel momento. Anche Revelle, in un articolo comparso su Le Scienze nell’ottobre 1982, scriveva che “l’uomo sta conducendo senza saperlo un grande esperimento geofisico che, se fosse adeguatamente documentato, potrebbe portare a un nuovo livello di comprensione dell’oceano e dell’atmosfera. Non è da escludere che si risolva invece in mutamenti climatici che potrebbero essere molto rovinosi”. Revelle si era nel frattempo trasferito come professore di politica demografica alla Harvard University. Qui, tra gli studenti, ebbe Al Gore, futuro senatore del Tennessee nonché futuro mancato Presidente degli Stati Uniti, sconfitto da Bush junior per pochi voti di svantaggio nel collegio della Florida, nelle ultime elezioni presidenziali. E proprio Al Gore, colpito da quanto ascoltato durante le lezioni di Revelle, si fece promotore di campagne di sensibilizzazione sui temi ambientali, portando nel Congresso, fin dagli anni ’80-’90, proposte di interventi in ambito agricolo, dei trasporti, dei consumi energetici. In questi giorni è nelle sale cinematografiche italiane un suo film-documentario, Una scomoda verità, che vuol essere un messaggio non solo politico, ma anche etico, diretto a tutti noi. Forse non è più possibile chiudere gli occhi davanti ai ghiacciai che si dissolvono, ai laghi che si prosciugano, alla desertificazione che avanza nel Darfur, ai disastri provocati da uragani sempre più frequenti e violenti. Forse non si deve più accusare di “catastrofismo” chi parla di riscaldamento globale e delle sue conseguenze. Ognuno di noi, intanto, può fare qualcosa: il decalogo da seguire, che il film, ben documentato, suggerisce, è qui riportato. Per approfondimenti www.climatecrisis.com. “Dieci cose
da fare. Vuoi fare qualcosa per fermare il riscaldamento
globale? Cambia la luce. Sostituisci una lampadina
normale con un’altra fluorescente (a basso consumo) per risparmiare
68.039 g di diossido di carbonio l’anno. Fai a meno
dell’auto. Cammina, prendi la bici, condividi l’auto o prendi i
mezzi pubblici più spesso. Risparmierai 454 g di diossido di carbonio
ogni 1.61 km non percorso in auto. Ricicla. Puoi risparmiare
1.088.622 di CO2
l’anno riciclando anche solo la metà dei tuoi rifiuti. Controlla le
gomme. Tenere sotto controllo la pressione dei pneumatici permette di
ridurre l’emissione di gas del 3%. Risparmia l’acqua calda. Installa
un rubinetto a getto ridotto per risparmiare 158.757 g di CO2 l’anno
e lava i vestiti in acqua fredda o tiepida per risparmiarne altri 226.796
g l’anno. Evita grandi imballaggi. Puoi risparmiare 544.311 g di
diossido di carbonio riducendo i tuoi rifiuti del 10%. Regola il
termostato di casa. Sposta il tuo termostato di 2 gradi in meno
d’inverno e 2 in più d’estate. Puoi risparmiare circa 907.185 g di
diossido di carbonio l’anno Pianta un albero. Un solo albero
assorbe almeno 1 tonnellata di CO2
nella durata della sua vita. Prendi parte al progetto. Leggi
e informati sul sito www.unascomodaverita-ilfilm.it.
Spargi la voce! Milano, 30 gennaio 2007 Anna Busca anna.bus@tiscali.it FESTIVAL DELLE SCIENZE
A ROMA All’Auditorium del Parco
della Musica si sta svolgendo, dal 15 gennaio, la seconda edizione del
Festival delle Scienze di Roma, che si concluderà domenica 21. Il ciclo
di incontri, attività e conferenze ha come affascinante tema “Le età
della vita”. Psicologi, scienziati, filosofi della scienza, molti dei
quali provenienti da università e centri di ricerca di diversi
Paesi, contribuiscono ad accendere il dibattito sulle tappe dello
sviluppo dell’uomo, dalla nascita alla morte: si parla
dell’evoluzione del pensiero e delle capacità psico-motorie,
delle emozioni, delle complesse problematiche dell’infanzia e
dell’adolescenza, fino a toccare questioni di bioetica molto attuali.
Tra seminari di Tai Chi, caffè scientifici e concerti, si potrà
ascoltare una Lectio Magistralis di Massimo Ammaniti e Vittorio Gallese
dal titolo “Nella mente delle madri” (19 gennaio), nonché alcune
conferenze sulla genesi della parola, lo sviluppo del linguaggio, le
interazioni cervello-ambiente (20 gennaio), “I limiti della vita”,
“La vita, la malattia e il diritto di morire”, “Vita senza fine? La
scienza e l’immortalità” (21
gennaio). L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti. Per il
calendario degli incontri: www.auditorium.com,
per informazioni 0680241281. 19 gennaio (A.B.) DICEMBRE EVENTI ASTRONOMICI DEL 2007 Il 2007 potrebbe essere chiamato “l’anno della Luna”. E’ il nostro satellite naturale infatti il protagonista di alcuni degli eventi più interessanti in ambito astronomico. Il 3 marzo sarà osservabile un’eclisse totale di Luna, il 22 maggio Saturno ne sarà occultato in modo spettacolare, il 18 giugno, nel primo pomeriggio, Venere si nasconderà dietro la Luna. Per finire, il 23-24 dicembre si verificherà una strettissima congiunzione Marte-Luna. Inoltre, un anniversario importante da celebrare il 4 ottobre: sarà il cinquantenario del lancio dello Sputnik da Baikonur, in Kazakhistan, lancio che segnò l’inizio dell’era spaziale. 29 dicembre (A.B.) ALLA RICERCA DI NUOVI PIANETI
EXTRASOLARI E’ partito nel primo pomeriggio del 27 dicembre, dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakhistan, lanciato dalla Soyuz, il satellite CoRoT (Convenction Rotation & planetary Transits). Viaggia ora su un’orbita polare a circa 900 km di quota ed ha la missione, da svolgere in due anni e mezzo, di cercare pianeti extrasolari tellurici e di studiare la struttura interna delle stelle. E’ infatti dotato di un telescopio afocale di 27 cm di diametro, equipaggiato con telecamera, che esplorerà cinque regioni del cielo, ciascuna per 150 giorni consecutivi. Potrà cogliere un eventuale calo di luminosità di stelle dovuto al transito di un pianeta – fino ad oggi sono stati scoperti circa 200 pianeti extrasolari, ma in maggior parte gassosi, di tipo gioviano – fenomeno raro che però può consentirci di scoprire anche piccoli corpi gravitanti. Inoltre, la strumentazione consente di rilevare anche oscillazioni, variazioni periodiche di luminosità di una stella, dovute a “onde sismiche” all’interno della stella stessa. Questi “asteromoti” consentono di indagare meglio la natura e la struttura della materia stellare al suo interno. Negli anni scorsi l’eliosismologia ha permesso agli studiosi di approfondire le conoscenze sul Sole; l’astrosismologia fornirà nuovi e sicuramente interessanti dati sulle altre stelle e sulla loro evoluzione. La missione CoRoT è un progetto francese, del CNES, Centre National d’Etudes Spatiales, in partnership con altre agenzie, tra cui l’ESA. Un altro evento importante di questo mese, sul fronte della ricerca astronomica, è la pubblicazione dei risultati delle analisi sui grani di polvere che la sonda Stardust della NASA raccolse, in sette anni di viaggio, su un percorso di più di 4 miliardi e mezzo di km, dalla chioma della cometa Wild-2. I frammenti, giunti sulla Terra circa un anno fa, hanno rivelato tracce di ammine e di lunghe catene carboniose, veri e propri “scheletri” molecolari di sostanze d’interesse biologico, nonché silicati in forma cristallina. L’ipotesi che la vita possa essere comparsa sulla Terra tramite una sorta di “inseminazione” molecolare di materiale cometario prende quindi maggiore consistenza. E per il futuro? Si pensa già, sull’onda dell’entusiasmo, di inviare una sonda su qualche asteroide. Ma in questo caso non sarebbe sufficiente un racchettone di aerogel, come per Stardust, per catturare delle particelle; occorrerebbe uno strumento in grado di scavare. E sicuramente un team di progettisti è già al lavoro. Per maggiori informazioni www.uai.it. 29.12.2006 Anna Busca NOVEMBRE
La
Radiazione Cosmica di Fondo di
Marco A.C. Potenza e M.G Giammarchi Sappiamo
che quando osserviamo oggetti celesti lontani, a causa della velocità
finita di propagazione della luce, li osserviamo come erano nel momento in
cui hanno emesso la luce: al crescere della loro distanza da noi, quindi,
osserviamo oggetti sempre più “giovani”, che hanno emesso radiazione
in tempi sempre più lontani nel passato. Sebbene il non poter vedere
l’Universo come si presenta oggi possa sembrare limitante, ad
un’analisi più approfondita questa si rivela come una grande opportunità
per gli astronomi. Se guardiamo la galassia di Andromeda
ad esempio, che dista da noi 2.7 milioni di anni luce, riveliamo la
luce emessa 2.7 milioni di anni fa, quando la galassia era in una
condizione simile a quella in cui si trova oggi (qualche milione di anni
è ancora un tempo breve sulla scala cosmica). Ma con l’impiego dei
telescopi più potenti (per non parlare del Telescopio Spaziale Hubble) ci
siamo spinti ad osservare galassie a miliardi di anni luce di distanza,
galassie giovani, che magari non hanno ancora terminato la loro
formazione. Ecco quindi che la velocità finita della luce si trasforma in
uno “strumento” per osservare l’Universo come era nel passato. Ma
quanto possiamo andare indietro nel tempo ad indagare l’Universo?
Rispondere a questa domanda non è facile: è necessario uno sguardo alla
moderna cosmologia per capire cosa accade, almeno in linea di principio,
quando si getti lo sguardo sempre più lontano, sempre più indietro nel
tempo, lungo la storia dell’evoluzione cosmica. E curiosamente scopriamo
che il percorso che fornisce risposte a queste domande è lo stesso che
hanno seguito i cosmologi nel ventesimo secolo durante la loro attività
di ricerca, e che ha portato ai lavori per i quali è stato assegnato il
Premio Nobel di quest’anno. La cosmologia, dal greco κόσμος
e λόγος
, si riferisce allo studio del Cosmo inteso come un tutto, della totalità
di ciò che esiste nell’Universo; è chiaro che la definizione è un
po’ ingenua, poiché per descrivere il “tutto” è necessario
conoscerlo, e la conoscenza dell’Universo cambia e aumenta costantemente
con il proseguire delle osservazioni e degli studi teorici. Questo
comporta che in qualsiasi momento la descrizione del ”tutto” sarà
destinata a venire successivamente completata in base alle nuove scoperte.
Solo dagli inizi del ventesimo secolo la Cosmologia ha cominciato a
svilupparsi secondo i paradigmi del metodo scientifico, per cui ancora
oggi risulta una scienza relativamente “nuova”. Le fondamenta di
questa scienza sono profondamente legate alla teoria della Relatività
Generale di Einstein, pubblicata nel 1915, rivolta alla descrizione delle
interazioni gravitazionali in maniera del tutto nuova e più completa
rispetto alla teoria di Newton. Pochi anni dopo sia Einstein che Friedmann
applicarono la nuova Teoria della gravitazione alla descrizione
dell’Universo, scoprendo che era in contrasto con la visione del tempo
che vedeva l’Universo come una entità statica e immutabile. Purtroppo
però Einstein rinunciò a sviluppare questa teoria e il lavoro di
Friedmann, che invece gli aveva dato pieno credito minando l’ipotesi
statica, rimase nell’oblio fino al 1935. Nel frattempo un giovane
astronomo avrebbe dato inizio alla Cosmologia osservativa in maniera del
tutto inattesa. ...... dicembre
2006
...per l'articolo completo
... IL POLONIO-210 L’assassinio a Londra dell’ex
colonnello del KGB Alexander Litvinenko, avvelenato con una massiccia dose
di Polonio-210, ha suscitato raccapriccio e preoccupazione in tutto il
mondo e ha portato tristemente alla ribalta questo elemento, ai più quasi
sconosciuto. Correva l’anno 1898 quando a Parigi Maria Sklodowska Curie,
insieme al marito Pierre (nella foto),
scoprì che un minerale dell’uranio, la pechblenda, estratto da una
miniera in Boemia, era più radioattivo di quanto lo fosse lo stesso
uranio da esso isolato. Fu così che furono scoperti il radio e il radio
F, più tardi chiamato polonio in omaggio alla patria della giovane Madame
Curie. All’epoca la Polonia non era uno Stato indipendente; dal 1795
subiva le conseguenze di una spartizione tra Russia, Austria e
Prussia. La denominazione del nuovo elemento, dal numero atomico
84, doveva servire anche a richiamare l’attenzione del resto d’Europa
su questo Paese, che ridisegnerà i suoi confini solo dopo il primo
conflitto mondiale, nel 1918. Il polonio è comunque molto raro: servono
tonnellate di pechblenda per estrarne pochi grammi. Per ottenerlo ci si
serve pertanto del bombardamento neutronico del Bismuto 209, in un
reattore nucleare; si crea il Bismuto 210, con tempo di dimezzamento pari
a 5 giorni, che decade con decadimento beta producendo il Polonio 210.
Quest’ultimo isotopo ha un’emivita di 138,39 giorni ed emette raggi
alfa, costituiti da due protoni e due neutroni (si trasforma pertanto in
piombo). Tali radiazioni – che servirono nel 1911 a Ernest Rutherford
per il suo famoso esperimento che portò al modello atomico planetario -
non sono molto penetranti, pertanto non risultano particolarmente
inquinanti nell’ambiente esterno; diventano invece letali per cellule e
tessuti biologici se la sorgente alfa viene inalata o ingerita da un
organismo vivente. La quantità massima ingeribile da un uomo è pari a
0,03 microcurie (6,8 picogrammi). E’ da rilevare che 1 mg di Polonio-210
emette radiazioni alfa nella stessa quantità emessa da 5 g di Radio;
inoltre, permanendo in uno stato eccitato rilascia anche raggi gamma,
estremamente penetranti e quindi molto dannosi. Appena 1 g di Polonio-210
genera 140 watt di energia termica. Per questa ragione fu usato dai
sovietici nel 1970 e nel 1973 per le missioni sulla Luna con i veicoli di
esplorazione Lunakhod 1 e 2, che riscaldavano i loro componenti interni,
nella fredda notte lunare, proprio
con il Polonio-210, presente in celle termoelettriche. Mescolato con il
berillio, è utilizzato come sorgente di neutroni. Altri usi di questo
isotopo a livello industriale sono stati poi abbandonati per la
pericolosità legata alla sua manipolazione. Il polonio, simile
chimicamente al tellurio, dà origine a
composti ossigenati con lo zolfo e con il selenio, di color rosso
brillante; il diossido si presenta in due forme, giallo e
rosso. E’ classificato come sostanza altamente tossica. Forse
pochi sanno che fin dagli anni ’60 è noto che il tabacco contiene, come
contaminante naturale, il
medesimo Polonio-210. Probabilmente la fonte di tale contaminazione è da
ricercare nei fertilizzanti a base di fosfato, che viene estratto
dall’apatite, minerale contenente anche tracce di radio. I terreni così
fertilizzati, sui quali vengono coltivate le piante di tabacco, si
arricchiscono di questi isotopi radioattivi che passano poi nelle foglie,
dove si accumulano. Nel fumo delle sigarette, pertanto, tra gli elementi
volatili si ritrova il Polonio-210, che viene inalato: la dose di
radiazioni sull’epitelio bronchiale è tale da essere considerata la
principale causa del cancro polmonare. Sostituire in toto i
fertilizzanti a base di fosfato con concimi organici nelle colture di
tabacco eviterebbe tale contaminazione. 28 novembre Anna Busca GIORNATA PER LA RICERCA SUL CANCRO Il 24 novembre, con una cerimonia al Palazzo del Quirinale, sarà celebrata la Giornata AIRC per la ricerca oncologica: ma ben tutta la settimana dal 20 al 26 sarà dedicata a manifestazioni, iniziative e incontri mirati a informare e sensibilizzare il grande pubblico, e soprattutto i giovani, sui problemi legati alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura dei tumori. Si parte con un concerto della Filarmonica della Scala a Milano, la sera del 20, diretto da Riccardo Chailly e dedicato all’AIRC; poi in diverse città italiane avverrà una raccolta di fondi tramite la “spesa per la ricerca”, presso catene di supermercati e centri commerciali che aderiscono all’iniziativa. Tale raccolta continuerà domenica 26 grazie ad una staffetta televisiva e radiofonica RAI e anche negli stadi, in occasione di partite di calcio di serie A e B. La mattina di sabato 25, dalle h 11, a Roma, Milano e in altre 19 città si svolgeranno gli attesissimi “Incontri per la ricerca”, a ingresso libero, sul tema “Il cancro e i suoi geni. A ciascuno la propria cura”. A Roma, nella Sala del Campidoglio, parleranno Umberto Veronesi (Strategie per il futuro), Pier Paolo Pandolfi (L’identikit del tumore attraverso i suoi geni), Sylvie Menard (Le nuove cure: l’HER 2), Edoardo Boncinelli (Imparare a crescere con la scienza). Alla Triennale di Milano interverranno Paolo Corradini e Vittorino Andreoli. Per il calendario completo e per seguire on line le conferenze di Roma ci si può collegare al sito dell’AIRC (www.airc.it). Un tema di sicuro interesse sarà senz’altro quello riguardante le scoperte relative all’HER 2 (human epidermal growth factor receptor 2), proteina che promuove la crescita cellulare e rende pertanto il tumore più aggressivo. Chi possiede il gene per l’HER 2 risponde meno favorevolmente alle cure ed è più predisposto alle metastasi. La ricerca ha portato a nuovi farmaci che contrastano l’azione dell’HER 2, come il trastuzumab, e a combinazioni efficaci di chemioterapici come la doxorubicina e l’epirubicina. 10 novembre (A.B.) 7-8 Novembre 2006:
SEMINARIO APERTO AL PUBBLICO “L’Energia per il futuro: Nucleare e
Fonti Rinnovabili” Con lo scopo di sensibilizzare le persone su un tema
centrale per l’umanità, nei due pomeriggi dei giorni 7 e 8 Novembre
2006, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di
Milano, in via Celoria 16, si svolgerà un interessante incontro aperto al
pubblico sul tema delle fonti energetiche. Gli incontri saranno moderati
da divulgatori scientifici di importanti testate e prevedono
l’intervento di personalità ed esperti del settore provenienti dal
mondo scientifico ed industriale. Gli esperti presenteranno in maniera
sintetica ma rigorosa brevi relazioni sulla situazione energetica attuale
e sulle prospettive di sviluppo futuro. Nel quadro del dibattito si
inseriscono i temi del cambiamento climatico e dello sviluppo di fonti
rinnovabili, ed un occhio attento viene gettato sulla risorsa nucleare per
quanto riguarda i reattori di nuova
generazione per il “nucleare del futuro”
ed il loro studio, strettamente legato al mondo dell’università
e degli enti di ricerca. Il
poster dell’evento che include un programma dettagliato delle due
giornate, gli interventi previsti e relativi relatori è disponibile ai
seguenti link: http://www.mi.infn.it/energiaperfuturo/ 2 novembre Simone Coelli OTTOBRE Conferenza Scientifica
dagli
Istituti Weizmann di Scienze (Israele) e Mario Negri (Italia) Mercoledì, 18 Ottobre 2006 - Robert Parienti, Delegato Generale per l’Europa dell’Istituto Weizmann e del Comitato Negri Weizmann, dopo aver aperto i lavori della annuale Conferenza Scientifica organizzata per illustrare ai sostenitori di Musica e Ricerca insieme per la salute i progressi della ricerca condotta in collaborazione dagli Istituti Negri e Weizmann, ha introdotto la presentazione di un nuovo progetto di ricerca europeo, che vede assieme gli Istituti Pasteur, Weizmann, Negri, Cajal, Born Bunge, svolta dal Presidente di Pasteur-Weizmann, Michel Goldberg. Lo studio condotto dai cinque, prestigiosi Istituti riguarderà i processi infiammatori che influenzano e favoriscono le malattie neurodegenerative. Silvio Garattini (nella foto), Direttore dell’Istituto Mario Negri, ha, invece, intervistato quattro giovani ricercatori degli Istituti Negri e Weizmann: Tiziana Borsello, Evan Elliott, Paolo Cravedi e Gil Hecht, che, in particolare, collaborano ai progetti di ricerca di nuove terapie riguardanti la neurodegenerazione, cioè la progressiva perdita delle funzioni nervose, e i trapianti d’organo, con particolare riferimento ai progetti riguardanti la Malattia di Alzheimer (che fa capo al Dipartimento di Neuroscienze del Mario Negri e di Neurobiologia del Weizmann) e la tolleranza degli organi trapiantati (che vede coinvolti il Dipartimento di Medicina Molecolare del Negri Bergamo e quello di Immunologia del Weizmann). Le attività di ricerca portate avanti congiuntamente dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dall’Istituto Weizmann di Scienze riguardano, attualmente, la patogenesi e la cura dei tumori, i trapianti d’organo, le malattie neurodegenerative e l’epilessia. All’interno di queste macroaree si sviluppano sette specifici progetti, e cioè: il ruolo delle proteine p53 e p73 nei trattamenti anti cancro; studi sui meccanismi di neurotossicità dei peptidi prionici; l’impiego di cellule staminali per la tolleranza degli organi trapiantati; studi in vitro e in vivo sull’attività di una nuova classe di retinoidi apoptotici, con promettente attività antitumorale, con particolare attenzione al ruolo del recettore acido retinoico nucleare RAR; la funzione della barriera ematoencefalica e dell’infiammazione nella epilettogenesi; le basi molecolari della neurodegenerazione nella Malattia di Alzheimer: interazioni tra i beta-oligomeri e la proteina Tau; l’identificazione del meccanismo neuroprotettivo delle citochine attraverso l’utilizzo di alcuni segnali di transduzione. Come di consueto nelle conferenze del Comitato Negri Weizmann, un appuntamento musicale ha concluso la Conferenza che si è tenuta nel pomeriggio al Four Season di Milano. Il Coro ‘New Gospel Family’ ha cantato Joyful, joyful; Amazing Grace; My life, my love, my all; Nobody knows; Let’s Dance; Oh happy Day. Robert Parienti e Silvio Garattini hanno dato appuntamento a tutti i presenti al Teatro alla Scala, Lunedì 18 Dicembre 2006 alle ore 20.00, per il concerto di Musica e Ricerca insieme per la Salute "Hommage aux Violons” con l'Orchestra Filarmonica della Scala diretta da Dmitrij Kitajenko ed i Solisti Leonidas Kavakos e Maxim Vengerov, che suoneranno musiche di Ludwig van Beethoven , Johannes Brahms, Johann Sebastian Bach. E’ possibile prenotare telefonando allo 02 6775 409. Per ulteriori informazioni: Katy Mennillo, Sergio Vicario (Metafora) Tel. 02 710 400 91 Claudia Milan (Comitato Negri Weizmann) Tel. 02 6775724 L’Istituto Weizmann di Scienze si colloca tra i più importanti centri di ricerca e di studi superiori del mondo. I suoi interessi coprono l’intero ventaglio delle scienze contemporanee: dallo studio dell’ambiente a quello di nuovi farmaci, dalla genetica all’oncologia, alla ricerca di fonti di energia alternativa e delle particelle di materia più elementari. Particolari sforzi vengono dedicati alla ricerca del funzionamento dell’organismo umano. Si tratta di studi d’avanguardia sul sistema immunitario, in particolare sulla rigenerazione dei nervi lesi, studi sulla biologia delle cellule staminali, studi sulla risposta immunitaria, la formazione dei tumori, la morte cellulare programmata e studi sulle malattie neurodegenerative (ad esempio l’Alzheimer e il morbo di Parkinson). L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri è fortemente impegnato in tre campi: la ricerca biomedica, la formazione e l’informazione. Il campo della ricerca è molto ampio ma principalmente riguarda: lo studio dei meccanismi di formazione dei tumori e dei possibili nuovi farmaci antitumorali, la prevenzione e la cura dell’infarto, le malattie delle cellule cerebrali e nervose che determinano malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, i trapianti ed lo sviluppo dei farmaci antirigetto, il diabete e le malattie rare. La formazione: in Italia, infatti, abbiamo solo 2,7 ricercatori ogni 1000 abitanti contro una media europea quasi doppia. Ed infine l’informazione rivolta sia al personale sanitario, sia al grande pubblico, sull’evoluzione degli studi, delle terapie e dei farmaci. 19
ottobre la redazione Dal CERN di Ginevra al Gran Sasso: 730 km in 3 millisecondi! di Lino Miramonti e Marco G. Giammarchi Lo scorso Agosto un fascio di neutrini muonici creato negli acceleratori di
particelle del CERN (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) di Ginevra è
stato “sparato” verso i laboratori sotterranei del Gran Sasso situati
a 730 km di distanza. In questo progetto, denominato CNGS (CERN Neutrino
to Gran Sasso), qualche migliaio di miliardi di neutrini ha percorso il
tragitto in meno di 3 millesimi di secondo. Di questi neutrini, i
ricercatori sperano di rilevarne alcuni, e specialmente quelli che durante
il viaggio hanno cambiato le proprie caratteristiche trasformandosi in
neutrini di tipo “tauonico”. Nonostante l’enorme numero di neutrini
che giungono al Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso, soltanto una
piccola manciata di questi da un segnale negli apparati sperimentali; ciò
è dovuto alla piccolissima probabilità (in gergo scientifico si parla di
sezione d’urto) che queste particelle hanno di interagire con la
materia. Per questo motivo sono necessari apparati sperimentali di massa
imponente, pesanti diverse migliaia di tonnellate. La carta d’identità dei neutrini L’attuale modello che spiega di cosa la materia è costituita e come questa interagisce è il cosiddetto “Modello Standard”. Nell’ambito di questo modello, il mondo che ci circonda è costituito da tre famiglie di leptoni e da altrettante famiglie di quarks. Queste particelle interagiscono scambiandosi “quanti” di interazioni come il fotone, i bosoni vettori intermedi ed i gluoni. Non è pero’ questa la sede giusta per approfondire queste tematiche in modo molto più rigoroso. Per i lettori che intendono proseguire lungo questa ardua ma affascinante strada suggeriamo come possibile punto di partenza il bellissimo sito internet http://www.infn.it/multimedia/particle/paitaliano/adventure_home.html). ...per l'articolo completo ... ottobre 2006 Altri articoli 1) Da fantascienza a scienza applicata: storia e gloria dei Neutrini di Lino Miramonti e Marco G. Giammarchi
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