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SETTEMBRE 2020 TRA ACROPOLI E MURA CICLOPICHE Anagni: siamo in Ciociaria, ed è da questa città saturnia che è iniziata la nostra esplorazione di un territorio laziale davvero splendido - il cui nome deriva da ciocia, calzatura rustica di antichissima origine - tenendo come base Fiuggi (vedi Andar per terme). Anagni evoca immediatamente un famoso schiaffo di oltre 700 anni fa. Era infatti l'8 settembre 1303 quando il papa Bonifacio VIII - cui è dedicata la fonte principale di Fiuggi!- subì qui un grave oltraggio, forse più morale che realmente fisico, da Giacomo Colonna (detto Sciarra, in volgare attaccabrighe) o, secondo alcuni storici, da Guglielmo di Nogaret, cancelliere del re di Francia Filippo IV di Valois, detto il Bello. La storia si intreccia con la leggenda: occorre comunque ricordare che Bonifacio, della potente famiglia anagnese dei Caetani, figura molto forte di papa-imperatore, stava per promulgare un'ennesima bolla contro Filippo, con la quale l'avrebbe scomunicato. Chiesa e Stato si combattevano anche così, a colpi di bolle e di schiaffi! Filippo, che considerava suo diritto tassare e giudicare il clero in Francia, aveva bruciato nel 1301 le prime due bolle papali contro di lui e aveva contraffatto la penultima, proibendo ai vescovi francesi di partecipare al sinodo del 1302 a Roma. Deciso a risolvere la questione una volta per tutte, appoggiato dal Consiglio di Stato, incaricò dunque il Consigliere per gli affari religiosi Guglielmo di Nogaret di catturare Bonifacio e di condurlo a Parigi perchè fosse processato, con l'accusa pesantissima di essere stato l'assassino del predecessore Celestino V, nonché eretico, sodomita, simoniaco...Giunti ad Anagni, il Nogaret e il Colonna arrestarono il papa, forse dopo averlo colpito con un guanto di ferro, e lo tennero prigioniero per tre giorni; la città però si ribellò e riuscì a liberarlo. Un mese dopo il settantasettenne Bonifacio, afflitto da gotta e problemi renali, ma certo anche provato dall'assalto, spirava a Roma. La figura controversa di questo pontefice richiama un periodo storico molto complesso che merita senz'altro approfondimenti; e occorre citare Dante, che nel XIX canto dell'Inferno prevede l'arrivo di Bonifacio VIII (non ancora defunto, il viaggio dantesco è collocato nel 1300! ) nella terza bolgia dell'ottavo cerchio, quella dei simoniaci, ognuno a testa in giù dentro una fossa, con i piedi bruciati dalle fiamme. "Se' tu già costì ritto,/se' tu già costì ritto, Bonifazio?". Dante era un guelfo bianco; essendoci forti contrasti a Firenze con i guelfi neri, appoggiati dal papa, l'Alighieri, che all'epoca ricopriva incarichi di governo, fu inviato a Roma come ambasciatore nel 1302. Non ottenne alcun accordo con Bonifacio, nonostante una lunga anticamera; anzi, fu poi costretto all'esilio perchè nel frattempo il nuovo podestà di Firenze, Cantuccio Gabrielli, guelfo nero, l'aveva condannato al rogo accusandolo di frode, proventi illeciti, pederastia ... L'esilio fu fecondo perchè la Divina Commedia fu scritta proprio in quegli anni, ma Dante non riuscì più a tornare a Firenze. La sua ostilità nei confronti di Bonifacio VIII è dunque giustificata! Tuttavia, nel XX canto del Purgatorio (vv.85-93), Dante citerà lo schiaffo di Anagni sotto forma di profezia post eventum, condannando apertamente l'aggressione: Filippo diventa il "novo Pilato sì crudele" che ha fatto catturare il vicario di Cristo, in modo da "rinovellar l'aceto e il fiele". La sede pontificia fu poi trasferita ad Avignone, dal 1309 fino al 1377: d'altronde, il papa Clemente V, eletto nel lungo conclave del 1305, era, guarda caso, francese... Il richiamo a queste vicende nasce visitando il Palazzo di Bonifacio VIII, con la Sala delle Oche e la bellissima Sala delle Scacchiere, dove la tradizione vuole che si consumasse l'oltraggio. Una statua di Bonifacio campeggia quasi trionfante, su una sorta di trono sovrastato da un baldacchino di marmo, su un lato dell'imponente cattedrale romanica di S.Maria Annunziata,del XII secolo. Per visitare la chiesa occorre acquistare il biglietto per il Museo della Cattedrale (intero 9 euro). E si inizia un itinerario artistico meraviglioso, passando dalla Biblioteca - che conserva incunaboli del XV secolo, risalenti agli albori della tipografia - alle sagrestie con un tesoro di preziosi oggetti sacri, alle tre navate dal pavimento cosmatesco della cattedrale, per giungere alla Cappella Caetani e all'Oratorio- antico mitreo romano del I-II sec. d.C.- dedicato a Thomas Becket, l'arcivescovo inglese trucidato a Canterbury nel 1170 a causa di dissidi con il re Enrico II, e fatto santo tre anni dopo. Qui le pareti presentano splendide pitture che rappresentano scene bibliche, insieme alla vita e alla morte di Becket. Ma è scendendo nella cripta di San Magno che si resta davvero stupefatti: un ciclo di affreschi perfettamente conservati, opere di maestri anonimi vissuti tra il XII e il XIII secolo, che porta chi osserva a entrare nella cosmologia antica, nella filosofia di Platone e di Aristotele, nell'Apocalisse, nei temi insomma più profondi toccati dalla cultura medioevale. L'appellativo di "Cappella Sistina" del Medioevo è pienamente meritato! Anagni occupa la parte sommitale di una collina; a ridosso di questa, lungo le circonvallazioni, si notano tratti di cinta muraria, fortificazioni risalenti al IV-III sec. a.C. che presentano veri propri macigni di pietra calcarea. Furono gli archeologi del '700 e dell''800 a soprannominare queste mura "ciclopiche": e l'esempio più impressionante si può osservare soprattutto ad Alatri, anch'essa sopra un colle a 500 m di altezza. In questa città l'acropoli, del IV sec.a.C, ha una grande cinta trapezoidale di enormi blocchi poligonali incastrati a secco, con due porte; un architrave monolitico, secondo in Europa solo alla Porta dei Leoni di Micene, sormonta la Porta di Civita o dell'Areopago, superata la quale si salgono dodici gradini per giungere nel vastissimo piazzale alberato da cui si gode un magnifico panorama. Qui si trova la concattedrale di San Paolo Apostolo, rifatta nel XVIII sec., che conserva la reliquia medioevale detta "Ostia incarnata", in un tabernacolo dorato sorretto, in alto, da due mani di bronzo. La vicenda coinvolge il papa Gregorio IX, destinatario nel 1228 di una lettera del vescovo di Alatri che lo informava di un "miracolo eucaristico": un'ostia trattenuta in bocca, non deglutita, e poi messa in un panno era diventata un pezzo di carne sanguinolenta! Una "certa giovane" aveva commesso il peccato su sollecitazione di una "malefica donna", per poi pentirsi visto quanto accaduto: forse voleva preparare un filtro d'amore su ricetta di una fattucchiera... Con una bolla (tanto per cambiare) Gregorio gioisce per il miracolo e nel contempo ordina punizioni per le due colpevoli: non ci è dato sapere quali, ma dato il periodo di caccia alle streghe, possiamo purtroppo immaginare le sofferenze cui furono sottoposte. Solo tre anni prima il Concilio Lateranense aveva definito la dottrina della Transustanziazione, quindi il dogma veniva così rafforzato, anche se erano necessarie due povere donne come vittime sacrificali. Lasciata l'acropoli, eccoci davanti alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, romanico-gotica, con un magnifico rosone. Tra Anagni e Alatri non possono però mancare altre due visite importanti. A Ferentino, antica città contesa da Ernici, Volsci e Romani per la fertilità della sua terra (da qui il nome), in cima a un colle che domina la valle del Sacco, si sale una strada che porta all'acropoli, passando davanti a un mercato romano coperto, del I sec a.C., con cinque botteghe ad arcate. Si raggiunge il bel Duomo romanico (la concattedrale dei Santi Giovanni e Paolo)con pavimento cosmatesco del XII sec.; dal piazzale, una vista stupenda.Da vedere anche l'abbazia di S.Maria Maggiore, una delle prime in stile gotico-cistercense, di notevole importanza; nei pressi, i resti del teatro romano e la Porta Sanguinaria.La cinta delle mura ciclopiche è ben conservata. Fumone raggiunge quasi gli 800 m di altezza, in cima al Monte omonimo, ed è un borgo medioevale affascinante: deve il suo nome al fatto che da qui - il panorama è vastissimo - partivano segnali di fumo per avvisare i territori vicini di eventuali invasioni normanne o saracene. Nel castello di Fumone, nel 1295, fu imprigionato il già nominato papa Celestino V, il predecessore di Bonifacio VIII: aveva rinunciato al pontificato (ma forse l'atto di rinuncia fu stilato proprio dal cardinale Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio) e fu per questo soprannominato "Il papa del Gran Rifiuto". Qui morì l'anno dopo, forse fatto uccidere appunto dal "papa dell'oltraggio di Anagni". Nel castello vi è il Museo Celestino V, che conserva molte reliquie del medesimo, tra cui un pezzo di cuore e un dente, ma ci sono anche, giunti ovviamente dalla Terra Santa, "un frammento della croce", "resti di S.Pietro e S. Paolo", etc etc. Purtroppo un'antenna della RAI alta 78 m, posta nel 1964 in cima al Monte Fumone, a ridosso del centro storico, su terreno privato di proprietà del Vaticano, deturpa sicuramente il paesaggio. Sindaco e abitanti sperano in un "Gran rifiuto" del traliccio, che impedisce a questo borgo di essere dichiarato tra i più belli d'Italia: ma a tutt'oggi, l'enorme e fastidiosa antenna resta in un luogo che doveva essere tutelato a ogni costo, e sarebbe quindi un vero miracolo che di questa possa presto restare solo il ricordo! Ritornando verso Fiuggi abbiamo fatto una sosta sulle rive del Lago di Canterno, di origine carsica: una riserva naturale da preservare meglio, perchè ci ha dato un'idea di trascuratezza e abbandono. Un altro circuito sicuramente suggestivo ha riguardato monasteri medioevali, un tempo mete di pellegrinaggi importanti e ricchi di storia. Siamo giunti al mattino a Subiaco e, da qui, abbiamo preso la strada alquanto tortuosa per il Sacro Speco, parcheggiando (con difficoltà) a qualche decina di metri dall'ingresso. E' il bellissimo Monastero di San Benedetto; il suo soprannome prende origine dal fatto che al suo interno è conservata la grotta (speco) dove Benedetto da Norcia trascorse tre anni da eremita, all'inizio del VI secolo, prima di diventare monaco. Il Santuario, sorretto da nove arcate e contrafforti, è incastonato nella roccia, su una parete del Monte Taleo, e risale all'XI sec. Domina la valle dell'Aniene, tra fitti boschi. La visita, a gruppi, è guidata: si entra per una piccola porta gotica in un corridoio con pitture murali, si passa da una sala capitolare e si giunge nella chiesa superiore, con cicli di affreschi di scuola senese del XIII-XIV sec., dai colori ancora vivissimi, riguardanti la Crocifissione di Cristo, storie della Passione, la Resurrezione e la vita della Madonna; alcuni episodi della vita di Benedetto ci informano del fatto che era solito punire duramente, a bastonate (!) i giovani che non si adattavano alle rigide regole della vita monastica e che magari venivano considerati "indemoniati". Fu forse per questo suo comportamento non certo amorevole che qualcuno tentò per ben due volte di avvelenarlo, con una coppa di vino e con un pezzo di pane! A causa delle restrizioni da Covid la nostra visita purtroppo non ha potuto interessare alcuni ambienti di dimensioni ridotte: in uno di questi, una cappella, si trova il più antico ritratto di san Francesco, che era venuto al Sacro Speco tre anni prima della sua morte. Si passa alla chiesa inferiore, dove si può vedere l'anfratto roccioso venerato dai pellegrini, ammirando nel contempo altri straordinari affreschi, con Storie della vita di S. Benedetto. Tra questi, uno lo raffigura insieme al papa Innocenzo III, che nel 1202 concesse con una bolla privilegi speciali ai monaci dello Speco. Scendendo la scala santa, ecco il bellissimo affresco "L'eremita Macario mostra a tre giovani le condizioni della morte". Ritornati con l'auto verso valle, ci siamo fermati al Monastero di Santa Scolastica, l'unico, tra i dodici monasteri fondati da S.Benedetto intorno a Subiaco, ad aver resistito a terremoti e attacchi saraceni. Scolastica da Norcia era la sorella gemella di Benedetto, e il monastero le fu intitolato nel XIV sec. Ristrutturato più volte, ha chiostri bellissimi: uno rinascimentale (XVI sec.), un secondo gotico (XIV sec.) e un terzo cosmatesco (XIII sec.), purtroppo quest'ultimo non visitabile attualmente. Qui, nel 1465, si inaugurò la prima tipografia italiana, grazie a due chierici tedeschi allievi di Gutenberg. Anche la vita di Scolastica, che entrò in convento giovanissima e fondò l'ordine delle suore benedettine, si intreccia a numerose leggende, a storie di miracoli e reliquie, e naturalmente, alle vicende biografiche del fratello. Scendendo ancora lungo la strada, nei pressi dei resti archeologici (piuttosto trascurati) della "Villa di Nerone", si può raggiungere un parcheggio a pagamento che consente di iniziare un percorso a piedi di circa mezz'ora, nel bosco e sulla riva del torrente, molto piacevole. L'ingresso è attualmente contingentato, occorre mettersi in coda perchè la meta è molto ambita, anche per rinfrescarsi: si tratta del laghetto di S.Benedetto, dalle acque trasparenti color smeraldo, dove l'Aniene si getta con una bella cascata. Siamo alla "porta d'ingresso" del Parco Naturale dei Monti Simbruini, catena appenninica al confine tra Lazio ed Abruzzo. Spostandosi poi verso la Ciociaria orientale si incontra un'altra abbazia importante, isolata, quella gotico-cistercense di Casamari, il cui nome significa "Casa di Mario": Caio (Gaio) Mario, condottiero romano sette volte console e avversario di Silla, nacque in questi luoghi (Cereatae) nel 157 a.C, ed è ancora ricordato (la via Mària è una strada importante della zona). Perfino il nome Camargue sembra derivi da "Caii Mari Ager": non dimentichiamo che Mario aveva conquistato la Gallia transalpina. Fondata nel 1095, l'abbazia passò nel 1151 dai benedettini ai cistercensi, che la ricostruirono e la resero uno dei centri monastici più importanti dell'epoca, fino alla sua decadenza nel XVIII sec. Si visita il chiostro (che presenta stupende colonnine dalle forme inconsuete), da cui si accede alla bella Sala Capitolare e poi alla chiesa, a tre navate, gotica, con vetrate e rosoni in lastre di alabastro, da cui penetra una meravigliosa luce giallo-ocra, davvero suggestiva. A una decina di km si raggiunge Véroli, in cima a un colle: ed eccoci di nuovo davanti a resti di mura ciclopiche e a un'acropoli con magnifico panorama, nonchè a edifici e quartieri medioevali ben conservati. Interessante la chiesa di S.Maria di Sàlome, che conserva al suo interno una "scala santa" di dodici gradini di marmo, fatta costruire tra il 1715 e il 1740. "Si sale in ginocchio" recita un biglietto. Lasciando ai devoti la sofferenza correlata a tale pratica di origine medioevale, associata alle indulgenze, ci siamo spostati ad Arpino, ultima città saturnia da noi visitata, passando da Isola del Liri, una cittadina molto graziosa, nel cui centro storico si può ammirare lo spettacolo di una cascata di 27 m. Il fiume Liri si divide in due rami e fa qui un salto imponente, la Cascata Grande, appunto, creando uno scenario davvero unico, soggetto spesso scelto dai pittori romantici europei. Arpino (il cui nome forse deriva dal fatto che si estende sui colli con una forma "ad arpa") è la "Città di Cicerone": nel suo territorio infatti nacque, nel 106 a.C., Marco Tullio Cicerone, non solo politico, avvocato e pater patriae per aver denunciato in senato la congiura di Catilina contro la Repubblica, ma soprattutto scrittore ed oratore - "principe dell'eloquenza" - tra i più importanti di tutta l'età romana, modello, per la sua prosa, della letteratura latina. Una sua statua in bronzo (Ferruccio Vecchi, 1958) campeggia nella bella piazza del Municipio, davanti ai resti del lastricato del decumanus maximus, e, poco distante, ecco la statua di Caio Mario (1938). Una passeggiata a piedi porta a un magnifico belvedere sulla valle del Liri, mentre in auto si può percorrere una strada di circa 3 km che sale ai 650 m dell'acropoli, detta "Civitavecchia": e qui si possono ammirare straordinarie mura ciclopiche dell'VIII-VI sec.a.C .,nelle quali si apre un arco a sesto acuto (o meglio un arco a mensola) che evoca paesaggi dell'antica Grecia, in particolare le porte scee. Una torre medioevale, residuo di un castello merlato, detta "Torre di Cicerone" si erge solitaria nei pressi, su un pianoro erboso da cui si gode una bel panorama. L'ultima meta di enorme interesse che abbiamo raggiunto partendo da Fiuggi, nel nostro tour ciociaro, è stata Palestrina, l'antica Praeneste. E in questo luogo ritroviamo tracce di Caio Mario, perchè il figlio ventiseienne Gaio Mario il Giovane trovò qui la morte, forse per suicidio, dopo la sconfitta contro Silla (82 a.C) nella prima guerra civile romana. Silla fece poi uccidere tutti gli abitanti maschi di Praeneste. Ma troviamo anche le orme di Bonifacio VIII, che nel 1299 fece radere al suolo Palestrina, città dei principi Colonna, suoi acerrimi nemici; e si comprende quindi anche il motivo per cui un Colonna, il già citato Sciarra, fosse poi ad Anagni: vendicava così la sua famiglia e la sua città! In questa lunga storia di stragi e distruzioni è comunque riuscito ad arrivare fino a noi abbastanza integro, riscoperto con importanti scavi archeologici, uno dei siti più importanti dell'antichità: il Santuario della Dea Fortuna Primigenia (II sec. a C.). L'ingresso è dall'alto, davanti al Palazzo Barberini-Colonna, la cui architettura è in perfetta sintonia con l'emiciclo sottostante; si può scendere e poi risalire le scalinate, che congiungono ben sei terrazze da cui ammirare il magnifico panorama. E' il complesso più grande del periodo romano tardo-repubblicano che sia giunto a noi; ricorda costruzioni ellenistiche, come il tempio di Atena Lindia a Rodi. Sorto su un luogo di antichissimo culto, sulle pendici del monte Ginestro, vi si venerava una dea che era sia la figlia primogenita di Giove che sua madre, quindi simbolo dualistico e archetipo della fecondità e della nascita, associato alla divinità egizia Iside; nel tempio inferiore un oracolo importante, paragonabile a quello di Delfi, forniva responsi ai devoti che lo interpellavano, tramite il sorteggio di tavolette di legno di quercia incise con una lettera antica (sortes) da parte di un bambino che simboleggiava Iupiter Puer, invocato dalle madri di Praeneste. Le sortes, che venivano poi combinate in vario modo dai sacerdoti per dare il responso, erano conservate in un'arca costruita con il legno di un ulivo, albero sacro del santuario, da cui sarebbe stillato miele come segno prodigioso. Mura ciclopiche, colonne, vasche, portici, nicchie, pozzi: tutto testimonia una grandiosità solenne e incute un senso di mistero. Del piccolo tempio circolare in alto restano solo le fondazioni: la statua della dea Fortuna, in bronzo dorato, era al suo interno. A noi è rimasta una grande testa in marmo bianco rinvenuta durante gli scavi; e immagini della dea Fortuna, con la cornucopia, simbolo di abbondanza, sono piuttosto frequenti, anche se di diverse epoche e luoghi. Cicerone racconta le origini del culto prenestino nel De divinatione (II, XLI, 85), associandole a sogni di un certo Numerio Suffustio e criticando fortemente, da intellettuale razionale qual era, gli aspetti legati alla superstizione e alla credulità del "popolino". Un'interessantissima collezione di statue, terrecotte, corredi funerari si può ammirare nel Museo Archeologico Nazionale ospitato nel Palazzo Barberini-Colonna, il cui biglietto d'ingresso comprende anche la visita al Santuario. Il "pezzo forte" del museo è un grande mosaico del I sec.a.C, il "Mosaico del Nilo", di autore sconosciuto, che rappresenta un'inondazione del fiume ed è considerato un capolavoro dell'arte musiva ellenistica. Fu scoperto tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII sul pavimento della cantina dell'allora Palazzo Vescovile, che altro non era se non l'antica aula absidata del Foro civile dell'antica Praeneste, dove si doveva trovare una statua della dea Fortuna con in grembo Giove e Giunone lattanti. Più volte staccato e restaurato (vedere l'interessante documentario "Restauro del mosaico del Nilo", di Salvatore Aurigemma, 1954), viene interpretato in modi differenti dai critici d'arte: per alcuni è una sorta di carta geografica dell'antico Egitto, per altri è una celebrazione della sua conquista da parte di Ottaviano Augusto, per altri ancora è un omaggio a Iside. E questa lettura è più consona al luogo e alla sua storia! La sala absidata del Foro è visitabile: occorre arrivare in centro, nei pressi del Duomo, e dalla piazza, in mezzo alla quale si trova la statua del famoso compositore e organista Pierluigi da Palestrina, che qui nacque nel 1525, si varca un portone. Ci si trova in ambienti immensi, con resti di statue e colonne. Il custode, che molto gentilmente ci ha consentito l'ingresso nonostante l'imminente orario di chiusura, ci ha detto che tanto c'è ancora da portare alla luce, scavando e sondando il sottosuolo di Palestrina. E non si stenta a crederlo. Il nostro Paese non è solo una meraviglia da scoprire continuamente, è anche uno scrigno di inestimabili tesori nascosti. E a volte qualcosa emerge. Per fortuna. Milano, settembre 2020 Anna Busca Al nostro itinerario della seconda metà di agosto 2020 abbiamo voluto dare un significato-simbolo legato alla salute e al relax, optando per un percorso nell'Italia centrale che avesse come fil rouge località termali. Ma il nostro viaggio in realtà non ha contemplato affatto l'utilizzo di terme o centri benessere: ci siamo semplicemente goduti paesaggi meravigliosi, luoghi ricchi di storia, capolavori artistici. Un vero tuffo nella Bellezza del nostro Paese. Il punto d'inizio è stato, ancora una volta, Montecatini Terme: tre notti all'elegante Grand Hotel Plaza & Locanda Maggiore di piazza del Popolo, nel cuore della città - albergo storico prediletto da Giuseppe Verdi che qui trascorse molte estati, fino al 1900 - ci hanno consentito di riposarci in una cornice stupenda, di utilizzare la bella piscina del solarium e al contempo di visitare le vicine Lucca e Pistoia, già a noi note ma sempre piacevolissime da riscoprire. Imperdibili le passeggiate sulle mura di Lucca - da cui scendere per entrare nel bellissimo Duomo di San Martino, che conserva il magnifico monumento funebre di Ilaria del Carretto - e tra i vicoli e le piazze del centro storico di Pistoia, dove non si può mancare il Duomo dei Ss.Zeno e Jacopo, con il portale centrale sormontato da maioliche e terrecotte smaltate di Andrea della Robbia. Abbiamo anche tentato di vedere, a Santomato, Villa Celle, che possiede la collezione Gori, iniziata nel 1982 e considerata una delle più preziose raccolte di arte contemporanea "ambientale" in Europa. In un parco all'inglese e nei terreni agricoli circostanti, si trovano disseminate installazioni e opere di noti artisti della Land Art, fuse con il paesaggio stesso. Peccato che la villa, privata, fosse chiusa! La visita è solo su prenotazione (info@goricoll.it) e in questo periodo è senz'altro più difficile organizzarla... La tappa a Serravalle Pistoiese invece, ci ha portato a scoprire un borgo medioevale conteso nel XIII e XIV secolo tra Lucca, Pistoia e Firenze, per la sua posizione strategica. I resti di due fortezze testimoniano il ruolo importante assunto da Serravalle; la Rocca Nuova fu completata da Castruccio Castracani, duca di Lucca, della famiglia ghibellina bianca degli Antelminelli. Esiliato a Pisa nel 1300, visse a lungo in Inghilterra e in Francia; ritornò nel 1314 come comandante delle truppe ghibelline che sconfissero i guelfi di Firenze nella battaglia di Montecatini del 29 agosto 1315. Tra battaglie vittoriose e azioni di devastazione dei territori nemici (aveva perfino progettato di deviare l'Arno per allagare Firenze!), il condottiero Castruccio condusse una "vita spericolata" alternando acclamazioni, onori, scomuniche, condanne, periodi di prigionia. Il suo motto era "Inexspugnabilis". Fu un protozoo, il plasmodio della malaria, a sconfiggerlo; una puntura di Anopheles nelle campagne pistoiesi fu più letale di qualsiasi arma! La visita alla Rocca, oltre a suscitare curiosità e interesse per la sua storia, porta anche alla salita in cima a una torre da cui si può ammirare un bellissimo panorama. Prima di raggiungere Chianciano, la seconda città termale del nostro tour, ci siamo fermati una notte a Prato (Hotel President, via A.Simintendi 20), che deve il suo nome proprio ad una piana erbosa situata tra la rocca e il mercato. L'imperatore Federico II di Hohenstaufen fece qui erigere (a partire dal 1240 circa) un castello a pianta quadrata, che prese a modello le rocche imperiali pugliesi. E' il magnifico Castello dell'Imperatore (si può entrare gratuitamente nel cortile e salire a percorrere l'intero camminamento sulle mura, con vista sulla città), unico esempio di architettura sveva del Nord-Centro Italia. La sera, illuminato da luci colorate, risulta davvero suggestivo. Molto interessante anche la cattedrale di S.Stefano, che ha all'interno cappelle affrescate da Filippo Lippi e Paolo Uccello; presenta una bella facciata quattrocentesca in marmi bianchi e verdi e un curioso pulpito esterno dal grande baldacchino a ombrello, sulla destra, opera di Michelozzo e Donatello nel decennio tra il 1428 e il 1438 (le formelle originali di Donatello sono state però trasferite per precauzione al museo del Duomo). Lo scopo di tale costruzione è legato a una reliquia, per la cui custodia era già stata ideata alla fine del '300 una fastosa cappella interna, affrescata da Agnolo Gaddi con la Storia di Maria Vergine e della Cintola. Si tratta appunto del cosiddetto "Sacro Cingolo": una striscia lunga quasi 90 cm di lana caprina color verde chiaro intessuta con fili d'oro, conservata in una lunga teca di cristallo e metalli preziosi, che viene mostrata su questo pulpito dal vescovo ai fedeli, in giorni particolari del calendario liturgico, come la festa dell'Assunta del 15 agosto. E trovandoci noi nella piazza semivuota proprio nel tardo pomeriggio di Ferragosto, abbiamo potuto assistere a questa cerimonia medioevale, con tanto di trombettieri in costume blu e rosso, ostensione solenne del cingolo (sul pulpito c'era anche il sindaco di Prato), spargimento di incenso... La leggenda vuole che fosse la cintura della Madonna, da lei lasciata a san Tommaso come prova della sua Assunzione e successivamente passata di mano in mano, fino al suo casuale ritrovamento a Gerusalemme da parte di un mercante pratese, nel XII sec. Costui la donò al proposto della pieve di S.Stefano. E' evidente che si tratti di uno dei tanti "falsi medievali" (basti pensare al "prepuzio di Cristo" o al "latte della Vergine", o alla surreale doppia testa del Battista, di ragazzo e di adulto) che all'epoca servivano come strumenti di potere e diventavano simboli delle città stesse, spesso associati a prodigi e proprietà miracolose. Lo stesso Boccaccio esprime in una novella del Decamerone (l'ultima della sesta giornata) il suo pensiero irridente sul proliferare delle false reliquie, spesso spacciate come provenienti dalla Terra Santa, raccontando la burla di cui è fatto oggetto il personaggio di Frate Cipolla, che vuole presentare ai fedeli creduloni una "piuma dell'arcangelo Gabriele": in realtà, una penna di uccello...Spostandoci nella vicina piazza del Comune siamo poi entrati nel Museo civico di Palazzo Pretorio: l'edificio è il risultato dell'ampliamento di una costruzione romanica, in mattoni, con una parte in stile gotico; e materiali e stili diversi rendono riconoscibile l'aggiunta ma al contempo si fondono molto bene. La Galleria contiene splendide opere d'arte, in particolare di artisti del Rinascimento quali Luca Signorelli, Filippo Lippi, Donatello, Andrea della Robbia. Di nuovo si incontra il Sacro Cingolo, soggetto di una narrazione pittorica risalente al 1337, opera di Bernardo Daddi; bellissima la sala delle sculture, con capolavori del lituano Jacques Lipchitz, uno dei maggiori esponenti della scultura cubista. Abbiamo anche potuto visitare la mostra "Dopo Caravaggio", prorogata fino al 6 gennaio 2021, con magnifici dipinti di pittori della scuola napoletana del '600, come il Battistello e Jusepe de Ribera. Se si vuole poi dare un'occhiata a un museo di arte contemporanea, non si può certo mancare l'avveniristico Centro Pecci, viale della Repubblica 277 ( www.centropecci.it), aperto nel 1988 su progetto dell'architetto razionalista Italo Gamberini (e ampliato successivamente da Maurice Nio). Appare come una sorta di isolata e gigantesca astronave dorata: all'interno la superficie espositiva raggiunge i 3000 mq; si aggiungono un auditorium-cinema, una biblioteca, un ristorante...La visita è davvero di grande interesse per le mostre di alto livello e per le collezioni esposte. Noi abbiamo dedicato maggiore attenzione all' exhibition "The Missing Planet" che ripercorre, tra metafora e realtà, la storia della conquista dello spazio da parte dell'URSS, insieme a tessere di un mosaico complesso che comprende film, testi, vicende umane e politiche del Pianeta Rosso (e in questo caso non è Marte!).Da Prato ci siamo dunque spostati a Chianciano Terme (Park Hotel, via Roncacci 30), seguendo una splendida strada tra i colli toscani di San Gimignano, Siena, Montalcino, che ha contemplato solo un paio di tappe (potevano essere infinite, vista la bellezza dei luoghi!!), ossia Poggibonsi, nel Chianti, e Monteriggioni, affascinante borgo fortificato del senese, citato da Dante nel XXXI canto dell'Inferno - ..."su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona,..."-molto frequentato dai turisti. Chianciano Terme ci ha inaspettatamente deluso, soprattutto dal punto di vista urbanistico. La città è distribuita a forma di "S", lungo una sorta di costone su cui si dipana una strada piuttosto lunga. Innumerevoli alberghi si susseguono ai lati, e molti di questi necessiterebbero di restauri; parecchi sono chiusi (certamente il lockdown per Covid ha avuto il suo peso) e alcuni addirittura abbandonati al degrado, il che dà, in alcuni punti, un'immagine di squallore che il luogo non merita affatto, visto il bellissimo paesaggio circostante e le sicure potenzialità turistiche. Ad un'estremità si trova Chianciano Vecchia, borgo medioevale che potrebbe essere maggiormente valorizzato. All'estremità opposta ecco le Piscine Termali Theia e le Terme Sensoriali. I costi d'ingresso variano, così come il tipo di utilizzo e i pacchetti offerti (da 35 a 45 euro i giornalieri). La grande Piazza Italia funge da zona di ritrovo, soprattutto serale. Un trenino su gomma, il "Chianciano Express", percorre la strada su e giù, per i bambini e per i visitatori che non si sentono di camminare troppo: e in effetti spostarsi da una parte all'altra a piedi risulta faticoso, soprattutto in una calda giornata estiva. Il verde non manca, e questo è certamente un pregio di Chianciano. La posizione è senz'altro strategica per visitare alcuni "tesori" della provincia di Siena: e fermandoci tre notti siamo riusciti a compiere brevi tour e visite che ci hanno pienamente soddisfatto. Eravamo già stati a Montepulciano e a Pienza, ma rivedere i loro preziosi centri storici, veri e propri capolavori di architettura rinascimentale (e barocca) su un impianto squisitamente medioevale, è stato comunque una riscoperta. Non potevamo poi trascurare la collegiata romanica di San Quirico d'Orcia e la magnifica abbazia benedettina di S.Antimo, fondata forse da Carlo Magno intorno all'800. Al suo interno, dall'atmosfera suggestiva sia per la luce che entra dalle finestre che per l'estrema semplicità del luogo, si possono ammirare straordinari capitelli, scolpiti dal maestro di Cabestany. In Val d'Orcia una meta d'obbligo, visto il filo conduttore del nostro viaggio, è stata Bagno Vignoni. Già i Romani conoscevano le proprietà benefiche delle sue acque alcaline, che provengono da oltre 1000 m di profondità e scaturiscono alla temperatura di circa 52°C, raccolte in una grande vasca termale di origine cinquecentesca al centro del paese, dove però è proibito immergersi. Per farlo gratuitamente occorre recarsi al sottostante Parco dei Mulini: le acque, allontanandosi dalle sorgenti, si raffreddano, ma dovrebbero comunque dare sollievo in caso di artrite e dolori muscolari. Chi invece desidera comfort e può regalarsi qualche lusso può alloggiare in un elegante resort con centro benessere, piscine, palestre...Certo in questo caso si è molto lontani dall'immagine del pellegrino che, seguendo la via Francigena, si fermava per rinfrancare corpo e spirito nelle acque termali! L'ultima meta raggiunta da Chianciano, in un quarto d'ora di automobile, è stata Chiusi, città di antichissime origini, che raggiunse il massimo splendore sotto gli Etruschi (VII-V sec. a.C). Su una collina di tufo della Valdichiana, al confine con l'Umbria e in posizione strategica, Chiusi rimase una città di notevole importanza fino al XVI secolo. Nel bel centro storico abbiamo visitato, associato all'interessante museo della concattedrale di S.Secondiano, il cosiddetto "Labirinto di Porsenna", così denominato perchè in una fase iniziale degli scavi si riteneva che potesse essere la tomba del leggendario lucumone etrusco Lars Porsenna, che partecipò all'assedio di Roma del 508-507 a.C. come sostenitore di Tarquinio il Superbo. Fu Plinio il Vecchio che, citando Terenzio Varrone, descrive nella sua Naturalis Historia il sepolcro di Porsenna come un gigantesco mausoleo scavato sotto la città di Chiusi e protetto da un labirinto. Sarebbe stata la scoperta archeologica del secolo! Anche perchè la tradizione vuole che il corredo funebre di Porsenna comprendesse un cocchio, insieme a statue di cavalli, una chioccia e cinquemila pulcini, tutto in oro massiccio...In realtà si tratta più semplicemente di una serie di cunicoli sotterranei, scavati nell'arenaria,che appartenevano alla rete idrica della città (progettata già in epoca etrusca), collegati a pozzi e cisterne per la raccolta d'acqua. Ci siamo poi recati al Museo Nazionale Etrusco, museo archeologico fondato nel 1870, in stile neoclassico, con la facciata che lo fa assomigliare a un tempio. E lo è realmente: lo si visita in silenzio, in uno stato di costante ammirazione e stupore per i preziosissimi reperti esposti. Dalle necropoli vicine sono giunti corredi funerari, urne cinerarie, maschere, statuine, vasi canopi, gioielli, cippi con rilievi scolpiti e decorati. Una preziosa testimonianza delle vette raggiunte dall'arte e dalla cultura del popolo etrusco.L'ultima tappa termale è stata Fiuggi, nel Lazio, per noi piacevolissima sorpresa. In provincia di Frosinone, a circa 600-700 m di altezza sui rilievi dei Monti Ernici, la città risulta suddivisa in una parte alta - l'interessante centro storico - e una più bassa, moderna e animata, distante dalla precedente. Qui si trovano le terme e gli alberghi, spesso edifici del primo Novecento ben conservati, come il nostro Hotel Reale (via Prenestina 82) circondati dal verde - molti platani, ma anche castagni centenari!- e da vie con ristoranti e negozi. Imperdibili gli squisiti amaretti della storica Pasticceria Caponi (via Prenestina 16): la bottega ha grande fascino, sembra di entrare in una fiaba. Davvero splendido il parco termale, a pagamento (5-9 euro): è la "Fonte Bonifacio VIII", citata anche da Michelangelo, dove si può passeggiare tra una bellissima vegetazione e sostare di quando in quando alle fontane per bere l'ottima acqua, oligominerale fredda, rinomata per la cura delle malattie renali (portarsi un bicchiere!). Alla fine di una lunga discesa, se si è entrati dall'ingresso "storico"del periodo umbertino, in stile liberty, su piazza Frascara (c'è anche un altro ingresso inferiore, sulla strada), si raggiunge lo stabilimento per la terapia idropinica, da cui si potrà poi risalire all'ingresso con un comodo e veloce tapis roulant. Ci si trova all'interno di un grande edificio di cemento con ampi spazi aperti, protetti da un tetto molto esteso e costellati di fontane: il grandioso progetto, realizzato nel 1965, si deve all'architetto e critico d'arte romano Luigi Moretti (1906-1973) che lavorò per importanti edifici e piani regolatori sia durante il fascismo che nel periodo postbellico, ottenendo commesse e incarichi di rilievo anche in Canada e Stati Uniti e vincendo numerosi premi prestigiosi. Sue sono pure le centinaia di sedie di metallo colorate disseminate nel parco, dal design davvero particolare. L'immagine di Moretti compare -un po' nascosta, a dire il vero - in una sagoma di cartone in proporzioni naturali all'esterno della cancellata; qua e là sui marciapiedi si incontrano, per il divertimento dei turisti che si fanno fotografare insieme a loro, le sagome di Nino Manfredi, Gina Lollobrigida, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica, Sofia Loren, Alberto Sordi. Il denominatore comune di questi protagonisti del cinema italiano è certamente Fiuggi, frequentata da tutti quanti; ma si scopre anche che Nino Manfredi era nato a Castro dei Volsci, la Lollo a Subiaco, Mastroianni a Fontana Liri, De Sica a Sora... e Sofia Loren, nata a Roma, interpretò nel 1960, diretta da De Sica, il ruolo di Cesira ne "La ciociara". E' proprio la Ciociaria, regione dai confini un po' indefiniti, comprendente soprattutto la provincia di Frosinone, il filo che li lega. Fiuggi ne fa parte, insieme alle cinque cosiddette "Città di Saturno", antichi centri la cui fondazione è associata alla mitologia: il dio Saturno, cacciato dall'Olimpo, si trasferì qui, affascinato dalla bellezza del luogo. Il nome delle città generalmente inizia con la lettera "A": Anagni, Alatri, Arpino...mete di straordinario interesse storico e artistico,raggiungibili in poco tempo da Fiuggi. E questa parte del nostro viaggio merita senz'altro un articolo a sè: "Tra acropoli e mura ciclopiche". Non in Grecia, ma nella nostra italianissima terra ciociara. 10 settembre 2020, Anna Busca
AGOSTO 2020 E ORA, SCENDIAMO VERSO IL MARE di Anna Busca Abbiamo scelto l'ultima settimana di luglio e la prima di agosto di questa estate 2020 per tornare in Sardegna e scoprire bellezze, monumenti e luoghi che ci hanno nuovamente incantato. Con un traghetto della Moby Lines siamo partiti da Piombino intorno alle 15 per giungere ad Olbia verso le 20.30: biglietto AR con auto al seguito, per tre adulti, al costo di poco più di 200 euro, sfruttando le promozioni in offerta sul sito. Viaggio perfetto, nonostante mascherine obbligatorie e regole di distanziamento anti Covid. Prima di partire occorreva compilare come autocertificazione il modulo "Sardegna sicura" e inviarlo online; la procedura era molto chiara e non ci ha creato difficoltà. La vacanza è stata itinerante, e siamo riusciti a compiere una sorta di splendido "periplo sardo" ricco di soddisfazioni. Abbiamo prenotato alberghi e b&b sempre con Booking.com, senza problemi. Dopo un pernottamento a Olbia (Your Bed & Breakfast, via Padova 15) che avevamo già visitato nel viaggio precedente, ci siamo diretti ad Alghero, passando per Sassari. La statale 729, molto scorrevole, attraversa un paesaggio interessante e consente anche la visita a preziose chiese romaniche, quali Sant'Antioco di Bisarcio, la chiesa di Santa Maria del Regno ad Ardara (edificata all'inizio del XII secolo con blocchi di trachite, roccia vulcanica scura che le dà un aspetto davvero singolare) e SS. Trinità di Saccargia, che apparteneva ad un'abbazia camaldolese e sorge solitaria tra i campi. Ad Ardara si può ammirare il retablo più grande della Sardegna, un bellissimo polittico del 1515 di Giovanni Muru; e nella splendida chiesa di Saccargia, in stile romanico pisano, con un campanile alto 40 m, si resta stupefatti davanti al magnifico ciclo di affreschi dell'abside centrale, forse di un artista pisano della fine del XII secolo. Ma anche Sassari merita senz'altro una visita: noi ci siamo fermati per il pranzo, riuscendo a dedicare un paio d'ore ad una bella passeggiata nel centro storico. Molto bello l'imponente Duomo, dalla facciata che ci ha fatto ricordare le chiese di Salamanca, così come la grande piazza d'Italia ci ha rammentato una Plaza Mayor. Si respira proprio un'aria spagnola, anche camminando tra vicoli e scalinate. Torneremo nel prossimo viaggio per visitare il Museo Sanna, che abbiamo trovato purtroppo chiuso: possiede una ricca collezione archeologica, una pinacoteca e una sezione dedicata al folclore sardo. Alghero Il nostro soggiorno è stato piacevolissimo: alloggiando vicino al centro (b&b Khorakhanè, via Sassari 159) siamo riusciti a cenare nei ristorantini all'aperto, a passeggiare sui bastioni godendoci il tramonto, ad ammirare torri e chiese - da non perdere il complesso monumentale di San Francesco e la cattedrale di Santa Maria - in un'atmosfera davvero rilassante. E le spiagge facilmente raggiungibili ci hanno consentito nuotate in acque cristalline e una vera immersione salutare nell'aria profumata e pulita di questa costa. Siamo arrivati in auto a Capo Caccia, tra panorami suggestivi, senza però scendere i 600 gradini per la Grotta di Nettuno, vista la coda di visitatori e il caldo, che avrebbe reso troppo faticosa la risalita. Bellissime la spiaggia di Porto Ferro, quella di Maria Pia, di Mugoni, delle Bombarde: la scelta è davvero molto ampia. Una passeggiata nel verde può riguardare una zona umida protetta, dove si trovano percorsi guidati per il birdwatching: è la riserva del Parco Regionale di Porto Conte, che si incontra andando verso Capo Caccia; sulla stessa strada si trova il bel complesso nuragico di Palmavera. Abbiamo approfittato della nostra tappa ad Alghero per recarci all'isola dell'Asinara, Parco Nazionale dal 2002, preferendo partire con un traghetto da Porto Torres (15 euro a persona AR, un'ora e mezzo di navigazione, più la tassa di sbarco di 2.50 euro) piuttosto che da Stintino (20 euro + 2.50, per un tragitto molto più breve!). L'arrivo da Porto Torres inoltre è nel centro dell'isola, a Cala Reale, il che consente visite ed escursioni più facili, mentre da Stintino si arriva a Fornelli, sull'estremità occidentale. Meglio dunque una visita autoorganizzata: molti operatori turistici propongono pacchetti di una giornata, in catamarano, ma hanno costi esorbitanti (almeno 80 euro a testa). Arrivati dunque a Cala Reale verso le 13 con la motonave Sara D. della Delcomar, partita alle 11.30, abbiamo preso un pullmino (10 euro a testa AR) che ci ha portato in pochi minuti a Cala D'Oliva. Da qui, un meraviglioso sentiero a picco sul mare turchese e smeraldo, in mezzo ai profumi della macchia mediterranea, ci ha consentito di raggiungere l'incantevole spiaggia di Punta Sabina. Nulla da invidiare ai Caraibi! Un lungo bagno ristoratore, in mezzo a saraghi e occhiate, circondati da uno scenario naturale stupendo e dal silenzio rotto solo dallo sciacquio delle onde, ci ha fatto dimenticare che l'isola è stata nei secoli teatro di sanguinose battaglie, per esempio tra Aragonesi e Genovesi nel XV secolo, e di crudeli scorrerie dei Mori, che portarono alla costruzione delle numerose torri di avvistamento sarde: all'Asinara ve ne sono tre ben conservate. Fu anche terra di deportazione - dopo la guerra di Abissinia del 1937 furono trasferiti qui molti etiopi- e di prigionia. Negli anni '60 fu istituito un carcere di massima sicurezza, destinato soprattutto ad ospitare assassini delle BR e dell'Anonima sequestri sarda, e criminali mafiosi soggetti alla 41-bis; il supercarcere, una sorta di Alcatraz italiana, fu chiuso nel 1998. Il fatto che per più di un secolo, dal 1885 al 1999, l'isola sia stata interdetta al turismo ha permesso comunque una straordinaria preservazione di fauna e flora. Specie caratteristica è l'asinello bianco, Equus africanus asinus, albino (ma ne abbiamo visto solo uno!). Sulla strada del ritorno ci siamo fermati davanti a una casa, dipinta di rosso, a Cala D' Oliva, su cui è affissa una lapide con frasi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Qui i due coraggiosi magistrati, con le loro famiglie, trascorsero il mese di agosto 1985, durante la fase preliminare del maxiprocesso di Palermo. Minacciati di morte da "Cosa nostra", vi furono trasferiti in segreto, per concludere in sicurezza la requisitoria che avrebbe poi portato complessivamente i 460 imputati a 19 ergastoli e 2665 anni di reclusione. Ripartiti alle 18 siamo giunti a Porto Torres verso le 19.30, orario comodissimo per tornare ad Alghero per la cena. Inoltre, la mattina, poco prima di raggiungere il porto d'imbarco eravamo riusciti a visitare un capolavoro romanico, la basilica più grande della Sardegna: quella di San Gavino, dal bel portale laterale in stile catalano e dall'immensa navata unica, molto suggestiva. Da Alghero ad Oristano Lasciata Alghero, ci siamo diretti verso sud, lungo una splendida strada panoramica che attraversa zone protette, dove si trova l'unica colonia sarda di grifoni. A Bosa, attraversata dal fiume Temo, con un caratteristico borgo di graziose case colorate, siamo saliti fino al Castello Malaspina, del XII secolo, da cui si gode un panorama incredibile. All' interno delle sue mura si trova la piccola chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos, con un interessante ciclo di affreschi del XIV secolo. A Cùglieri ci siamo fermati per la Collegiata di Santa Maria della Neve, ampliata nel XVII secolo e più volte restaurata: è in alto, in una magnifica posizione per ammirare il paesaggio circostante. Dopo un bel bagno nelle acque limpidissime di S'Archittu, eccoci ad Oristano, dove ci siamo fermati per due notti (Mariano IV Palace Hotel, piazza Mariano 50). Il centro della città sembra convergere su piazza Roma, piuttosto animata, dove si erge l'alta Torre di San Cristoforo o Porta Manna, appartenente un tempo a una cinta fortificata del XIII secolo. Negozi, caffè, ristoranti e pizzerie si trovano soprattutto in via Mazzini, via Garibaldi e via Tirso. Il Duomo e la chiesa di San Francesco meritano una visita, ma l'edificio religioso più interessante è la romanica chiesa di Santa Giusta, a circa 3 km sulla strada per Cagliari. La statua di Eleonora d'Arborea, nella piazza omonima, ricorda questa giudicessa ed eroina del XIV-XV secolo, che revisionò la Carta de Logu, la prima raccolta di leggi per i Giudicati sardi, promulgata dal padre Mariano IV. Da Oristano prendono il via itinerari tra i più interessanti della Sardegna: imperdibile Tharros, fondata nell'VIII secolo a.C. dai Fenici, trasformata dai Romani in una città ricca di edifici pubblici, attraversata da importanti strade lastricate in basalto, modificata ancora in epoca paleocristiana e infine abbandonata e ridotta a rovine. Si percorrono i cardi e i decumani tra i resti di questo sito archeologico, davanti al mare, con la cinquecentesca Torre di San Giovanni sullo sfondo, provando un senso di mistero e di legame profondo con il passato. Nei pressi, una costruzione isolata: è S.Giovanni in Sinis, del V secolo, con la facciata in stile bizantino. L'interno, semplice e spoglio, a tre navate, è illuminato da bifore ed appare estremamente suggestivo. A chiudere la visita, oltre all'immancabile nuotata (le spiagge non mancano! splendide Putzu Idu e Is Arutas ) è consigliabile la visita al Museo Civico Archeologico "Giovanni Marongiu" di Cabras: piccolo ma ricco di collezioni preziose, provenienti dagli scavi delle necropoli di Tharros e da altri siti, come Cuccuru Is Arrius e Sa Osa, e anche da una nave romana ("Relitto di Mal di Ventre")affondata nel I sec. a. C. con il suo carico di anfore, vasi e mille lingotti di piombo che giungevano dalla Spagna. I pezzi "forti" esposti sono i famosi "Giganti di Mont'e Prama", statue maschili raffiguranti guerrieri, pugilatori, arcieri, dalle notevoli proporzioni e con particolari occhi a cerchi: furono rinvenuti negli anni '70 in una necropoli nuragica, al di sopra di tombe a pozzetto, e sono tuttora oggetto di studi per comprenderne appieno il loro significato. Da Oristano a Iglesias Il nostro tour è proseguito ancora più a sud: meta Iglesias - nel cuore della regione mineraria più importante della Sardegna, l'Iglesiente, sede del cosiddetto "anello metallifero" di rocce carbonatiche ricche di piombo, argento e zinco - città il cui nome in spagnolo significa "Chiese", evocatore del dominio catalano-aragonese. Per raggiungerla abbiamo seguito la statale 126 fino a Guspini, per poi dirigerci verso le Dune di Piscinas. Spiaggia incredibile, larghissima, chiusa da dune ricoperte in parte da arbusti: sembra di essere in Africa, o comunque in una regione esotica. Il mare - è necessario dirlo? - è semplicemente meraviglioso. L'unica pecca è stata la strada che abbiamo seguito: una specie di lunga mulattiera di sabbia e sassi, che ci ha costretto anche a superare due guadi un po' pericolosi e ci ha fatto rimpiangere di avere una Punto invece di una jeep... Passata poi Fluminimaggiore, in un paesaggio montuoso bellissimo, siamo arrivati alla Grotta di Su Mannau. Avevamo prenotato telefonicamente la visita ( www.sumannau.it, tel.3475413624, biglietto a 10 euro) perchè ovviamente ogni gruppo ha un numero massimo di partecipanti e viene data la precedenza a chi prenota. Una giovane e brava speleologa ci ha guidati per circa un'ora lungo passerelle metalliche sospese su grandi cavità ben illuminate, ricchissime di concrezioni di calcite e aragonite, con cristalli scintillanti, tra laghetti e fiumi sotterranei, il Placido e il Rapido. Resti archeologici, come piccole lucerne votive, testimoniano l'antico utilizzo della grotta come tempio ipogeo per il culto dell'acqua, a partire dall'età nuragica. Una visita stupenda, magica, da non perdere assolutamente.Vicino alla grotta, a pochi minuti di auto, un'altra tappa irrinunciabile: l'area archeologica di Antas. In mezzo a lecci e querce da sughero centenarie si trova una necropoli nuragica, accanto a un tempio punico della fine del V sec. a. C. dedicato al dio Babay (dio Padre, divinità delle acque) e a un tempio romano del III sec.d.C per il culto del Sardus Pater Babi, di cui restano le colonne del pronao (ma questa costruzione sostituì quella più antica del 38 a.C. voluta da Ottaviano Augusto e andata in rovina). Il biglietto intero costa 4 euro. Un sentiero di circa 7 km -segnato come "Antica strada romana Antas-Su Mannau"- nel bosco, collega il sito alla grotta e può essere seguito per un trekking. I dintorni presentano anche tracce di miniere ormai abbandonate ed edifici con valore di archeologia industriale. Iglesias ha un centro storico affascinante, cinto parzialmente da mura e raccolto intorno alla bella cattedrale di Santa Chiara, del XIII secolo, su un'ampia piazza di fronte al Municipio (qui si trova l'Ufficio del turismo). Strettissime vie rendono davvero arduo il transito automobilistico, limitato peraltro ai residenti o a chi possiede un pass temporaneo in quanto ospite: il nostro b&b (L'Aquilino, via Vescovo Rolfi 4), a lato della cattedrale, era proprio nel cuore della città, posizione eccellente per una visita. Ed eccoci davanti alle chiese di San Domenico, della Purissima, della Madonna delle Grazie, di San Francesco, per citarne solo alcune; e poi in salita verso il Castello di Salvaterra (bella vista panoramica su Iglesias), e di nuovo alle mura pisane di fronte alla Torre Guelfa. Il Museo dell'Arte Mineraria e Mineralogico, non distante dal centro storico, era chiuso. Da Iglesias ci siamo spostati alla spiaggia di Masùa, a una ventina di km, per poi recarci al vicinissimo Porto Flavia. Davanti al faraglione detto "Pan di Zucchero" si trova questa costruzione di grande interesse, progettata dall'ingegnere veneto Cesare Vecelli ("Flavia" era il nome di sua figlia) negli anni '20 e inaugurata nel 1924. Restò attiva per circa 40 anni. Si tratta di uno straordinario porto d'imbarco dei minerali estratti dalle miniere, che qui venivano trasportati e stoccati per essere poi direttamente caricati sulle navi, ancorate sotto. Il tutto richiedeva uno o due giorni al massimo. Prima della realizzazione di quest'opera il lavoro, estremamente faticoso e pericoloso, durava almeno un mese, perchè i materiali estratti dalle miniere dovevano essere messi manualmente su piccole imbarcazioni a vela che poi si dirigevano a Carloforte, sull'isola di San Pietro, dove dovevano essere scaricati e di nuovo caricati sulle navi da trasporto. La visita guidata, emozionante, si svolge in un'ora percorrendo la lunga galleria superiore, che presenta ai lati profondi pozzi di stoccaggio, per poi uscire su un terrazzino che consente di ammirare il panorama della baia. Si viene dotati di caschi di protezione e occorre un abbigliamento adeguato (scarpe chiuse). Biglietto intero a 10 euro ( www.visitiglesias.it).Da Iglesias a Cagliari Invece di seguire la strada più veloce per arrivare al capoluogo dell'isola, abbiamo optato per un itinerario che ci consentisse di toccare luoghi d'interesse storico e paesaggistico. Attraversando la zona mineraria di Gonnesa ci siamo fermati a Carbonia, fondata nel 1938, quando il fascismo, negli anni dell'autarchia (imposta a seguito delle sanzioni economiche della Società delle Nazioni dopo l'invasione dell'Etiopia del 1935-36), cercava di incentivare l'utilizzo delle risorse del territorio: e la città fu costruita per ospitare minatori, geologi e ingegneri minerari che lavoravano nelle miniere di carbone, in particolare in quella vicina di Serbarìu (visitabile, associata al Museo del Carbone), una delle più importanti del bacino carbonifero del Sulcis. Il 18 dicembre 1938 lo stesso Benito Mussolini tenne un discorso per l'inaugurazione di Carbonia, parlando a una folla di 35.000 persone da un balcone al primo piano della Torre Littoria (tale balcone fu poi eliminato durante la ristrutturazione), nell'ampia piazza Roma. Trovarsi in questa grande piazza dà la curiosa sensazione di essere dentro un quadro di De Chirico, una vera "Piazza d'Italia"! Vi si affacciano il Municipio, la chiesa di San Ponziano, una sala polifunzionale, una fontana con un anfiteatro vicino, e gli edifici sono in perfetto stile del Ventennio. Da Carbonia ci siamo diretti a Tratalìas, per vedere un'altra chiesa romanica, S. Maria, del 1213: abbiamo solo potuto ammirarne gli esterni perchè era chiusa; e il paese è in realtà una sorta di spettrale ghost-town perchè gli abitanti si sono trasferiti altrove... La tappa successiva è stata Sant'Antioco- l'antica Sulcis romana- sull'isola omonima, collegata con un ponte sulla statale 126. Attraversata la cittadina, ci siamo spostati di una decina di km sulla punta dell'isola, a Calasetta, paese dall'atmosfera squisitamente mediterranea, con basse case bianche che si stagliano contro il cielo azzurro, interrotte dal colore viola o porpora delle bougainville.Da qui si può ammirare l'isola di San Pietro; una bella spiaggia, per quanto ventosa, consente splendidi bagni. Lasciata Sant'Antioco, ripromettendoci di tornare per una vacanza più lunga, abbiamo ripreso la strada per Cagliari passando per Teulada, Domus de Maria, Pula (qui si trovano le rovine di Nora), con numerosi scorci panoramici davvero mozzafiato. Cagliari La città è chiamata la "Gerusalemme della Sardegna" e solo dopo la seconda giornata di visita abbiamo compreso meglio la definizione. Al primo impatto infatti Cagliari ci era apparsa un po' "disordinata", una specie di strana mescolanza di moderno e antico, spesso fatiscente, senza una sua vera connotazione. Ma ci eravamo sbagliati. Il centro storico è tutto arroccato nella zona centrale: inizia dalla zona di fronte al Porto passeggeri e culmina nell'area intorno al Museo Archeologico (la cui visita è assolutamente imperdibile). Come la Città vecchia della capitale d'Israele, in un'area ristretta raccoglie un vero tesoro architettonico: torri trecentesche, mura cinquecentesche, monumenti, chiese, resti romani. Si percorre lentamente, usando scalinate e vicoli; se si vuole evitare la salita a piedi da piazza Costituzione al Bastione S. Remy, vasta terrazza e straordinario punto panoramico, si può usare un ascensore (un po' nascosto) nei pressi di piazza San Giacomo. Splendido il tramonto, da godere magari sorseggiando un aperitivo in qualche locale di via S. Croce. Noi abbiamo alloggiato a un centinaio di metri dall'imponente Santuario di Bonaria, costruito nel XVIII sec. sulla collina omonima, a lato della chiesa del XIV sec., in posizione perfetta (b&b Cerdena Rooms, via Milano 1/b) per raggiungere a piedi il centro, passando davanti all'antica Basilica di S. Saturnino e al complesso di S.Lucifero. Pare che la capitale argentina, Buenos Aires, derivi il suo nome proprio dalla Madonna di Bonaria custodita nel santuario: era un tempo oggetto di devozione in quanto considerata protettrice dei marinai. In pochi minuti di auto abbiamo raggiunto, per un bagno in acque cristalline, la lunghissima spiaggia del Poetto: si costeggiano anche le saline, che ospitano una grande colonia di fenicotteri rosa. Da Cagliari ad Olbia Abbiamo chiuso il nostro "periplo sardo" risalendo verso Olbia lungo la statale 125; un viaggio di qualche ora che però ci ha consentito alcune soste piacevoli, in particolare nelle zone di Arbatax e di Budoni. Il vento di scirocco però non ci ha consentito di restare a lungo in spiaggia né di nuotare, perchè le onde erano davvero alte, con una forte risacca. Abbiamo pernottato nel bel centro di Olbia (Amsicora 8, via Amsicora 8), per salire poi sul traghetto delle 8.15 per Piombino. E mentre la costa si allontanava, ritornavano alla mente le parole di Elio Vittorini: "Infine, scendiamo verso il mare. In Sardegna si sente sempre, a cento e cento chilometri dalle coste, che splende nell'aria da ogni lato. E' una vera isola..." (da "Sardegna, come un'infanzia", 1932). 31 agosto 2020, Anna Busca UNA SETTIMANA DI QUIETE di Anna BuscaDesiderosi di una pausa di relax per lasciarci alle spalle le fasi pesanti della pandemia di Covid, abbiamo scelto, dopo una lunga ricerca di possibili soluzioni che conciliassero diverse esigenze di una famiglia di quattro persone - genitori sessantenni e due figli ventenni alle prese con esami universitari online - la bella Montecatini Terme, a sole tre ore di autostrada da Milano. E mai scelta si è rivelata più felice, complice anche un clima ideale, con giornate sempre stupende, dal cielo senza nubi. Grazie a Booking abbiamo trovato il Grand Hotel Tamerici & Principe (viale IV Novembre 2B, tel.0572 71041, www.hoteltamerici.it, info@hoteltamerici.it ), in centro, con ottime recensioni e un eccellente rapporto qualità/prezzo. Colazione inclusa (ricca e varia), piscina in mezzo al verde, elegante suite con camere comunicanti e zona salotto, wi-fi senza problemi, pulizia perfetta: tutto ha superato le nostre aspettative. Grande tranquillità, direttamente proporzionale agli spazi (enormi saloni arredati con mobili antichi) e alla professionalità del personale. Ci siamo trovati benissimo, e questo ci ha consentito di organizzare al meglio, senza nessuno stress, la nostra vacanza. Non abbiamo utilizzato le Terme, da poco riaperte, né la Spa dell'albergo, perchè le quotidiane nuotate in piscina (con zona idromassaggio e cascata tonificante) e il successivo riposo al sole sulle sdraio ci hanno soddisfatto pienamente. Abbiamo invece passeggiato nel magnifico Parco Termale di Montecatini , ammirando altissimi pini domestici, cedri, sequoie, palme, tra prati curati e aiuole, e lungo la via dello shopping (corso Roma, corso Matteotti) con numerosi negozi, boutique di lusso, ristoranti e caffè. Certo la crisi dovuta alla chiusura e alle restrizioni antiCovid non ha consentito la riapertura di diversi alberghi ed esercizi, ma si percepisce comunque il grande coraggio di molti, unito alla voglia di ricominciare con maggiore determinazione e responsabilità. Si rispettano certo i protocolli di sicurezza e al contempo si respira un'atmosfera piacevole e distesa, in sintonia con quell'ottimistico e confortante "andrà tutto bene " associato al simbolo dell'arcobaleno... Montecatini, con le sue terme, le colline, il mare a mezz'ora di autostrada, le Alpi Apuane anch'esse vicine, circondata da città d'arte come Pistoia, Lucca, Firenze, Pisa, raggiungibili facilmente, tornerà senz'altro presto ad essere una meta ambita e frequentata.Utilizzando The Fork abbiamo trovato numerose occasioni di pranzi e cene con sconti interessanti, dove apprezzare la gastronomia locale: la cucina toscana è senz'altro tra le migliori in Italia, per sapori e ingredienti. Qualche indirizzo validissimo, che abbiamo sperimentato, come suggerimento: Osteria del Grocco (via Pietro Grocco 49, tel. 3280882976); Ristorante La Mandragola (via Gioberti 5, tel.057278820/3409220683, www.ristorantelamandragola.it); A Montecatini Alto, Casa Gala (via Talenti 2, 0572 766130); a Serravalle Pistoiese, Il Ristorante (via Marlianese 55, tel. 3885858580); a Buggiano, Ristorante Sant'Elena (via Gavine 29, tel.0572 30548) dal panorama strepitoso sulla Valdinievole, brulicante di luci e molto romantico la sera. Ci siamo anche dedicati a brevi gite d'interesse culturale. Da non mancare Vinci, dove, nella vicina frazione di Anchiano, abbiamo visitato la casa natale di Leonardo (prenotazione tel.0571 933285, info@museoleonardiano.it). Qui nacque il sommo genio del Rinascimento il 15 aprile 1452; la sua vita viene raccontata da un personaggio-ologramma a grandezza naturale, proiettato in una stanza, e si può anche ripercorrere la sua straordinaria produzione artistica grazie a un dispositivo multimediale interattivo che consente di scoprire i dettagli dei capolavori ( il ritratto di Ginevra de' Benci non avrà più segreti!).La casa di Leonardo è stata meta di decine di migliaia di visitatori lo scorso anno, ricorrendo il quinto centenario della morte, avvenuta in Francia, ad Amboise, il 2 maggio 1519. Ci si sposta poi in una casa colonica vicina, appartenente alla bella Villa del Ferrale, dove, in una sala, si può ammirare l'Ultima Cena, riproduzione digitale in scala 1:2, in alta definizione: in modalità gestuale (o touch screen su un monitor) è possibile ingrandire particolari ed analizzare l'opera, anche dal punto di vista storico. Una vera meraviglia! anche per chi, come noi, ha già potuto ammirare più volte la pittura murale originale, nel refettorio del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano. Altrettanto stupefacenti sono le riproduzioni esposte di quadri di Leonardo, a grandezza naturale e in alta risoluzione, nella mostra "Leonardo e la pittura": la Vergine delle Rocce, la Dama con l'ermellino, la Gioconda... sembra di essere contemporaneamente al Museo del Louvre, agli Uffizi, al Museo Nazionale di Cracovia! Un volontario gentilissimo ed esperto, il signor Bruno, ci ha illustrato con competenza le tecniche di preparazione delle riproduzioni, e anche la storia della villa. Abbiamo poi potuto acquistare ottimo olio extravergine del frantoio del Ferrale, citato in un documento trecentesco, e anche una bottiglia di Chianti DOCG della stessa tenuta (www.villadelferrale.it, Frantoio tel.0571 56353/3346672055). I sapori e i profumi di quest'angolo di Toscana ci seguiranno anche a Milano... A Vinci la visita dedicata a Leonardo può proseguire nel Museo Leonardiano (controllare gli orari! www.museoleonardiano.it ), dove sono esposti modelli di opere d'ingegneria e disegni anatomici, al Castello dei Conti Guidi. Davanti, in prossimità delle mura, è stato collocato l'Uomo di Vinci, scultura in legno lamellare e sagomato di Mario Ceroli (1987), che interpreta il famoso Uomo Vitruviano leonardesco. Piazza dei Guidi è stata ridisegnata nel 2004 da Mimmo Paladino, con geometrie simboliche dai riflessi argentei e vitrei incise nella pietra serena. Nelle vicinanze si può raggiungere una meta di notevole interesse storico-naturalistico: si tratta del Padule di Fucecchio, una vastissima zona umida, di circa 1800 ettari, riserva naturale, caratterizzata da un'elevata biodiversità. Attraversata dalla via Francigena, conserva testimonianze di un passato legato al dominio dei Medici. Tra canneti e piante palustri si possono osservare numerose specie di uccelli (sono circa 200 quelle presenti nel corso dell'anno, essendo il Padule una tappa di rotte migratorie): nitticore, garzette e aironi qui nidificano creando grandi colonie, tra le più importanti in Italia. Ci sono casotti-osservatori dove, dall'alto e con un buon binocolo, ornitologi e semplici turisti possono esercitarsi nel birdwatching. Più di 1000 specie di Coleotteri sono state identificate dagli entomologi: anche la microfauna è dunque ricchissima. Un suggerimento prezioso: evitate di seguire i cartelli che portano all'area La Monaca, perchè la strada (3 km) è sterrata e piena di buche, e soprattutto l'ingresso non è accessibile. Un cancello arrugginito si apre infatti su sterpaglie, tronchi caduti, fitta vegetazione, dove è impossibile proseguire. In più, una lavatrice abbandonata testimonia la trascuratezza (imperdonabile) in cui versa il luogo. Occorre invece entrare dalla parte dell'area delle Morette. Dal sito del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio (www.zoneumidetoscane.it ) si può scaricare il depliant della Riserva e informarsi su visite guidate e itinerari. A poca strada una tappa sorprendente: a Ponte Buggianese, nella Propositura di San Michele Arcangelo, si può ammirare un ciclo di affreschi che Pietro Annigoni eseguì con i suoi allievi tra il 1967 e il 1984, su incarico del parroco dell'epoca, don Egisto Cortesi, per un compenso simbolico. La "Deposizione e Resurrezione" è di grande potenza evocativa, così come l' "Apocalisse" e la bellissima "Ultima cena" nell'abside. Passare per Altopascio - borgo citato anche nel Decamerone del Boccaccio, nella decima novella della sesta giornata - e per Montecarlo, arroccato in splendida posizione, consente di gustare piccoli e preziosi centri storici di paesi collocati lungo la già citata via Francigena (itinerario seguito fin dal Medioevo dai pellegrini, che da Roma potevano, attraversando poi la Francia, raggiungere l'Inghilterra). Monumenti ed edifici interessanti, chiese romaniche e fortezze si possono incontrare un po' ovunque. Abbiamo dedicato alcune ore alla bellissima San Miniato, posta a metà strada tra Firenze e Pisa e quindi a lungo contesa: il nucleo storico si trova su tre alture ed è ben preservato. Stupendo il Seminario, eretto tra il XVII e il il XVIII secolo, dalla facciata affrescata all'inizio del Settecento dal pittore Francesco Chimenti, di Fucecchio, con le Virtù, insieme a trenta motti biblici e patristici in latino. Il Seminario segue l'andamento delle mura e chiude la piazza della Repubblica; essendo stato eretto su fabbricati preesistenti, a piano terra sono rimaste le tracce delle botteghe artigiane trecentesche. Di fronte, il Palazzo Vescovile, di origine medioevale e più volte soggetto a rifacimenti, con doppio affaccio anche sul Duomo. Questo è un edificio risalente al XII secolo, dedicato a Santa Maria Assunta e a San Genesio. La facciata in mattoni rossi presenta una particolare decorazione, del 1250 circa, a bacini ceramici di smalto bianco con disegni blu, provenienti dalla Tunisia: gli originali (ne sono rimasti 26) sono conservati nel Museo diocesano (da visitare, espone anche un dipinto del Tiepolo). L'interno è neorinascimentale e barocco,con affreschi ottocenteschi, ma il tutto si fonde bene con l'arte romanica. Qui, il 22 luglio 1944, furono uccisi 55 sanminiatesi dall'esplosione di una granata del 337° battaglione di artiglieria dell'esercito statunitense, che aveva come obiettivo, mancato, le mitragliatrici dei tedeschi che avevano occupato il paese, e che invece entrò nella chiesa, dove era stata radunata molta gente, attraverso un rosone della facciata. La terribile strage fu imputata ai nazisti; solo l'apertura del cosiddetto "armadio della vergogna" nel 1994 e le successive indagini e perizie consentirono di ricostruire la tragica vicenda. Non tutti però si convinsero; nel 2015 il Comune deliberò la rimozione di due lapidi in contrasto tra loro (una, del 1954, ricordava la strage come "eccidio perpetrato dai tedeschi"; l'altra, del 2008, affermava invece la "responsabilità delle forze alleate" dimostrata dalla ricerca storica), che suscitavano in città polemiche e divisioni, e scelse di lasciare solo una lastra commemorativa con i nomi delle vittime. Siamo infine saliti in cima al campanile: vale senz'altro la pena affrontare una faticosa scalata - i gradini sono molto alti e alquanto irregolari - per raggiungere il tetto di quella che viene chiamata la "Torre di Matilde", per una falsa leggenda legata a Matilde di Canossa. Da lassù, dal tetto di quella che originariamente era un sito di avvistamento delle fortificazioni militari, poi incorporato al Duomo, si gode una vista impagabile, in particolare su un'altra torre poco lontana: è la Rocca di Federico II, ricostruita nel 1958 dopo la sua distruzione nella Seconda Guerra Mondiale, ad opera dei tedeschi, il giorno seguente la strage. E il soffermarsi sul vasto panorama della piana dell'Arno, su un territorio così ricco di storia, di arte, di vicende umane, fa rammentare una frase di Leonardo, letta su un cartello tra gli ulivi che circondano la sua casa natale: "Come per tutti i viaggi, si può imparare". 16 luglio 2020, Anna Busca
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